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Venerdì, 01 Novembre 2024

La lettera inviata il 17 gennaio a Roma conteneva la richiesta di risposte dettagliate e di un calendario preciso. Ma la risposta del governo italiano prevede impegni generici di riduzione del deficit.

Le misure - fanno sapere dal Tesoro - saranno prese all'interno dell'arco temporale del Def"

Questo lascerebbe spazio al governo di negoziare con Bruxelles fino a marzo. Ma l'ambiguità dei tempi ha già messo in allarme il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. A fine febbraio, come ventila anche Repubblica,potrebbe già avviare la procedura di infrazione pubblicando il rapporto sul debito italiano. Il primo passo verso il commissariamento

Non è, quindi, quanto si aspettavano negli uffici dell'esecutivo comunitario. "Abbiamo ricevuto la lettera, assieme al rapporto sui fattori rilevanti sull'andamento del debito - ha detto una portavoce della Commissione europea - ora valuteremo i due documenti". Adesso per gli italiani si prospetta una nuova pioggia di tasse e il rischio di un commissariamento

la manovra da 3,4 miliardi sarà fatta per 2,5 miliardi di nuove tasse. "La lettera specifica che l'Italia recupererà lo 0,2% di deficit extra fatto dal precedente governo con tagli della spesa per un quarto dell'importo. Poi con nuove entrate per i restanti tre quarti - si legge - c'è sicuramente la lotta all'evasione, ma anche interventi sulle accise e sull'Iva"

Una stangata che, però, non avrebbe accontentato i burocrati di Bruxelles adesso stanno seriamente pensando a una procedura d'infrazione per il mancato rispetto della regola del debito. Il ché porterebbe a un restringimento della sovranità in campo economico e a uno smottamento sui principali mercati finanziaria.

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha indicato il ventaglio di misure che saranno adottate: tagli di spesa che incideranno sui consumi intermedi e sui bonus fiscali, interventi sulle imposte indirette, su una o più categorie di accise e rafforzamento delle politiche recentemente adottate che hanno portato risultati soddisfacenti, in particolare sull'Iva reverse charge e split payment

Il governo ribadisce che la politica di bilancio dell'Italia è "pienamente in linea con il Patto di stabilità" e che "i risultati raggiunti sul debito possono essere considerati più che soddisfacenti"

Il Tesoro sottolinea che il pil dell'Italia nel 2016 "probabilmente sarà superiore allo 0,8% stimato dal governo". L'entità dell'aggiustamento, che Bruxelles calcola nello 0,2% del pil non è ancora chiara e sarà probabilmente definita anche alla luce dei dati sul pil che l'Istat renderà noti a metà febbraio

Intanto "La Ue ha dimostrato di essere capace di chiudere le rotte di migrazioni irregolari, come ha fatto nella rotta del mediterraneo orientale. Ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ho parlato a lungo col premier Gentiloni ieri e posso assicurare che possiamo riuscirci. Quello che serve è la piena determinazione a farlo.

Lo dobbiamo prima di tutto a chi soffre e rischia la vita, ma lo dobbiamo anche agli italiani e a tutti gli europei". Così Donald Tusk dopo l'incontro col premier libico Fayez al Serraj.

Rafforzare la frontiera esterna per e". E' l'obiettivo "strategico" del Fondo per l'Africa, 200 milioni di euro stanziati dall'Italia per avviare una collaborazione su questo fronte soprattutto con Libia, Tunisia e Niger. Il progetto è stato presentato oggi dal ministro degli Esteri Angelino Alfano. Con questo decreto per la prima volta vengono destinate risorse ad hoc per la gestione della frontiera, che si aggiungono a 430 milioni di cui già dispone la Cooperazione, ha spiegato a una conferenza stampa Alfano.

"L'Ue non ha mantenuto gli impegni sui ricollocamenti, ma il lavoro di protezione delle frontiere esterne non merita la stessa sfiducia, anche perchè è più complicato", ha proseguito il ministro degli Esteri rispondendo ad una domanda sulla questione migranti durante la presentazione del fondo italiano per l'Africa. L'Ue ha previsto uno stanziamento "importante" di 500 milioni di euro, e l'Italia lavora perchè si sfruttino tali risorse con il principio della "collaborazione con i partner africani". 

Nel frattempo, comunque, "noi facciamo i nostri accordi bilaterali per fare diminuire le partenze, sperando che questa azione possa camminare insieme con quella europea". Per Alfano "non dobbiamo costruire muri, ma rendere ancora più forte il matrimonio tra solidarietà e sicurezza", e tra l'altro frenando le partenze dei migranti irregolari si colpisce il business dei trafficanti di esseri umani, ha rilevato il ministro.

Ue e Libia, ha osservato Tusk, hanno "interesse comune a ridurre i numeri di migranti irregolari che rischiano le loro vite nel Mediterraneo centrale", un flusso che "non è sostenibile né per la Ue né per la Libia" dove "i trafficanti minano l'autorità dello stato libico per il loro profitto". 

Nel summit di domani sul tavolo ci saranno "misure aggiuntive" per "combattere più efficacemente le reti di trafficanti e gestire meglio i flussi migratori". La Ue, ha aggiunto il presidente del Consiglio europeo, "sostiene pienamente gli sforzi dei libici per trovare un accordo politico e gli sforzi delle Naioni Unite per la distensione".

