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Consultazioni a tappeto, dunque, a partire dalla primavera, per raggiungere le province, le cittadine e dare il via ad un "dibattito democratico" che coinvolga tutti, secondo Macron. Un'idea accolta da tutti e inserita nel documento finale, per far capire ai cittadini, ha sottolineato il premier maltese Joseph Muscat, che l'Europa "può realmente cambiare la vita dei cittadini". Una consultazione conoscitiva, che non avrà dunque il peso e i pericoli di un vero e proprio referendum, come quello sulla Brexit. 

Cosi sette paesi "fortemente europeisti" che non vogliono dividere ma unire perché "credono nel futuro dell'Europa" ma sanno anche che possono avere un peso specifico a Bruxelles per spingere i 27 ad accelerare un processo di riforma che ormai non è più rimandabile.

I leader italiano, francese, portoghese, maltese, spagnolo, greco e cipriota hanno trovato una piena convergenza su dossier cruciali per fare del 2018 "l'anno dell'attuazione" delle riforme, come lo ha definito la Commissione europea: l'emergenza immigrazione, con la riforma di Dublino, ormai non più procrastinabile e la condivisione da parte di tutti i paesi europei dell'emergenza. 

L'Europa, con la fine della crisi - per Tsipras il 2018 è l'anno dell'uscita dall'emergenza, che si chiude "proprio dov'era iniziata, nel sud" - può tornare a parlare di sviluppo, crescita e investimenti sul futuro. Perché, ha aggiunto il premier greco, i Paesi meridionali "possono avere un ruolo decisivo nell'indurre cambiamenti audaci e radicali di cui il continente ha bisogno". 

Ma anche l'Unione economica e monetaria con l'assoluta priorità, sottolineata nel documento finale, di procedere finalmente all'unione bancaria.

E ancora la lotta al terrorismo che rappresenta "la maggiore preoccupazione dei cittadini europei", secondo il premier spagnolo Mariano Rajoy. Per questo, ha spiegato l'inquilino della Moncloa, "l'appoggio a chi viene colpito dal terrore sarà una grande priorità".

Ma quello che Gentiloni, Macron, Tsipras, Rajoy, Muscat, Anastasiades e Costa ripetono come un mantra è lo spirito fortemente europeista dell'iniziativa dei leader dei paesi meridionali, che torneranno ad incontrarsi a marzo a Cipro.

L'obiettivo è "unire, non separare", assicura il premier. "Non vogliamo concorrere con altri - gli fa eco Macron - ma essere complementari". Del resto, insiste Gentiloni, "la domanda di Europa a livello globale e il momento positivo per tutte le economie europee fanno sì che questo sia il momento giusto per fare uno sforzo per una maggiore coesione europea".  

E che puntano anche, con iniziative come le consultazioni popolari in tutta Europa, a coinvolgere di più i cittadini per far loro capire che l'Ue non è solo burocrazia ma può concretamente cambiare il loro futuro. I sette leader dei Paesi meridionali dell'Unione europea, guidati dal padrone di casa Paolo Gentiloni, sottolineano con forza lo spirito europeista del loro incontro a Villa Madama. E accolgono la proposta lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron di andare ad ascoltare cosa ne pensano i cittadini dell'Europa che verrà. 

Intanto stamattina Il presidente francese Emmanuel Macron, il premier Paolo Gentiloni e il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini hanno visitato la Domus Aurea di Roma, come seconda tappa dell'agenda della mattinata di Macron nella Capitale. A una domanda dei giornalisti se gli piacesse Roma, il premier francese ha risposto "beaucoup" ("molto"). Dopo la visita alla Domus Aurea, Macron si sposterà a Palazzo Chigi.

"Continueremo a fare grandi cose con l'Italia. Continueremo a procedere con le ambizioni tra i nostri due Paesi e con le ambizioni europee", ha detto il presidente francese al termine della visita. Tra i due Paesi c'è una "comunanza di storia"

Oggi  Macron e il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni discuteranno del progetto e sarà nominato un gruppo di lavoro per preparare il testo del Trattato da firmare entro il 2018, magari in occasione del prossimo vertice italo-francese che si terrà in Italia. L’idea si è affacciata a Lione nel settembre scorso.

