Turchia: Il tragico destino di una notte di Capodanno trasformata in una strage
Il tragico destino di una notte di Capodanno trasformata in una strage ha unito persone e vite diverse. Con la lista delle 39 vittime da cui spuntano nomi, identità ma soprattutto storie lontane tra loro. Accumunate dalla tragica sorte di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato. Dalla giovanissima 18enne che da Israele era andata per festeggiare con le amiche a Istanbul, all'agente che era scampato poche settimane fa al duplice attentato dello stadio di Besiktas, all'autista di bus turistici che si era preso una serata libera. Fino al banchiere che voleva festeggiare con la moglie al Reina Club l'arrivo del 2017.
E cosi salito a 14 il numero dei presunti complici del killer di Capodanno al nightclub 'Reina' arrestati dalle unità antiterrorismo della polizia di Istanbul. Lo riferisce l'agenzia statale Anadolu. I sospetti fiancheggiatori vengono sottoposti in queste ore a interrogatori per chiarire il loro ruolo nella strage e cercare elementi utili alla cattura dell'attentatore in fuga.
C'è la firma dell'Isis sulla strage di Capodanno a Istanbul. Con un comunicato diffuso per la prima volta in turco, oltre che in arabo, il sedicente Stato islamico ha rivendicato a poco più di 24 ore di distanza l'attacco al nightclub 'Reina', in cui sono rimaste uccise 39 persone, tra cui almeno 25 stranieri.
Nel comunicato di rivendicazione, l'Isis definisce la Turchia, "serva della croce". E poi, riferendosi al suo ruolo nel conflitto in Siria, avverte che "il governo di Ankara dovrebbe sapere che il sangue dei musulmani, uccisi dai suoi aerei e dalla sua artiglieria, provocherà un fuoco nella sua casa per volere di Dio" sostenendo che il killer ha agito "in risposta agli ordini" del leader dell'Isis, Abu Bakr al-Baghdadi".
Il primo è il chiaro riferimento che nel testo della rivendicazione si fa alla guerra in Siria, la minaccia di far pagare alla Turchia “il sangue dei musulmani versato per i bombardamenti dei suoi caccia”, trasformandolo in “fuoco nella sua casa”. Un’accusa di tradimento, rivolta ad Ankara, percepita dai jihadisti come traditrice e “apostata”, per citare ancora il testo, per le scelte che hanno portato Erdogan prima ad unirsi alla coalizione occidentale, offrendo le sue basi per bombardare in Siria, e poi ad affiancarsi al fronte pro-Assad, entrando in campo direttamente e secondo una parte dell'opinione pubblica, non solo turca, "abbandonando" Aleppo.
Un elemento che va valutato insieme a un secondo, più banale, ma altrettanto rilevante: la rivendicazione stessa. Questa volta l’Isis ha parlato, ha ammesso di avere colpito in territorio turco. Una scelta con cui i jihadisti sono usciti allo scoperto chiarendo, se ancora era necessario, quanto la propaganda del gruppo jihadista ha da tempo iniziato a dire: da che i turchi sono entrati in Siria, per contrastare le milizie curde nel nord del Paese e per respingere i jihadisti, da che - nel 2015 - Ankara ha iniziato a contrastare i network presenti sul proprio territorio, l’ascia di guerra è stata dissotterrata e anche Erdogan è passato nella schiera dei nemici, nei confronti dei quali è stata spesso accusato di chiudere un occhio, lasciando troppa permeabilità ai propri confini con la Siria e finanziando anche alcune sigle molto poco moderate.
E proprio dalla Siria è arrivato nella scorse settimane l’ennesimo orrore a firma del sedicente Stato islamico: un video in cui due uomini, identificati come soldati turchi, vengono dati alle fiamme, ancora vivi. Poco importa che il governo di Erdogan abbia detto di non poter verificare l’attendibilità del filmato: il messaggio è comunque chiarissimo. L’attacco a Istanbul rischia di essere solo il preludio a un altro anno di stragi per la Turchia.
Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, ha riunito al Viminale i Vertici nazionali delle Forze di Polizia e dei servizi di Intelligence, per un aggiornamento sulla minaccia terroristica di matrice internazionale "alla luce dei gravissimi fatti di Istanbul". Nel corso dell'incontro, sottolinea il Viminale, "è stata fatta un'attenta e approfondita analisi dello scenario internazionale, sottolineando che l'attenzione rimane altissima ma il livello della minaccia non cambia per l'Italia".
"Continua ad essere impiegato un dispositivo di sicurezza - prosegue il Viminale - fondato, da un lato, su un intensa attività di intelligence per interventi di prevenzione e, dall'altro, sul controllo del territorio, con il coinvolgimento di tutte le forze in campo". Il Comitato di Analisi Strategico Antiterrorismo è riunito permanentemente "con l'obiettivo di garantire, anche in questi giorni di festa, il massimo impegno per la sicurezza e la tranquillità degli italiani".
Intanto e stato identificato come il 28enne Iakhe Mashrapov, con passaporto del Kirghizistan, il presunto killer di Capodanno a Istanbul. Lo riferisce la tv di stato turca Trt. Il passaporto del presunto killer risulta rilasciato dalla repubblica ex sovietica dell'Asia centrale il 21 ottobre scorso, un mese prima del suo arrivo in Turchia.
Il presunto attentatore di Capodanno sarebbe stato addestrato nei campi dell'Isis in Siria, prima di trasferirsi in Turchia a fine novembre. Lo riferisce Haberturk, citando fonti anonime delle indagini. In Siria, Mashrapov avrebbe anche combattuto nelle fila del sedicente Stato islamico.
I rappresentanti dell'Ambasciata del Kirghizistan ad Ankara hanno inoltrato una richiesta ufficiale alle autorità turche per confermare le informazioni secondo cui un cittadino kirghizo sarebbe coinvolto nell'attacco di Capodanno a Istanbul. Lo riporta Interfax. "Nessuna conferma è stata data finora. Tutto il resto sono congetture selvagge", ha detto uno dei funzionari dell'ambasciata all'agenzia russa. Analoga richiesta è stata presentata dal Comitato di Stato per la sicurezza nazionale del Kirghizistan.
La moglie del presunto autore della strage di Istanbul è stata arrestata. Lo riferisce dalla Turchia la corrispondente di ITV britannica Sally Lockwood, che cita fonti della polizia. La donna, riferisce il quotidiano Haberturk, è stata fermata nella provincia anatolica conservatrice di Konya, dove il killer sarebbe giunto anche con i due figli a fine novembre dal Kirghizistan. Le fonti citate dal giornale confermano inoltre che si tratterebbe di un uiguro, originario della regione cinese dello Xinjiang.
"Ho saputo dell'attacco dalla tv. Non sapevo che mio marito fosse un simpatizzante di Daesh" (Isis). Lo avrebbe detto alla polizia turca la moglie del presunto killer di Capodanno a Istanbul, fermata nelle scorse ore a Konya, nella Turchia centrale, secondo quanto riferisce Haberturk.