Tusk ha anche "ribadito il pieno supporto" della Ue per il governo di accordo nazionale di Serraj, ma ha anche lanciato un appello agli avversari di Serraj sottolineando che servono "ulteriori risultati, in senso costruttivo" per coinvolgere "coloro che in Libia non si sono uniti alle nuove istituzioni". 

Dopo aver osservato che "la situazione umanitaria e della sicurezza ha devastato le prospettive della popolazione civile" e "la Ue continuerà a fornire assistenza al popolo libico", ma ha anche "sollecitato tutti i libici a mettere da parte i disaccordi in modo che la Ue si possa impegnare di più".

"Domani a Malta - annuncia Tusk - proporremo misure operative per rafforzare il nostro lavoro e gestire meglio le rotte migratorie. L'Europa ha dimostrato di essere in grado di chiudere le rotte di migrazione illegale, come ha fatto nel Mediterraneo Orientale. Abbiamo discusso di questo esempio: ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ne ho parlato a lungo con il primo ministro italiano Paolo Gentiloni ed è alla nostra portata. Quello di cui abbiamo bisogno è la piena determinazione a farlo".

Dichiarazioni andranno però conciliate con quelle dell'Alto Commissario Ue per la Politica Estera, Federica Mogherini, che appena pochi giorni fa aveva avvertito che in "libia" non ci sono le condizioni" per riproporre in Libia un accordo simile a quello stretto l'anno scorso con la Turchia per frenare i flussi migratori.

L'Italia fornirà "equipaggiamento, strumenti tecnici, formazione delle forze di sicurezza locali" sulla base delle richieste dei partner nordafricani e ci saranno verifiche sulla realizzazione effettiva dei progetti. Il principio e' che ''l'Italia salva vite umane e mette soldi sul tavolo, quindi e' leale e chiede la stessa lealta' ai partner'', ha sottolineato Alfano.

 

L’Economist, testata dell’establishment europeo, ha pubblicato il Democracy index 2016, il report annuale sullo stato della Democrazia nel mondo elaborato dalla Intelligence Unit del gruppo editoriale.

Secondo i risultati della ricerca, solo 19 nazioni sono “Democrazie Piene” e coprono appena il 4% della popolazione mondiale: guidano la classifica Norvegia, Islanda e Svezia; oltre a Nuova Zelanda (quarto posto) e Australia (decimo) gli unici paesi non europei sono le Mauritius (da sempre oasi di libertà in Africa) e l’Uruguay.

La risposta a questo collasso della democrazia sono stati la Brexit, Trump e l’emergere dei movimenti populisti (o meglio sovranisti) in tutta Europa, contro le élite.

Il 45% della popolazione mondiale vive invece in una “Democrazia imperfetta”; 57 nazioni in tutto, tra cui Italia e Francia. Quaranta nazioni sono invece “Regimi ibridi” (18% della popolazione mondiale) e 51 paesi sono considerati “Regimi autoritari” (33% della popolazione mondiale).

Lo studio riguarda 165 nazioni che coprono quasi l’intera popolazione mondiale. Il punteggio finale viene ricavato elaborando i valori di cinque criteri base: sistema elettorale e pluralismo, libertà civili, funzionamento del governo, livello di partecipazione politica, diversificazione delle culture politiche.

Eppure secondo gli analisti dell’Economist, anziché di cercare di capire le cause di questa “reazione popolare contro l’establishment politico” in molti “hanno cercato di delegittimare i risultati elettorali, denigrando valori di coloro che li hanno sostenuti”. E così Brexit e Trump sono diventati “scoppi di emozioni primordiali, espressioni viscerali di un nazionalismo gretto” e coloro che li hanno votati “analfabeti politici” o peggio ancora “bigotti e xenofobi in balia di demagoghi”; insomma i “miserabili” con cui la Clinton ha dato straordinaria prova del suo disprezzo antropologico.

Trump non rappresenta la crisi della democrazia, ma al contrario una risposta contro le élite che hanno diminuito gli spazi di democrazia in Occidente. Gli analisti dell’Economist sono chiari: “il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non è da biasimare per questo calo di fiducia democratica che ha preceduto la sua elezione; tutt’al più è stato il beneficiario”.

Intanto Donald Trump licenzia Sally Yates, il ministro della Giustizia reggente, che ha ordinato al Dipartimento di non difendere in tribunale il decreto sull'immigrazione del presidente. Yates ''ha tradito il Dipartimento di Giustizia rifiutando di attuare un ordine messo a punto per difendere i cittadini americani'' afferma la Casa Bianca. Donald Trump nomina ministro della Giustizia reggente Dana Boente, procuratore del distretto orientale della Virginia. Sara' in carica fino a quando Jeff Sessions, nominato da Trump ministro della Giustizia, non sara' confermato dal Senato. Il ministro reggente ha intenzione di ordinare al Dipartimento della Giustizia ''di fare il nostro dovere giurato'' e di difendere l'ordine esecutivo su immigrazione e rifugiati.

La Casa Bianca respinge le critiche dei diplomatici che hanno manifestato il loro dissenso contro la decisione del presidente Donald Trump sul bando agli ingressi negli Usa da sette paesi a maggioranza musulmana. "Se non aderiscono al programma possono andare", ha detto il portavoce Sean Spicer interpellato a riguardo dai giornalisti. "Se qualcuno ha problemi con l'agenda si pone la questione se debbano rimanere in quel ruolo o meno - ha aggiunto -. Si tratta della sicurezza dell'America".

