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Venerdì, 01 Novembre 2024

Era dal 1989 (con 'Nuovo Cinema Paradiso' di Giuseppe Tornatore) che l'Italia non vinceva un Golden Globes, ma il film di Paolo Sorrentino ha rotto l'incantesimo. Il film italiano sta facendosi dunque strada verso gli Oscar

Ci voleva Jep Gambardella, il giornalista mondano che ci porta per mano a scoprire la grande bellezza, decadente e frivola, di Roma (e dell'Italia), per riportare il nostro Paese a sperare, quanto meno nel suo cinema.

"Grazie Italia, questo è un Paese davvero strano ma bellissimo", ha detto Sorrentino nel ritirare il premio. Non se lo aspettava, ha poi raccontato. "Non mi è stato anticipato niente, è stata una grande emozione. Agli americani è piaciuta la libertà con cui è stato utilizzato il mezzo cinematografico e questa grande cavalcata dentro Roma e una certa umanità". Ora c'è da sperare per l'Oscar. Giovedì prossimo saranno annunciate le candidature, ma intanto Sorrentino si gode il momento di gloria e il ricordo della serata speciale che si è appena conclusa. "Ero seduto accanto a Bono che si è mostrato molto felice del fatto che avesse vinto il nostro film".

Ia premiazione si e tenuta all'Hilton di Beverly Hills

Il premio, organizzato da 71 anni a questa parte dall'Hollywood Foreign Press Association è considerato da sempre un buon indicatore di cosa succederà fra un mese e mezzo quando la stagione dei premi si concluderà con l'assegnazione degli Oscar (il 2 marzo).

Se così davvero è, allora possono ben sperare Matthew McConaughey, che ha vinto con il film Dallas Buyers Club il premio al migliore attore drammatico per', e Leonardo Di Caprio, vincitore dell'analogo premio nella categoria migliore attore brillante per la sua interpretazione nel film rhe wolf of wall street di Martin Scorsese'. "Non avrei mai pensato di essere definito un commediante", ha ironizzato Di Caprio nel ricevere il premio, prima di ringraziare Scorsese e definirlo "Uno dei più grandi filmaker di tutti i tempi".

I Golden Globes si differenziano dagli Oscar proprio per la scelta di differenziare i ruoli drammatici da quelli brillanti, una scelta che raddoppia le statuette assegnate ma che talvolta categorizza i film in maniera non del tutto accurata.

Fra le attrici hanno vinto Amy Adams, migliore attrice brillante per 'American Hustle', e Cate Blanchett, migliore attrice drammatica per la sua interpretazione del film di Woody Allen blue Jasmine, a cui è andato il premio alla carriera Cecile B. DeMille. Come di consueto Allen non era presente e a ritirare per lui il riconoscimento è stata Diane Keaton.

'American Hustle' è stato il film che ha vinto di più, aggiudicandosi anche la statuetta alla migliore attrice non protagonista, Jennifer Lawrence, mentre il Globo d'oro al miglior regista è andato ad Alfonso Cuaron, che ha diretto Sandra Bullock e George Clooney in 'Gravity'.

I giornalisti della Hfpa premiano anche la televisione e a vincere sono stati Breaking Bad, miglior serie drammatica, e Brooklyn Nine-Nine, miglior serie brillante.
Si può fare una dolce vita cafonal con citazioni di Celine, canti gregoriani, sindromi di Stendhal e con al centro una Roma indolente, barocca, papalina, bella quanto distaccata?

Paolo Sorrentino c'é riuscito con 'La grande bellezza'. Una Roma indolente, stra-cafona, con donne di plastica e uomini da poco è quella che Sorrentino ci fa vedere in una serie di quadri esteticamente perfetti. E questo con la guida di una sorta di Virgilio colto, cinico e ironico, ovvero il giornalista e scrittore sessantacinquenne, Jep Gambardella (Toni Servillo).

