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Londra rivive l'incubo di quel 7 luglio 2005. Poco prima delle nove del mattino, in pieno orario di punta, tre bombe esplosero a distanza di 50 secondi l'una dall'altra in diversi punti della metropolitana. E sicuramente quell'incubo, che strappò via la vita a 52 persone innocenti, è ripassato davanti agli occhi dei pendolari quando questa mattina, alla stazione di Parsons Green, nella zona residenziale di Fulham, è esploso un secchio di plastica bianca posizionato nei vagoni posteriori del treno facendo almeno ventidue feriti.

Per Scotland Yard infatti si tratta di un'azione di natura terroristica. Le autorità inglesi hanno subito disposto la chiusura delle stazioni della linea verde District Line tra Earls Court e Wimbledon. Parsons Green fa parte della diramazione per Wimbledon della District Line, la linea verde, tra le più trafficate della capitale britannica, con sessanta stazioni. Per soccorrere i passeggeri rimasti feriti dall'esplosione, sono intervenuti anche i medici super-specializzati di London Ambulance Hart. Si tratta di professionisti che fanno parte di una unità addestrata a intervenire nei soccorsi più complicati, come gli incidenti multipli, e a fronteggiare le situazioni di salvataggio complesse.

L'esplosione è partita da un ordigno artigianale, collocato nei vagoni posteriori del treno che - ha detto la polizia - «non sarebbe completamente esploso» (il che spiegherebbe i danni limitati), e che aveva un timer. La carrozza si è riempita di fumo. Una foto circolata su Twitter poco dopo l’esplosione mostra un secchio bianco, con fili elettrici, in un sacco dei supermercati Lidl, da cui fuoriesce del fuoco. Un utente del social, Rigs, ha twittato: «Esplosione a Parsons Green, su un treno della District Line. Una palla di fuoco è volata per la carrozza e siamo saltati fuori dalle porte aperte». 

E' una delle testimonianze che si leggono sui social media dopo l'esplosione. "Ho sentito urla e persone che fuggivano nella stazione di Parsons Green", ha detto un altro testimone. Circolano anche foto di feriti con bruciature sulla fronte. "Ho visto una donna con ustioni sulla faccia e sulle gambe che veniva portata via in barella", ha raccontato la presentatrice della Bbc Sophie Raworth che si trovava alla stazione della metropolitana di Parsons Green dopo l'esplosione avvenuta a bordo di un treno della metro di Londra. .

 La giornalista ha raccontato del panico a cui ha assistito con decine di persone che, proprio nell'orario di punta, cercavano di allontanarsi dalla carrozza su cui si era udito un forte boato. 

E' salito a 22 dai precedenti 18 il bilancio dei feriti, fortunatamente nessuna in gravi condizioni. Ne danno notizia le autorità della capitale secondo cui si tratta di persone che hanno riportato ustioni nell'esplosione dell'ordigno improvvisato e altre che si sono ferite nella calca dopo l'attentato.

Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha detto che in città è in corso una "caccia all'uomo", senza però specificare per ragioni di sicurezza se riguardi solo una o più persone. Al momento la polizia non ha annunciato arresti.

La premier britannica Theresa May ha espresso vicinanza per i feriti e ha convocato una riunione d'emergenza del Cobra, il comitato di crisi del governo britannico. Nel frattempo il presidente americano, Donald Trump, è intervenuto a modo suo sull'attentato di Londra, sottolineando che l'attacco è arrivato da parte di un «terrorista perdente» (loser in inglese, letteralmente perdente, ma nello slang ha senso di «sfigato»), contro cui bisogna «usare maniere molto più forti». 

Il commento è arrivato via Twitter: «Un altro attacco a Londra di un terrorista perdente. Queste sono persone malate e matte, che erano nel mirino di Scotland Yard. Bisogna essere proattivi. I terroristi perdenti devono essere trattati in modo molto più duro». E ancora: «Internet è il loro maggior strumento di reclutamento, dobbiamo bloccarlo e usarlo meglio». Il presidente ha anche parlato di questioni interne, scrivendo che «il divieto di viaggio negli Stati Uniti dovrebbe essere molto più ampio, molto più duro e più specifico, ma stupidamente non sarebbe politicamente corretto». 