Come riferisce il Corriere della Sera : c’è la domanda di un giornalista italiano dell’Ansa, Tullio Giannotti, dietro al «Trattato del Quirinale» che sarà al centro dei colloqui bilaterali tra Francia e Italia, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron oggi a Roma per la riunione dei sette Paesi dell’Europa del Sud. 

All’indomani dell’importante discorso di Macron alla Sorbona sul rilancio dell’Europa, il 27 settembre 2017 si teneva a Lione l’annuale vertice franco-italiano. Intorno alle 20, dopo oltre un’ora di conferenza stampa dominata dalla soluzione del caso Fincantieri, ha preso la parola per porre l’ultima domanda Tullio Giannotti, 60 anni, corrispondente dell’Ansa da Parigi.

Dice oggi  al quotidiano Tullio Giannotti -. Tre domande per la stampa francese e tre per quella italiana. A me spettava l’ultima, e avrei dovuto porre solo la questione dei migranti. Ma quando è arrivato il mio turno se ne era già molto parlato, quindi all’ultimo momento ho pensato di aggiungere qualcosa. Ho voluto chiedere a Macron quello che mi era venuto in mente il giorno prima, quando alla Sorbona l’ho visto proporre un secondo Trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania. 

Il giornalista, da molti anni in Francia, si è rivolto in francese a Macron: «Lei ieri ha annunciato che inviterà la Germania a firmare un nuovo Trattato dell’Eliseo (il 22 gennaio 2018, in occasione del 55° anniversario dello storico trattato firmato da De Gaulle e Adenauer, ndr). Ha immaginato un’iniziativa simile per l’Italia, una cerimonia per sottolineare la rifondazione dell’Europa? Grazie».

Ho saputo oggi che a Roma Macron e Gentiloni parleranno di nuovo del Trattato dell’Eliseo. Per me una sorpresa, e una piccola soddisfazione».dice oggi  al Giornale Tullio Giannotti -.  Non mi aspettavo però che la cosa avesse davvero un seguito

"Con la Francia abbiamo rapporti importanti, storici e straordinari", ha detto Gentiloni, in conferenza stampa con il presidente francese Emmanuel Macron. "Credo - ha aggiunto - sia molto importante che alle relazioni storiche tra Italia e Francia abbiamo deciso di dare una cornice più stabile e più ambiziosa con l'idea, già emersa nel vertice di Lione e che in questo incontro abbiamo messo a fuoco, di mettere al lavoro un gruppo di persone per un Trattato bilaterale italo-francese. Cooperiamo da sempre in modo straordinario ma siamo convinti che possa rendere ancora più forti e sistematiche le nostre relazioni".

"C'è un rapporto franco-tedesco strutturale e all'origine dell'Europa - ha sottolineato Macron -. Quando Francia e Germania non riescono a mettersi d'accordo l'Europa non può andare avanti. Ma quel rapporto non è esclusivo. Il legame con l'Italia ha un'altra storia, legami culturali, un'amicizia speciale e specifica. E non è in concorrenza né inferiore ma perfettamente complementare con quello franco-tedesco. Il rapporto è forte a tutti i livelli e abbiamo voluto dargli una forma nuova con il Trattato del Quirinale". 

Macron ha reso omaggio anche al lavoro dell'Italia sui migranti:  "L'Italia ha fatto un ottimo lavoro nel 2017, cui rendo omaggio, per ridurre la destabilizzazione causata dal fenomeno migratorio. Ha tutto il mio rispetto per il lavoro condotto".

La Corea del Nord invierà una delegazione di alto livello e di atleti alle prossime Olimpiadi invernali sudcoreane e Pyongyang e Seul riapriranno la «linea rossa» di comunicazione militare. Sono i risultati positivi dei primi colloqui inter-coreani degli ultimi due anni che si sono svolti nel villaggio di confine di Panmunjom, simbolo della tregua che nel 1953 ha posto fine alla guerra fratricida.
I funzionari di Pyongyang hanno offerto di inviare una delegazione ai Giochi in programma dal 9 al 25 febbraio, in un primo gesto di distensione con la Corea del Sud dopo mesi di escalation missilistica e nucleare. La delegazione sarà composta da funzionari di alto livello, atleti, un team di supporto e uno di artisti dello spettacolo, un gruppo di turisti, una squadra di dimostrazione di Taekwondo e un gruppo di giornalisti. . 

