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Venerdì, 01 Novembre 2024

Matteo Renzi, riferendo alla Camera sul Consiglio europeo del 20 ottobre dice che :

Davanti a uno scenario internazionale in continuo movimento, l'azione dell'Europa "sembra caratterizzata da un frenetico immobilismo"...."Il Consiglio europeo si colloca in una dimensione difficile" e si propone di "illustrare la situazione politica dopo quello che è accaduto con il referendum inglese e dopo un anno di consultazioni elettorali. L'Europa ha subito un duro choc con la scelta di un Paese, la prima in sessant'anni, di lasciare la nostra comunità. Non aiuta la nostra discussione il quadro politico internazionale. Il presidente Obama, in un importante articolo pubblicato nei giorni scorsi, ha sottolineato la contraddizione di un mondo più prospero che mai, ma accompagnato da una inquietudine crescente".

In merito al tema dei migranti, Renzi ha specificato: "È fondamentale che l'Italia sia promotrice di una posizione durissima nei confronti di quei Paesi che hanno ricevuto molti fondi e in questa fase si stanno smarcando dai loro impegni assunti formalmente di ricollocamento degli immigrati. Su questo punto vorrei che il mandato fosse forte e il più possibile ampio, non soltanto della maggioranza". Dopo aver affrontato il nodo immigrazione, Renzi parla dell'ocupazione e del costo del lavoro: "Il fatto che gli ingegneri in Italia costino meno che altrove è un fattore di competitività. Se in una brochure il Mise fa notare che si spendono meno soldi è un fatto di competitività. Il vero dramma di questi anni è la differenza tra quanto paga l’imprenditore e quanto mette in tasca il lavoratore", ha aggiunto Renzi. Infine il premier parla del referendum e riferendosi a Brunetta e al deputato del M5S Giuseppe Brescia ha aggiunto: "Brescia ha parlato di dittatura 2.0 a proposito del referendum costituzionale e forse ha in testa che questa sia una dittatura 1.0, Brunetta ha detto che si è fatta carne di porco della democrazia parlamentare. A voi dico che le parole sono importanti. Potete avere tutte le opinioni che volete, fate quello che volete sul referendum, ma questa è una democrazia e mettere in discussione la democrazia in Italia non significa insultare il Governo, ma insultare l’Italia e noi non ve lo permetteremo".

Il premier poi attacca: "L'Europa è a un bivio. Stavolta rischia sul serio. Rischia sul serio di non apparire più come il luogo della speranza per le prossime generazioni. Dopo una serie di appuntamenti preparatori si era pensato di arrivare a Bratislava con un significativo programma di riforme e un documento ambizioso per il futuro dell'Europa. Abbiamo dovuto verificare come questo frenetico immobilismo portasse a poco più che a niente, un documento molto banale, una sorta di somma di tanti riassunti, un elenco di buone promesse. Occorre impostare una strategia differente, immaginare un percorso inedito. L'unico punto positivo che io vedo è stato aver fissato Roma 2017 come data ultima di questo percorso: 60 anni dopo la firma dei trattati istitutivi delle comunità europee, i 27 Paesi si riuniranno e proveranno a immaginare il futuro. Può essere uno spartiacque, ma occorre prendere atto che da parte di tutti il tempo della proposta non può essere sganciato dalla constatazione che quando le cose vanno male occorre dirlo".

Intanto bagarre in Aula alla Camera durante l’intervento di replica del presidente del consiglio, Matteo Renzi. La risposta del presidente del consiglio al presidente dei deputati di Forza Italia ha fatto insorgere l’opposizione. Brunetta aveva accusato il governo di fare "carne di porco" del Parlamento. Renzi, nella replica, ha sottolineato: "Brunetta e Brescia (M5s) parlano di una dittatura 2.0, forse immaginando che quella del governo precedente fosse dittatura 1.0...".

Ma il passaggio che ha portato al capogruppo della Lega, Massimo Fedriga, a chiedere "provvedimenti della Presidenza della Camera nei confronti del presidente del consiglio" secondo il quotidiano Il Giornale è stata una battuta di Renzi: "Brunetta ha detto che ho parlato del nulla. No, onorevole Brunetta, non parlavo di lei". I toni si sono mantenuti accesi per tutta la durata della replica, con grida e anche l’invito di un deputato a Renzi perchè "si faccia sotto...". Ecco, ha risposto Renzi, "questo è il vostro senso di democrazia...". Ma quello che per il premier "è fondamentale dire qui, in questo luogo, all’onorevole Brunetta, è che le parole sono importanti. Qui, ottant’anni fa, qualcuno ha detto parole che hanno portato alla fine della democrazia, qualcuno in questi banchi ha pagato con la vita. Questa è una democrazia e mettere in discussione la democrazia in Italia non vuol dire insultare il governo, ma la libertà e la democrazia del paese che si chiama Italia nonostante voi". Secondo il Giornale Brunetta ha replicato così rivolgendosi anche al capogruppo dem: "Non voglio ricordare al capogruppo Rosato i comportamenti del suo partito nelle passate legislature. Evidentemente il potere di governo o il potere della maggioranza gli ha portato a cancellare la memoria. Nelle Aule parlamentari vige la libertà di dibattito e come il presidente del Consiglio pro tempore Renzi è libero di parlare del nulla così l'opposizione è libera ancora per poco, non so per quanto, di argomentare come crede in quest'Aula".

