L'aviazione americana ha ripreso a volare dalla base turca di Incirlik, 36 ore dopo l'interdizione che era stata decretata dal governo turco in seguito al fallito golpe militare. È il primo segno di distensione tra i due Paesi, dopo le parole infiammate che avevano fatto seguito all'insurrezione di venerdì, per la quale Erdogan e i suoi principali collaboratori non avevano taciuto i sospetti di un coinvolgimento da parte dell'importante alleato d'oltreoceano.
Al centro della tensione c'è la figura dell'Iman Fetullah Gulen, dal 1999 esule dalla Turchia, e rifugiato in una lussuosa quanto segreta base operativa nella campagna della Pennsylvania. Da questa residenza l'ex alleato di Erdogan, accusato poi di voler insidiare il potere del presidente turco, dirige le fila di un movimento religioso e culturale che predica la tolleranza e l'accettazione di pluralità di fedi all'interno dell'Islam sunnita. Da anni Erdogan chiede che l'amministrazione Usa ne ordini il rimpatrio, e accusa Gulen di ogni congiura nei suoi confronti, dall'insurrezione armata a brogli elettorali per ostacolare la sua ascesa.
Gli Stati Uniti prenderanno in considerazione la richiesta di estradizione di Fethullah Gülen, il religioso islamico che vive in Pennsylvania, avanzata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che accusa l'ex imam del tentato colpo di stato. Lo ha affermato il segretario di Stato americano John Kerry. Parlando dal Lussemburgo, Kerry ha detto che gli Stati Uniti non hanno ancora ricevuto una richiesta formale e ha invitato il governo turco «come sempre facciamo, a presentarci prove legittime che accetteremo e giudicheremo in modo appropriato».
I dubbi sull'affidabilità della Turchia nella lotta all'Isis li esprime in modo forse calcolatamente non diplomatico su «France 3» il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault, uno dei primi capi-diplomazia occidentali a parlare al telefono col suo omologo turco nella notte del tentato golpe. La domanda che gli viene posta riguarda la determinazione di Ankara nel contrasto al Califfato. «Ci sono interrogativi che dobbiamo porci e ai quali dovremo rispondere», spara Ayrault. «La Turchia è affidabile in parte, ma ci sono anche sospetti. Bisogna essere onesti su questo». Non è un caso che i dubbi vengano sollevati da Ayrault all'indomani della vittoria di Erdogan sui golpisti e della pesante repressione su militari e magistrati che ne è stata la diretta conseguenza.
Sono cinque i colpi di Stato nella storia della Turchia : Il 27 maggio 1960 il generale Cemal Gürsel fece un colpo di Stato rimuovendo Celal Bayar e il primo ministro Menderes, che fu giustiziato poco dopo. Il sistema ritornò sotto il controllo civile solo nell'ottobre 1961.
Il 12 marzo 1971, i capi delle forze armate, guidati dal generale Faruk Gürler, presentarono un memorandum al Presidente Sunay in cui si esigeva l'installazione di un "governo forte e credibile". Il leader dell'esercito mise in guardia i funzionari civili che le forze armate sarebbero state obbligate nuovamente ad assumere l'amministrazione dello Stato se il governo non avesse messo in atto le riforme economiche e sociali (compresa la riforma agraria) per frenare la violenza. Demirel si dimise il giorno stesso. Un fatto che passò alla storia come il "colpo di stato del memorandum". Una sessione della Grande Assemblea Nazionale fu convocata nel marzo 1973 per eleggere un successore al Presidente Sunay.
L'11 settembre 1979, il generale Kenan Evren ordinò al generale Haydar Saltık di valutare la possibilità di realizzare un colpo di Stato "costituzionale" o di dare un serio "avvertimento" al governo in carica. L'operazione fu pianificata nell'arco di sei mesi. Evren nascose la relazione e il piano operativo in un luogo sicuro.
Attuato poi nel settembre 1980, il controllo del governo fu posto nelle mani del generale Kenan Evren e del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale, che subito iniziarono a cercare di normalizzare il paese con la dissoluzione di tutti i partiti e la promozione di nuovi attori politici. Il sistema politico fu demolito. Venne elaborata una nuova Costituzione che dava più potere al Presidente rispetto all'Assemblea, e il Senato fu abolito, mentre il generale Kenan venne eletto Presidente per un mandato di sette anni.
Nel 1997 i militari criticarono il supporto del Governo a politiche religiose settarie e mandarono un memorandum al primo ministro Necmettin Erbakan intimandogli di rassegnare le dimissioni: una sorta di colpo di stato soft.
