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Venerdì, 01 Novembre 2024

Resta altissima la tensione fra Turchia e Olanda dopo la decisione del governo olandese di accompagnare al confine la ministra turca della Famiglia Fatma Beytul Sayan Kaya, impedendole di entrare al consolato, e di vietare l'atterraggio del volo del titolare degli Esteri turco Cavusoglu. 

"La Ue chiede alla Turchia di astenersi da commenti eccessivi e da azioni che possano esacerbare la situazione, che può essere risolta solo mantenendo un buon canale di comunicazione aperto": lo ha detto il portavoce del presidente della Commissione Juncker, che nel weekend si è consultato con i leader europei sulla crisi Olanda-Turchia.

"Un dialogo robusto è il cuore delle democrazie, ma ci deve essere rispetto" quindi "chiedo che ci sia un approccio misurato" fra Turchia e Olanda, ma anche con la Germania e gli altri alleati europei nella Nato. Lo ha detto il segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, rispondendo a chi chiedeva un commento alle tensioni tra Ankara ed governi tedesco ed olandese. "L'importante - ha aggiunto - è concentrarci sulle sfide comuni e non sulle questioni che incidentalmente ci dividono".

L'Olanda ha "il pieno sostegno e la solidarietà" della Germania in merito gli attacchi della Turchia che ha accusato il paese di "comportamenti nazisti". Lo ha detto la cancelliera Angela Merkel.

È una battaglia che si combatte anche nelle capitali europee quella per i cuori dei turchi, chiamati il prossimo 16 aprile a decidere le sorti di un Paese in bilico tra un presidenzialismo forte, quello di cui Erdoğan ha già dato un assaggio in questi ultimi anni, e un futuro da repubblica ancora parlamentare, pur con una Costituzione come quella attuale, approvata nel 1982 a seguito di uno dei molti interventi militari che hanno segnato la storia della Turchia.

La Francia guidata da un Hollande senza futuro continua imperterrita il suo cammino di «sottomissione» il resto dell'Europa sembra svegliarsi, compresa la Danimarca che rinvia la visita del premier turco. Sembra comprendere che far parlare nelle piazze gli emissari di Erdogan equivale ad aprire le porte al nemico, a portarsi in casa chi vuole minare la civiltà e la stabilità utilizzando i migranti come quinta colonna. 

Anche perché il referendum del 16 aprile non è una semplice riforma presidenziale. Rappresenta il definitivo colpo di spugna alla Costituzione laica del 1923 con cui Mustafà Kemal Ataturk abolì il califfato, mise le organizzazioni religiose sotto il controllo statale, laicizzò il Paese, riconobbe la parità dei sessi e proibì l'uso pubblico del velo. Vincendo quel referendum Erdogan potrà ignorare il Parlamento e regnare alla stregua dei sultani ottomani che ha più volte annunciato di voler restaurare. Potrà, insomma, calare la maschera indossata per anni nel tentativo di farsi ammettere alla corte di Bruxelles.

Certo la farsa di un Erdogan che con una mano blandiva l'Unione e con l'altra flirtava con l'Isis, sbatteva in galera gli oppositori e c'inondava di profughi per poi ricattarci a suon di miliardi era evidente. La riforma presidenziale rappresenta però il definitivo passaggio del guado. Erdogan ammette l'ambizione di trasformarsi in un nuovo Sultano, ammette il ritorno all'originale identità islamista, intollerante e integralista che nel '98 gli costò la poltrona di sindaco di Istanbul e lo portò in galera.

Certo l'Europa ci ha messo un po' per capirlo. E non lo fa certo perché spronata dai propri ideali. Né per difendere quella sovranità che Erdogan pretende di tornare a calpestare. Se il premier olandese Rutte ha trovato il coraggio di mettere alla porta Cavusoglu e la sua collega velata Sayan Kaya bisogna ringraziare Geert Wilders, il candidato della destra euroscettica e anti islamista che alle elezioni di mercoledì minaccia di conquistare la maggioranza. E lo stesso vale per Angela Merkel.

Cosi il leader islamofobo olandese Geert Wilders rivendica lo stop del governo al volo del ministro degli esteri turco: "Ottimo! Grazie alle forti pressioni del PVV, pochi giorni prima delle elezioni olandesi il nostro governo non ha consentito al ministro turco di atterrare qui!!", ha twittato sul suo account.