Come riferiscono le agenzie stampa la data che evoca piu' di tutti l'incubo del terrorismo negli abitanti di Londra è il 7 luglio 2005. Quella del piu' sanguinoso attentato nella storia della citta', che viene ricordato come l''11 settembre del Regno Unito'. Quattro attentatori suicidi si fanno esplodere nella metropolitano e su un autobus in rapida successione. I morti sono 52 e i feriti quasi 700.

Due settimane dopo, il 21 luglio una seconda serie di attentati simili nelle modalita' e negli obiettivi a quelli del 7 luglio viene sventata dall'arresto di alcuni giovani gia' pronti ad agire, che vengono arrestati dagli agenti dell'antiterrorismo.

La scia di sangue lasciata dal terrorismo a Londra però  e lunga e va indietro nei decenni, oltre la matrice islamica. Molti gli attacchi condotti dai terroristi dell'Ira prima e poi dai gruppi paramilitari che non hanno accettato gli accordi di pace in Irlanda del Nord. E Londra diventa il campo di battaglia.

Nel marzo 2017 un uomo si è lancia a tutta velocità con un Suv lungo il Westminster Bridge, travolgendo molte persone, per poi finire la sua corsa proprio davanti ad uno degli ingressi del Parlamento. Esce dal veicolo e, armato di coltello, colpisce a morte un agente di polizia per cadere lui stesso sotto il fuoco di reazione dei poliziotti. Il bilancio è di cinque morti e 40 feriti.

Il presidente della Commissione europea nel suo annuale discorso sullo stato dell'Unione al Parlamento europeo. 'Il vento è di nuovo nelle vele dell'Europa, al quinto anno di ripresa economica'  

La battaglia è lontana dall'essere finita. La gente non vuole questa Europa ma vogliono cambiarla". Lo ha detto il capogruppo dell'Alde al Parlamento europeo Guy Verhofstadt dopo il discorso del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. "E' il momento di costruire l'Europa che la gente chiede", ha aggiunto. A suo parere questo significa tra le varie cose: "un nuovo sistema d'asilo, una vera guardia costiera e di frontiera, un'unione europea della difesa, un Fbi europeo, un vero governo dell'eurozona".

"Condivido la necessità di un'Europa più democratica e più di una cosa nel suo discorso perché ha recepito le posizioni del Parlamento". Lo ha detto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ringraziando Jean-Claude Juncker al termine del suo discorso in aula. "Contiamo sul sostegno della Commissione - ha aggiunto - per lanciare iniziative nei settori di più grande importanza".

intanto Il Parlamento Ue ha approvato oggi in via definitiva lo stanziamento di 1,2 miliardi di euro per 140 comuni delle 4 regioni italiane, Marche, Umbria, Lazio ed Abruzzo, colpite dai sismi dell'agosto ed ottobre 2016 e del gennaio 2017.

E cosi il Presidente della Commissione nel suo discorso :"Non possono parlare di migrazione senza pagare tributo all'Italia per la sua generosità. Nel Mediterraneo l'Italia ha salvato l'onore dell'Europa". Lo ha detto il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel suo annuale discorso sullo stato dell'Unione davanti alla plenaria del Parlamento europeo. "Quest'estate, la Commissione ha lavorato di nuovo a stretto contatto col premier Gentiloni e il suo governo, per migliorare la situazione, in particolare, con l'addestramento della guardia costiera libica - ha continuato  alla sua conferenza stampa- continueremo ad offrire forte sostegno finanziario ed operativo all'Italia. Perché l'Italia sta salvando l'onore dell'Europa nel Mediterraneo".

Intanto il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi ha incontrato oggi la cancelliera Angela Merkel. "Deve essere un dolore immane perdere la propria casa", ha detto Angela Merkel incontrando il sindaco di Amatrice in Cancelleria a Berlino. Con una delegazione italiana, il primo cittadino è arrivato nella capitale tedesca per ringraziare la Germania della donazione fatta dopo il terremoto. "Sì - ha risposto il sindaco - è come una guerra".