Ha superato il milione e mezzo di firme in meno di due giorni la petizione popolare lanciata in Gran Bretagna che chiede di declassare il prossimo viaggio di Donald Trump da visita di Stato a semplice visita di un presidente straniero.

Intanto tutti contro il «mostro» Trump, che chiude le porte a chi arriva da sette Paesi islamici a rischio terrorismo e vuole cacciare i poveri immigrati.

Per l'orchestra finto buonista, che vede Trump come il diavolo, i fatti contano ben poco. Niels W. Franzen, direttore dell'Immigration clinic della University della South Carolina aveva smontato in tempi non sospetti l'aureola della Casa Bianca democratica. «La presidenza Obama è stata una delle più severe - ha sostenuto in un'intervista alla Stampa dello scorso novembre- con oltre 2,5 milioni di deportati dal 2009 al 2015». Tutti immigrati considerati irregolari e sbattuti fuori dagli Usa o fermati all'arrivo. La maggioranza del 66,5% era composta da messicani. Dal 2009 al 2015, Obama, il buon Samaritano, ha espulso esattamente 2 milioni e 427 mila persone. Il repubblicano George W. Bush ne aveva rimandate a casa 400mila in meno. Il bello è che mancano i dati completi del 2015 e 2016, che farebbero veleggiare Obama oltre i 3 milioni di clandestini cacciati. Circa il 43% di quelli che vengono espulsi hanno precedenti penali, ma se Trump dice in campagna elettorale che vuole far sloggiare dagli Stati Uniti 2-3 milioni di irregolari, come il suo predecessore, tutti gridano al nuovo Hitler.

il predecessore di Trump alla Casa Bianca è stato il campione indiscusso di espulsioni di immigrati irregolari, quasi due milioni e mezzo, ancora più dell'era Bush. Ma nessuno ha fiatato. E come ospitalità ai siriani, oggi difesi a spada tratta per attaccare Trump, Obama ne ha accolti fino al 2015 una media di 376 all'anno. Numeri ridicoli se teniamo conto che in Italia, dove i siriani non arrivano più, negli ultimi dodici mesi hanno fatto domanda di asilo politico in 1581. Solo con l'arrivo in Germania di un milione di rifugiati lungo la rotta balcanica il premio Nobel per la pace, che sedeva alla Casa Bianca si è messo la mano sul cuore autorizzando l'ingresso di 13mila siriani.

Stessa musica per il bando all'ingresso negli Stati Uniti da sette Paesi islamici firmato dal nuovo presidente. Ieri si sono mobilitati l'Onu, l'Unione Europea, la Lega islamica, gli imam di mezzo mondo, compresi quelli di casa nostra, i social network, i giornaloni e la grancassa delle tv. Le schiene dritte in servizio permanente effettivo, che subito hanno sottolineato l'assenza dell'Arabia Saudita adombrando oscuri interessati privati di Trump, non si sono neppure chieste da dove fosse spuntata la lista nera. Ben 4 Paesi all'indice, Iran, Iraq, Siria e Sudan erano già stati inseriti da Obama nel Terrorist Travel Prevention Act del 2015. E riconfermati nella legge più importante degli Usa, il Consolidated Appropriations Act 2016. Chi voleva andare negli Stati Uniti da questi Paesi doveva sottoporsi ad una serie di controlli ulteriori per il visto, a cominciare da un colloquio-interrogatorio negli uffici diplomatici americani. In molti casi un modo per rifiutare l'ingresso negli Usa. Trump ne ha aggiunti altri tre, Somalia, Yemen e Libia dove neppure ci sono ambasciate e consolati Usa per farsi «intervistare». Questo significa che il «divieto» da questi Paesi era già in vigore di fatto. Trump si è spinto più in là chiudendo i cancelli, senza tenere conto delle eccezioni già previste per i Paesi a rischio.

L'altra beffa è sventolare, solo nelle ultime ore, le storie dei poveri siriani respinti o condannati al caos della guerra piuttosto che al rifugio sicuro sotto la bandiera a stella e strisce. Obama ne ha accolti dal 2011 al 2015 appena 1883, la bellezza di 376 all'anno. Solo nel 2016 ha alzato l'asticella dell'ingresso a 13mila rifugiati, dopo il fallimento degli Usa in Siria e 5 anni di guerra che hanno provocato oltre 4 milioni di profughi.

"Merita di essere presa in seria considerazione la proposta di aprire talune, significative finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini, piuttosto che prevedere interventi di tipo gerarchico o disciplinare". Questo uno dei passaggi salienti della relazione per l'apertura dell'anno giudiziario del Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio che critica anche le indagini "già di per sè troppo lunghe" e le "distorsioni del processo mediatico" favorite anche dalla "spiccata autoreferenzialità" di taluni pm.

Nell'aula magna del "Palazzaccio" sono presenti, come sempre, le massime cariche dello Stato, primo tra tutti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il procuratore generale della Suprema Corte Pasquale Ciccolo e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Assenti, per protesta, i vertici dell’Anm (Associazione nazionale magistrati): il sindacato delle toghe manifesta in questo modo il proprio malcontento per il mancato rispetto del govero di alcuni impegni su pensioni e trasferimenti dei magistrati.