E ancora: "Non credo che noi dobbiamo subire il giudizio del post comunista Rosato. Quando il Presidente del Consiglio interloquisce con i singoli parlamentari e polemizza con i singoli parlamentari, aizza la polemica e merita ovviamente le risposte del caso. Quindi se io prima ho detto 'azzardo morale' era per dire una cosa nobile per non dire che lei, presidente Renzi, è un imbroglione. Azzardo morale è un termine tecnico che vuol dire non rispettare i patti, e il Presidente del Consiglio è noto, è famoso da sempre per non rispettare i patti, per non rispettare la parola data. Viva Dio in questa Camera in questo Parlamento finché ci sarà libertà di parola, e se Rosato me la consentirà, io questo al Presidente del Consiglio continuerò a dirgli".

Intanto il Foreign Office britannico si scusa con l'Italia per il questionario nelle scuole in cui si chiede ai connazionali se siano italiani, napoletani o siciliani, come come ha denunciato il Messaggero. L'ambasciata italiana aveva protestato contro la modulistica in questione, ricordando che l'Italia è un paese unito dal 1861. 

E ora, il Foreign Office si scusa per i moduli scolastici britannici, come riferisce l'ambasciatore d'Italia a Londra, Pasquale Terracciano, che ieri aveva inviato una nota verbale di protesta «deplorando l'accaduto» ed assicurando «un intervento perché vengano subito rimosse queste categorizzazioni non giustificate e non giustificabili». Terracciano sostiene di aver ricevuto una «telefonata che preannuncia un messaggio formale di scuse».

Il Foreign Office ha tra l'altro fatto sapere che «verificherà per quale motivo, in pochi e isolati distretti scolastici, siano state introdotte queste categorizzazioni, che peraltro non avevano alcuna volontà discriminatoria, ma semplicemente miravano all'accertamento di qualche ulteriore difficoltà linguistica per i bambini da inserire nel sistema scolastico inglese e gallese». 

Via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legge sul terremoto che il 24 agosto ha colpito il centro Italia.

Approvato stamattina il decreto legge terremoto. Avevamo promesso. Non vi lasceremo soli. E così faremo. Tutti insieme» scrive il premier Matteo Renzi in un tweet al termine del Consiglio dei ministri.

«Il Governo sta definendo in queste ore il documento di bilancio che avrà un obiettivo di deficit sostanziato non da voci che girano ma dalla sintesi di tutte le voci che compongono le operazione di bilancio e che tengono anche conto del fatto che ci sono e ci saranno risorse destinate ai cosiddetti eventi eccezionali, come l'immigrazione e la ricostruzione delle zone colpite dai terremoti». Così il ministro dell'Economia Pier Carlo Padaon risponde a chi gli chiede una conferma delle cifre circolate sul deficit.

"Non vi abbandoneremo, presto arriveranno risposte concrete. Ci siamo e ci saremo. Anche per queste zone troveremo imprenditori, come Della Valle, disposti a investire", ha detto Renzi incontrando una famiglia terremotata al termine della sua visita nella zona rossa di Accumoli. 

Il premier Matteo Renzi visita le 'zone rosse' del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Renzi si trova ad Amatrice assieme al sindaco Sergio Pirozzi, al sottosegretario Claudio De Vincenti, al commissario Vasco Errani e al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. In precedenza Renzi ha visitato Accumoli (Rieti) e Pescara e Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) 

Prima di andare via, sotto una pioggia incessante, ha ringraziato i volontari e vigili del Fuoco indossando la felpa con il nome di Amatrice. Il premier, racconta chi era presente all'incontro nel centro di coordinamento, ad Amatrice ha presentato i dettagli del decreto, ribadendo il principio della pari dignità tra prime e seconda case.

"Approvato stamattina il decreto legge terremoto. Avevamo promesso. Non vi lasceremo soli. E così faremo. Tutti insieme", scrive Renzi in un tweet al termine del Consiglio dei ministri.