Secondo gli esperti dato che la Turchia dovrebbe aver abbandonato "il suo sogno ad entrare nella UE", e con la scusa della propaganda elettorale il Sultano sta tentando di trasformare i migranti turchi a cui l'Europa ha garantito lavoro e benessere in cavalli di Troia della nuova Turchia neo-ottomana e islamista. Siamo insomma alle premesse di un'autentica guerra. La guerra subdola e paradossale di un alleato Nato che non potendo più entrare in Europa punta a influenzarla e sottometterla mutandone la composizione etnica e religiosa e minandone dall'interno la stabilità politica e sociale.

Intanto c'e polemica elettorale anche sul controverso comizio del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, a Metz, in Francia. Respinto ieri dall'Olanda, il ministro ha potuto tenere un infuocato comizio davanti a un migliaio di turchi residenti in Lorena accusando l'Olanda di "fascismo" e suscitando grida di "Allah Akbar" e slogan pro-Erdogan.

"Perché dovremmo tollerare sul nostro territorio affermazioni che altre democrazie rifiutano? - ha twittato Marine Le Pen - No alla campagna elettorale turca in Francia". Francois Fillon, candidato della destra dei Républicains, ha accusato il presidente socialista Francois Hollande di violare "in modo flagrante la solidarietà europea", proprio mentre comizi del genere non sono stati permessi negli ultimi giorni in Germania, in Austria, in Svizzera e in Olanda.

Il governo di Parigi, in un comunicato del Quai d'Orsay, ha spiegato da parte sua che il comizio rientra "nel regime di libertà di riunione" in Francia, invocando la "calma" nella crisi turco-olandese. Erdogan ha ringraziato la Francia per "non essere caduta nella trappola" di vietare il comizio.

La Turchia ha convocato il più alto diplomatico olandese presente nel Paese per protestare contro il trattamento riservato ai suoi ministri. Il ministero degli Esteri turco ha riferito di aver convocato l'incaricato d'affari olandese Daan Feddo Huisinga l'ambasciatore è in vacanza consegnandoli due lettere di protesta formali, anche per l'uso "sproporzionato" della forza contro i manifestanti turchi in Olanda, durante il week-end.

Le decisioni olandesi avevano provocato anche una durissima reazione del presidente turco Erdogan che ha parlato di 'comportamento vergognoso' per il quale l'Olanda "pagherà il prezzo". "Nazisti e fascisti" sono le accuse rivolte nuovamente da Erdogan all'Olanda. Il presidente turco ha chiesto alle organizzazioni internazionali di prendere posizione e imporre sanzioni contro l'Olanda.

Di rimando, il vicepremier olandese Lodewijk Asscher ha ribadito che le accuse di nazismo e fascismo che la Turchia ha rivolto all'Olanda devono "essere ritirate", altrimenti "le relazioni" tra i due Paesi "resteranno difficili". Se arriveranno le scuse l'Aja non prenderà alcuna misura contro Ankara in quanto l'essenziale, ha sottolineato Asscher, è che ritorni la calma.

 

 

 

 

 

 

Da qui al 30 aprile, l'ex premier dovrà battersi con Andrea Orlando e Michele Emiliano per la segreteria del Pd. "Orlando dicono sia forte tra gli iscritti e Emiliano nelle primarie aperte, io non lo so. Ho rispetto dei miei avversari e non passerò il tempo ad attaccarli. Uno l'ho scelto come ministro, l'altro l'ho aiutato a vincere in Puglia". Ma al governatore che si dice favorevole a una futura alleanza con i Cinque stelle "Mai però con Fi", replica puntuto: "A cena è andato con Berlusconi. Non so se Grillo sceglierebbe Emiliano... Io aspiro ad avere la maggioranza". E poi lancia la prima stoccata della campagna congressuale: sull'obbligo di vaccini a scuola, accusa, "non è stato chiaro come altri presidenti di Regione. Ma non giochiamo sulla pelle della gente, su queste cose non si scherza. Litighiamo su tanti argomenti, sui vaccini per avere un voto in più si perde la faccia e la dignità del Pd". Nello studio di Porta a porta Renzi torna sulla vicenda Consip, invocando processi "per arrivare alla verità": "Umanamente sono preoccupato per mio padre ma sto con i giudici".