Secondo fonti ufficiali della Corea del Sud, Seul e Pyongyang hanno acconsentito a ristabilire la «linea rossa» telefonica militare. Il ministro dell’Unificazione sudcoreano, Chun Hae-Sung, il regime di Pyongyang ha fatto sapere che un collegamento nella parte occidentale del confine era stato ristabilito. «Di conseguenza, la nostra parte ha deciso di iniziare a usare la linea telefonica militare, a partire dalle 8 di mattina di domani». 

Le due Coree hanno concordato di far ripartire il dialogo militare per "allentare le tensioni lungo i confini". E' un altro degli sviluppi maturati dall'incontro di alto livello tenuto dopo oltre due anni al villaggio di confine di Panmunjom tra le delegazioni dei due Paesi. Le parti, riferisce l'agenzia Yonhap, hanno deciso di continuare a tenere colloqui di "alto livello per migliorare i legami" e di dare il via a incontri operativi sulla partecipazione del Nord alle Olimpiadi di PyeongChang. Seul e Pyongyang inoltre hanno deciso di riaprire la "linea rossa" di comunicazione militare

E Il primo grande risultato del dialogo di "alto livello" tra rappresentanti di Nord e Sud al villaggio di confine di Panmunjom è  l'invio di una delegazione alle prossime Olimpiadi invernali di PyeongChang

Seul ha proposto che gli atleti delle due squadre sfilino insieme alla cerimonia di apertura e chiusura dei Giochi. L’ultima volta che i due Paesi hanno marciato insieme è stato oltre 10 anni fa alle Olimpiadi invernali del 2006 a Torino. Seul ha anche proposto che, in occasione delle prossime festività del capodanno lunare, che cade il 16 febbraio prossimo, un meeting della Croce Rossa per il ricongiungimento delle famiglie divise dal trentottesimo parallelo, che funge da confine tra le due Coree.

Nella delegazione ci saranno atleti, sostenitori, gruppi di performance artistica, team dimostrativo di taekwondo e funzionari di vertice. 

Secondo Pyongyang «è meglio non correre e risolvere una a una le questioni con pazienza»e «risolvere le questioni riguardanti i legami inter-coreani attraverso il dialogo e i negoziati per la pace e l’unità nella penisola», ha reso noto il vice ministro sudcoreano per l’Unificazione, Chun Hae-sung.poi

Seul ha offerto di riavviare le discussioni con la supervisione della Croce rossa sulle riunioni delle famiglie separate dalla Guerra di Corea (1950-53) intorno alla festa del Capodanno lunare di febbraio. La Corea del Sud ha chiesto inoltre al Nord di tenere quanto prima anche un dialogo "tra militari" allo scopo di "eliminare o ridurre i rischi di errore di valutazione", stemperando le tensioni intorno alla penisola coreana.

La partecipazione alle Olimpiadi invernali non è l'unico tema che impegna le due Coree. Da quanto emerso nei giorni precedenti all'incontro, Seul dovrebbe sondare anche la possibilità di riaprire un dialogo con gli Stati Uniti sul programma nucleare, in un momento in cui il linguaggio utilizzato da Washington non è certo conciliante.

«Il leader nordcoreano ha appena dichiarato che il pulsante nucleare è sempre sulla sua scrivania. Qualcuno di questo regime esaurito e alla fame lo informi che anch'io ho il pulsante nucleare, ma è molto più grande e più potente del suo. E il mio funziona«, ha scritto come ormai di consueto su Twitter il Commander in Chief.

Non è la prima volta che Trump e Kim portano lo scontro sul personale, con una battaglia all'ultimo insulto. Al contrario, la disputa verbale va avanti ormai da tempo. La narrativa degli ultimi mesi ricorda ad esempio quando il giovane leader ha chiamato il presidente Usa «un folle rimbambito». Oppure quando, durante l'ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, The Donald ha definito il dittatore di Pyongyang un «rocket man (uomo missile) in missione suicida». 