Con l'ultimo, sono cinque i colpi di Stato nella storia della Turchia. Nessuno dei quali ha portato mai a una dittatura, piuttosto al "ripristino" di sistemi democratici. ll governo liberale al potere dal luglio 1912 fu rovesciato nel gennaio 1913 da un colpo di Enver Pascià, e gli elementi più autoritari del movimento dei Giovani Turchi acquistarono il pieno controllo.
Lo stratega militare del golpe fallito in Turchia è il generale turco Mehmet Disli, fratello di Saban Disli, deputato e vice-leader del partito Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan. Lo riportano diversi media locali, secondo cui sarebbe stato lui - ora agli arresti - a dare il via libera alle operazioni del putsch. Il deputato Disli, alla quarta legislatura e incaricato del dipartimento economico, nelle scorse ore si era espresso pubblicamente contro il golpe.
Intanto un uomo in uniforme militare è stato ucciso dalla polizia turca dopo che aveva aperto il fuoco nei pressi del tribunale di Ankara. Lo scontro a fuoco è avvenuto mentre stavano testimoniando 27 generali e ammiragli golpisti arrestati, tra cui Akin Ozturk, ritenuto uno degli strateghi del fallito putsch. Sul posto sono giunte le forze speciali e almeno un carro armato
Un totale di 7.850 agenti in tutto il Paese sono stati sospesi dai loro compiti la scorsa notte e costretti a riconsegnare armi e distintivi. La decisione, cui potrebbero seguire arresti, è stata comunicata ai dipartimenti locali dal capo della polizia, Mehmet Celalettin Lekesiz.
L'addetto militare dell'ambasciata turca in Kuwait, inoltre, è stato arrestato in Arabia Saudita da dove avrebbe avuto intenzione di partire alla volta dell'Europa dopo il tentato golpe di venerdì in Turchia. La notizia viene riportata da diversi media arabi, compresi il quotidiano Asharq al-Awsat, che cita una fonte diplomatica, e la tv satellitare al-Arabiya. Secondo il quotidiano panarabo edito a Londra, l'addetto militare è stato interrogato ieri in Arabia Saudita, dopo l'arrivo all'aeroporto di Dammam, su richiesta di Ankara.
Stando al sito web in lingua araba della tv satellitare al-Arabiya, nelle intenzioni dell'addetto militare Mikail Gullu ci sarebbe stato un viaggio verso Dusseldorf, via Amsterdam. «È attualmente trattenuto dalle autorità saudite», scrive Asharq al-Awsat, aggiungendo che «probabilmente tentava la fuga per il suo coinvolgimento nel tentativo di golpe» in Turchia.
La notizia dell'arresto di Mikail Gullu viene riportata anche dall'agenzia di stampa turca Anadolu, che scrive del fermo - avvenuto ieri - dell'addetto militare da parte dell'Arabia Saudita su richiesta della Turchia. «Verrà presto rimpatriato», aggiunge la Anadolu.
Con gli Usa i rapporti sono tesissimi dopo che il ministro del Lavoro turco aveva accusato apertamente gli Usa di essere dietro il fallito colpo di Stato. Un'insinuazione respinta al mittente dal segretario di Stato americano John Kerry, che aveva bollato le frasi del ministro anatolico come "totalmente false e lesive dei rapporti fra i due Paesi."
"L'appartenenza della Turchia alla Nato potrebbe essere a rischio": questo - secondo quanto riporta il Washington Post - il monito che il segretario di stato americano John Kerry ha lanciato da Bruxelles dove si trova per un meeting dei Ministri degli Esteri Europei
Ma a tre giorni dal golpe vero o artefatto che sia il Sultano presenta il conto agli oppositori interni.
Da ore, il Paese è attraversato da un'ondata di arresti che colpisce indiscriminatamente militari, giudici, imprenditori e ogni centro di potere che ancora si opponga al presidente Recep Tayipp Erdogan. Questa mattina un soldato che aveva aperto il fuoco davanti al tribunale della capitale, Ankara, è stato freddato dalla polizia.
Nelle ultime ore sono stati sospesi dal servizio oltre settemila agenti di polizia in tutta la Turchia, obbligati a consegnare le armi e a cedere il distintivo. Molti potrebbero essere arrestati nelle prossime ore.
Negli ultimi due giorni erano finiti in manette oltre seimila fra giudici e militari, fra cui ventisei generali e migliaia di magistrati e procuratori dissidenti. Il presidente Erdogan ha affermato pubblicamente di volersi impegnare per estirpare il "virus" della sedizione e della ribellione.
Le forze speciali presidiano i punti strategici di Ankara ed Istanbul, mentre la gente comune si risveglia attonita cercando di riprendere, per quanto possibile, la vita quotidiana.