Renzi, ieri, in vista del Lingotto, dove intende tracciare il programma dei "prossimi dieci-venti anni" ha mandato dei segnali ben precisi sulla "manovrina" che il governo Gentiloni dovrà varare nei prossimi mesi. Ha Ribadito "pieno sostegno" al premier: "Giochiamo con la stessa maglia, nella stessa squadra, non conta chi fa gol". Ma sottolineato che se il voto è "previsto nel 2018", non si possono passare questi mesi a "parlarsi addosso: l'importante è fare cose concrete". 

Al Lingotto questo weekend Renzi approfondirà le sue proposte con i sostenitori. Non ci sarà Walter Veltroni, che non vuole schierarsi al congresso. Mentre l'ex segretario non svela se ci sarà qualcuno di Fiat ma dice: "Marchionne l'ha salvata" ma il fatto che abbia portato la sede all'estero "mi sta sul gozzo". Anche gli sfidanti Orlando ed Emiliano portano avanti la loro campagna e il ministro della Giustizia, che la scorsa settimana ha incontrato Romano Prodi e raccoglie il sostegno dei prodiani, fa sapere che se venisse eletto segretario si dimetterebbe da Guardasigilli. Il Pd intanto è ancora alle prese, però, con il caos delle tessere e a Napoli la commissione congresso decide di non approvare il tesseramento, invalidando di fatto le iscrizioni dopo le polemiche della scorsa settimana.

Intanto "ho stima, amicizia e rispetto per Renzi, conosco il suo contributo al dibattito europeo e lo rispetto, ma io parlo con il governo italiano". Così il commissario Pierre Moscovici risponde ai giornalisti che chiedono un'opinione sulle indicazioni dell'ex premier sulle scelte del governo per la manovra, come il 'no' all'aumento dell'Iva. "Sta al governo italiano - continua il francese - fare le proposte giuste, ma sappiamo qual è il gap, qual è lo sforzo da fare, che rappresenta lo 0,2% del Pil".

"Per quanto riguarda gli affari di bilancio dell'Italia - ha aggiunto il commissario - siamo in contatto costante con il ministro delle Finanze, Pier Carlo Padoan. C'è uno scadenziario, ci sono dei ritardi, ci sono le scadenze del programma del Patto di Stabilità e del programma nazionale delle riforme. Da qui ad aprile continueremo in quelle che sono le nostre domande: questo 0,2% del Pil di misure e stiamo lavorando su risposte comuni, positive e costruttive col governo italiano". 

E dall'Aula del Senato via libera al Ddl delega sul contrasto alla povertà che è stato approvato con 138 Sì, 71 No, 21 astenuti. Il provvedimento che ha già incassato l'ok della Camera diventa legge e verrà così introdotto il cosiddetto reddito di inclusione per quei nuclei familiari che avranno i requisiti previsti dalla legge.

"Approvata la legge sulla povertà. Un passo avanti per venire incontro alle famiglie in difficolta'. Impegno sociale priorità del Governo". Lo scrive su twitter il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.

Intanto si profila una proroga per la rottamazione delle cartelle esattoriali. Il viceministro dell'Economia, Luigi Casero, ha infatti preannunciato in commissione Finanze alla Camera parere favorevole a un emendamento che sposta la scadenza per presentare l'istanza dal 31 marzo al 21 aprile. Se l'emendamento, presentato al decreto terremoto, sarà dichiarato ammissibile, avrà quindi il via libera dell'esecutivo.

L'Agenzia delle Entrate, intanto, ha chiarito le regole per aderire, 'rottamando' i debiti con l'amministrazione fiscale centrale affidati, per la riscossione, ad Equitalia o a Riscossione Sicilia.

Si può fare domanda per tutte le somme affidate agli Agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016, evitando di pagare sanzioni e interessi di mora, versando solo il capitale, gli interessi, le spese sostenute per le procedure di recupero del credito e l’aggio dovuto agli Agenti della riscossione. Per questo motivo non è possibile attivare la procedura per i carichi non affidati entro il 31 dicembre 2016. È invece possibile definire i carichi affidati nel 2016 per i quali alla data del 31 dicembre 2016 non è stata notificata la cartella di pagamento al debitore, ma della cui esistenza l’Agente della riscossione ha avvisato il debitore mediante comunicazione inviata per posta ordinaria.