Merkel ha assentito: "Una guerra che non si può evitare con i negoziati". "Noi siamo tutti grati ad Amatrice per l'amatriciana", ha aggiunto la Merkel. "La Germania è stato l'unico Paese europeo ad aiutare Amatrice", ha sostenuto il primo cittadino di Amatrice. Berlino ha donato 6 milioni di euro. La cancelliera ha molto apprezzato gli omaggi ricevuti: una felpa "per le sue passeggiate in montagna", ed una medaglia per ringraziare la donazione tedesca arrivata alla comunità di Amatrice dopo il terremoto. "La Germania è stato l'unico Paese europeo ad aiutare Amatrice, ha detto il primo cittadino di Amatrice. Berlino ha donato 6 milioni di euro.

Come riferiscono le agenzie stampa Juncker ha detto che "Dobbiamo mettere fine con la massima urgenza alle condizioni di accoglienza in Libia" dei migranti, che sono "scandalose" e per le quali "sono rimasto atterrito", ha aggiunto Juncker, sottolineando che "in questo la Ue ha una responsabilità comune". "L'Europa non è una fortezza, è e resterà il continente della solidarietà per quelli che hanno bisogno di un rifugio", ha detto il presidente della Commissione europea, che ha aggiunto: "alla fine del mese la Commissione europea farà una serie di proposte sui rimpatri, la solidarietà con l'Africa e l'apertura di vie legali". 

"Dobbiamo intensificare considerevolmente i nostri sforzi e le nostre azioni sui rimpatri" dei migranti che non hanno diritto di restare in Ue. "E' solo così che l'Europa potrà dare prova di solidarietà nei confronti dei profughi che hanno veramente bisogno", ha spiegato Juncker. 

La solidarietà non può essere solo un affare intra-Ue, si tratta anche di mettere in campo una solidarietà più ampia con l'Africa. Mentre la Commissione Ue si è caricata tutto l'onere" degli investimenti, "gli sforzi dei Paesi tutti assieme" è stato molto limitato. Il fondo è arrivato ora ai suoi limiti. Invito gli Stati membri ad unire il gesto alla parola e a fare in modo che il fondo fiduciario per l'Africa" non si esaurisca. "Il rischio è grande". Così il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. 

"Un anno fa non eravamo in un buono stato" ma l'Unione europea "ha mostrato che possiamo dare risultati" e "il vento è di nuovo nelle nostre vele", ha detto Juncker. "Abbiamo una finestra di opportunità ma non durerà per sempre - ha aggiunto -, dobbiamo usare questo tempo per finire quanto iniziato a Bratislava e completare la nostra agenda positiva. "Dieci anni dopo che la crisi ha colpito, l'economia europea rimbalza", ha detto Juncker, e ha aggiunto: "Siamo al quinto anno di crescita economica", rivendicando che la crescita ora è vicina a quella degli Stati Uniti, con il +2,2% per la zona Euro.

"Vorrei che l'Ue fosse all'avanguardia nella lotta al cambiamento climatico", ha detto il presidente della Commissione europea. A fronte del disimpegno Usa, ha aggiunto, "l'Europa deve fare in modo di rendere grande il pianeta". Per questo "la Commissione presenterà una proposta di riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti". "Sono fiero della nostra industria automobilistica, ma sono scioccato che i nostri consumatori siano stati ingannati. I costruttori investano sulle auto pulite che sono quelle del domani".

L'Unione europea ha "le porte aperte al commercio ma ci deve essere reciprocità", ha il presidente della Commissione Ue, ricordando che il commercio è anche "esportazione delle politiche sociali" e che, sul piano pratico, "ogni miliardo di euro di esportazioni in più equivale a 14mila posti di lavoro in più". Tuttavia, "non siamo difensori ingenui del libero commercio", ha detto Juncker durante il discorso sullo Stato dell'Unione proponendo un "esame" delle proposte di investimenti stranieri nei settori strategici, portando ad esempio i casi di acquisti di "un porto strategico, di una società energetica o di una delle società strategiche per la difesa", che "possono essere fatti solo con un dibattito trasparente".