Intanto, proprio alle Nazioni Unite, nelle scorse ore è tornata ad esprimersi anche l'ambasciatrice statunitense Nikki Haley sul dossier nordcoreano, citando le notizie secondo cui Kim si starebbe preparando per un altro test missilistico. «Spero che questo non accada, ma se accadrà dovremo adottare altre misure», ha avvertito Haley, sottolineando come ci sia «altro da fare per assicurare l'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza». L'ambasciatrice ha riaffermato anche che il «mondo civilizzato deve rimanere unito contro lo sviluppo dell'arsenale nucleare di Pyongyang». «Non accetteremo mai - ha ammonito ancora la Haley - una Nord Corea nuclearizzata».

Decisamente più disteso, invece, è il clima intorno al 38esimo parallelo. Prima c'è stata la proposta di Seul di un vertice per discutere l'eventuale partecipazione degli atleti nordcoreani alle Olimpiadi invernali il mese prossimo, con i colloqui che avranno inizio il 9 gennaio. Quindi, Pyongyang ha deciso di riattivare la linea di comunicazione diretta con il Sud al villaggio di confine di Panmunjom. 

Da Pechino è arrivato il plauso agli ultimi sviluppi tra le due Coree: l'auspicio è che «le parti possano incontrarsi a metà strada», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, sottolineando che le parti interessate alla situazione nella penisola dovrebbero sostenere e «cogliere la positiva piega degli eventi». Sulle ultime scintille tra Trump e Kim, invece, la Cina ha lanciato un appello a «mostrare misura», dicendo cose utili per «alleviare la tensione».

Quanti si aspettavano un fallimento del vertice, saranno rimasti delusi. Quanti si aspettavano che il primo vertice svoltosi ad Arcore dopo molto tempo finisse con uno sfaldamento del blocco di centro-destra, dovranno rimproverare solo la loro ingenuità. 

L'accordo dà il via libera all'alleanza con la quarta gamba ma chiude la porta a nomi che non siano condivisi da tutti e tre i leader di, Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Un diritto di veto che blocca le candidature nell'uninominale di esponenti come Flavio Tosi ed Enrico Zanetti (e forse anche di Maurizio Lupi), sui quali il segretario leghista, ma anche Giorgia Meloni, avanzano da tempo rimostranze. Meloni, Salvini e Berlusconi hanno convenuto di incontrarsi nuovamente a breve. Per quanto riguarda il programma i partecipanti esprimono soddisfazione sulla «piattaforma di lavoro ampia» attorno alla quale costruire la coalizione.

«Sulle regionali la coalizione conferma che si presenterà con candidati comuni e condivisi. Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». Lo si legge nel comunicato congiunto del vertice del centrodestra ad Arcore che conferma le indiscrezioni sul presidente uscente della Lombardia che punterebbe a tornare a Roma come possibile ministro del centrodestra. 

Durante il pranzo si è poi ufficializzata la coalizione a quattro: «Ufficializzata la composizione della coalizione a quattro con Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e quarto Polo. Tra le decisioni di oggi anche quella di costituire due delegazioni comuni, che si incontreranno già martedì prossimo, per definire i dettagli del programma e dei collegi». È un ulteriore passaggio della nota finale del vertice ad Arcore tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

I primi passi dell'azione di governo saranno «meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall'Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell'immigrazione». «Tra le priorità - si legge ancora - anche l'adeguamento delle pensioni minime a mille euro, il codice di difesa dei diritti delle donne e la revisione del sistema istituzionale col principio del federalismo e presidenzialismo». Infine un passaggio che sembra prefigurare il passo indietro di Roberto Maroni nella corsa al secondo mandato per il Pirellone: «Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». Un interrogativo che sarà sciolto già oggi in una conferenza stampa del governatore lombardo.

Per quanto riguarda i temi della campagna elettorale, Matteo Salvini aveva proposto e oggi ha ottenuto come uno dei primi punti programmatici «la revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero». «Cancellazione della legge Fornero nel programma del centrodestra: missione compiuta. 4 marzo voto Lega», cinguetta festante su Twitter il leader della Lega.

La legge Fornero tanto cara alla sinistra sul sistema pensionistico è tornata d'attualità con l'avvicinarsi delle elezioni politiche, tra chi in caso di vittoria promette di abolirla e chi invece ne difende l'impianto di base. Sinistra e Demiocratici la diffendono il centro destra no...ma cosa prevede la riforma che porta il nome dell'ex ministro del lavoro nel governo Monti e quali sono i suoi meriti secondo quelli del centro sinistra ? 

