Il presidente iraniano è giunto in Vaticano con una decina di minuti di ritardo rispetto all'orario prefissato. Assieme a lui il ministro degli Esteri, l'ambasciatore presso la Santa Sede e una donna del personale diplomatico che gli ha fatto da interprete durante i colloqui in cui Rohani si è espresso in lingua farsi e il Papa in italiano.
L'incontro nella Biblioteca privata è così iniziato alle 11,12 ed è finito alle 11,52. E nei 40 minuti sono stati presenti due interpreti: un sacerdote per il Papa e una donna velata, impiegata dell'ambasciata iraniana presso la Santa Sede, per il presidente. Al termine Rohani ha presentato al Papa i suoi collaboratori, ad iniziare dal ministro degli esteri Javad Zarif.
C'erano anche l'ambasciatore presso al Santa Sede e il suo vice. C'è stato poi lo scambio dei doni e Rohani ha presentato al Papa un tappeto lungo un un metro e largo circa 60 cm: "Questo è stato fatto a mano nella città santa di Qom", gli ha detto. L'altro dono giunto da Teheran e presentato a Francesco era un grande volume con una raccolta artistica di miniatura. Francesco ha risposto con un medaglione di san Martino, spiegando che "il Santo si toglie il cappotto per coprire il povero: un segno di fratellanza gratuita".
Rohani ha donato a Papa Francesco un tappeto persiano rettangolare, prodotto artigianalmente a mano nella città santa di Qom e un grande volume di miniature. Il Pontefice ha ricambiato con un medaglione di San Martino che dona il suo mantello al povero, definito da Francesco "un segno di fratellanza gratuita" nonché due coppie dell'enciclica "Laudato si'".
"Non esiste una versione in lingua farsi - ha premesso il Papa - quindi le consegno una copia in inglese e mi permetto di darle anche una copia in arabo".
Nel congedarsi da Rohani, che si avviava verso la prima loggia del Palazzo Apostolico per il colloquio con il segretario di Stato Pietro Parolin, il Papa ha detto al presidente: "La ringrazio tanto per questa visita e spero nella pace". Uno scambio di battute che testimonia il clima cordiale dell'incontro e indica anche il tono di un colloquio tra due personalità mondiali che sono entambi leader religiosi. Rohani è arrivato in Vaticano con qualche minuto di ritardo ed è salito alla seconda Loggia del Palazzo Apostolico con un seguito di 12 persone.
Intanto in occasione della visita del presidente iraniano Hassan Rohani in Campidoglio sono state coperte da pannelli bianchi su tutti e quattro i lati alcune statue di nudi dei Musei Capitolini.
Come dimostrano le immagini del video del Corriere tv Quattro pannelli per celare completamente alla vista le opere, "inscatolate" per non offendere il presidente Rohani, e per non mettere in difficoltà i media iraniani che lo hanno seguito nel viaggio diplomatico in Italia. Proprio in Campidoglio il primo ministro Matteo Renzi ha incontrato l'omologo iraniano, che prima aveva visitato Sergio Mattarella al Quirinale, siglando la ripresa dei rapporti tra Italia e Iran dopo l'accordo internazionale sulla spinosa questione del nucleare. Fitta l'agenda di discussione: lo scacchiere siriano e la lotta all'Isis prima di tutto, ma anche gli interessi delle aziende italiane. Al termine dell'incontro bilaterale la conferenza stampa si è tenuta proprio ai Musei Capitolini. Inoltre, durante le cerimonie istituzionali non è stato servito nemmeno il vino.
Firmato dal Governatore della Banca Centrale Iraniana, Valiollah Seif, e dall'ad di Sace, Alessandro Castellano, l'accordo prevede il pagamento in favore di Sace di 564 milioni di euro in tre rate entro il 15 ottobre 2016. Un credito costituito dagli indennizzi corrisposti negli anni scorsi da Sace alle imprese italiane, per finanziamenti non pagati da controparti iraniane a seguito del blocco dei sistemi di pagamento imposto dalle sanzioni internazionali. L'accordo consentirà a Sace di riavviare il proprio sostegno a export e investimenti italiani nel Paese.
I manifestanti, in collaborazione con l'ong Nessuno Tocchi Caino, hanno condannato l'esportazione del fondamentalismo islamico e l'appoggio del governo iraniano alla dittatura siriana e al continuo massacro dei cittadini siriani. 'Rohani deve essere processato per crimini contro l'umanità', recitavano alcuni cartelli citando le esecuzioni nel Paese 'il genocidio dei rifugiati iraniani a Camp Liberty e il massacro del popolo siriano'.
Serve "un cambio vero di regime", ha detto Sergio D'Elia, il segretario di Nessuno Tocchi Caino. "Le grandi emergenze di quell'area continuano a essere alimentate da un Paese che ha esportato la violenza, il terrorismo, l'insicurezza e l'instabilità", ha proseguito: "Oggi si vuole affidare il governo di queste emergenze a chi le ha provocate e continua a provocarle".
"E' incredibile che nel momento in cui si aprono le porte" all'Iran "non venga posta con fermezza la questione del rispetto dei diritti umani e del contenimento della pena di morte", ha detto da parte sua l'onorevole Elisabetta Zamparutti, tesoriere di Nessuno Tocchi Caino.
"Questo è davvero inaccettabile: non si può far finta che questo Paese sia riaccreditato nel consesso mondiale senza che venga richiamato al rispetto dei principi fondanti la comunità internazionale, che sono quelli legati al rispetto dei diritti umani", ha aggiunto Zamparutti ricordando che da quando è salito al potere nel giugno 2013 il presidente Hassan Rohani, in Iran ci sono state ben 2.277 impiccagioni
"E' una cifra incredibile se paragonata a qualsiasi atro paese del mondo - ha commentato -. Il numero delle esecuzioni è in costante aumento. Il 2015 si è chiuso con almeno 980 esecuzioni e sul patibolo sono finiti anche minorenni".