"L'azione di riforma proseguirà, ma si è già sensibilmente ridotto il peso di quelle patologie, cronicizzatesi nel corso di troppi anni". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione. "Dovevamo misurarci con tre emergenze - ha sottolineato -: il sovraffollamento carcerario, le carenze di personale, la mole dell'arretrato e i tempi della giustizia. Le abbiamo affrontate".

"Superare le difficoltà del rapporto tra l'Anm e il governo", attingere "al proprio senso di responsabilità, alimentando la cultura del dialogo": è l'appello che il vice presidente del Csm Giovanni Legnini rivolge nel corso della cerimonia di inaugurazione dell'Anno giudiziario. Una scelta non causale, visto che per la prima volta oggi l'Anm diserta la cerimonia in polemica con il governo.

Contro la "terribile minaccia" del terrorismo internazionale occorrono "adeguate misure di polizia e prevenzione", un maggior coordinamento delle indagini anche con l'istituzione della Procura europea, e un "efficace sistema repressivo, fino a configurare gli atti di violenza terroristica come crimini contro l'umanità". Sempre in tema terrorismo, in particolar modo riferito a quello di matrice islamica, Canzio sottolinea che "l'ambiente carcerario favorisce la radicalizzazione e l'indottrinamento dei giovani". E poi osserva: "Solo attraverso un trattamento carcerario umano e finalizzato all'integrazione può attenuarsi, almeno in parte, il rischio di pericolosi integralismi".

In Cassazione il numero delle prescrizioni è "irrisorio" - ha riguardato circa 767 processi nell'ultimo anno, pari all'1,3% del totale - ma appare "comunque irragionevole che la prescrizione continui a proiettare gli effetti estintivi del reato nel corso del processo, pur dopo la condanna di primo grado, mentre sarebbe più corretto intervenire con misure acceleratorie sulla durata dei giudizi di impugnazione".

La Cassazione "non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona", seguendo il "criterio guida dell'interesse preminente del minore", ma "demandare il via esclusiva alla giurisdizione" la soluzione di questioni su scelte etico-sociali "non è la via preferibile", sarebbe "da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa". Canzio chiede una legge per le adozioni e i figli di coppie 'same sex'.

La Corte di Cassazione si sofferma anche sulle adozioni da parte delle coppie gay, dopo le diverse sentenze pronunciarte di recente."La Corte non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona". E arriva la strigliata al parlamento: "Ma domandare in via esclusiva alla giurisprudenza la soluzione di questioni che involgono scelte impegnative dal punto di vista etico-sociale non è la via preferibile, mentre sarebbe da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa". In altre parole, osserva Canzio, noi facciamo la nostra parte ma voi (legislatori) dovete fare la vostra. Nel frattempo, su questo tema, si accende subito la polemica politica

Al contempo mostra, a parlamento e governo, la strada da seguire. C'è spazio anche per una dura strigliata ai pm, in merito alla fuga di notizie sulle indagini in corso e il mancato riserbo: "Fenomeno grave perché rischia di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza, più volte viene invocato l’intervento del mio ufficio, che risulta quasi sempre sterile per la obiettiva difficoltà di individuare le singole responsabilità". Altro tema "delicato" sollevato da Canzio "è quello del riserbo, sul quale già l’anno scorso mi sono soffermato ricordando che la stessa Corte di Strasburgo ha ribadito che ai magistrati è imposta la massima discrezione anche là dove si sia trattato di sostenere pubblicamente le ragioni e la bontà dell’attività giudiziaria svolta". 

Il reato di immigrazione clandestina - osserva il presidente Canzio - si ribadisce l’inefficacia della risposta penale, mentre la configurazione di un illecito e di sanzioni amministrative, fino all’espulsione, darebbe risultati più concreti. Le Corti d’Appello - ricorda il primo presidente - denunciano un incremento esponenziale dei procedimenti legati all’ingresso di migranti, molti dei quali richiedenti protezione internazionale, insieme con la presenza di migliaia di minori non accompagnati. Il fenomeno nella sua complessità pone problemi di natura umanitaria, culturale, economica e sociale ma ha anche ripercussioni considerevoli a carico dell’amministrazione della giustizia, sia per la gravosa gestione dei procedimenti sia per gli alti costi che comporta. Da qui «l’esigenza di un’urgente ridefinizione legislativa delle relative procedure in termini di semplificazione e accelerazione".

Canzio snocciola anche un dato molto interessante, che si riferisce alle prescrizioni: "Il numero è irrisorio (767, pari all’1,3% delle definizioni), apparendo comunque irragionevole che la prescrizione continui a proiettare gli effetti estintivi del reato nel corso del processo, pur dopo la condanna di primo grado, mentre sarebbe più corretto intervenire con misure acceleratorie sulla durata dei giudizi di impugnazione".

Quanto alla corruzione per il presidente Canzio è molto diffusa la percezione che sia molto diffusa sia nella Pubblica amministrazione che tra i privati. Per il presidente però tale percezione è errata: "Non trova riscontro nelle rilevazioni delle statistiche giudiziarie. Il dato nazionale registra, infatti, un numero esiguo di giudizi penali per siffatti gravi delitti, con appena 273 procedimenti definiti nel 2016 in Cassazione, pari allo 0,5%". Per Canzio "occorre pertanto avviare un’approfondita riflessione sull’efficacia delle attuali misure, preventive e repressive, di contrasto del fenomeno, perché nei sia consentita l’emersione nelle sue reali dimensioni".