Ideato e scritto dallo stesso Sorrentino con Umberto Contarello, il film è dedicato al giornalista napoletano Giuseppe D'Avanzo scomparso due anni fa. Accanto a Toni Servillo e agli attori già citati troviamo: Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Roberto Herlitzka, Massimo De Francovich, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Isabella Ferrari, Franco Graziosi, Sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario Cantarelli, Ivan Franek, Anita Kravos, Luciano Virgilio, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi e Lillo Petrolo. Frase cult de 'La grande bellezza'', che esce in Italia il 21 distribuito da Medusa è quella che dice Jep: "quando ero giovane chiedevano a noi ragazzi quale era la cosa più bella del mondo. Tutti i miei amici dicevano 'la fessa', mentre io dicevo 'l'odore delle case dei vecchì

Ero destinato, per questa mia sensibilità, a diventare scrittore". Infine questa la frase da 'Viaggio al termine della notte' di Louis Ferdinand Celine che si legge in apertura del film. "Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato é interamente immaginario. Ecco la sua forza. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi...".la storia :

Un uomo approdato a Roma a ventisei anni (proprio come Federico Fellini) che si porta addosso tutta la fame e la curiosita" della provincia e anche quell'accento napoletano che lo fa tanto blasé. Jep è insomma uno nato ricco. Uno che viene dal Vomero, da Posillipo, un signore che, come dicono gli inglesi, non ha dovuto comprare i mobili per arredare la sua casa. Gambardella è uno che di cose ne sa. E' un dandy sempre inappuntabile, che conosce le persone giuste che vivono la notte proprio come fa lui.

i veri protagonisti di 'La grande bellezza' sono la folla di parvenu, politici, giornalisti, attori, nobili decaduti, alti prelati, artisti e intellettuali veri o presunti. Sono loro a ballare al ritmo techno nelle feste dove Jep è un vero leader. "Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire" dice a se stesso Jep nel film. E ancora su questo mondo:"é tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio, il sentimento, l'emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile".

Queste stesse persone le ospita spesso sulla sua terrazza che dà sul Colosseo. Tutti sono passati su quella terrazza dove si balla, si beve e si sniffa quella coca di cui il Tevere è pieno: la radical chic moralista, supponente e ricca; una sorta di guru del botulino che siringa e sentenzia i suoi pazienti; l'artista che fa performance autodistruttive e che parla di vibrazioni (ma Jep non ci casca); la spogliarellista agé (una coraggiosa Sabrina Ferilli che si presta ad un ruolo innocente e naif) che guarda con disincanto il mondo di Jep; l'uomo di spettacolo fallito, ambizioso e fragile, interpretato da uno straordinario Verdone, buffo con degli ingombranti occhiali e i suoi soliti impacci e, infine, c'e la missionaria in odor di santità che ha sposato la povertà e mangia radici.....cosi

'La grande bellezza' di Paolo Sorrentino ha vinto il Golden Globes come miglior film straniero. Ha battuto il francese 'La vita di Adele', il danese 'Il sospetto, l'altro film d'oltrecortina firmato Asghar Farhadi 'Il passato' e il film d'animazione di Hayao Miyazaki 'Si alza il vento'e apre la strada di un possibile Oscar.....

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La Stagione 2014 del Teatro Massimo si inaugura il 18 gennaio con una nuova produzione affidata a una delle registe più interessanti del panorama teatrale internazionale, Emma Dante che, dopo i successi al Teatro alla Scala di Milano e all’Opéra Comique di Parigi, debutta nel teatro lirico della sua città con “Feuersnot” (18-26 gennaio), atto unico di Richard Strauss pochissimo eseguito in Italia (soltanto 3 volte, alla Scala nel 1912 direttore Tullio Serafin, al Carlo Felice di Genova nel 1938 direttore lo stesso Strauss, alla Rai di Torino nel 1973 questa volta con Peter Maag sul podio), per la prima volta in scena in lingua originale (con sopratitoli in italiano secondo la nuova traduzione preparata da Franco Serpa). Su libretto del poeta satirico Ernst von Wolzogen (aristocratico molto attivo nella società letteraria tedesca e austriaca del tempo), l’opera narra con stile popolare e colorito dal dialetto bavarese – frequenti le filastrocche, le leggende rustiche e triviali – una storia d’amore e di magia durante la festa di mezza estate, la notte dei fuochi di San Giovanni.