Renzi ha incontrato i sindaci delle zone terremotate nel Centro di coordinamento regionale della Protezione civile delle Marche lungo la Salaria, tra Pescara del Tronto e Accumoli. "Dove c'è presenza forte della comunità - ha detto -, la reazione è forte e bella. Se non ci dividiamo, se non ci sono polemiche e litigi, le cose si fanno bene, altrimenti ci si mette di più. L'Italia è più forte di questi eventi. Facciamo squadra". Il presidente del Consiglio poi ad Accumoli ha visitato la zona rossa accompagnato dal sindaco Stefano Petrucci. Renzi al suo arrivo ha salutato e ringraziato i Vigili del fuoco e le forze dell'ordine. Il premier è stato accompagnato dal commissario per la ricostruzione Vasco Errani, dal capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e dal sottosegretario Claudio De Vincenti.

"Anche le seconde case del cratere saranno ristorate ed è questa la novità del decreto", un segnale per mantenere viva l'economia del territorio: così Renzi a margine di un incontro. Ai giornalisti che gli chiedevano se il ristoro dei danni valesse anche per le seconde case extra cratere, Renzi ha risposto: "Ci sono dinamiche diverse", rinviando gli approfondimenti alla conferenza stampa indetta oggi pomeriggio.

Un piano strategico per il rilancio del settore agricolo e agroindustriale delle regioni terremotate con risorse per 220 milioni di euro. E' questa la principale novità, secondo quanto apprende l'Ansa, delle misure previste per l'agricoltura e l'agroalimentare nel decreto sul terremoto varato oggi dal Cdm.

Le risorse necessarie alle regioni per il rilancio agricolo e agroindustriale e per la promozione e commercializzazione dei prodotti saranno rese disponibili attraverso il totale finanziamento nazionale dei PSR (piani di sviluppo rurali) regionali per gli anni 2016, 2017 e 2018, circa 220 milioni di euro, a carico dello Stato tramite le disponibilità del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

"Bisogna ripartire dall'agricoltura nelle zone del sisma - dichiara il ministro Maurizio Martina - puntando su queste attività che fanno parte della cultura e dell'identità delle aree colpite".Tra le altre misure previste a sostegno del settore agricolo e agroalimentare delle regioni colpite dal terremoto, il decreto prevede l'indennizzo, fino al 100%, dei costi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili ad uso produttivo agricolo, distrutti o danneggiati, comprese le abitazioni degli agricoltori. 

E' previsto inoltre l'indennizzo per i gravi danni a scorte e beni mobili strumentali anche alle attività produttive agricole. Il decreto stanzia poi 35 milioni di euro per l'anno 2016 in favore delle regioni Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche, per la concessione di agevolazioni, nella forma del contributo in conto interessi alle imprese danneggiate dal sisma, che hanno subito danni per effetto del sisma. Queste risorse possono essere utilizzate anche per agevolazioni alle imprese che realizzino investimenti produttivi nei territori danneggiati dal sisma. Si prevede anche la conferma delle deroghe concesse con ordinanza di Protezione civile che vengono prorogate fino al 31 dicembre 2018 e vengono sospesi tutti i pagamenti dei mutui e credito agrario e il pagamento dei contributi di bonifica a carico delle imprese agricole. Per l'anno 2016 il mancato adempimento degli obblighi previsti dalla normativa sui Psr, comprese le norme agroambientali, non comporta decadimento dall'aiuto europeo. 

Le aziende sanitarie locali dei territori coinvolti dall'evento sismico possono autorizzare la deroga alle normative vigenti in tema di movimentazione e ricovero del bestiame. Inoltre gli allevatori possono richiedere il differimento di 120 giorni degli obblighi in materia di aggiornamento della banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica. Sono previste deroghe specifiche anche sulle certificazioni, sul biologico e sulla normativa relativa ai parchi naturali. E' anche previsto un fondo da 1 milione di euro, gestito tramite Ismea, per favorire il credito a favore delle aziende agricole dei territori colpiti, azzerando il costo della garanzia primaria. Si prevedono infine specifici interventi in favore della zootecnia, mettendo a disposizione parte delle risorse destinate a far fronte alla crisi del settore del latte, 1 milione di euro, a favore delle aziende zootecniche da latte colpite dal sisma. 

"Un investimento sul futuro - commenta ancora il ministro Martina a proposito del piano di rilancio - che guarda in primo luogo ai giovani e che punta non solo a ricostruire, ma a rilanciare. Per questo sono felice che il Governo abbia deciso di destinare risorse importanti per costruire insieme alle imprese, alle Regioni e ai Sindaci un piano strategico di rilancio che dia opportunità in quelle terre così gravemente colpite. 

Ringrazio il Commissario Errani e il Capo della Protezione Civile Curcio per il lavoro che stiamo facendo insieme a favore delle imprese agricole e alimentari danneggiate, cercando di garantire il più possibile la continuità produttiva fin dai primi giorni. Con il provvedimento di oggi vogliamo dare attenzione anche agli under 40, che dovranno essere i primi protagonisti di questa rinascita”.

