E’ stata presentata ieri, presso l’Aula Magna della Corte di Appello di Messina, l’associazione forense “Avvocatura Messinese”.
All’evento, che ha richiamato l’attenzione di tanti avvocati e praticanti del foro di Messina, sono intervenuti il Presidente dell’associazione avv. Edoardo Bucca, il Segretario avv. Antonello Garufi, il Segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense avv. Luigi Pansini e la Presidente di Confprofessioni Sicilia avv. Palma Balsamo.
Dopo i saluti del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Messina avv. Vicenzo Ciraolo, l’avv. Bucca ha introdotto i lavori, sottolineando come, negli ultimi anni, l’aumento del numero degli avvocati, in un contesto storico caratterizzato da una forte crisi economica, ha comportato la necessità di “cambiare le regole del gioco”, di modificare, cioè, da parte del legislatore, le norme che regolano la categoria professionale, con rischio di notevoli ripercussioni sui valori ed i diritti della categoria.
E proprio per tutelare e rappresentare le esigenze dei professionisti, si è costituita “Avvocatura Messinese”, un’associazione forense che si propone di svolgere iniziative di natura sindacale ma anche di formazione e servizio, nell’interesse degli avvocati e dei praticanti operanti nell’ambito del distretto della Corte di Appello di Messina.
A presentare la neo associazione, l’avv. Garufi, il quale si è soffermato sull’importanza della "comunicazione", sottolineando che la cellula primordiale di "AM" è stato proprio un social network, Facebook, tramite una pagina virtuale che ha unito (ed unisce, ancora oggi) più di 680 professionisti del settore legale.
Il Segretario ha chiarito la volontà, della nuova aggregazione forense, di collaborare con altre formazioni associative già operanti nel Foro di Messina e di far propri gli scopi dell’Associazione Nazionale Forense, alla quale "AM" presentato richiesta di adesione come sezione territoriale (A.T.A.).
“In ANF, continua l’avv. Garufi, sono presenti quello spirito democratico e quello scontro dialettico e passionale, che fanno emergere i veri valori dell’avvocatura e che permettono ai rappresentanti nazionali di rappresentare al Ministro della Giustizia gli interessi generali dell’avvocatura italiana”.
Sul punto, è intervenuto proprio il massimo rappresentante politico di ANF l’avv. Pansini, il quale ha messo in luce la posizione di ANF sul ddl concorrenza ( attualmente, al vaglio del Senato), sul regolamento specializzazioni (impugnato da ANF e da altre associazioni forensi) e sul rapporto tra l’organizzazione degli uffici e il PCT, in termini di efficienza del sistema giudiziario.
A completare il tema del convegno, l’avv. Balsamo la quale, accennando al frammentarismo tra le professioni, ha delineato il ruolo di Confprofessioni Sicilia quale “parte sociale” insieme alle altre istituzioni (Confcommercio, Confindustria …) e ha relazionato sulle molteplici battaglie condotte anche a sostegno dell'accesso dell’avvocatura ai fondi europei. La Presidente Balsamo si è soffermata, infine, sul problema del sottodimensionamento degli studi legali e ha concluso i lavori ribadendo, ancora una volta, l’importanza dell’associazionismo sottolineando che “in solitudine si difende il privilegio, non il cambiamento”.
Seconda sconfitta consecutiva per la All Work Saracena Volley nel campionato di Serie C femminile. Le atlete allenate da mister Peppe Venuto cedono solo al tie-break dopo aver disputato una buona partita e messo in difficoltà le avversarie il cui tasso tecnico era notevolmente più elevato. Il risultato finale è di 2-3 (25-22; 19-25; 19-25; 25-19; 12-15).