Per la prima volta, domenica 12 gennaio alle ore 12 in Sala ONU (ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili), il Teatro Massimo organizza una presentazione al pubblico dello spettacolo con la partecipazione di Gabriele Ferro, Emma Dante, del team creativo e degli interpreti vocali.

La prova antegenerale del 16 gennaio sarà invece aperta al pubblico under30 grazie alle attività degli studenti Ambasciatori del Teatro Massimo che svolgono in teatro il loro tirocinio universitario e in collaborazione con l'Associazione Giovani per il Teatro Massimo

Personaggi e tinta di “Feuersnot” ricordano gli ambienti popolareschi delle novelle di Boccaccio, «è una parabola sull’amore e sull’infanzia – afferma Emma Dante – che si svolge per il solstizio d’estate in una Monaco senza tempo che, da capitale del sud della Germania, diventerà il prototipo di ogni città del sud». Un ruolo di rilievo è affidato al coro di voci bianche; accanto a cast numeroso, il coro degli adulti e una trentina di attori e mimi impegnati in un lungo laboratorio di preparazione con la regista. Sul podio ritorna un altro illustre musicista palermitano, Gabriele Ferro, che a Strauss ha dedicato molte importanti tappe della sua carriera. Protagonista femminile nel ruolo di Diemut il soprano Nicola Beller Carbone, anche lei specialista straussiana, interprete affascinante e molto apprezzata dal pubblico di Palermo; il baritono Dietrich Henschel sarà invece Kunrad.

“Dopo l'insuccesso di Guntram – ricorda il compositore nel 1942 - avevo un po' perduto il coraggio di scrivere per il teatro. Poi mi capitò fra le mani la leggenda fiamminga Das erloschene Feuer von Audenarde [Il fuoco spento di Audenarde] e mi venne l'idea di comporre un breve intermezzo contro il teatro, per motivi personali e per prendermi una piccola vendetta contro la cara città natale, dove, come trent'anni prima il grande Riccardo [...] avevo fatto esperienze così poco piacevoli”. Sei anni infatti passano dal primo lavoro teatrale Guntram a Feuersnot (il debutto a Dresda il 21 novembre 1902) i cui aspetti narrativi "sfrontati" e "spudorati", la cornice festosa, il brio, la situazione osé, ma anche gli insistenti ammiccamenti culturali e "l'allegra canzonatura del dettato wagneriano", fornirono a Strauss un felice insieme di stimoli che lo aiutarono a liberarsi della solennità dell'opera eroica. Il linguaggio sempre appassionato, a tratti corposo e violento, diviene – come nota Cesare Orselli – “coloritissimo, leggero, scherzoso, disponibile a inglobare i più diversi materiali musicali, che vanno dalle antiche canzoni popolari ai ritornelli infantili, ai ritmi di Landler, di valzer, di Jodler di sapore operettistico. E può creare autentici gesti sonori che disegnano il fuoco, il volo, il gufo, il guizzo del lampo; può inserire le onomatopee del crac delle legna rotte, il chicchirichì del gallo, il miagolio del gatto, il dindon delle campane, le risate. Sono i segnali attraverso cui si profila per la prima volta quella vena gustosamente realistica con cui Strauss, facendo tesoro dell'esperienza dei poemi sinfonici, saprà tradurre in leggibili emblemi musicali i più vari oggetti ed eventi quotidiani; è una dimensione antieroica che in Feuernot esplode finalmente […] Non c'è, infatti, un solo suggerimento del libretto che non trovi spiritose amplificazioni nel tessuto musicale: come quando il bottaio Tulbeck racconta che nella vecchia casa un tempo abitò il gigante Onuphrius e Strauss risponde con il tema del gigante nibelungico Fafner; o quando, a conclusione del duetto Kunrad-Diemut, si innalza un inno alla fiamma d'amore e la musica ci immerge quasi letteralmente nell'“Incantesimo del fuoco”. E ancora, nell'allocuzione del mago, il ritratto di Wagner è rafforzato dalla presenza di due temi: del Walhalla e dell'Olandese volante”.