"Il governo pensa di poter decidere chi deve fare il giudice e chi no. E questo non è consentito dalla Costituzioni e dalle convenzioni internazionali". Lo dice il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, nel corso di un'affollata conferenza stampa, per spiegare le ragioni per le quali il sindacato delle toghe ha disertato la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Davigo parla di vulnus all'indipendenza "che non ha precedenti nella storia italiana".

I padri dell'emergenza terrorismo islamico adesso fanno la morale a Donald Trump. 

Una stretta di centoventigiorni agli immigrati che vengono da quei Paesi a rischio terrorismo, "nuovi controlli in profondità" nella lotta al radicalismo islamico e, soprattutto, priorità ai rifugiati cristiani. Come già promesso in campagna elettorale, il neo presidente Donald Trump si dimostra a dare un giro di vite a quell'accoglienza indiscriminata imposta agli americani dall'ex presidente Barack Obama. 

Nell'ordine esecutivo in materia di immigrazione, che mira a impedire l'ingresso di terroristi islamici negli Stati Uniti, è stata così prevista la sospensione per tre mesi del programma di ammissione dei rifugiati, e l'ingresso, fino a ulteriore comunicazione, di quelli siriani

In un tweet, l'Alto commissario per i diritti umani, il giordano Zeid Raad Al Hussein, ha definito l'ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti su rifugiati e musulmani «meschino» e ha qualificato «la discriminazione basata sulla nazionalità contraria ai diritti umani». Non solo, secondo al Hussein, quel bando «manca di generosità» e rappresenta «uno spreco di risorse» che invece potrebbero essere utilizzate «nella lotta contro il terrorismo». 

Il presidente Usa Donald Trump ha ribadito oggi che il suo ordine esecutivo «non è un bando ai musulmani», ricordando che «ci sono altri 40 Paesi nel mondo a maggioranza islamica che non sono interessati dal provvedimento», e ha ricordato che gli Usa rilasceranno nuovamente i visti dopo aver rivisto e rafforzato il sistema dei controlli, come previsto dalle sue disposizioni.

«Per essere chiari, questo non è un bando ai musulmani, come i media riportano falsamente», ha sostenuto Trump. «Non ha a che fare con la religione, ma con il terrore e il mantenimento della sicurezza del nostro Paese», ha aggiunto, ricordando l'esistenza di oltre 40 Paesi a maggioranza musulmana non colpiti dal provvedimento. «Rilasceremo nuovamente i visti a tutti i Paesi una volta che avremo rivisto e completato le politiche più sicure nei prossimi 90 giorni», ha proseguito. 

L'Unione europea e l'Onu, che da anni chiudono gli occhi davanti al contagio islamista trasmesso troppo spesso da un'immigrazione incontrollata e sempre più devastante, attaccano il presidente statunitense per aver bandito gli immigrati che arrivano da sette Paesi a maggioranza Musulmana. Un bando che non ha nulla a che fare con il fede in Allah, ma che punta a prevenire nuovi attacchi jihadisti sul suolo americano. Eppure, al pari dei movimenti pacifisti e delle organizzazioni vicine a George Soros che sfilano contro il tycoon, Bruxelles e il Palazzo Vetro hanno alzato il muro del moralismo per difendere l'accoglienza degli immigrati.

Le indagini parlano chiaro. Dietro alle principali stragi che hanno colpito l'Occidente c'è il fallimento dell'immigrazione. Eppure i burocrati dell'Ue, che proprio l'anno scorso hanno dovuto fare i conti con le stragi di Bruxelles, Nizza e Berlino (tanto per citare le più spietate e drammatiche), non si tirano indietro dal difendere quello stesso meccanismo che hanno lasciato l'Europa in balia del terrorismo islamico. "L'Unione europea è contro le discriminazioni sulla base della nazionalità, della razza o della religione - tuona il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas - e non solo quando si parla di asilo, ma di tutte le altre nostre politiche". In un articolo pubblicato nel fine settimana dal giornale tedesco Die Welt, lo stesso presidente Jean-Claude Juncker ha contrapposto il nazionalismo alla giustizia sociale, l'isolazionismo alla fraternità. E lo stesso ha fatto oggi l'Onu definendo la politica di Trump "illegale e meschina". "La discriminazione basata sulla nazionalità è proibita dal diritto umanitario", ha incalzato l'Alto commissario per i diritti umani Zeid Ràad Al Husein invitando gli Stati Uniti a mantenere la"lunga tradizione" di protezione di chi fugge dai conflitti.

La protesta contro il bando di Donald Trump all'immigrazione, fermato parzialmente da un giudice federale, dilaga nel mondo e in Usa, da Ny fin sotto alla Casa Bianca, dove diverse migliaia di persone hanno manifestato sotto lo slogan 'No Muslim ban'. "Non è un bando dei musulmani, come i media riportano falsamente", ha tentato di gettare acqua sul fuoco il presidente, ricordando che "ci sono altri 40 Paesi nel mondo a maggioranza islamica che non sono interessati dal provvedimento", e ribadendo che gli Usa rilasceranno nuovamente i visti dopo aver rivisto e rafforzato il sistema dei controlli, come previsto dalle sue disposizioni. Ma già ieri si è scontrato per la prima volta con i contrappesi della democrazia, quando il giudice federale di New York Ann M. Donnelly, accogliendo il ricorso di due iracheni bloccati al Jfk, ha deciso che nessun rifugiato, nessun titolare di visto e nessun viaggiatore proveniente dai sette Paesi islamici banditi può essere rispedito indietro, per evitare "danni irreparabili".