Pare ormai scontato che il presidente Erdogan approfitterà della situazione per imprimere un'ulteriore svolta autoritaria a un regime che già da anni sta perdendo a poco a poco le caratteristiche di una democrazia compiuta. Fra i punti più controversi all'ordine del giorno c'è l'ipotesi, avanzata dallo stesso presidente, di reintrodurre la pena di morte "dopo averne parlato con l'opposizione".
come e noto Tutto è cominciato intorno alle 22.30, quando l'emittente Ntv ha diffuso la notizia della chiusura dei due ponti sul Bosforo a Istanbul, senza fornire motivazioni, e la CnnTurk ha mostrato i blocchi allestiti con camion militari e soldati armati sui ponti che collegano la parte asiatica con la parte europea della città. Poco dopo sono stati uditi colpi d'arma da fuoco ad Ankara, mentre la città veniva sorvolata da jet ed elicotteri militari. A Istanbul i carri armati hanno bloccato l'accesso all'aeroporto Ataturk, per poi ritirarsi dopo qualche ora; sono infatti stati sospesi tutti i voli in partenza dallo scalo.
Sempre a Istanbul spari sono stati uditi vicino al quartier generale della polizia, dove i militari avrebbero fatto irruzione intimando agli agenti di consegnare loro le armi. Mentre ad Ankara ostaggi sarebbero stati presi nella sede dello stato maggiore, e fra loro ci sarebbe il capo di stato maggiore Hulusi Akar. Oscurata inoltre l'emittente pubblica Trt. Alle due del mattino, quando sarebbero già stati arrestati 440 soldati golpisti, fonti dell'intelligence turca (Mit) annunciano che il tentativo di golpe dei militari in Turchia è stato sventato. L'ufficiale Muharrem Kose, secondo quanto riporta l'agenzia turca Anadolu, sarebbe stato identificato come il regista del tentativo di colpo di Stato in atto in queste ore in Turchia. Anche il ministro degli Interni turco Efkan Ala dichiara poco dopo che il colpo di stato è stato "sventato e i golpisti sono stati arrestati". Una conferma arriva dalla tv di Stato, che riprende le trasmissioni dopo 4 ore di stop.
Intanto una fotografia postata su twitter racconta bene il clima da caccia alle streghe. I militari arrestati sono stipati in una palestra. Sono seminudi e hanno le mani e i piedi legati. "Il ripristino della pena di morte in Turchia è una richiesta del popolo, un ordine dei cittadini - il premier Binali Yildirim alla Cnn Turk - ma sarebbe sbagliato affrettarsi a decidere".
La svolta autoritaria di Ankara non piace a Berlino, e neppure a Bruxelles, che in queste ore sarebbe pronta a sacrificare il futuro dei negoziati di adesione di Ankara all'Unione Europea, se venisse introdotto un provvedimento del genere. "Una nazione che ha la pena di morte non può essere membro dell'Ue", ha infatti ribadito il portavoce della cancelliera durante un briefing con la stampa.
Le parole del premier arrivano all'indomani delle affermazioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo il quale le domande del popolo "non possono essere ignorate" e verrà aperto un dibattito sul ripristino della pena capitale in Turchia dopo il tentato golpe di venerdì. "Chiederemo conto per ogni goccia di sangue versato", ha promesso Yildirim ribadendo che Ankara "agirà nel rispetto della legge".
Il pugno duro del Sultano spaventa i vertici di Bruxelles che tornano a mettere in dubbio l'annessione della Turchia all'Unione europea. L'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri della Ue Federica Mogherini ha sottolineato come nessuno Stato possa entrare "se introduce la pena di morte". Lo stesso ha ribadito il portavoce di Angela Merkel che ha minacciato una sospensione dei colloqui di adesione con l'Ue.
Respingiamo categoricamente la pena di morte”. “Un paese che ha la pena di morte non può essere membro dell'Ue".
Sono le dichiarazioni durissime pronunciate dal portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert, che attacca così il presidente turco Erdogan, all’indomani dell'annuncio di una probabile reintroduzione della pena capitale nel Paese contro i golpisti e gli oppositori politici.