Le ragazze del presidente Luca Leone sono scese in campo con la giusta determinazione e, disputando un ottimo parziale, sono riuscite a conquistare meritatamente il primo set. Nel secondo e terzo parziale hanno provato a contrastare il gioco del Domenico Savio riuscendo a giocare alla pari contro le più quotate avversarie. Cuore e grinta, hanno consentito alla Saracena Volley di vincere il quarto set e giocarsi la vittoria al tie-break. L’ultimo e decisivo set ha visto le atlete di Venuto commettere qualche errore di troppo che, alla fine, ha consentito al Savio di chiudere la partita anche se con molta difficoltà.
Nonostante la sconfitta, al di là di un inevitabile pizzico di amarezza, in casa Saracena Volley non c’è delusione. Tutte le ragazze hanno giocato bene, hanno dimostrato un ottimo spirito di squadra, hanno saputo reagire alla brutta sconfitta contro il Giarre e questi erano gli aspetti più importanti. Inoltre, il punto conquistato contro una delle più forti compagini del campionato, può risultare fondamentale nel proseguo della competizione.
«Non ho nulla da dire alle ragazze – ha affermato mister Peppe Venuto. Abbiamo giocato alla pari contro una delle squadre più forti del girone che è stata costruita per puntare alla promozione. Abbiamo commesso molto meno errori delle precedenti gare, anche se sono ancora tanti e con avversarie così li paghi. Stiamo lavorando per continuare a migliorare e ritengo che siamo sulla buona strada».
In fase di riscaldamento, le giocatrici delle due squadre hanno indossato la maglietta della Giornata mondiale della prematurità. Il presidente Luca Leone e tutta la dirigenza della Saracena Volley hanno voluto condividere l’iniziativa promossa dall’Associazione Remì Onlus che si occupa di dare sostegno alle famiglie dei bimbi nati prematuri presso l’Utin dell’Ospedale “Barone Romeo” di Patti. Sport e solidarietà sono alla base dello spirito su cui si basa la società della Saracena Volley.
Anche lo chef Pietro D’Agostino, prima stella Michelin del ristorante la Capinera di Taormina, è stato protagonista allatre giorniorganizzata a Firenze,per il ventottesimo Congresso Nazionale della Federazione Italiana Cuochi.
Quest’anno l’evento, che si concluderà oggi, è stato organizzato all’interno della Stazione Leopolda, con un ricco programma fra dibattiti, convegni e incontri sul tema del “Cuoco 3.0 – Visioni Valori Vantaggi”.
E non poteva mancare il siciliano D’Agostino, ambasciatore nel mondo della cucina siciliana, chein occasione del primo dei cooking show che si sono avvicendati nella splendida location fiorentina ha presentato la sua Triglia Croccante.Una Avant premiere creata appositamente per la kermesse nazionale per presentare la Sicilia in tavola: dal pesce azzurro dello Jonio, ai funghi porcini dell’Etna, dalle patate di Giarre alla cipolla di Giarratana, è stato un tripudio di sapori e colori molto apprezzato dai critici. “Abbiamo avvolto la trigliain un lardo pancettatodei suino nero dei Nebrodi, accompagnandolo con crema di melanzane per ricordare che la nostra terra è mare ed Etna insieme–ha spiegato al pubblico D’Agostino – e per finire abbiamo messo una spolveratadi cannella per dare untocco aromatico al piatto”.
All’evento è presenteanche Nazionale Italiana Cuochi, organo rappresentativo della FIC, ambasciatrice dei cuochi e della cucina italiana in ogni competizione, in Italia e all’Estero.
Un congresso, dunque, all’insegna dell’apertura e del confronto, per essere protagonisti preparati in un mondo in continua evoluzione. Tre giornate dedicate a visioni che stimolano la creatività, perché quella del cuoco è una professione che guarda avanti. Valori sociali, perché il cuoco ha delle responsabilità nei confronti dei produttori e dei consumatori, valori promozionali, per far conoscere un territorio attraverso i piatti e le sue eccellenze, e valori gustativi. Vantaggi economici e sociali che vanno oltre la filiera dell’agroalimentare.