 

In una conversazione con il Corriere della sera il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, spiega la dinamica sul voto del 4 dicembre: "Magari mi sbaglio, ma penso che sul referendum oggi faccia fino dire 'io voto no'".

"Quando in Italia c'era la Dc sembrava che nessuno la votasse. Infatti nei sondaggi era data sempre bassissima.

"Ma quelli che stanno in Parlamento sono davvero convinti che vinca il 'no' al referendum? Sono sicuri dei sondaggi che danno Matteo Renzi per perdente?". Nella conversazione riportata in un retroscena del Corriere della Sera, Confalonieri definisce l'Unione europea un "capro espiatorio" del fronte del "no". "E io - mette in chiaro il presidente di Mediaset, braccio destro di Silvio Berlusconi - non penso sia sbagliato criticare l'Unione, per gli errori, le omissioni e pure - vogliamo dirlo? - per certe storie poco chiare che hanno coinvolto persino dei commissari europei". Ma avverte: "A posteriori si capiscono molte cose... Ma vogliamo davvero sbaraccare tutto?".

Nella chiacchierata con il Corriere della Sera, Confalonieri critica chi si è affrettatto a dare giudizi positivi sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. "Da bambino ho visto la guerra - racconta - e se non ne ho vista un'altra è grazie alla costruzione di una nuova Europa. L'Europa ci ha salvato da altri conflitti, ha debellato gli 'ismi' del secolo breve. Sentire adesso certi commenti, sentir dire con superficialità che la Brexit è stata un bene e che è giunto il momento anche per noi di fare la stessa cosa, è da irresponsabili - conclude - ma scherziamo?".

In anticipo rispetto ai tempi prefissati, pochissime. Giustificate apertamente dalla «minaccia populista» che incombe sul Belpaese, nessuna. Per questo ieri l'uscita del commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici ha avuto la risonanza dei grandi annunci ed è stata subito interpretata come un assist esplicito a Matteo Renzi, alle prese con un referendum che potrebbe anche amplificare le difficoltà delle istituzioni Ue.

La Commissione europea, ha spiegato il politico francese, apre alla flessibilità e si dice «pronta a considerare le spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici». Riferimento al Belgio e all'Italia.

Comprensibile quello alla crisi dei migranti e alla sicurezza, visto che Moscovici stava parlando all'Atlantic Council a Washington. Meno scontato quello al terremoto, che porta diritto all'Italia e alla richiesta di avere, nel complesso, margini di spesa aggiuntivi del 4% del Pil.

Cosi concessione arrivata, con tutte le prudenze del caso. «Queste flessibilità sono precise, limitate e chiaramente spiegate», ha precisato Moscovici. «Un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio».

Tutto fa pensare che, una volta archiviato il referendum, sui voti dell'Europa all'Italia torneranno a pesare i veti dei tedeschi, la cui campagna elettorale durerà ancora a lungo, e sarà fatta in parte anche a spese del Belpaese.

Il governo per il momento è alle prese con le ulteriori limature alla nota di aggiornamento del Def, a causa della bocciatura di fatto del documento da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio guidato da Giuseppe Pisauro. Lavori avanzati anche sulla legge di Bilancio che dovrà essere presentata entro il 15 ottobre.

Il premier Renzi sta pensando a un colpo di teatro, una misura da inserire nella legge per dare un po' di colore ad una «finanziaria» che rischia di passare alla storia come quella delle misure insufficienti per la crescita. Una misura stile 80 euro, da presentare last minute, tenendo all'oscuro tutti, persino i ministri competenti.

Esclusa molto preso la possibilità di ottenere la flessibilità regolare, prevista dai patti, quella per investimenti e riforme, il governo ha richiesto quella legata a due emergenze che sotto gli occhi di tutti. A Bruxelles non tutti sono d'accordo a concedercela e negli ultimi giorni l'ipotesi più credibile era quella di riconoscerci solo cinque miliardi per il terremoto. Ma l'uscita di Moscovici, prima dell'esame della Legge di Bilancio e mentre sono ancora forti i dubbi di Bruxelles sui conti della nuova versione del Def, chiude i giochi.

L'esecutivo Ue ha deciso di accontentare l'Italia, con un tempismo più che sospetto, visto che la legge di Bilancio sarà l'ultimo atto importante prima del referendum confermativo sulla riforma Costituzionale del ministro Boschi.

Sempre ieri, Moscovici ha detto che in Italia «c'è una minaccia populista» e che proprio per questo «sosteniamo gli sforzi del presidente del Consiglio Matteo Renzi affinché sia un partner forte».

Manca un «votate Sì», ma il messaggio è chiaro, così come il sostegno a Renzi: «Siamo fiduciosi che l'Italia, come sempre, risolverà i suoi problemi

Intanto :"L'Italia non può più essere lasciata sola" nell'affrontare la crisi dei migranti del Mediterraneo: "Serve una solidarietà globale per poter affrontare una crisi che non ha precedenti". Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon, parlando al Quirinale dopo un incontro con il presidente Mattarella. Ban ha ringraziato "il popolo e il governo italiano per aver salvato tanti esseri umani" in mare.