Una decisione valida su tutto il territorio nazionale, dove nel frattempo 16 procuratori generali hanno emesso una dichiarazione congiunta nella quale definiscono il bando incostituzionale. Gli attorney general sostengono che la libertà religiosa è un principio fondamentale del Paese, auspicando che l'ordine esecutivo sia ritirato e impegnandosi nel frattempo a garantire che il minor numero possibile di persone soffrano per questa situazione. La Casa Bianca continua a difendere il provvedimento. "Non c'è alcun caos", ha assicurato il capo dello staff Reince Priebus, aggiungendo che ieri 325 mila viaggiatori sono entrati negli Usa e solo 109 sono stati fermati. "Gran parte di loro sono stati rilasciati. Abbiamo ancora una ventina di persone che restano detenute", ha sostenuto, prevedendo che saranno presto rilasciate se sono in regola. Priebus ha però fatto una parziale retromarcia precisando che l'ordine non interesserà i detentori della 'green card' (che consente ad uno straniero di risiedere in Usa per un periodo di tempo illimitato), un punto suggerito dall'eminenza grigia della Casa Bianca, il chief strategist Steve Bannon. Priebus ha tuttavia ricordato che gli agenti di frontiera hanno il "potere discrezionale" di detenere e interrogare i viaggiatori che arrivano da Paesi a rischio, alimentando così nuove incertezze.

Trump tuttavia non fa marcia indietro: "Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e di controlli rigidi. Guardate quello che sta succedendo in Europa e, anzi, in tutto il mondo - un caos orribile!", ha twittato. Ma il mondo protesta, a partire dall'Europa, dove alcuni leader cominciano a mostrare il loro dissenso, da Angela Merkel a Paolo Gentiloni sino a Theresa May e al suo ministro degli Esteri Boris Johnson, alfiere di quella Brexit lodata apertamente da Trump. Scende in campo anche la Lega Araba, con il suo segretario generale Ahmed Aboul Gheit che si è detto "profondamente preoccupato" per le "restrizioni ingiustificate" adottate da Trump nei confronti dei cittadini di sette Paesi islamici, con possibili "effetti negativi". E se il governo iracheno, fortemente legato agli Usa, dice di comprendere i motivi di sicurezza del bando, l'Iran non fa sconti e convoca l'ambasciatore svizzero a Teheran (che rappresenta gli interessi americani nel Paese) per consegnarli una dura lettera di protesta contro lo stop agli ingressi. La protesta monta anche in tutta l'America, dove ieri molti aeroporti, in primis il Jfk, sono stati teatro di manifestazioni per la liberazione dei passeggeri detenuti.

La contestazione si è spostata a Battery Park, in vista della Statua della Libertà, il monumento simbolo delle politiche di accoglienza dell'America. A lanciare l'appello via Twitter è stato il regista Michael Moore, che aveva mobilitato gli attivisti al Jfk, e nel pomeriggio una folla enorme si è riversata li', marciando poi sino a Ground Zero e Midtown. Ma la protesta più inattesa è stata quella che ha assediato la Casa Bianca, promossa sulle reti sociali con il motto 'Non staremo in silenzio. Combattiamo'. Diverse migliaia di persone hanno gridato ed esibito numerosi slogan contro il provvedimento di Trump, mentre lui telefonava ad alcuni leader arabi dallo Studio Ovale. Sul piano politico il presidente deve fare i conti non solo con l'opposizione democratica, che gli ha già chiesto di ritirare il bando minacciando iniziative legislative, ma anche con alcuni leader repubblicani, che lo hanno invitato alla cautela. Mitch McConnell, leader della maggioranza al Senato, ha detto che è una buona idea rafforzare i controlli sull'immigrazione ma, ha precisato, "penso anche che sia importante ricordare che alcune delle nostre risorse migliori contro il terrorismo islamico sono i musulmani, sia in questo Paese che all'estero".

Tutti a Montecitorio con la fascia tricolore per sostenere i propri sindaci e per rappresentare simbolicamente ognuno la propria comunità. Sit-in di protesta in piazza Santi Apostoli di un nutrito gruppo di terremotati del Centro Italia riuniti nel comitato spontaneo di cittadini apartitici "Quelli che il terremoto...", nato in difesa delle popolazioni colpite.

Tra gli striscioni esposti in piazza alcuni recitano: "Montanari sì, fessi no" e "Ad Amatrice la scossa, a Roma datevi una mossa". "Siamo qui per manifestare la nostra amarezza - dice Peppe Mariani, imprenditore marchigiano di Roccafluvione, tra gli organizzatori della manifestazione - per come è stata gestita tutta questa emergenza. Siamo molto arrabbiati e per tanti motivi. Che fine hanno fatto i soldi versati per solidarietà dagli italiani? Dove sono le casette e i moduli abitativi che ci avevano promesso? Non possiamo più aspettare chiacchiere e parole, vogliamo finalmente i fatti".