“Il popolo chiede la pena di morte per i colpevoli del fallito golpe e noi non possiamo ignorare questa richiesta", aveva infatti annunciato dopo i funerali delle vittime del golpe fallito, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che aveva promesso di voler discutere con l’opposizione la proposta di reintroduzione della pena capitale. "In una democrazia le decisioni sono assunte sulla base di quello che vuole il popolo”, aveva quindi spiegato Erdogan, aggiungendo che una decisione in questo senso deve essere raggiunta in fretta "perché in questo Paese, chi lancia un golpe deve pagarne il prezzo"
Frasi che non sono piaciute alla Germania, che ha chiesto, inoltre, di “mettere fine alle rivoltanti scene di vendetta e giustizia arbitraria" che si sono verificate nelle ore immediatamente successive al tentativo dei militari di prendere il potere, invitando il governo di Ankara a rispondere in modo “proporzionato” agli eventi in corso nel Paese, in cui continuano gli arresti e la rimozione dall’incarico di migliaia di militari, giudici ed amministratori locali. Compresi 7.850 poliziotti, costretti dal governo, nelle ultime ore, a riconsegnare armi e distintivo.
L’altolà ad Erdogan è arrivato anche da Bruxelles, dove l'Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza, dell’Ue, Federica Mogherini, ha affermato in una conferenza stampa con il segretario di Stato degli Usa, John Kerry, che se la Turchia reintrodurrà la pena di morte, l’Unione è pronta a sospendere tutti i negoziati con il Paese. Il tentativo di colpo di Stato in Turchia, ha detto la Mogherini, non deve essere “una scusa per allontanare il Paese dai diritti fondamentali e dallo stato di diritto".
"La Turchia”, ha ricordato inoltre l’alto rappresentante, “è un membro importante del Consiglio d'Europa e come tale è vincolata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che è davvero chiara sulla pena di morte". Il capo della diplomazia europea ha quindi sottolineato la necessità che la Turchia “rispetti la democrazia, i diritti umani e le libertà fondamentali".
Intanto, sui cieli turchi continuano i pattugliamenti dei jet da combattimento che stanno sorvolando lo spazio aereo sopra Ankara ed Istanbul. Erdogan ha, inoltre, vietato agli elicotteri militari di decollare da Istanbul, annunciando che qualsiasi elicottero dell'esercito si alzi in volo sopra Istanbul, verrà abbattuto.
Anche Wikileaks, infine, ha attaccato il governo turco, criticandone la dura reazione al tentativo di colpo di Stato militare, annunciando via Twitter la pubblicazione di una serie di documenti sulla struttura politica del potere in Turchia. "Preparatevi a combattere, poiché pubblicheremo oltre centomila documenti sulla struttura del potere politico in Turchia", ha twittato l’organizzazione dal proprio account sul social network.
Nel frattempo gli stessi leader occidentali che nella notte fra venerdì e sabato avevano supportato apertamente il governo "democraticamente eletto" oggi invitano Erdogan a rispettare la prassi costituzionale senza abusare dell'eccezionalità della situazione per varare una legislazione speciale.
"Non ci possono essere deroghe allo Stato di diritto", ha protestato l'Alto commissario per la politica estera della Ue Federica Mogherini, mentre il commissario per la politica di vicinato e i negoziati per l'allargamento dell'Ue, Johannes Hahn, ha addirittura accusato Erdogan di aver preparato da tempo le "liste di epurazione" di giudici e militari sgraditi.
Sui mercati l'effetto del tentato golpe non ha tardato a farsi sentire. All'avvio delle contrattazioni la Borsa di Istanbul ha aperto questa mattina cedendo il 2,9%, mentre la lira turca cerca di riprendersi dal crollo di venerdì sera. Nelle ore del golpe la divisa turca aveva perso oltre il 4%, mentre ora guadagna circa il 2% a 2,96 sul dollaro.
"Il governo è impegnato a migliorare le condizioni di vita dei cittadini", anche attraverso la riduzione della pressione fiscale, "e a creare occupazione. L'occupazione è il primo strumento di contrasto delle diseguaglianze". Lo ha sottolineato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, parlando a Confcommercio anche alla luce dei dati Istat sulla povertà. L'impegno profuso dal governo sull'occupazione, ha insistito, "non ha precedenti negli ultimi 20 anni".
"L'Italia deve dotarsi degli stessi strumenti di contrasto alla povertà che esistono negli altri paesi europei, purtroppo le misure prese finora sono ancora parziali e limitate". Così il presidente dell'Inps Tito Boeri
Ma nel 2015 l'Istat stima che le famiglie in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 mln e 582 mila e le persone a 4 mln e 598 mila (il numero più alto dal 2005). L'incidenza della povertà assoluta si mantiene stabile negli ultimi tre anni per le famiglie; cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013). Questo perché riguarda le famiglie più numerose. In aumento al Nord, in particolare per gli stranieri, la povertà colpisce chi vive in città e i bassi redditi.
Questo andamento nel corso dell'ultimo anno si deve principalmente all'aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. L'incidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per l'ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%). Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (l'incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%).