Bio Pietro D’Agostino
Il quarantaduenne Pietro D’Agostino è nato a Taorminae lì ha cominciato a frequentare l’accademia culinaria. Volato a Londra a21 anni, gli si sonosubito spalancate le porte dell’Hyde Park. Neppure due anni più tardi ha inauguratoinvece il ristorante del Grand Hotel Costa Esmeralda in Costa Rica. A 24 anni,chiamato al Dorchester della capitale britannica, ha realizzato un banchetto raffinatissimo per il sultano del Brunei. A 26 si è imbarcato sulla Disney Cruise Line (Walt Disney World Group), firmando la ristorazione italiana per tutti i più importanti uomini politici che accorrono in Florida. Tornato in Italia a28 anni è stato l’executive Chef del ristorante Torpedo dell’Hotel Le Meridien Lingotto di Torino, cucinando con la sua brigata per i giocatori e staff della Juventus. A 30 anni, lo ha chiamato il ristorante Il Gattopardo del Grand Hotel Mazzarò Sea Palace a Taormina, il rinomato cinque stelle lusso della Perla dello Ionio a dirigere una cucina con ben 22 chef. Ma è a 31 anni che D’agostino ha coronato il suo sogno: aprire un suo ristorante, la Capinera, dove esprimere tutte le ricchezze della cucina siciliana con una creatività intelligente e innovativa.
La frase non la traduco perché è semplice anche per i non rodioti. Quanto a chi l’ha pronunciata, al quando e al perché, noi, nati intorno agli anni 40, non abbiamo problemi: la “storia” ce l’hanno raccontata i nonni e i padri appena siamo stati in grado di sgambettare coi nostri piedi e di avere l’uso di un po’ di ragione; insieme alla “leggenda”, celebre in ambedue le riviere messinesi, della donna sconsiderata e del bambino volatole dalle mani dal precipizio di Tindari, da cui sarebbe, poi, sortito il “mare secco”…
Per comprendere “quella” di San Bartolomeo di Rodì, occorre rifare il percorso nel passato e magari aggiungere un po’ di immaginazione intorno a fatti e figure lontani di secoli e situati in quel luogo che si chiamò Rhodis e, prima, forse, Solarìa se non col mitico nome di Artemisia. Di sicuro, nel gran “fiume”, fino a quasi tutto il 1500, esisteva un abitato – “na cità” – e ne abbiamo una prova nella “Crèsia Vecchia” oggi ribattezzata da qualcuno col termine fascinoso di “cupola rosata”: un manufatto misterioso che, quasi certamente, preesisteva alla fondazione di Rhodis; nome, questo, che inutilmente cercheremmo nel vocabolario latino essendo stato “inventato” o adattato dai “coloni rodii” mandati nel territorio di Milici dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme – “Ospedalieri di San Giovanni” – prima che dall’Isola di Rodi si trasferissero a Malta, nel 1523.
Là, nella “tambòna” – così i contadini (Turi Cicero, lo zio Nino Bonvegna…) chiamavano la cupola della “Crèsia Vecchia” – dicono vi fosse la statua del San Bartolomeo attribuita ad Andrea Calamech, scultore carrarese venuto a Messina nel secolo XVI; la statua risale a qualche anno prima della storica e più devastante piena del nostro “fiume” (1580/83).