Intorno alle 12 i manifestanti si sono mossi in corteo verso Montecitorio dove alle 13 circa una delegazione sarà ricevuta da un gruppo di parlamentari.

"Al momento il bilancio delle vittime a Rigopiano è salito purtroppo a 24 e quindi di conseguenza si è abbassato il numero dei dispersi che al momento è di 5. Di queste 24 vittime 13 sono uomini e 11 sono donne e restano da identificare ancora 12 vittime. Lavoreremo ininterrottamente fino a che non avremo recuperato tutti". E' quanto ha detto il direttore dell'ufficio emergenze del Dipartimento della Protezione civile, Titti Postiglione, parlando dalla Dicomac di Rieti. "In campo - ha aggiunto - ci sono più di 200 uomini che stanno lavorando".

E sono 15 i corpi recuperati dai resti dell'hotel Rigopiano e attualmente all'obitorio dell'ospedale di Pescara. A questi si aggiungono le cinque salme già restituite alle famiglie, per un totale di 20, sulle 24 vittime estratte dalle macerie. Sono in corso gli accertamenti medico legali e le procedure di identificazione; poi la delicata fase della comunicazione ai familiari e del riconoscimento. I corpi recuperati nelle ultime ore o in corso di recupero dovrebbero arrivare in giornata in obitorio.

Gabriele D'Angelo è morto assiderato sotto la valanga che ha travolto l'hotel Rigopiano: lo ha stabilito l'autopsia a cui è stato sottoposto, secondo quanto riferisce il medico legale di parte Domenico Angelucci. "Non ci sono segni di traumi né di asfissia come emorragie congiuntivali - spiega il medico -. Secondo noi se fosse stato soccorso entro due ore probabilmente poteva essere salvato'', riferisce il medico di parte della famiglia D'Angelo.

Conferenza stampa del sostituto procuratore di Pescara, Cristina Tedeschini, per fare il punto sulle indagini dell'hotel Rigopiano. Casi di esclusivo schiacciamento, con morti istantanee, e per altri concorrenza di cause, tra quali ipotermia e asfissia. Sono questi, fin qui, i motivi delle morti delle sei persone sottoposte ad autopsia: ha confermato il pm. Finora sono state effettuate 6 autopsie e altre 6 sono in programma. 

Si sono registrate sette lievi scosse considerando solo quelle di magnitudo non inferiore a 2 da mezzanotte nel Centro Italia. Secondo i rilevamenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), la scossa più rilevante è stata all'1:20 con magnitudo 2.8 ed epicentro a 7 km da Campotosto (L'Aquila). Non si registrano nuovi crolli. 

Un summit con sindaci, prefetto, forze dell'ordine, protezione civile e le altre istituzioni coinvolte nell'emergenza neve e terremoto degli ultimi giorni, è stato convocato alle 10,30 all'Aquila dal presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, che è anche vicecommissario per la ricostruzione in seguito al sisma del 24 agosto scorso. L'incontro ha come obiettivo fare il punto della situazione nella provincia dell'Aquila tra le più colpite alla luce dell'emergenza nell'alta valle dell'Aterno, epicentro del terremoto del 18 gennaio scorso, colpita anche da nevicate record. Nell'Aquilano ci sono state polemiche sulla tempestività dei soccorsi e sugli annunci della commissione grandi rischi della possibilità di altre scosse forti, che hanno gettato nel panico la popolazione.

La domanda, alla luce delle scosse in atto è: quanti Comuni oggi conoscono la sicurezza degli edifici pubblici e la vulnerabilità sismica? Il problema, denunciato da molti, è la mancanza di fondi per le verifiche sugli edifici pubblici, una normativa introdotta nel 2003 dopo il disastro della scuola di San Giuliano di Puglia

Preoccupati per lo sciame sismico in atto e la vulnerabilità sismica della loro scuola, gli studenti del Liceo Cotugno dell'Aquila, sostenuti da genitori e insegnanti, da stamattina sono riuniti in sit in davanti all'istituto: l'edificio è agibile sì ma, secondo quanto si è appreso, ha un basso indice di sicurezza sismica. Inoltre 5 aule del liceo sono chiuse per lavori. Gli studenti hanno deciso per una protesta ad oltranza - accompagnati dallo slogan #SicuriDaMorire - fin quando non sarà fatta chiarezza sulla struttura, di proprietà della Provincia, che ospita in via Leonardo da Vinci tre dei quattro indirizzi della scuola, Classico, Linguistico e Scienze Umane, per un totale di circa 1200 studenti. In alternativa si chiedono soluzioni anche provvisorie che consentano di riprendere al più presto l'attività didattica

Le preoccupazioni sulla sicurezza dell'edificio sono emerse dopo che alcuni genitori, preoccupati già dalle scosse di fine ottobre, hanno ottenuto con richiesta di accesso agli atti alla Provincia la documentazione completa sullo studio di vulnerabilità sismica dell'edificio. Uno studio, riferisce la docente Annalucia Bonanni, che la Provincia aveva realizzato nel 2013, ottemperando all'obbligo dell'O.P.C.M. 3274 del 2003. "Questo studio - prosegue la nota -, di cui sono usciti sulla stampa in questi giorni alcuni estratti e tabelle, rileva per la maggior parte dei corpi della struttura indici di vulnerabilità sismica molto bassi, che vanno dallo 0% al 26%, di quanto richiesto dalle attuali norme affinché la struttura possa essere considerata adeguata. Solo due corpi dell'Istituto, corrispondenti ad Aula Magna e Palestra, risulterebbero adeguati".