Nel 2013 una persona su 10 in Italia èra in povertà assoluta. Si raggiunge così il record di persone che vivono in povertà assoluta dal 2005, quando è iniziata la diffusione di questa stima da parte dell’Istat. "L’anno scorso - fa notare l'istituto di statistica - i più poveri tra i poveri erano il 9,9% della popolazione (6.020.000), nel 2005 la percentuale si fermava al 4,1% (2.381.000 persone)". Nel 2013 aumentano anche i minori che vivono in condizioni di povertà assoluta: sono il 13,8% del totale, pari a un milione 434 mila persone. Il dato peggiora rispetto al 2012 quando gli under 18 poverissimi erano 1 milione 58mila (10,3% del totale). "Stanno peggio anche gli anziani - spiega l'Istat - soprattutto se vivono con un altro anziano". Nel 2012 l’incidenza si fermava a 5,8%. La povertà assoluta continua ad aumentare tra le famiglie con tre o più componenti e soprattutto tra quelle con figli, in particolare se minori (dall’8,9% al 12,2%).
Intanto un bambino di 9 anni ha donato 50 euro, l'ammontare dei risparmi fatti con i regali della nonna, a un mendicante, a Castelfranco Emilia. Ma l'uomo si è poi recato nel negozio gestito dalla famiglia del ragazzino e ha restituito la somma: "Questi soldi non mi appartengono, è giusto che ve li restituisca". La storia - raccontata dalla Gazzetta di Modena - ha avuto per protagonista Valentino, i cui genitori hanno un laboratorio nella strada dove il senzatetto da due anni, chiede l'elemosina ai passanti.
"L'ho fatto perchè credevo che lui ne avesse più bisogno di me", ha raccontato il bambino, che si è anche 'beccato' una punizione dalla mamma. "Gli ho fatto passare l'aspirapolvere per tutto il negozio - ha detto - spiegandogli quanta fatica io e suo padre facciamo per guadagnare quella cifra e che con 50 euro la sua famiglia mangia per due giorni. Poi, però, ci ho riflettuto e ho capito che era un gesto straordinario".
A otto mesi dalla strage di Parigi, torna il terrore in Francia, stavolta a Nizza.
Erano passate da poco le 22,30 e la Promenade des Anglais, sul lungomare, era gremito dopo i fuochi d'artificio che hanno chiuso i festeggiamenti per il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia, quando un camion bianco e piombato sulla folla correndo a zig zag, falciando qualsiasi cosa gli si parasse davanti e mentre l'autista sparava all'impazzata dall'abitacolo.
La sua folle corsa ha ucciso 84 persone nella Promenade des Anglais di Nizza. Secondo il quotidiano locale Nice matine, che ha sentito fonti di polizia, l'attentatore si chiamerebbe Mohamed Lahouaiej Bouhlel.
L'uomo, 31 anni, è stato identificato grazie alla sua carta di identità ritrovata a bordo del camion.
Una donna ha fermato l assassino ed era uno dei due agenti di polizia che hanno ucciso il killer di Nizza. Lo detto a radio Europe 1 il presidente del Dipartimento delle Alpi Marittime Eric Ciotti. "Una persona è saltata sul camion per tentare di fermarlo - ha detto Ciotti -. È a quel momento che la polizia è stata in grado di neutralizzare questo terrorista. Non dimenticherò mai il viso di questa poliziotta che ha intercettato il killer".
Sostenitori dell'Isis esultano, anche se non vi è stata nessuna rivendicazione ufficiale. Il mondo sgomento. Papa Francesco è solidale con le vittime e tutto il popolo francese e condanna "nel modo più assoluto ogni manifestazione di follia omicida, di odio, di terrorismo e ogni attacco contro la pace".
Al volante del camion che ha strappato la vita a 84 persone e ne ha ferite un centinaio ci sarebbe stato un franco-tunisino di 31 anni. L'uomo viveva proprio a Nizza, la città colpita dal tremendo attentato di ieri sera. L'identificazione del killer è stata possibile grazie al ritrovamento dei documenti d'identità all'interno del camion. Nel veicolo c'era un documento di identità a nome di questa persona, un uomo non noto ai servizi segreti, ma alla polizia per reati di violenza minore, in particolare una recente lite, informa France Info.
Secondo l'emittente, che non cita la fonte, non è certo che l'identità corrisponda all'autore della strage. Il proprietario della carta d'identità era nato a Nizza, nel 1985: ora l'obiettivo della polizia è capire se si tratti dello stesso terrorista, che è stato ucciso dalla polizia, mentre guidava il camion sulla Promenade des Anglais, pochi miniti dopo la fine dei fuochi d'artificio, per la festa nazionale francese.