“San Bbattulumèu di Rrudì!” raccontano sia stato il grido unanime del popolo riunito attorno al Santo di marmo già issato sul “carro di forza” a quattro ruote preparato e ornato dagli antenati dei nostri ultimi carrai: di uno zzu Nunziato o zzu Nino o Feliciano o Càmmunu u carràru o di un mastr’Addècu…; gli furono aggiogate diverse pariglie di buoi, “sette” dice la tradizione. La scena, in parte vera e in parte abbellita dai molti che ce l’hanno tramandata aggiungendovi qualcosa – “cu cunta menti a so iùnta!” –, io l’ho ascoltata dai “vecchi”: “San Bbattulumèu dû Castru!” ma i buoi stavano fermi, “San Bbattulumèu di Petrunutàru!” e i buoi immobili, “San Bbattulumèu di Milici!” e niente, neanche una mossa…! Al grido/invocazione “San Bbattulumèu di Rrudì!” i buoi, come spinti da una mano invisibile, si sarebbero mossi e di corsa verso il luogo dove ora sorge la “nuova” Rodì. Così l’ho descritta nel libro degli “usi e costumi” del Paese; chiunque può leggerla nei particolari in quelle pagine. La medesima cosa sarebbe avvenuta per la grande statua di marmo della “Santa Maria delle Grazie” di Milici, comunemente detta “Madonna del Lauro”.
La frase “San Bbattulumèu di Rrudì!”, in dialetto siculo-rodioto, che ho fatto stampigliare ai piedi della gigantografia del Santo esposta al balcone della nostra casa di via Dante, il 24 agosto, è, di sicuro, una trovata personale che si appatta con la mie ricerche sulla storia, le usanze e la lingua del Paese; ma credo che debba avere significato sicuramente molto più importante e attuale rispetto alle piccole passioni “folkloristiche” del sottoscritto.
Infatti. Nel momento drammatico ed epocale in cui la società, presa dal disordine del relativismo, confonde il bene col male e si inventa strade “altre” in cerca di una felicità futura sempre più chimerica, quelle parole arcaiche e siciliane vogliono suonare come richiamo alle nostre “radici” che il “Padrone del Mondo” tenta di tagliare per renderci più manipolabili e tenerci al guinzaglio. La scritta in bella vista al balcone, ha voluto significare, quindi, Religione dei Padri, attaccamento a qualcosa più grande di noi e che trascende le nostre persone, fedeltà alla Terra, alla lingua dei nostri Morti, alla Famiglia che quei Padri ci hanno consegnato e che, oggi, una consorteria di intellettuali, di “arrivati” e politicanti al servizio di quel Padrone, cerca di capovolgere. Piccolo segno sulla facciata della mia casa per riaffermare pubblicamente il valore ancora attuale di quelle “radici”. E “piccoli segni” sono pure le bandierine multicolori e i lumini che i Franco, le Marie, Nicola, Samuel, Vincenzo, Bartolomeo…hanno preparato nella nostra strada del quartiere “Mannelli” per il passaggio della Processione del 24 o le coperte finemente ricamate da donne maestre e stese ai balconi in via Orto Pozzo di contrada Ryolo o la suggestiva infiorata di oleandri e petali di rose della Castagnara, la prima domenica di agosto o i tanti altri “segni” che ognuno si improvvisa al passaggio della Madonna e dei Santi per dimostrare la sua fede e la devozione: così i “viva Maria!” dell’indimenticabile Felice o le manciate di ceci abbrustoliti che Angelo Gambino o la signora Natala lanciano alla Madonna di Lourdes o quello, significativo e preciso, di chi aspetta sulla soglia della casa dei nonni per dare la sua offerta come fa Mario o faceva Carmelo-Beniamino, mio lontano compagno alle Elementari, che ogni prima domenica di settembre veniva da Novara e si postava davanti la sua vecchia casa nel Giacato al passaggio della Madonna…
Certo, piccoli segni esterni e “materiali” che poco varrebbero se mancasse la conversione del cuore e la fedeltà al Vangelo; tuttavia, e nonostante ogni possibile nostra umana manchevolezza, di valore ne hanno e come! Altrove, dove i puristi della Religione hanno preteso abolire processioni e religiosità popolare, ritenendole incrostazioni superstiziose di noi “mediterranei”, “teste calde”, sono state chiuse molte chiese o, le migliori, trasformate in musei per turisti (di che recentemente si è lamentato Papa Francesco) o in supermercati o in moschee o, perfino, in… locali notturni! Non sono favole: accade in quella vecchia Europa del Nord, deserta di figli, che ha già rifiutato il Cristianesimo e si ritrova di fatto neo-pagana. E dire che molti chierici “latini”, negli anni famigerati 1970 guardavano a “quel” Nord genuflessi come se da lì dovesse arrivare l’oracolo risolutore di ogni male nella Chiesa e nel mondo. Io ho ancora buona memoria per ricordare! Ne è risultato che in quei paesi la Religione non è stata “purificata” come allora alcuni preti e prelati immaginavano, ma cancellata!