"L'Ue è male attrezzata contro i cyber-attacchi", che hanno colpito oltre 4.000 volte lo scorso anno e "l'80% delle aziende europee ne hanno sofferto". Tali attacchi "non conoscono frontiere e quindi la Commissione propone la creazione di un'agenzia di cyber-sicurezza per difenderci da questi attacchi". Lo ha annunciato il presidente della Commissione Juncker nel suo discorso a Strasburgo.

"Il futuro dell'Europa non può essere dettato dall'alto", ha detto Juncker introducendo, durante il discorso sullo Stato dell'Unione, la sua proposta di "sesto scenario" per il futuro dell'Unione europea dopo aver presentato a marzo scorso il libro bianco con cinque scenari senza proporre preferenze.

"Non è pensabile che nell'Ue muoiano ancora bambini di malattie evitabili. In Romania e in Italia dovrebbero avere accesso alle vaccinazioni senza se e senza ma. Appoggiamo le misure nazionali di vaccinazione", ha detto Jean-Claude Juncker davanti al Parlamento europeo.

La Ue è "una unione di valori, è più di mercato e denaro" ed i valori sono "la libertà, l'uguaglianza di opportunità e lo stato di diritto". Lo ha detto Jean Claude Juncker durante il discorso sullo Stato dell'Unione, argomentando che "la libertà non cade dal cielo, per essa dobbiamo combattere in Europa e nel mondo". "L'Europa ha due polmoni, l'est e l'ovest e deve vivere con entrambi, altrimenti soffoca", ha poi aggiunto il presidente della Commissione Ue.

Il mancato rispetto dello Stato di diritto "esclude l'adesione della Turchia all'Ue nel prossimo futuro. Ankara si allontana a passi da gigante da molto tempo", ha detto Juncker al Parlamento europeo. "L'Ue - ha detto - conterà più di 27 membri ma tutti gli Stati che vorranno aderire dovranno mettere in primo piano lo stato di diritto". "I giornalisti devono potersi esprimere non essere messi in prigione", ha aggiunto Juncker in merito alla situazione dei diritti umani in Turchia. "Non potete offendere i nostri capi di governo e di Stato dando loro dei nazisti", ha detto ancora.

"Se vogliamo che le banche operino con le stesse regole dovremmo spingere tutti a entrare nella Banking Union, che significa però ridurre i rischi bancari in alcuni Stati. L'assicurazione comune sui depositi si farà solo quando tutti avranno fatto i loro compiti", ha detto Juncker. L'Eurozona "è più resistente agli choc di qualche anno fa", ma per il futuro il fondo Esm "deve gradualmente diventare un fondo monetario europeo" e "serve un ministro europeo dell'economia e delle finanze" per "promuovere le riforme strutturali" negli stati membri e per "coordinare tutti gli strumenti quando uno stato membro rischia la recessione o l'instabilità finanziaria", ha dichiarato il presidente dell'esecutivo comunitario.

"L'Unione europea deve avere più influenza sulla scena mondiale, ma deve agire più rapidamente in politica estera", ha detto Jean-Claude Juncker proponendo, durante il discorso sullo Stato dell'Unione, che "prenda le decisioni a maggioranza qualificata" e non più all'unanimità. Questo in materie che vanno dalla politica estera al mercato unico.

L'uscita della Gran Bretagna è un "momento triste e tragico", ha dichiarato il presidente della Commissione Ue al Parlamento Ue. "Lo rimpiangeremo sempre e voi lo rimpiangerete presto" ha aggiunto rivolgendosi a un gruppo di eurodeputati britannici che avevano iniziato a rumoreggiare in aula. Juncker ha poi proposto un vertice dei 27, da tenere in Romania il 30 marzo 2019, ovvero il giorno dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.

"Chiedo all'unità dell'intelligence Ue che garantisca che i dati sui terroristi ed i foreign fighters siano condivisi in modo automatico". Così il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. "L'Unione europea deve essere più forte nella lotta al terrorismo", secondo Juncker. "Per questo - ha detto il presidente della Commissione europea - chiedo un'unità di intelligence europea e vedo una forte opportunità per incaricare il nuovo procuratore pubblico europeo di perseguire i crimini terroristici transfrontalieri".