La legge Fornero ha stabilizzato secondo la sinistra la spesa pubblica italiana (assicurò risparmi per 80miliardi dal 2012 al 2021) e ha ridato credibilità all’Italia nella gestione del nostro debito pubblico che è il quarto più alto nel mondo. Entrò in vigore in gran fretta il primo gennaio 2012, poche settimane dopo la nascita del governo tecnico di Mario Monti, perché all’epoca gli interessi sul debito erano schizzati alle stelle.

Gli investitori, soprattutto esteri, dubitavano che l’Italia fosse in grado di ripagare il debito. La Fornero eliminò le pensioni anticipate o d’anzianità, alzò l’età per lasciare il lavoro, bloccò per tre anni gli aumenti automatici per le pensioni più alte e fece scattare per tutti il sistema di calcolo contributivo. Un sistema più “avaro” ma più equo e più semplice di quello precedente....e ha ridotto in fame secondo la destra tutti i pensionati Italiani...e aprendo le porte per andare in pensione verso i 67 anni...  

«Meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall'Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell'immigrazione: saranno questi i primi passi dell'azione di governo di Centrodestra che uscirà dalle politiche del prossimo 4 marzo», si legge. «Tra le priorità anche l'adeguamento delle pensioni minime a mille euro, il codice di difesa dei diritti delle donne e la revisione del sistema istituzionale col principio del federalismo e presidenzialismo», informa il comunicato.  

Prossimo vertice: martedì prossimo per definire i dettagli del programma e dei collegi.

Alla fine del vertice Salvini gioisce per una sua battaglia di vecchia data: «Cancellazione della legge Fornero nel programma: missione compiuta», scrive su Facebook. Fratelli d'Italia, invece, non nasconde la propria soddisfazione per l'inserimento del presidenzialismo come contraltare «centralista» al regionalismo propugnato dalla Lega, all'insegna del principio: «Regioni forti in uno Stato forte». Inoltre Giorgia Meloni ottiene anche il via libera a una manifestazione, fissata per metà febbraio, in cui tutti i candidati firmeranno un impegno a non cambiare casacca, prendendo un impegno pubblico contro il trasformismo. Berlusconi, invece, su Twitter, saluta l'impegno di tutti i partiti a «presentare candidati comuni e condivisi alle prossime Regionali». E al Foglio ribadisce che «Forza Italia avrà un ruolo trainante nella coalizione oltre a rappresentare una garanzia contro tentazioni egemoniche».

Pirozzi fara un passo indietro? Perché no risponde lui ai giornalisti che lo domandano, a patto che a scendere in "campo" sia Giorgia Meloni. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e candidato alla guida della regione Lazio con la propria lista civica, non esclude la possibilità di farsi da parte. «L'unica persona per la quale farei un passo indietro - ha detto Pirozzi - volentieri è Giorgia Meloni». Il sindaco di Amatrice interviene cosi nel giorno del post vertice di Arcore tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Tra i candidati del centrodestra 'papabilì resta il nome del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ma in tal caso Pirozzi non sarebbe disponibile a un passo indietro: «No, lo farei solo nel caso di Giorgia Meloni, che è un leader nazionale». E se in cambio del ritiro dalla corsa alla Regione Lazio gli venisse offerta una candidatura in parlamento? Pirozzi risponde con una battuta: «L'unico posto sul quale ci potrei pensare è quello di commissario tecnico della nazionale», sottolinea il sindaco di Amatrice, già allenatore di calcio....

Intanto nell'intervista al Foglio, Berlusconi mette in guardia gli italiani dai Cinque Stelle. "Sono il più grave pericolo per il futuro dell'Italia dal dopoguerra. La loro finta democrazia diretta maschera, come tutti sanno, il potere effettivo di pochissime person - avverte - è lo stesso centralismo democratico dei vecchi partiti comunisti, governato in questo caso da un politburo molto ristretto, costituito da un vecchio comico, un oscuro professionista della comunicazione, e forse la figurina Di Maio". Quindi, continua: "L'idea che l'Italia possa cadere nelle loro mani è assolutamente pericolosa, ed è un pericolo reale, immediato. Se davvero alcune figure della cultura, dell'economia, dell'impresa non se ne rendessero conto, e pensassero di usare i grillini per trarne qualche vantaggio, rischierebbero di fare la parte di quelli che Lenin chiamava 'utili idioti', da usare e poi da eliminare".