È ciò che vorrebbero fare – al di là delle belle parole e dei sorrisi di circostanza – anche in Italia soprattutto con l’aggressione alla Famiglia e il capovolgimento della natura umana: il tentativo di introdurre nelle scuole le lezioni di “gender” (scelta e cambio del sesso…!) è l’ultima soglia – per ora! – di una rivoluzione antropologica epocale che, nella fase attuale, ha avuto inizio col “68”: pensatori cattolici la chiamano “IV Rivoluzione”, dopo la “protestante” (1517), la “francese” (1789) e la “social-comunista” del 1917 . Questa – una volta messa in moto – raccatta, in nome della vecchia dea “Libertà”, i disordini, gli appetiti e tutti insieme i vizi dell’animo umano e ne pretende la diffusione e la legalizzazione da parte dei Parlamenti, e se non è fermata, va avanti imperterrita, acquistando, anzi, sempre più potenza e velocità come un’auto in discesa senza freni. Così, la libertà mescolata al disordine morale, genera – necessariamente – altro disordine misto a sete di nuova e maggiore libertà, come la “bestia” dantesca che “dopo il pasto ha più fame che pria”. Attenzione, però, tutto ciò ha un costo in frutti amarissimi, in dolori che colpiscono nello spirito e nei corpi le singole persone, spesso le più povere e indifese, e le società: solitudini, depressioni, sbandamenti, famiglie divise, figli innocenti abbandonati o contesi, alcool a fiumi e droga, bullismi, violenze, “femminicidi” in aumento… Non si può calpestare impunemente il Diritto Naturale e pretendere di sfuggire alle conseguenze; e vani e ridicoli sono i “rimedi” di tanti soloni e recitatori televisivi, presidenti o segretari di qualcosa, giovani “ministre” abituate al sorriso, politici “arrivati” nelle cui mani la Democrazia ha consegnato un potere sproporzionato, confezionatori di costosi “progetti educativi” inventati per far fronte al disagio/disastro di molti ragazzi provocato dalla dissoluzione della Famiglia voluta dagli stessi “rimediatori”.
Noi facciamo bene a tenere le nostre Processioni, i nostri Rosari, le “Salve Regina”, i canti le preghiere e le invocazioni alla Vergine, quell’antico, bellissimo “viva la Gran Signùra Maria!” e i nostri “San Bbattulumèu di Rrudì” e “San Fulippu d’Airò!”. Ma oggi per essere veramente cattolici coerenti e devoti della Madonna e dei Santi, occorre essere consapevoli che esiste tale Rivoluzione che vuole ri-creare un “homo novus” e diverso da quello creato da Dio; essa è più pericolosa delle tasse inique, dell’aumento dei prezzi o della disoccupazione o di tanti altri malanni che ci assillano ogni giorno; essa va studiata e combattuta con coraggio, costanza e intelligenza anche a Rodì perché ne va di mezzo ciò che resta della civiltà cristiana minacciata di completa estinzione; pertanto dobbiamo fare in modo che la religiosità popolare non diventi una annuale parata di inutile folklore. Sta a noi custodire con l’esempio della vita la preziosa eredità che i nostri Padri ci hanno consegnato.
Ecco, questo è per me, oggi, il significato del grido antico “San Bbattulumèu di Rrudì!”