Ma c'e anche una forte polemica tra Il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble e Draghi che lo attacca sui tassi bassi spiegando che 'le misure di politica fiscale e monetaria hanno raggiunto il limite', ma Mario Draghi ancora una volta li lascia invariati e anzi annuncia che i livelli dei tassi di interesse al livello attuale o più basso per un periodo prolungato e anche oltre l'orizzonte temporale del qe che al momento è atteso concludersi a dicembre. Ma riduce a 60 miliardi al mese il ritmo degli acquisti di titoli da aprile a dicembre, dagli attuali 80 miliardi di euro. "Non intendo speculare su un rialzo dei tassi prima della fine del Qe", sottolinea Draghi

'L'inflazione di base resta bassa', dice il presidente della Banca Centrale Europea. La Bce ha alzato all'1,7%, dall'1,3% di tre mesi fa, la stima d'inflazione per il 2017, e a 1,6% da 1,5% quella per il 2018.  La stima sul 2019 è confermata all'1,7%.  

Ventiquattro primi cittadini, con fascia tricolore,hanno firmato questa mattina nella sala dei Galeoni di Palazzo Chigi, con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, le convenzioni per la realizzazione di progetti di riqualificazione delle periferie. Le città che hanno firmato oggi le convenzioni sono: le Città metropolitane di Bari, Firenze, Milano, Bologna e i Comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana di Avellino, Lecce, Vicenza, Bergamo, Modena, Torino, Grosseto, Mantova, Brescia, Andria, Latina, Genova, Oristano, Napoli, Ascoli Piceno, Salerno, Messina, Prato, Roma.

Tra i progetti finanziati anche quello di abbattimento delle 'Vele' di Scampia, come spiega il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. A Napoli la convenzione sulle periferie firmata oggi porterà i fondi per finanziare "un progetto a cui teniamo tantissimo sulle vele di Scampia". Lo dice il sindaco di Napoli Luigi De Magistris all'uscita da Palazzo Chigi. "Ci sarà l'abbattimento delle vele, la prima all'inizio dell'estate di quest'anno", aggiunge il sindaco, spiegando che delle quattro vele ne resterà in piedi solo una che, riqualificata e trasformata, diverrà la sede della Città metropolitana di Napoli.

"Oggi si materializza un impegno da 500 milioni per i 24 progetti migliori classificati per le periferie. L'impegno riguarda in tutto 120 interventi, quindi altri 95 rispetto a quelli di oggi: le disponibilità economiche ci sono, il Cipe ha stanziato altri 800 milioni dei 1,6 miliardi che servono, gli altri 800 milioni fanno parte del fondo per le infrastrutture. E ai 2,1 miliardi saranno aggiunti fondi pubblici e privati per un totale di circa 3,9 miliardi. Uno stanziamento molto rilevante". Lo dice il premier Paolo Gentiloni. 

Intanto : vorrebbe che il suo governo fosse «rassicurante». E lui, Paolo Gentiloni, in tivvù con Pippo Baudo, fa di tutto, nel tono, nell'eloquio nelle cose che dice, per rassicurare sul fatto che l'esecutivo che dirige ha una prospettiva seria. I miracoli sono esclusi, «quelli li fanno i cittadini con i loro sacrifici», ma l'impegno nelle riforme il premier lo assicura. «Questo - dice - non è un governo provvisorio». E' in «doverosa continuità» con quello che presiedeva Renzi e intende arrivare «a fine legislatura». Chiede fiducia, promette riforme Gentiloni. «Abbiamo molte cose da completare ce delle cose nuove e importanti». Tra queste, sicuramente, un intervento sul lavoro. «Il nostro obiettivo nel Def - annuncia il premier - è quello di abbassare ulteriormente le tasse sul lavoro. Dobbiamo rendere gli investimenti più vantaggiosi».

Sul fine vita, osserva che «è in corso una discussione parlamentare doverosa». Sul nodo cruciale del Sud sembra assai appassionato. «Mi darebbero un premio Nobel, se avessi una ricetta semplice per far crescere il Mezzogiorno, che comunque ha forti potenzialità come «aveva capito alla grande Carlo Azeglio Ciampi». Il quale disse che la crescita italiana può migliorare solo se si alza la crescita al Sud.