 

 

Poteva essere il suo capolinea, dopo lo scandalo del video osceno contro le donne che gli ha messo contro il partito. Invece Donald Trump, come un gatto dalle sette vite, sopravvive nonostante le enormi pressioni anche al secondo duello tv con Hillary Clinton e quindi resta in corsa per la Casa Bianca, anche se la raffica dei recenti scandali sembra aver compromesso le sue possibilita' di rimonta. La candidata democratica supera agevolmente la prova, dribblando le trappole del rivale contro le infedelta' del marito, ma non assesta il possibile colpo del ko, forse per evitare un terreno minato anche per lei. Secondo il primo sondaggio a caldo della Cnn, Hillary ha vinto nettamente: 57% a 34%.

Quando i due candidati arrivano nell'auditorium della George Washington University di St. Louis (Missouri) il clima è teso. Lo si capisce da un dettaglio: non si stringono neanche la mano, solo un timido saluto con il capo e un sorriso abbozzato. Quello che segue è un dibattito molto intenso, con durissimi scambi di accuse e domande serrate. A porgerle non sono solo i due moderatori ma anche il pubblico, come previsto dalla formula del dibattito (town-hall). Ed è proprio una domanda del pubblico a compiere il "miracolo". Siamo alla fine del dibattito, per un'ora e mezzo Hillary e Trump se ne sono date di santa ragione.

Un cittadino prende la parola e chiede, ai due candidati, cosa rispettino l'uno dell'altro. La tensione inaspettatamente si scioglie. La prima a rispondere è Hillary Clinton: "Rispetto i suoi figli, incredibilmente capaci e devoti. Come madre e nonna considero questa una cosa molto importante. Credo che questa elezione sia diventata così intensa e conflittuale - ha aggiunto - perché la posta in gioco è alta". Donald Trump apprezza la risposta della rivale, e dopo aver ribadito la stima per i propri figli, non vuole essere da meno in carineria: "Non si arrende mai (Hillary, ndr). È una che combatte. Non condivido i suoi giudizi ma lei è una combattiva". Manca solo la scritta finale delle fiabe: "... e tutti vissero felici e contenti". Entrambi appaiono sinceri, quasi buoni amici. Eppure, fino a pochi minuti prima, lo scontro è stato totale. Tasse, economia, sanità, immigrazione, rapporti con l'islam, guerra in Siria, Russia. Non c'è un tema su cui ci sia accordo tra Hillary e Donald. Muro contro muro su tutto. Due visioni di America differenti e due ricette molto distanti. Lo scontro è forte, crudo, appassionato. L'ultima parola spetta agli americani, il prossimo 8 novembre. Al di là di ciò che dicono e diranno i sondaggi nei prossimi giorni, in questo mese scarso che ci separa dal voto può accadere ancora tutto.

"Credetemi - ha detto Trump verso la fine del dibattito - lei ha tanto odio nel cuore". La attacca così duramente perché lei in alcune dichiarazioni ha offeso i suoi sostenitori. Poi ribadisce: "Abbiamo una nazione divisa e non possiamo permetterci altri 4 anni di Barack Obama. È quello che avreste con lei" alla presidenza. Poco prima Hillary, rispondendo ad una precisa domanda del moderatore, aveva cercato di spiegare che lei non ce l'ha con gli elettori del tycoon ma con Trump stesso. In un altro passaggio molto acceso del confronto Trump ha detto a chiare lettere che se fosse lui a fare le leggi "Hillary sarebbe in galera". Si riferiva allo scandalo del server privato di posta elettronica utilizzato dalla Clinton quando era segretaria di stato. Secondo Trump "non è pensabile che le 30.000 email cancellate" da Hillary riguardassero il matrimonio della figlia Chelsea. Lei ha riposto ironizzando sul numero: "In realtà erano 35mila". Poi ha ammesso di aver fatto un errore e che se tornasse indietro non lo rifarebbe. Ma, ha assicurato, "non è mai stato provato che qualcuno sia entrato in possesso di quelle mail accedendo al mio server".

Mancano circa 60 giorni alla fatidica data delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Qualora il prossimo 8 novembre dovesse vincere la candidata democratica Hillary Clinton – sempre che la salute sia dalla sua parte – le ripercussioni geopolitiche su scala internazionale sarebbero inevitabilmente importanti e significative. Nella fattispecie, sono tre i Paesi che temono di più un trionfo dell’ex Segretario di Stato: Russia, Cina e Iran.