"Ora che splende il sole dobbiamo completare tutti i piani della casa" europea. "Dobbiamo procedere passo dopo passo. Quindi salpiamo l'ancora e avanti col vento nelle vele", ha detto Juncker. "Chi vuole rafforzare la democrazia" nella Unione europea "non può accettare che il piccolo miglioramento dato dal meccanismo degli 'spitzenkandidaten' non abbia seguito", ha affermato il presidente dell'esecutivo comunitario durante il discorso sullo Stato dell'Unione facendo riferimento all'innovazione introdotta alle Europee del 2014 che portò alle candidature dirette dei gruppi parlamentari europei, e in particolare la sua e di Martin Schulz in rappresentanza di Ppe e S&D, per la presidenza della Commissione. "Io non mi candiderò", ha aggiunto Juncker.

"Più democrazia significa più efficienza. L'Europa funzionerebbe meglio se fondessimo in uno i presidenti di Commissione e Consiglio Europeo". Lo ha detto Jean-Claude Juncker durante il discorso sullo stato dell'Unione, aggiungendo: "L'Europa sarebbe più facile da capire se ci fosse un solo capitano a guidare la nave".

 

Per la prima volta, dopo sedici anni, l’America quest’anno vive un’angoscia diversa, dovuta ai danni e alla paura per l’uragano Irma. Ma il ricordo dell’11 Settembre è sempre vivo. Quel giorno cambiò il mondo. Ci rendemmo conto che il terrorismo internazionale di al Qaeda, mosso dall’integralismo islamico, non si fermava davanti a nulla, pianificando un attacco mostruoso che avrebbe causato migliaia di morti. Furono dirottati quattro aerei civili per colpire altrettanti obiettivi simbolo degli Stati Uniti: il Pentagono, la Casa Bianca (strage evitata grazie all’azione eroica dei passeggeri e dell’equipaggio) e le Torri Gemelle del World Trade Center di New York. In tutto furono quasi tremila le vittime.

16 anni fa, l'11 settembre del 2001, New York veniva colpita al cuore, con l'attacco alle Torri Gemelle. Da allora la Grande Mela si e' risollevata e si e' rafforzata ma resta ancora oggi una citta' blindata.

Dal mirino non e' mai uscita, anzi le minacce da cui si difende sono aumentate: non c'e' piu' infatti solo Al Qaida. Dall'Isis agli estremisti 'cresciuti' in casa, la citta' ritenuta il simbolo del capitalismo e' minacciata da piu' parti. Ma rispetto al passato, New York non e' piu' sola e non e' piu' la meta per eccellenza.

Se fino a qualche anno fa era ritenuta, insieme al resto degli Stati Uniti, il nemico numero uno da colpire per i terroristi, ora le fa 'compagnia' l'Europa, meta preferita degli ultimi attacchi. Parigi, Bruxelles e Nizza ne sono un esempio. Jihadisti di vecchia militanza e lupi solitari di varia origine hanno ampliato il raggio d'azione, prendendo di mira anche il Vecchio Continente e mostrando come il mondo e' profondamente cambiato. La primavera araba, la caduta dei dittatori in Nord Africa e nel Golfo Persico ha rivoluzionato gli equilibri, anche per i terroristi.

Ovviamente la citta' si e' risollevata: a oltre 16 anni di distanza il World Trade Center e' tornato quasi pienamente operativo. La Freedom Tower ha aperto i battenti, anche se l'attesa corsa a ripopolare con uffici e attivita' commerciali l'area colpita non e' cosi' veloce come previsto. I prezzi alle stelle e i tempi lunghi della ricostruzione hanno spinto le banche e le vecchie attivita' dell'area a ricollocarsi, e ora tornare al World Trade Center non sembra piu' conveniente. Ma in molti hanno scommesso su una rinascita dell'area: tra gli altri Eataly che ha investito 38 milioni di dollari in uno spazio di 5.000 metri quadrati nel cuore di Ground Zero. Un luogo significativo, nella Torre 4 del World Trade Center, proprio di fronte al parco con le due fontane che ricordano le Torri Gemelle abbattute.

Ma oggi alle ore 8.46 ora di New York: l'America si e fermata. Come a Ground Zero e' scattato ovunque un minuto di silenzio per ricordare le vittime dell'11 settembre 2001, nell'ora in cui il primo aereo - un Boeing 767 dell'American Airlines - si schianto' contra la prima delle Twin Towers del World Trade Center di Manhattan, la torre nord. Poco dopo il secondo schianto contro la torre sud.