Fonti a BMF TV hanno spiegato che la certezza della corrispondenza si sta cercando tramite le impronte digitali e hanno confermato che l'autista del camion ha anche sparato sulla folla con un'arma di piccolo calibro. All'interno del camion sono stati trovate, oltre alla pistola, anche varie armi leggere e una granata, ma tutto falso.
Il portavoce del Ministero degli Interni ha dichiarato: "Le indagini sono condotte per scoprire se la persona ha agito da solo o se aveva dei complici che sono fuggiti". Ciò che è certo è che l'uomo, come dichiarato dalla autorità francesi "era noto alla polizia per violenze, uso di armi, ma nessun fatto legato al terrorismo".
Alla fine i morti sono 84, mentre centinaia di persone sono state ferite. Tra questi anche decine di bambini, dal momento che il lungomare era pieno di famiglie. Sul camion sono state trovate armi e granate, ma pare che molti fucili fossero giocattolo. Nell'abitacolo c'era anche la patente e il telefonino che hanno permesso l'identificazione dell'uomo. Su quello che è l'attacco più sanguinoso in Francia dopo gli attentati del 13 novembre 2015 indaga la procura antiterrorismo di Parigi.
Stando a quanto riporta la Reuters, l'attentatore non era però inserito nelle liste dell'antiterrorismo francese. Bouhlel che per lavoro faceva il corriere, avrebbe noleggiato il mezzo in un Paese poco lontano da Nizza mercoledì 13 luglio.
Secondo Christian Estrosi, presidente della regione, l'uomo avrebbe esploso diversi colpi d'arma da fuoco prima di essere ucciso dalla polizia francese.
Al momento le cause del gesto non sono ancora chiare ma stando a quanto riporta Nice matine, la polizia avrebbe fatto irruzione nella sua residenza di Nizza per cercare prove di eventuali complici.
Lo stato di emergenza che in Francia doveva terminare il 26 luglio sarà prolungato di tre mesi, ha detto il presidente francese Francois Hollande, parlando dopo l'attentato di Nizza. Tre i giorni di lutto nazionale. Intanto è giunta la condanna del Papa e la solidarietà dagli altri leader europei.
"Mentre la Francia celebrava la sua festa nazionale, la violenza cieca ha colpito ancora il Paese a Nizza, facendo numerose vittime tra cui dei bambini. Condannando ancora una volta tali atti, Sua Santità Papa Francesco esprime la sua profonda tristezza e la sua vicinanza spirituale al popolo francese". E' quanto affermato in un messaggio inviato a nome del Papa al vescovo di Nizza, mons. André Marceau, dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.
"Non cederemo mai a chi predica e pratica la cultura della morte contro la vita delle persone e la libertà dei popoli", afferma il presidente Sergio Mattarella. "Insieme con gli altri Paesi dell'intera comunità internazionale, anzitutto dell'Unione Europea, proseguiremo l'impegno contro la violenza e il terrorismo, per affermare i valori di libertà, eguaglianza, fraternità, celebrati in Francia il 14 luglio", aggiunge il capo dello Stato.
Il premier Matteo Renzi ha ritwittato un tweet del presidente francese Hollande il quale sottolinea come la Francia sotto attacco e afflitta è forte e lo sarà sempre di più dei fanatici che la vogliono colpire.
Sono stati ulteriormente rafforzati i controlli da parte italiana sul confine di Stato a Ventimiglia dopo l'attentato di Nizza. "Abbiamo avuto notizia che fuggitivi potessero essersi diretti in Italia - ha detto un dirigente di polizia - ma per ora non abbiamo riscontri concreti".
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha partecipato questa mattina alla riunione del sottosegretario Marco Minniti con i vertici delle agenzie di intelligence. E' in corso al Viminale la riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa), convocata dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano.
E come riferisce l agenzia di stampa ansa : Tenevo per mano i miei quattro figli poi all'improvviso le urla della gente e quel tir che ci è passato accanto andando a zig zag e schiacciando tutto e tutti". Piange Marlena quando, davanti all'ospedale di Nizza, racconta il terribile attentato che ieri sera ha sconvolto la Francia. "Per un attimo non ha più visto i figli: è stato per pochi secondi - dice - quando li ho rivisti avevano il terrore sul volto e sui vestiti il sangue di tutti quei morti. Fisicamente stanno bene, ma sono sotto shock - conclude -: dicono che non vogliono mai più uscite di casa".
