USA, con Trump nuova strategia
Umiliata in Siria e in Medio Oriente dall’intervento russo, confusionaria e inconcludente nel Pacifico e inutilmente provocatoria nei confronti della Federazione Russa negli ultimi giorni di mandato, con la decisione disperata di dispiegare truppe ai confini orientali della NATO, la politica estera dell’amministrazione Obama lascia dietro di sé molte macerie e una superpotenza, quella rappresentata dagli Stati Uniti, sconfitta e ridimensionata su più fronti,e in un interessante analisi del Il Giornale Roberto Vivaldelli spiega i nuovi scenari
Una strategia debole che ha reso Vladimir Putin l’assoluto protagonista delle vicende politiche internazionali degli ultimi anni. Toccherà ora al presidente eletto Donald Trump ridefinire complessivamente una strategia geopolitica degli Stati Uniti rinunciando – almeno stando alle sue dichiarazioni in campagna elettorale – a costosi interventi militari “umanitari” e ridisegnando un nuovo asse con Mosca. Lo slogan è “America first”. In tutto questo dovrà tenere conto dei “limiti” al potere presidenziale previsti dalla Costituzione americana e dell’importanza di altri organi decisionali il Congresso, il Pentagono, la Cia e e altre agenzie d’intelligence.
Lo stesso Kissinger, poche settimane fa,aveva confermato di aver incontrato più volte il presidente eletto Donald Trump e di essere diventato il suo “consigliere informale”: l’ex Segretario di Stato ha dichiarato di aver suggerito a Trump un riavvicinamento con la Russia allo scopo di ridimensionare la Repubblica Popolare Cinese. Il tycoon può offrire a Putin il ritiro – quantomeno parziale – delle sanzioni occidentali e il riconoscimento della Crimea.Nell’elaborare una nuova strategia, Trump dovrà fare i conti con il recente passato. Tra poche luci e tante ombre, l’eredità del presidente uscente Barack Obama è quella di una superpotenza statunitense fortemente indebolita.
Secondo l' analista geopolitico Pepe Escobar redattore di Asia Times e collaboratore di Sputnik International, Trump adotterà la vecchia regola del “Divide et impera”: “La strategia politica del guru di Trump, Henry Kissinger, per affrontare il formidabile trio eurasiatico Russia, Cina e Iran – scrive – è quella del Divide et impera: sedurre la Russia dalla sua partnership strategica con la Cina e colpire l’anello più debole della catena, l’Iran. In opposizione a Kissinger, la politica estera di Obama e del suo mentore Brzezinski, promotore della russofobia, proponeva un Divide et impera mirato altresì ad avvicinare la Cina”.
La aperture verso Putin e le provocazioni indirizzate alla Cina non sono per nulla casuali
Altro aspetto, non meno importante, è la collaborazione strategica con la Gran Bretagna. Non è un caso, infatti, che proprio Theresa May sarà il primo leader mondiale ad incontrare il presidente eletto Donald Trump alla Casa Bianca venerdì prossimo allo scopo di sancire un nuovo asse Londra-Washington. Secondo il Telegraph, l’incontro di venerdì, che il quotidiano britannico definisce “di portata storica”, ha come obiettivo di “ridurre le barriere tra le banche americane e quelle inglesi attraverso un sistema di “passaporto unico”; definire un gruppo di lavoro congiunto Stati Uniti-Inghilterra per individuare gli ostacoli commerciali tra i due Paesi; firmare una dichiarazione congiunta per chiedere ai membri dell’UE di spendere il 2% del Pil nella difesa e nella lotta contro l’Isis”.
Secondo il giornalista americano Andrew Spannaus, autore del libro perche vince Trump, “come molti altri nel mondo politico americano Trump si scaglia contro la manipolazione del tasso di cambio da parte dei cinesi, accusando la crescente potenza asiatica di impiegare il protezionismo per tenere chiusi i propri mercati mentre allo stesso tempo aggredisce quelli esteri con pratiche scorrette. Trump non critica il libero commercio in sé, ma dichiara che deve essere equo. Per garantire questo cambio promette di costringere i cinesi a rinegoziare le condizioni commerciali tra i due Paesi”.
Ma oltre al cambio di rotta nella strategia geopolitica, si attendono importanti novità anche sul piano geo-economico. La prima, esemplificativa, è lo stralcio del TTP firmato a pochi giorni dall’insediamento. “Per troppo tempo, gli americani sono stati costretti ad accettare accordi commerciali che fanno gli interessi delle l’élite di Washington rendendo duro il lavoro degli uomini e delle donne di questo Paese” – ha recentemente commentato il presidente eletto. “Come risultato, le città dei colletti blu hanno visto le loro fabbriche spostarsi all’estero, mentre gli americani affrontano un deficit commerciale e un’industria manifatturiera devastata”.