A morire in seguito agli schianti e al crollo delle Torri Gemelle quasi 3 mila persone, tra cui molti vigili del fuoco e poliziotti intervenuti per i soccorsi. Al primo minuto di silenzio durante la cerimonia ne seguono altri cinque per ricordare il secondo schianto contro la torre sud, i momenti del crollo delle Twin Towers, l'aereo che si e' abbattuto sul Pentagono a Washington e quello precipitato in un campo della Pennsylvania prima di arrivare a colpire probabilmente la sede del Congresso americano.

Se Al Qaida era fino a poco fa era il simbolo del terrorismo per eccellenza, ora e' l'Isis che, piu' al passo con i tempi, minaccia il mondo, conquistando un numero crescente di combattenti e ispirando giovani e non a combattere al suo fianco e a colpire nel nome dell'Islam.

Attacchi e minacce, quelli dell'Isis, che infiammano il dibattito soprattutto politico, dando vita a una retorica di scontro quasi religioso. Donald Trump negli Stati Uniti ne e' uno dei protagonisti con proposte provocatorie per bloccare l'ingresso dei musulmani negli Usa ma anche per registrare quelli gia' nel Paese, cosi' da monitorarli piu' facilmente.

Con il passare degli anni le commemorazioni per l'anniversario dell'11 settembre si riducono, ma nessuno dimentica e vuole dimenticare l'accaduto.

Qualcuno crede che l’11 Settembre fu una colossale montatura, messa in piedi dalla Cia (e dal Mossad?) per poter avere il via libera alle guerre degli Stati Uniti in Medio Oriente. Le cosiddette “teorie del complotto” spaziano dai grattacieli fatti crollare deliberatamente (con esplosioni programmate) all’aereo che non si è davvero schiantato contro il Pentagono, e diverse altre di questo genere. Chi scrive non crede a queste cose e non ci ha mai creduto.

Se ha ragione il primo ministro sudcoreano Lee Nak-yon, questo sabato 9 settembre potremmo essere svegliati da un nuovo missile intercontinentale lanciato per ordine di Kim Jong-un. Il premier di Seul ha ripetuto l’allarme ai ministri della Difesa di una quarantina di Paesi venuti per un vertice sulla sicurezza (per l’Italia il sottosegretario Domenico Rossi, generale di corpo d’armata).

La Corea del Sud vigila con grande attenzione sul Nord per l'ipotesi che già domani, anniversario della fondazione dello Stato, possa esserci un altro lancio di missile balistico intercontinentale. La portavoce del ministero dell'Unificazione Eugene Lee ha ribadito i timori di Seul: altre intemperanze potrebbero maturare nel weekend o intorno al 10 ottobre, giorno della nascita del Partito dei Lavoratori.

I test del Nord sono spesso associati a importanti eventi o ricorrenze legati a storia e leadership del Paese.

La previsione dei servizi segreti sudcoreani si basa sull’avvistamento di un grande camion che trasportava di notte un missile verso la costa occidentale della Nord Corea e sulla scienza incerta di leggere le ricorrenze di Pyongyang: il 9 settembre è l’anniversario della fondazione della Repubblica nordcoreana. Poi si passa al 10 ottobre, festa per la fondazione del Partito dei lavoratori. Ma naturalmente ogni giorno e notte sono da temere in questa crisi al buio, con una ventina di missili già lanciati quest’anno e con Pyongyang che promette «pacchi dono» esplosivi per gli americani.

Questa volta il missile a lunghissimo raggio 8Un Icbm, Intercontinental ballistic missile) sarebbe programmato con una traiettoria standard, per volare migliaia di chilometri in direzione del Pacifico. Vicino a Guam? O addirittura verso le coste degli Stati Uniti? I nordcoreani hanno già sperimentato due volte i missili intercontinentali, il 4 e il 29 luglio, ma quella volta l’angolo di tiro fu tale che gli ordigni si innalzarono in verticale per 2.800 e 3.700 chilometri, riducendo la portata. Fu calcolato che con traiettoria standard, quella da attacco effettivo, avrebbero avuto una gittata intorno ai 6.700 km.  