Polemiche con l'Europa ? Zero. Gentiloni critica le rigidità a senso unico della Ue è «rigidissima sugli zero virgola dei bilanci e non su altre cose» ma sottolineato che l'Unione è da «tenersi ben stretta». E che ora «l'Europa deve aiutare la crescita e non deprimerla». Una mano, Bruxelles, però ce la può dare da subito, confida il capo del governo: sia «attraverso il fondo di emergenza, con una cifra attorno al miliardo» sia «consentendo di togliere dai conteggi deficit/pil le spese per il sisma». E comunque, evviva l'Europa: senza di essa, «diventeremmo tante piccole patrie in lotta tra di loro».

Parte il consueto appuntamento annuale con il Salone dell'auto di Ginevra che quest'anno promette di essere ancora più frizzante del solito, con la cessione di Opel a Psa e la cooperazione tra il costruttore indiano Tata Motors e il gruppo Volkswagen che potrebbe essere annunciata proprio durante le giornate stampa del salone. E grandi novità ci sono al Palexpo, che apre i battenti alla stampa il 7 e 8 marzo e al pubblico dal 9 al 19 marzo, anche tra le novità di prodotto. In tutto sono previste 99 anteprime mondiali e 27 europee, con l'Italia in primo piano in entrambi i contesti.

Il debutto più atteso è quello della Ferrari 812 Superfast, la nuova berlinetta 12 cilindri che sarà "la Ferrari stradale piu' potente e prestazionale della storia". Sempre in tema di supercar, la Lamborghini Huracan Performante che ha battuto il record al Nurburgring, la Pagani Huayra Roadster e l'avveniristica Pininfarina Fittipaldi EF7. Mentre Italdesign mostrerà in anteprima la sua nuova one-off, che segna il debutto dell'azienda di Moncalieri nell' esclusivo settore delle vetture per collezionisti prodotte in serie ultra-limitata. A questo scopo è nato il marchio Italdesign Automobili Speciali che verrà presentato a Ginevra.

L'amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne, al Salone dell'Auto di Ginevra parlando con i Giornalisti ha detto che "la Panda andrà altrove, ma non ora, intorno al 2019-2020. Lo stabilimento di Pomigliano ha la capacità di fare altre auto".

''Pensiamo sia giunto il momento di comunicarci quale sarà la produzione per lo stabilimento di Pomigliano''. E' quanto afferma Crescenzo Auriemma, segretario regionale Uilm, commentando l'annuncio dell'Ad Sergio Marchionne, della volontà di Fca di spostare la produzione della Panda, modello realizzato a Pomigliano, altrove. ''Siamo disponibilissimi a produrre vetture più complicate - aggiunge Auriemma - ma crediamo sia giunto il momento che Fca ci dica, in questi mesi, quali, quante e in che tempi saranno portate nello stabilimento automobilistico campano''.

"Lascerò Fca alla fine del 2018" ha detto Sergio Marchionne rispondendo ai giornalisti durante la conferenza stampa di Ferrari. "Che giudizio do su di me? Lascio agli altri cuochi giudicare, posso dire che a casa mia non si muore di fame", ha scherzato Marchionne che prima aveva giudicato Tavares un ottimo cuoco

Poi sull'eventuale vendita di un brand del gruppo: "Non lo faremo. Quando me ne andrò farete quello che vorrete. Finché ci sono io no", ha spiegato Marchionne. 

"Se voglio prendere l'ultima parte degli incentivi devo rimanere, altrimenti non prendo nulla. Il termine finale è 2020-2021", ha sottolineato il presidente della Ferrari. 

"Non mi voglio addentrare in discussioni politiche su Trump, cerco di essere obiettivo è di valutare in quale modo portare avanti le attività di Fca negli Usa". Spiega Marchionne. "Riporteremo dal Messico alcune attività, questo lo otterrà, ma è una cosa che riguarda il mercato americano e l'occupazione americana", ha aggiunto. "Da Trump si può imparare qualcosa, magari con un tono diverso. Si può avere un rapporto più diretto con l'industria, più collaborazione".

L'amministratore delegato di Fca ha poi parlato dell'accordo sull'acquisto di Opel da parte di Psa per 1,3 miliardi di euro: "È un passo nella giusta direzione, capisco le ragioni che hanno portato a unire i due business. È un impegno a lungo termine per trovare benefici per entrambe. Un buon pacchetto, un buon accordo, anche se difficile da mettere insieme".