Si è svolta presso l'ex Forte Matagriffone, Rocca Guelfonia (Cristo Re), nell’ambito della rassegna “VivilForte”, la mostra iconografica: Oriente e Occidente nella cultura Isolana. Viaggio tra i Personaggi e le Storie del Teatro popolare dell’Opera dei Pupi: "E c’un corpu nni ‘mmazzai CENTU!”, chiacchierata col Puparo Francesco Cortese intervistato da Mario Sarica, curatore del Museo Cultura e Musica Popolare dei Peloritani. A seguire l'incontro con l’Opera dei Pupi: Combattimento tra Orlando e Ferraù per la bella Angelica”, curata dalla Compagnia Marionettistica dell’Ippogrifo. Serata di storia e di cultura ieri tra le mura dell'ex Fortezza di Rocca Guelfonia (oggi Cristo Re). Nell'antica Torre medievale, grazie all'accoglienza dei Padri Rogazionisti, alla coreografia curata dalla Compagnia Rinascimentale della Stella e alla guida dell'Associazione "La Messina che vogliamo" è stata inaugurata la Mostra "Oriente e Occidente nella cultura Isolana. I personaggi del Teatro dell'Opera dei Pupi", allestita dall'Associazione Aurora presieduta da Fortunato Manti, in collaborazione con l'Associazione "La Corte d'Aragona", curata da Claudio Francato (autore dei testi e dei dipinti), Rosario La Fauci e Sergio Indelicato. Dopo l'introduzione di Enzo Caruso, Mario Sarica e Nino Mancuso, il numeroso pubblico intervenuto ha potuto visitare gli ambienti della Torre e dell'ingresso della Via delle antiche Carceri. A seguire, nel cortile dell'Istituto di Cristo Re, Mario Sarica, curatore scientifico del Museo di Cultura e Musica dei Peloritani, ha intervistato il puparo Gigi Cortese, figlio di Ettore, alla guida della Compagnia Marionettistica dell'Ippogrifo che ha poi dato vita al coinvolgente "Combattimento tra Orlando e Ferraù per la bella Angelica".
Tra i personaggi in scena, il piccolo contadino Lillo, esilarante marionetta che, con i suoi sproloqui, si è ripetutamente meritato gli applausi della platea. La Mostra nella Torre, rimarrà a disposizione del pubblico nei giorni di arrivo delle navi da crociera, grazie alla collaborazione dell'Associazione "La Messina che Vogliamo". Gli eventi culturali, che si svilupperanno attorno all’organizzazione del Corteo storico Terrestre - Navale e del Palio d’Agosto, saranno: giovedì 6 agosto ore 19 - Monastero della Badiazza, in collaborazione con l’Associazione “Il Centauro” Conferenza "La Caccia al Pescespada nello Stretto di Messina" e "Per un punto passano infinite RotteAtmosfere e Sonorità dal Mediterraneo - Amore e Poesia, Lotta e Lavoro nella cultura isolana". Venerdì 7 agosto 2015 – Monte di Pietà ore 18.30 convegno interreligioso: “Fra Oriente e Occidente”. La manifestazione dell'Agosto Messinese si concluderà con il Palio e lo Sbarco di Don Giovanni d'Austria, che si svolgeranno nel pomeriggio di domenica 9 agosto 2015, con partenza dalla Riviera Nord area Grotte e arrivo nel porto turistico "Marina del Nettuno". Il Corteo Storico partirà sempre domenica pomeriggio dalla Dogana, per incontrarsi lungo la passeggiata a mare con Don Giovanni d'Austria e proseguire poi per l'Arena in Fiera dove si svolgerà lo spettacolo serale. Per ulteriori informazioni relative alle attività culturali svolte in questi anni dall’Associazione Aurora “Messina in Festa sul Mare - Don Giovanni d’Austria a Messina”, consultare il sito www.sullerottedilepanto.it.
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