La portaerei statunitense a propulsione nucleare USS Ronald Reagan ha lasciato la base di Yokosuka, in Giappone, per una 'missione a lungo termine': lo ha spiegato la Us Navy, con l'obiettivo di mantenere la sicurezza nella regione dell'Asia Pacifico. I suoi movimenti coincidono con l'accordo tra Washington e Seul per lo schieramento di un maggiore numero di navi da guerra e bombardieri intorno alla penisola coreana, in risposta alle tensioni geopolitiche che hanno seguito l'ultimo lancio del missile e il test nucleare della Corea del Nord. La portaerei Reagan stazionava a Yokosuka da inizio agosto, dopo un periodo di esercitazioni congiunte di circa tre mesi con l'altra nave Carl Vinson nel mare del Giappone, con le forze di autodifesa nipponiche. Alta come un palazzo di 20 piani e lunga oltre 330 metri, la Ronald Reagan è dotata di due reattori nucleari di quarta generazione A4W.

Il male minore, perché così facendo Trump rinforzerebbe la richiesta di nuove sanzioni, comprese quelle petrolifere per asfissiare l’economia bellica del regime. Ora Pechino dice che stringere l’embargo è giusto (non parla di petrolio però), anche se l’obiettivo resta sempre riaprire il dialogo. E intanto, anche l’Esercito cinese, nel mare di fronte alla costa nordcoreana, prosegue le sue esercitazioni antimissile. Trump l’altra sera ha detto che sarebbe «un giorno triste» per la Nord Corea se l’America decidesse di agire, ha aggiunto che l’attacco militare «non è inevitabile» ma non ha risposto alla domanda se potrebbe accettare di usare la sola «deterrenza» per contenere un Kim-atomico come gli Usa fecero con l’Urss. Un alto e anonimo funzionario dell’amministrazione però poi ha detto che la Casa Bianca non crede che con Kim la semplice deterrenza funzionerebbe.

All'arrivo al consiglio informale dei ministri della difesa e degli esteri a Tallinn, Federica Mogherini ha aggiunto che è necessario "rafforzare la pressione economica sulla Corea del Nord, sostenendo una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e adottando misure economiche più dure". "La nostra linea è molto chiara su questo punto: maggiore pressione economica, più pressione diplomatica e unità con i nostri partner regionali e internazionali" perché, ha specificato, bisogna "evitare di entrare in una spirale di confronto militare che potrebbe essere estremamente pericoloso non soltanto per la regione, ma per il mondo intero".

"Proporrò ai ministri degli esteri di lavorare nei prossimi giorni di studiare nuove autonome misure dell'Unione europea" contro la Corea del Nord che ora rappresenta "un nuovo livello di minaccia". Lo ha detto l'alto rappresentante per la politica estera europea.

Tra le ipotesi di misure autonome europee al vaglio dei ministri ci sarebbero, secondo fonti diplomatiche, sanzioni su diversi settori economici in modo da ridurre il flusso finanziario che permette al regime nordcoreano di finanziare il suo programma nucleare. Nel mirino ci sarebbero la pesca, l'uso dei porti marittimi, un embargo petrolifero (che bloccherebbe anche la fornitura di prodotti raffinati e gas liquido alla Corea del Nord) o il blocco delle esportazioni tessili. Un'altra opzione sarebbe quella del congelamento dei beni personali detenuti nella Ue ed il divieto di accesso da imporre al leader nordcoreano Kim Jong-Un.

Intanto gli Stati Uniti hanno presentato la bozza di nuove sanzioni internazionali che dovrebbero strangolare l’economia nordcoreana imponendo a Kim Jong-un di fermare la corsa allo sviluppo di missili e armi nucleari. Dal 2006, anno del primo test nucleare nordcoreano (ne sono seguiti altri cinque, l’ultimo domenica 3 settembre), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato all’unanimità otto risoluzioni con sanzioni sempre più strette. La nuova tornata, che nelle speranze americane dovrebbe arrivare in Consiglio lunedì 11 settembre, si sviluppa su diversi fronti.