"Mi aspetto che Volkswagen a un certo punto si presenti da noi per parlare". Lo ha detto l'ad di Fca, Sergio Marchionne, commentando al Salone dell'Auto di Ginevra gli effetti dell'acquisizione di Opel da parte di Psa

"Non chiudo mai nessuna porta, impossibile chiudere la porta con Gm perché non si è mai aperta. Ho bussato e non ho avuto risposta. Potrei bussare di nuovo o bussare ad altre porte. Se utile per il business lo farei". 

La mia idea sulla fusione con Gm rimane la stessa, anche se ora le sinergie sono un po' cambiate e quindi è meno desiderabile. Abbiamo perso il 20% delle sinergie che potevano esistere con la fusione. Comunque non cambia niente. Le preoccupazioni geopolitiche se sono reali per loro, lo sono anche per noi".

E' la ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli la più 'ricca' del governo Gentiloni. Fedeli, secondo quanto risulta dalla dichiarazione dei redditi 2016, registra un reddito imponibile pari a 180.921 euro. In secondo posizione il titolare della Cultura Dario Franceschini, con 148.692 euro. In coda, invece, il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina, con un reddito imponibile 2016 pari a 46.750 euro. Il premier Paolo Gentiloni, nel 2016, registra invece un reddito imponibile pari a 109.607 euro.

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, si legge nella documentazione, ha dichiarato un reddito imponibile di 144.853 euro, 'piazzandosi' al terzo posto. Seguono quindi Enrico Costa, ministro per gli Affari regionali, con 112.034 euro, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, con 104.473 euro, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, con 104.432 euro, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, con 102.300 euro, il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, con 102.058 euro, la ministra della P.a., Marianna Madia, con 98.816 euro. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e il ministro dello Sport, Luca Lotti, 'vantano' invece l'identico reddito imponibile: 98.471 euro. Nella 'classica' figurano poi Il ministro della Coesione territoriale, Claudio De Vincenti (97.728 euro), il titolare dell'Ambiente Gian Luca Galletti (97.631 euro), la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin (97.576 euro), la ministra della Difesa, Roberta Pinotti (96.663 euro), la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi (96.571 euro), il ministro dell'Interno, Marco Minniti (92.237). Penultimo, prima di Martina, il titolare dell'Economia Pier Carlo Padoan, con 49.958 euro dichiarati nel 2016.

Precipitano i redditi di Beppe Grillo, Secondo i dati diffusi dalle Camere, il leader dei cinque stelle ha dichiarato nel 2016 un imponibile di 71.957 euro. L'anno precedente il suo modello unico era cinque volte più ricco: Grillo aveva infatti dichiarato 355.247 euro. 

Sfiorano i centomila euro i redditi dei grillini che siedono in Parlamento. Quanto meno dei 'big', ovvero dei volti più noti del Movimento. Consultando le dichiarazioni dei redditi dei parlamentari traspaiono redditi «fotocopia» per il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, a 98.471,04 euro, per Alessandro Di Battista (98.471 al netto dei 4 centesimi dichiarati da Di Maio), e il presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico: anche lui, esattamente come Di Maio, ha dichiarato 98.471,04 centesimi nel 2015.

Beppe Grillo risulta più povero dei suoi parlamentari. Il suo reddito si attesta a 71.957 euro, con un vero e proprio crollo rispetto all'anno precedente quando dichiarava 355.247 euro, dunque ben 283.290 euro in meno. Eppure il leader del M5S, nella dichiarazione dei redditi 2016 disponibile sul sito Parlamento.it, non dichiara variazioni avvenute rispetto all'anno precedente, come vendite o acquisti di immobili. Circa 30mila euro di redditi inferiori, per Grillo, rispetto a Di Maio, Di Battista e gli altri, che, per il 2015, hanno dichiarato redditi che sfiorano i 100mila euro.

Matteo Renzi dichiara nel 2016 un reddito imponibile di 103,283 euro. Un dato in leggero calo, 5000 euro in meno, per l'ex Presidente del Consiglio, rispetto alla dichiarazione dell'anno scorso, quando ha dichiarato 107.960. Tra i leader politici Angelino Alfano di Ncd ha dichiarato 102.300 euro. La presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ha dichiarato 97.946 euro, mentre Pier Luigi Bersani, tra i leader di Democratici e progressisti, ha un imponibile di 150.211 euro.

 

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, nel 2016 dichiara oltre il doppio del reddito della Presidente della Camera, Laura Boldrini. La seconda carica dello Stato ha dichiarato un imponibile di 340.563 euro mentre quello della Boldrini è pari a 144.883 euro.

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