Recentemente il giurista americano Bruce Fein, esperto di diritto internazionale, ha scritto una disamina durissima sull  Huffington Post, in cui sostiene che “un voto alla Clinton equivale a votare a favore di una guerra contro Russia e Cina”.

Secondo Bruce Fein, la Clinton, nell’eventualità diventasse presidente, eserciterebbe una politica estera molto aggressiva, la stessa che ha sempre portato avanti nel corso della sua carriera politica: “Lei ha sostenuto e continuerà a sostenere le guerre degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq, Yemen, Somalia, Libia – prosegue Fein – In tutti questi conflitti, tuttavia, la promozione della libertà è solo per un pretesto per il dominio globale, un po’ come lo era la guerra del Vietnam. Nessuno dei ribelli sostenuti dall’America in questi Paesi rispetta i crismi della democrazia o dello Stato di diritto. Inoltre la nostra presenza militare ha spesso aggravato le certe situazioni e alimentato il caos, come nella Libia post-Gheddafi”.

“Se credete che le guerre degli Stati Uniti contro la Russia e la Cina siano necessarie – scrive il noto e stimato giurista statunitense – per adempiere alla missione divina degli Stati Uniti di promozione della libertà, della giustizia e della civiltà nei rispettivi popoli di Russia e Cina, allora dovete votare per il candidato democratico Hillary Clinton. Se credete, come l’ex Segretario di Stato Dean Acheson, che gli Stati Uniti siano la locomotiva del genere umano e il resto del mondo sia soltanto un vagone – un’arroganza che ha prodotto la raccapricciante guerra in Vietnam – allora è lei vostro candidato”.

Ma tornando al confronto di ieri Trump ha superato le aspettative. Il dibattito di 90 minuti resta privo di colpi di scena memorabili e offre meno scintille di quello che ci si poteva attendere. Ma i due si affrontano a muso duro sin dall'inizio, senza neppure stringersi la mano, e non rinunciando a qualche colpo basso. Il primo lo sferra il tycoon giocando d'anticipo, con una breve apparizione a sorpresa poco prima del duello insieme a quattro donne: tre ex accusatrici di Bill (Paula Jones, Wathleen Willey e Juanita Broaddrick) e una (Kathy Shelton) che rimprovera a Hillary di aver difeso quando era avvocato il suo stupratore. Poi le porta anche al dibattito e le fa sedere a poca distanza da Bill. Sono gli spettri del passato dei Clinton che il magnate vuole contrapporre ai suoi, quelli del video 'sessista' del 2005, in modo da partire ad armi pari in un dibattito che si annuncia esplosivo.

Prima di attaccare pero' un Trump dal tono umile si difende per spazzar via il fango di quel video: "Non ne sono orgoglioso, me ne scuso con la mia famiglia e con il popolo americano, ma erano chiacchiere da spogliatoio", ribadisce, giurando inoltre di non aver mai agito cosi' aggressivamente con le donne. A differenza di Bill: "non c'e' mai stato nessuno nella storia della politica che abbia abusato cosi' delle donne come Bill Clinton", incalza. Hillary non abbocca e cita Michelle Obama: "quando gli altri volano basso, noi voliamo alto". Ma non rinuncia a commentare il video dello scandalo, pur senza affondare il colpo, forse sperando nell'autocombustione di Trump: "il video dimostra esattamente chi e'", "cosa pensa delle donne, cosa fa alle donne".

Secondo le agenzie di stampa queste sono le accuise all'ex presidente Bill Clinton che e' stato accusato di aver avuto molte relazioni extraconiugali, ma ha ammesso solo quelle con Monica Lewinsky e Gennifer Flowers, negando tutte le altre. Ecco chi sono le donne comparse con Donald Trump per accusare Bill e la moglie.

-PAULA JONES: nel 1994 cito' in giudizio Bill per molestie sessuali, sostenendo di aver ricevuto delle avances nel 1991. Clinton nego'. Il caso fu inizialmente messo da parte ma la Jones fece ricorso. Durante la deposizione per il processo, Clinton nego' anche di aver avuto rapporti sessuali con Monica Lewinsky, deposizione per cui venne poi sottoposto ad impeachment. In seguito, le parti trovarono un accordo (che non includeva ne' scuse ne' ammissione di colpa) e Clinton verso' alla Jones 850.000 dollari. Bob Bennet, il suo avvocato, affermo' che l'unico motivo per cui strinse l'accordo fu quello di porre fine al processo in modo da poter andare avanti con la sua vita.

-WATHLEEN WILLEY: Nel 1998 la volontaria della Casa Bianca accuso' Clinton di averla molestata in un corridoio nel 1993. Un comitato indipendente determino' che la Willey aveva fornito all'FBI informazioni false, nonche' incoerenti con la testimonianza giurata nel caso Jones, e concluse che non c'era alcuna prova di dubitare dellla versione di Bill, che aveva negato tutto.