La conclusione dello studio, secondo quanto riferito da genitori e docenti, è che "la verifica statica sarebbe soddisfatta (e nemmeno per tutti i corpi dell'edificio) solo se si dimezzassero i carichi, ma le norme in questo caso imporrebbero di destinare l'edificio ad altro uso (è bene sottolineare che si parla in questo caso di sola verifica statica, che non tiene dunque conto dei carichi dinamici come quelli di un terremoto)".

In queste condizioni, anche se i sopralluoghi effettuati negli ultimi giorni non hanno rilevato danni strutturali con le recenti scosse, gli studenti, sostenuti dai genitori, non se la sentono di tornare tra i banchi.

Intanto lunedì 23 si è quindi tenuto un consiglio d'istituto: i rappresentanti delle varie componenti scolastiche hanno chiesto che "la Provincia si pronunci in merito all'agibilità della struttura tenendo conto dei dati emersi, approfondendo e completando, se necessario, lo studio sulla vulnerabilità e dando chiarezza definitiva sulla sicurezza della struttura in caso di evento sismico".

I genitori hanno inoltrato una diffida alle autorità dicendosi "sorpresi e sgomenti del fatto che la Provincia fosse a conoscenza della situazione di (in)sicurezza dell'edificio e non abbia preso nessun provvedimento e invitano le autorità competenti ad adottare i provvedimenti opportuni per garantire l'incolumità a studenti e personale, riservandosi di informare la Procura della Repubblica".

"Dall'Aula del Senato credo debba venire forte e unanime un sentimento di cordoglio e di compassione per le 23 vittime dell'Hotel Rigopiano dove si cercano 6 dispersi, per le 6 dell'elisoccorso di Campofelice e per le 5 vittime del maltempo e del terremoto". Così il premier Paolo Gentiloni, nell'informativa nell'aula di Palazzo Madama, dove i senatori si sono alzati tutti in piedi per applaudire.

"Le risorse ci sono: 4 miliardi nella legge di bilancio e altri ci saranno come ho anticipato personalmente al presidente della commissione europea Jean Claude Juncker". "Abbiamo lavorato per la verifica della tenuta delle 40 dighe nella zona interessate dal sisma - ha detto ancora il premier - dighe che vengono verificate di prassi ogni volta che si verifica una scossa di magnitudo superiore a quattro. E che quindi sono state ripetutamente verificate negli ultimi mesi. Sapete dell'incontro con ministro Delrio che ha asseverato lo stato intorno al bacino di Campotosto per prevenire i rischi ed evitare anche il diffondersi di voci incontrollate su rischi esagerati".

A Rigopiano sono state dispiegate 200 persone il massimo possibile. Nel momento di picco della crisi, il 19 gennaio, le utenze non allacciate hanno raggiunto il numero considerevole di 177mila, oggi ne sono rimaste solo alcune alcune centinaia nel teramano. E' giusto a livello di Governo verificare in questa dinamica quanto abbiano inciso le circostanze eccezionali e quanto ciò abbia messo in luce problemi più generali di manutenzione. Se ci sono stati ritardi e responsabilità saranno le inchieste a chiarire. Il governo non teme la verità che serve a fare meglio e non ad avvelenare i pozzi. Io che condivido la ricerca della verità non condivido la voglia di capri espiatori e giustizieri anche perché la storia è lesta a trasformare i giustizieri in capri espiatori. Al di là di singoli errori che le inchieste accerteranno - ha proseguito  - abbiamo mostrato una capacità di reazione del sistema all'altezza di un grande Paese, non a caso abbiamo un sistema di Protezione civile all'avanguardia: non è di destra o sinistra, di questo o quel governo, è un patrimonio italiano che dobbiamo tenerci stretto. La prossima settimana - ha concluso Gentiloni - vareremo un decreto. Nessuno immagini che sia un ritorno all'indietro, sarà un passo avanti e molto mirato nei suoi obiettivi". Il decreto, ha spiegato il premier, "sarà mirato a intervenire in alcuni punti e gangli l'accumulo di ritardi che finora non ci sono stati ma possono accumularsi nei prossimi mesi e che possiamo prevenire"

"Siamo orgogliosi dei nostri soccorritori, sono cittadini italiani esemplari: forte e unanime deve essere il sentimento di riconoscenza per le 11mila persone intervenute che si prodigano per salvare vite.  Rimarranno impresse - ha aggiunto il premier - le immagini dei lutti ma anche quelle delle vite salvate, dello Stato che mobilita tutte le proprie energie e arriva in mezzo alla tormenta con sci e pelli di foca. Credo - ha proseguito - che sia stato messo in atto ogni sforzo possibile dal punto di vista umano, organizzativo, tecnico per cercare di salvare i dispersi. Davanti alla concatenazione degli eventi in una crisi senza precedenti - ha detto Gentiloni - il dispiegamento delle forze, coordinate dalla Protezione Civile, è stato molto rilevante: dalle 4-5mila persone del 16-17 gennaio alle oltre 11 mila impegnate ieri e questo per raggiungere le frazioni isolate e soccorrere le persone in difficoltà con 3581 interventi di soccorso via terra e 32 elicotteri con oltre 300 missioni.

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