“L'unico momento in cui il tono di commedia” – continua Orselli – “viene dismesso a favore di una maggiore serietà è quando, a conclusione della sua allocuzione, Kunrad proclama che l'unico fuoco indispensabile alla vita è l'amore e solo la donna può dare questo calore: dalla cerca del legno dei bambini si approda così alla celebrazione di una più nobile Feuersnot la “necessità del fuoco amoroso”.

Per quanto riguarda il titolo dell'opera – come specifica Franco Serpa nelle sue note alla nuova versione in italiano del libretto di Feuersnot – “il composto nominale tedesco è intraducibile, e infatti le traduzioni ritmiche italiana, francese e inglese per il titolo hanno usato il termine del solstizio, la festa di San Giovanni (Beltane in inglese, la festa del fuoco, che però non è a giugno ma a maggio). Die Not ha due significati ‘pericolo’ e ‘bisogno, mancanza’ semanticamente uniti dall’idea di ‘urgenza’. Ma nel caso del composto Feuersnot è dubbio che si possa comprendere insieme ‘pericolo e mancanza di fuoco’, come deve aver inteso fare il librettista (per il fuoco della passione e per la punizione dei fuochi spenti)”.

Sinossi

Il solstizio d’estate è arrivato e tutti i bambini della città passano di casa in casa per chiedere la legna da usare per i fuochi durante la notte di San Giovanni. La folla è per strada, animosa e animata: alcuni camminano lungo le vie, altri restano fermi dinanzi alle abitazioni, altri ancora preferiscono guardare fuori dalle finestre; la giovane Diemut, insieme alle amiche, offre dolci amarene e leccornie ai bambini. «San Vito, un bel ceppo è gradito, che sia grande, sant’Alvaro, san Sisto non fare l’avaro», così, cantando, i bambini continuano a cercare la legna e passano anche dalla casa di Kunrad: il giovane li accontenta e finge di avere poteri magici. La gente parla e sparla: sarà un matto, un balordo oppure un giovanotto robusto? Una cosa è certa: Kunrad, essendone innamorato, guarda la bella Diemut con occhi di passione: due passi repentini e può stringerla e baciarla sulla bocca con sentimento e ardore. Tutti assistono al gesto e ancor più fermento si somma alla folla: c’è chi strilla, chi ride e chi è sgomento; la povera Diemut è in preda all’imbarazzo e, stordita e furiosa, fugge via. La ragazza decide di far pentire Kunrad per la sua impertinenza, rifiutandosi di partecipare alla festa; intanto le luci della città si fanno più intense e i suoni del divertimento si odono in lontananza in questa notte di mezz’estate. Diemut, sola nella sua stanza, invoca le stelle testimoni delle proprie lacrime; sotto al balcone c'è un sognante Kunrad che la desidera e le chiede quanto ancora dovrà penare. Diemut finge di assecondare il desiderio ardente mostratole, quindi le loro voci si fondono e cantano «notte d’estate! Insonne affanno! Mi appartieni? Ti appartengo?». Diemut cala un cesto affinché lui la possa raggiungere, tuttavia non sarà questo il mezzo della loro riunione d'amore: Diemut infatti fa scattare la sua vendetta per il bacio rubato dinanzi agli occhi di tutti. Kunrad rimane penzolante e diventa oggetto di beffa dei passanti. Il giovane, irato d’amore e di sofferenza, maledice l’aridità dei sentimenti dei concittadini e con un sol gesto compie un sortilegi: la città satura di colori e di allegria in un colpo di spegne. Il panico rapisce le menti dei popolani, i bambini piangono, e tutti si chiedono: sarà il demonio? Kunrad, gonfio di emozione, canta illuminato dalla luna e racconta ai presenti che solo l’amore corrisposto potrà far riaccendere la fiamma. Diemut, pentita del suo gesto di rivalsa e ormai sicura del suo amore, lo aiuta in silenzio a raggiungere il balcone. Kunrad e Diemut si amano; le luci si riaccendono e i cuori si rasserenano. Mentre tutti tornano a ballare, i due cantano il loro amore: «Notte d’estate! Insonne affanno! Che eterno sia, vogliamo. Diemut, / Maestro, io ti amo!».