-JUANITA BROADDRICK: nel 1999, l'infermiera dell'Arkansas accuso' Clinton di averla stuprata circa nel 1978, sebbene non ricordasse la data esatta. Le affermazioni della Broaddrick furono ritenute contraddittorie e inattendibili e il caso fu archiato nel 2001. Anche in questo caso Bill aveva respinto ogni addebito.

-KATHY SHELTON: fu abusata a 12 anni, nel 1975, e a difendere il suo aggressore fu l'allora avvocato Hillary Clinton. Per

Tra gli altri casi di sospette infedelta' di Bill, c'e' quello della modella di nudo e attrice Gennifer Flowers che nel 1992 affermo' di avere una relazione con Clinton sin dal 1980. Interrogata sulla questione, all'inizio nego', ma poi cambio' la sua versione. Lo stesso Clinton ammise di aver avuto un incontro sessuale con la Flowers. Sempre nel 1998, Elizabeth Gracen ritratto' una sua testimonianza di sei anni prima, sostenendo di aver passato una notte con Clinton nel 1982, e in seguito si scuso' con Hillary. Nel corso dell'anno, tuttavia, la Gracen si rifiuto' di comparire in tribunale nonostante fosse stata citata come testimone da Kenneth Starr.

Cosi durante il confronto dopo i primi 20 minuti si gira la pagina degli scandali sessuali e si passa all'Emailgate. Hillary ribadisce la linea "Ho sbagliato, mi sono scusata, non lo rifarei", Trump affonda: "stai mentendo di nuovo", "dovresti vergognarti". Quindi la minaccia, la piu' pesante del dibattito, quella di mettere in prigione la sua oppositrice: "se fossi presidente nominerei un procuratore speciale per indagare l'uso del server privato" quando era segretario di stato, ndr e "tu saresti in galera". Hillary replica attaccandolo sulle tasse federali non pagate ma lui e' abile nel ribaltare le accuse: "certo che l'ho fatto. E cosi' fanno gran parte dei tuoi donatori". Il tycoon cerca di demonizzare la sua rivale: "sei un diavolo", "hai il cuore pieno di odio". Ma Hillary sembra piu' empatica col pubblico, mentre lui si aggira nervoso sul palco come se stesse aspettando un bus. Poi, quando arrivano ai temi piu' politici, viene fuori la maggiore competenza della Clinton, soprattutto in politica estera. Alla fine la stretta di mano c'e' e con un riconoscimento reciproco: di Donald lei rispetta "i suoi figli, devoti e capaci", di Hillary lui ammette che "non molla mai, e' una combattente". Terzo ed ultimo round il 19 ottobre.

La Cnn sottolinea: Hillary è stata meno brillante del primo. Secondo gli analisti di Cnn, inoltre, la candidata democratica nonostante gli sforzi profusi non è riuscita a sferrare il colpo del Ko. Trump ha retto il colpo, riuscendo a limitare i danni: non era un momento facile per lui, dopo il video pubblicato dal Washington Post e le accuse di sessismo. Sempre secondo la Cnn per il 63% del campione analizzato Trump è andato meglio del previsto, per il 21% è andato peggio e per il 15% uguale rispetto alle aspettative. Un'altra rilevazione (YouGov) evidenzia che il dibattito è stato vinto da Hillary, ma con uno scarto più ridotto: 47% a 42%.

Tutti i commentatori su una cosa sono d'accordo: Trump stavolta ha fatto il Trump. E non ha avuto problemi a dire come la pensa: che metterebbe in galera Hillary (per lo scandalo delle email), che non ha pagato le tasse federali per svariati anni (perché glielo permetteva la legge). Il tycoon ha tirato fuori quegli artigli che nel primo dibattito aveva colpevolmente dimenticato. E per difendersi dalle accuse di sessismo e volgarità, ha detto chiaro e tondo che Bill Clinton ha fatto molto peggio di lui: ha molestato diverse donne, e sua moglie Hillary non solo lo ha coperto, ma ha minacciato le vittime degli abusi.

"La spavalda performance di Trump - ha scritto il New York Times - forse non stabilizzerà la sua candidatura, ma è destinata a mettere a tacere le affrettate speculazioni dei giorni scorsi secondo cui potrebbe essere costretto a ritirarsi". Secondo Larry Sabato, della Virginia University, il repubblicano "ha entusiasmato la sua base, fermato l’emorragia e rintuzzato gli sforzi del Gop di convincerlo a dimettersi". Il Financial Times si spinge oltre dicendo che "se si guarda al barometro delle attese, Trump ha vinto il secondo duello in tv: ci si attendeva che implodesse e non lo ha fatto.