"Il camion sterzava di continuo, per colpire più persone possibile, proprio come fossero dei birilli". E' il racconto di un giornalista del quotidiano Nice-matin, che si trovava sul lungomare quando il camion ha iniziato la sua folle corsa contro la folla. Il camion che ha compiuto la strage sul lungomare di Nizza è piombato a 80 km orari sulla folla. "Ho sfiorato la morte. Ho visto gente stritolata, teste insanguinate, membra staccate", ha raccontato un testimone oculare citato da l'Express. Il camion, ha detto lo stesso uomo, ancora sotto shock, era un 18 tonnellate, un mezzo che è lungo 15 metri e andava a 80 km all'ora".
"Ho visto passare il camion a un solo metro da me mentre travolgeva tutto come fossero birilli: uomini, donne, bambini, bancarelle: sembrava un incubo, non riuscivo a muovermi". E' uno dei passaggi della testimonianza resa all' ansa da Maurizio Ventura, 60 anni, pensionato milanese che da due anni vive a Nizza. Maurizio, come tante migliaia di persone, nel momento dell'attacco del camion, era sul lungomare di Nizza e aveva appena assistito allo spettacolo dei fuochi pirotecnici che chiudevano la festa Nazionale francese del 14 luglio.
C'è l'Italia del Freccia rossa, quella di Expo, abbiamo in casa televisori che ricevono migliaia di canali, molti figli di papà giocano con i droni e guardano film sui telefonini. Ma purtroppo l'Italia reale e maggioritaria vive ancora su binari unici. Molti italiani, in tutti i campi, brillano nelle loro eccellenze, tanti italiani - come quelli che ieri sono corsi a donare il sangue negli ospedali pugliesi - hanno il cuore d'oro.
Ma purtroppo l'Italia non c'è. Perché la maggior parte degli uomini che la governano sono simili agli statali furbetti del cartellino: timbrano, incassano e fanno gli affari loro. Da tre anni - e già sarebbe stato scandalosamente tardi - erano stati finanziati i lavori per raddoppiare quella linea ferroviaria. Nelle prossime ore ci spiegheranno perché non è stato fatto.
Il traffico è regolato via telefono tra capistazione e macchinisti. Nessun paracadute, nessuna spia che, nell'era di internet, si accenda sulla plancia di comando, niente di niente che possa salvare dall'errore umano due treni che stanno marciando a tutta velocità l'uno contro l'altro. Basta un equivoco, una distrazione ed è tragedia. È accaduto, più che uno scontro è stata una esplosione: oltre venti sette morti e decine di feriti, molti in gravi condizioni.
L'incidente poco dopo le 11, al chilometro 51 della linea gestita dalla società privata Ferrotramviaria. Uno dei due convogli era partito da Corato diretto ad Andria e l'altro, viceversa, proveniva da Andria e andava in direzione Corato. A bordo solitamente ci sono, oltre a pendolari e studenti, anche molti passeggeri che devono raggiungere l'aeroporto di Bari Palese. L'impatto tra i treni, che viaggiavano ad una velocità di 100-110 km all'ora, è violentissimo. I vagoni vengono letteralmente sbriciolati, pezzi di lamiere volano per decine di metri tra gli ulivi della campagna pugliese, ai lati dei binari. Uno dei treni ha soltanto due vagoni rimasti pressoché intatti; l'altro solo l'ultimo, quello di coda.
La causa dell'incidente in Puglia sarebbe stata la mancanza di sistemi automatici di supervisione della linea ferroviaria, in quella tratta viene ancora usato il cosiddetto 'blocco telefonico', cioè la comunicazione telefonica del via libera sul binario unico. E' questa l'ipotesi che fa all'ansa Stefania Gnesi, ricercatrice dell'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione 'A. Faedo' del Consiglio nazionale delle ricerche Isti-Cnr.
"Ci sono sensori su tutta la linea ferroviaria - spiega - che segnalano blocco per blocco se la linea e' occupata. Man mano che il treno avanza si bloccano gli altri treni, c'è come una distanza di sicurezza. Se per caso un treno sfora, viene mandato il blocco automatico, che può essere il classico semaforo rosso oppure l'interruzione della linea elettrica sul treno, che quindi si ferma". "E' un sistema altamente sicuro - aggiunge Stefania Gnesi - perché tutte queste procedure vengono validate e testate prima di essere messe in uso, controllate via software e via hardware e devono rispettare delle regole di certificazione". "Resta lo sconcerto per questo genere di incidenti gravi".
"Dalle informazioni che abbiamo estrapolato da Internet sembrerebbe non ci fosse un impianto di segnalazione automatica in quella tratta - osserva - sembra invece che li' funzioni ancora il blocco telefonico, cioè la comunicazione via telefono del via libera, tra la centrale di controllo e il macchinista". "Secondo le informazioni prese dal sito Rfi - aggiunge Stefania Gnesi - il sistema di blocco telefonico è usato in una piccola percentuale delle linee, il 98% è invece controllato da sistemi automatici più o meno raffinati, con livelli più o meno accurati a seconda della linea". Secondo la ricercatrice i sistemi automatici sono più sicuri "perché funzionano a blocchi".