 

Dopo una bellissima carriera come attrice in Spagna Francesca Romana Degl Innocenti torna a Roma con il suo nuovo lavoro teatrale scritto da Penelope Skinner e la regia di Marco M Casazza Fucked

F. non è sempre stata una (mediocrissima) ballerina di lap-dance cocainomane e semi-alcolizzata. Ha studiato, lavorato, si è innamorata… È sempre stata, quello sì, alla ricerca dell’uomo ideale.

E adesso, dopo l’ennesimo tragicomico ‘mattino dopo’, ritrova in un vecchio quaderno la fiaba che aveva scritto a 12 anni, in cui il nobile duca Randalf Fior Di Leone si innamora della contadina Isabella e ne fa la sua regina, rendendola – va da sé – per sempre felice e contenta. ha provato a giocare i ruoli più diversi per trovare la felicità. Ma gli uomini che pensava l’avrebbero ‘completata’ hanno deluso ogni volta le sue aspettative. Cosa c’è di sbagliato in lei? O non sarà forse la morale della favola che va rivista? Buffa, irrequieta e pasticciona, F. è determinata a capire dove sta la chiave per essere, finalmente, una donna intera. E il suo viaggio a ritroso comincia.

IL TESTO - L’AUTRICE
Il monologo FUCKED è stato accolto con enorme successo al Festival di Edimburgo nel 2008. Voce emergente ma già riconosciuta del nuovo teatro inglese, Penelope Skinner dopo la nomination nel 2008 per EIGENGRAU, ha vinto l’Evening Standard Award nel 2011 per THE VILLAGE BIKE. I suoi testi sono stati rappresentati al Royal Court Theatre, al National Theatre e al Bush Theatre di Londra.

IL REGISTA

Formatosi alla scuola di Massimo Castri, Tadeusz Kantor e Giorgio Strehler, Marco M. Casazza conduce da oltre vent’anni come attore e regista, oltre che dramaturg e traduttore di testi teatrali, una ricerca sui linguaggi del teatro contemporaneo. Con questo nuovo progetto, dopo “5 x UNA!” di Enrico Luttmann (al T. Stabile del Friuli Venezia Giulia), “IL LACCHÈ E LA PUTTANA” di Nina Berberova (Mittelfest- Cividale del

Friuli), “THREE SISTERS COME & GO” (Theaterlab-NY), “100m2” di Juan Carlos Rubio e “LA LISTA” di Jennifer Tremblay (Rassegna di Drammaturgia Contemporanea Internazionale ‘In Altre Parole’- Roma) indaga le zone d’ombra e le fragilità ma anche la forza inaspettata di una donna che, davanti allo scenario desolato delle illusioni perdute, riesce a ridere di sé e a reinventarsi, superando il lieto fine di cartapesta delle fiabe...

L’ATTRICE

Francesca Romana Degl'Innocenti si diploma alla scuola Teatro Azione di Isabella Del Bianco e Cristiano Censi. Prosegue la sua formazione con Giancarlo Sepe, Ennio Coltorti, Nikolaj Karpov e l’Odin Teatret di Eugenio Barba.

A diciotto anni inizia a lavorare come aiuto-regista alla Plexus T., la produzione teatrale di Lucio Ardenzi. Nello stesso periodo, debutta come attrice a Roma e inizia a fare tournée in Italia.

Come aiuto-regista, lavora con alcuni dei registi più conosciuti in Italia, come Armando Pugliese, Luca Barbareschi, Antonio Calenda e Gigi Proietti, ed è diretta tra gli altri dallo stesso Pugliese, da Anna Proclemer, Ennio Coltorti, Marco Maltauro. Recita anche in fiction e documentari.Tra le sue regie: 'SMILE!' di e con David Halevim, “IL CICLOPE” di Enzo Siciliano e “COM UNA NINA” tratto da una novella di Natalia Ginzburg.Sempre nel 2006, si laurea in legge e inizia a collaborare con l'agenzia letteraria teatrale di Antonia Brancati, nel diritto d'autore.Dal 2010 al 2012 è Artistic Advisor del Perugia International Film Festival.

Nel 2013 va a vivere a Barcelona, dove continua a fare teatro e crea, con Raissa Brighi e Maddalena Basevi, la compagnia AMAGAT TEATRE.
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