Il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz ha espresso, in un'intervista a Die Welt, dubbi sulla permanenza dell'Italia nell'eurozona nel lungo periodo.
"Quando parlo con gli italiani avverto che le persone lì sono sempre più deluse dall'euro. Scienziati e leader politici sono ampiamente frustrati e delusi dall'unità monetaria", ha detto Stiglitz rispondendo alla domanda se l'Italia farà parte in futuro dell'eurozona. 

"Agli italiani diventa chiaro che l'Italia nell'euro non funziona", ha proseguito Stiglitz, "e questo per gli italiani è emotivamente davvero difficile e si sono rifiutati a lungo di accettare tale convincimento". L'economista statunitense ha poi auspicato riforme come unione bancaria e garanzia comune dei depositi criticando però i politici: "Non sono pronti a portare avanti le riforme necessarie al funzionamento dell'unione monetaria".

Leggendo le dichiarazioni del premio nobel Americano a Die Welt e leggendo anche il rapporto della Fondazione Migrantes si scopre che : sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015. Rispetto all'anno precedente a iscriversi all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la meta preferita è stata la Germania (16.568), mentre Lombardia (20.088) e Veneto (10.374) sono le principali regioni di emigrazione. Lo rileva il rapporto "Italiani nel mondo 2016" presentato oggi a Roma dalla Fondazione Migrantes.

Il nostro Paese ha una storia antica di emigrazione - ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un telegramma inviato alla Fondazione Migrantes -. Una storia di sofferenze e di speranze. Una storia di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive, ma anche di marginalità patite e di lacerazioni. Oggi il fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto alla passato. Riguarda fasce d'età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze". 

Cosi nel 2015 le iscrizioni all'Aire sono state in tutto 189.699. Più della metà, 107.529, per espatrio. Il 69,2% di coloro che hanno fatto le valige (quasi 75 mila persone) si è trasferito in Europa.

Come rileva il rapporto "Italiani nel mondo 2016", presentato a Roma dalla Fondazione Migrantes, a fare le valige sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (36,7%). Il nostro Paese, come si evince dal rapporto, soffre soprattutto di una forte emorragia di talenti: sono proprio i giovani migliori e più preparati ad andarsene di più, con l'Italia che non riesce ad attrarne di nuovi. "La mobilità è una risorsa - sottolinea il rapporto - ma diventa dannosa se è a senso unico, quando cioè è una emorragia di talento e competenza da un unico posto e non è corrisposta da una forza di attrazione che spinge al rientro".

È ormai un fatto che gli italiani, giovani e meno giovani, oggi guardano sempre più all’estero per soddisfare i propri desideri lavorativi, in particolare all’Europa. Molti iniziano a conoscere le opportunità che il mercato del lavoro internazionale offre già durante gli anni della laurea, mentre altri decidono di emigrare dopo essersi formati completamente in Italia, sia perché non trovano offerte di lavoro che possano soddisfare le loro aspettative, sia perché convinti che un periodo di studio e/o lavoro all’estero possa migliorare la loro situazione.

Ma chi sono questi giovani ? Definiti "Millennials", hanno un’età compresa tra i 18 e i 32 anni, sono una generazione istruita, che possiede titoli di studio post-laurea, ha partecipato a programmi di studio per scambi internazionali (ad esempio Erasmus). Al contempo, però, "sono una generazione penalizzata dal punto di vista delle possibilità lavorative, sono i più esposti alla disoccupazione e vedono l’emigrazione non come una fuga ma come un mezzo per soddisfare ambizioni e nutrire curiosità". Il rapporto Migrantes cita infine i dati di uno studio dell’Istituto Toniolo, secondo cui i Millennials "sono la prima generazione nella quale la scelta non è tanto se partire ma se restare".

Intanto sono in calo le partenze per l'America meridionale (-14,9% in un anno), mentre rimangono stabili quelle per l'America centro-settentrionale; 352 connazionali hanno scelto le altre aree continentali. I maschi espatriati sono oltre 60 mila (56,1%), i celibi e le nubili il 60,2%. La fascia 18-34 anni, quella dei Millennianls, è la più rappresentativa (36,7%).

I giovani hanno una mobilità "in itinere", che - osserva il rapporto - "può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su continue e sempre nuove opportunità incontrate". Seguono i 35-49enni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di età hanno registrato un aumento delle partenze rispetto al 2014 tranne gli over 65 anni (da 7.205 a 6.572). "Pur restando indiscutibilmente primaria l'origine meridionale dei flussi - si legge nel rapporto - si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese".

La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto per partenze, seguita dal Veneto (10.374) che fa scendere la Sicilia (9.823) alla terza posizione (era seconda nel 2014). Al quarto posto il Lazio (8.436) e ancora Piemonte (8.199) ed Emilia Romagna (7.644). Nel 2015 la Germania (16.568) è la meta preferita dagli italiani andati oltreconfine, a seguire, con una minima differenza, il Regno Unito (16.503) e poi, più distaccate, la Svizzera (11.441) e la Francia (10.728).

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