Tanti i messaggi di solidarietà dall'estero, da Papa Francesco a Vladimir Putin."Bilancio assurdo e inaccettabile", ha scritto il premier Matteo Renzi su Facebook, dopo essersi recato in Puglia.
Il presidente Mattarella dice che quello che è successo è «inammissibile»; il premier Renzi che «chi ha sbagliato pagherà». Ovvio, ma bisogna intenderci su cosa è «inammissibile» e su chi «deve pagare» oltre al disgraziato - ammesso che sia vivo - che ha materialmente provocato lo schianto. Perché «inaccettabile» è che nel 2016 ben dodicimila dei diciannovemila chilometri di rete ferroviaria siano ancora a binario unico e spesso non assistito. Perché a «pagare» dovrebbero essere la classe politica e gli amministratori che hanno dilapidato, anche e soprattutto nel trasporto locale, una montagna di denaro pubblico per ritrovarsi in queste condizioni
Un pool di magistrati coordinerà le indagini e potrebbero essere presto iscritti i primi indagati. La procura di Trani indaga per omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. L'ipotesi è quella di un errore umano, ma non si escludono tutte le altre ipotesi, compresa quella del guasto. Intanto emerge un particolare: erano due i treni delle Ferrovie del Nord Barese provenienti da Corato e diretti verso nord e uno di questi due convogli viaggiava con qualche minuto di ritardo: questa circostanza potrebbe aver indotto il capostazione di Andria a dare il via libera al treno fermo in stazione. Il convoglio, circa dieci minuti dopo la partenza da Andria, si è scontrato con il treno proveniente da Corato. Ulteriori dettagli emergeranno dall'esame delle scatole nere. Sono stati inoltre acquisiti i registri delle stazioni di Andria e Corato, i filmati delle telecamere lungo la linea e le comunicazioni telefoniche, trascritte nei fonogramma, tra i capistazione dei due scali
L'indagine dovrà accertare non solo chi ha sbagliato, ma se chi ha sbagliato è caduto in errore da solo o se è stato indotto in errore da altri. Dovrà poi verificare l'adeguatezza del sistema di controllo rispetto alle norme in vigore, e i tempi del raddoppio della tratta e di ammodernamento del sistema di controllo del traffico. Sotto accusa viene messa la linea unica. E c'è chi punta il dito contro la mancanza di sistemi automatici di supervisione della linea ferroviaria: in quella tratta, infatti, viene ancora usato il cosiddetto 'blocco telefonico', cioè la comunicazione telefonica del via libera sul binario unico. I due convogli erano ultramoderni, uno del 2005 e l'altro del 2009, dotati di sistemi frenanti efficienti.
il tragico bilancio è di 23 morti e 52 feriti della tragedia avvenuta martedì mattina intorno alle 11.30. ieri. Tra i feriti, 24 sono attualmente ricoverati, otto dei quali in prognosi riservata, tra cui il piccolo Samuele che compie oggi 7 anni e che era con la nonna, morta nell'incidente ferroviario. Non ci sono dispersi. I dati sono stati ufficializzati in una conferenza stampa del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e dal prof.Franco Introna Medicina Legale.
Appartengono a Luciano Caterino, 37 anni, originario di Corato (Bari), i resti umani trovati a bordo del convoglio giallo, quello proveniente da Bari, di cui era il macchinista. L'uomo nell'impatto è rimasto dilaniato. L'altro convoglio era guidato da Pasquale Abbasciano, di Andria, l'altro macchinista di questa tragedia, anche lui deceduto nello scontro. L'equipaggio dei due treni era composto da un macchinista e da un capotreno per ogni convoglio.
All'istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari alcuni parenti volevano entrare ma il personale ha chiesto di fare entrare solo due congiunti. "Dobbiamo vedere i nostri cari che sono morti - hanno urlato i parenti spingendo per entrare - dobbiamo stare tutti vicini". A quel punto il personale ha provato a chiudere le porte ma appena una delle ante è stata socchiusa, molte persone hanno urlato "vergogna", e in lacrime hanno detto "non è possibile essere trattati così, abbiamo i nostro morti là dentro". Poco dopo la situazione è tornata alla normalità e le porte sono rimaste aperte. Tra i parenti in attesa anche il cognato della mamma di Francesco Tedone, 19 anni, morto nel violento impatto: "Stava tornando a casa - dice - era andato a trovare un'amica".
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