La sanzione contro il traffico marittimo è vista con preoccupazione da alcuni osservatori. Per alcune ragioni. Primo. Si rischia un’ulteriore crisi come avvenne per i missili russi destinati a Fidel Castro nel 1962 e il blocco statunitense. Secondo. Che cosa accadrebbe se il comandante nordcoreano non obbedisse e cercasse di sottrarsi alle verifiche? Gli «intercettori» aprirebbero il fuoco? E i marinai nordcoreani, a volte armati anche sui cargo, potrebbero reagire? Terzo. L’apparato di Kim, in questi anni, ha dimostrato grandi capacità nell’aggirare l’embargo, nel far affluire materiale, nello spostare mezzi. Senza dubbio Stati Uniti, Giappone e Sud Corea hanno esperienza nel contrasto, ma sarà fondamentale avere una cooperazione totale di altri Paesi, altrimenti resterà sempre una falla nella rete delle sanzioni

Stop all’export di tessile nordcoreano che rappresentava nel 2016 la seconda voce delle esportazioni di Pyongyang dopo il carbone (bloccato con la risoluzione di condanna del 5 agosto assieme ai prodotti ittici). Il tessile porta in Nord Corea 752 milioni di dollari l’anno, per l’80 per cento da acquisti cinesi.

Stop all’export di petrolio verso la Nord Corea, circa 850 mila tonnellate all’anno. Secondo i dati dell’Onu 500 mila tonnellate di greggio arrivano dalla Cina, in gran parte attraverso l’Oleodotto dell’Amicizia che ne fa fluire 10 mila barili al giorno; dalla Cina arrivano anche 200 mila tonnellate di prodotti petroliferi. I russi forniscono circa 40 mila tonnellate all’anno.

Stop ai lavoratori nordcoreani all’estero, che mandano in patria valuta pregiata. Ci sono stime varie sul numero: tra 60 mila e 100 mila sarebbero sparsi nel mondo, soprattutto in Cina e Russia, ma sono stati segnalati anche migliaia di operai impiegati nella costruzione degli stati per i mondiali di calcio in Qatar. Secondo un rapporto Onu la maggior parte degli operai nordcoreani all’estero verrebbero sfruttati e le loro rimesse porterebbero nelle casse di Pyongyang tra 1,2 e 2,3 miliardi di dollari all’anno

il generale Domenico Rossi, come scrive il quotidiano il Corriere della Sera sta a Seul ed e sottosegretario alla Difesa, impegnato nei lavori del Defense Dialogue. Rossi è un tecnico preparato, laureato in Scienze Strategiche, generale di corpo d’armata con esperienza di comando sul campo da ufficiale carrista. «Al collega viceministro di Seul ho spiegato la linea d’azione italiana: condanna netta senza se e senza ma della minaccia nordcoreana, non più locale ristretta alla regione, ma mondiale. E ho sottolineato che in Consiglio di Sicurezza il governo di Roma sostiene le sanzioni e punta a farle applicare con vigore». 

Secondo il sottosegretario Rossi  come riferisce il Corriere della sera «a Seul danno per certa un’ulteriore escalation delle azioni nordcoreane, che salirebbe ancora senza nuove sanzioni». Ma nell’ipotesi di un embargo petrolifero (che pure al momento Pechino e Mosca rifiutano), quanto potrebbe resistere la macchina bellica di Pyongyang, che conta e deve sostenere oltre un milione di militari, oltre ai mezzi per spostarli e a quelli per fare la guerra? «Difficile valutarlo - risponde il generale Domenico Rossi sempre da il Corriere della Sera  - C’è da credere che negli ultimi mesi abbiano incrementato le riserve e poi bisogna distinguere in base all’uso: per la routine, per la guerra. E per quale guerra? Offensiva o difensiva? Mediamente in una fase non operativa si potrebbero immaginare riserve di petrolio per 6-12 mesi al massimo». Sanzioni in discussione, colloqui tra politici e militari. In attesa della prossima mossa di Kim Jong-un. Che potrebbe arrivare a breve, qualcuna la teme per sabato 9 settembre, festa della Repubblica a Pyongyang o per il 10 ottobre, anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori. 

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