Oggi, secondo il leader di Forza Italia, il Paese sta già oggi vivendo "una triplice oppressione, quella fiscale, quella burocratica e quella giudiziaria". "I Cinque stelle vorrebbero aggravarla ancora - spiega nell'intervista al Foglio - d'altronde il loro linguaggio è dal principio quello dell'invidia, quello dell'odio, della giustizia sommaria, dell'utilizzo dell'arma giudiziaria contro gli avversari politici. I nomi dei magistrati con i quali hanno rapporti più stretti, e che vorrebbero nel loro futuro governo, sono eloquenti e fanno venire i brividi". Incalzato dal direttore Claudio Cerasa, Berlusconi mette in chiaro che alle prossime elezioni politiche la vera sfida sarà tra la rivoluzione liberale di Forza Italia ("una rivoluzione possibile, concreta, costruttiva") e il "ribellismo" del Movimento 5 Stelle.

Per il Cavaliere secondo il quotidiano il Giornale i grillini rappresentano "un pericolo" perché "della vecchia sinistra hanno ereditato le parti peggiori, lo statalismo, la cultura del 'no', l'oppressione fiscale, la diffidenza verso la libertà dei cittadini, il giustizialismo feroce, senza neppure avere la tradizione di serietà e la cultura di governo che ai comunisti non mancavano". Per questo sono doppiamente pericolosi. "Se vincessero massacrerebbero di tasse il ceto medio, aggredendo la casa, i patrimoni, le successioni, le stesse pensioni - mette in guardia Berlusconi - bloccherebbero le infrastrutture fondamentali, porterebbero al governo i settori più politicizzati della magistratura".

Per Berlusconi agli ordini di Beppe Grillo e Luigi Di Maio ci sono professionisti della politica, "persone che dipendono dalla politica per vivere, e quindi dalla benevolenza dei loro capi, che ne decidono destini e carriere". "A differenza dei vecchi professionisti della politica - conclude l'ex premier - quelli della Prima Repubblica, qui manca anche l'esperienza, la conoscenza dei meccanismi di governo: la gran parte di loro non ha mai lavorato, non ha mai amministrato neppure un condominio. I risultati, dove sono chiamati a governare le città, si vedono"

La coalizione dei moderati infatti è al 36 per cento e di fatto si mette alle spalle gli altri schieramenti. Il Pd, come sottolineava un sondaggio del Corriere di qualche giorno fa, è sempre più in calo e nelle ultime settimane anche il Movimento 5 Stelle ha registrato una leggera flessione. Con queso trend sulle intenzioni di voto di fatto il centrodestra al voto potrebbe ottenere ben 281 seggi, subito dietro il Movimento 5 Stelle con 158 deputati e i dem con 151. A seguire Liberi e Uguali guidati da Pietro Grasso con 27 seggi. Amara sorpresa per Alternativa popolare che in questo momento non riuscirebbe a sforare la soglia di sbarramento. Per ottenere la maggioranza bisognerebbe ottenere 316 seggi. Con il trend positivo delle ultime settimane, i moderati potrebbero anche tentare la scalata alla soglia più alta del 40 per cento.

E così, come sottolinea il Corriere, l'andamento dei dati degli ultimi giorni, fa registrare un incremento di almeno 29 seggi proprio per il centrodestra. I 5 Stelle invece ne perdono 15, mentre il Pd ne perde almeno 13. Il segno "più" è solo per Liberi e Uguali che registra una crescita di tre seggi considerando anche il flop di Alternativa Popolare che non riesce, per il momento, ad entrare in Parlamento. Di certo da qui al voto molte cose possono cambiare. Ma difficilmente gli scenari potrebbero cambiare lo stato attuale che vede sempre il centrodestra in vantaggio su tutte le rilevazioni. Va detto che per ottenere la maggioranza serve uno sprint nei mesi che precederanno il voto. Un centrodestra unito potrebbe guadagnare quei quattro punti percentuali che lo separano dalla soglia del 40 percento che di fatto sarebbe un grande successo per Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia.

Le intenzioni di voto pubblicate domenica dal Corriere segnalavano un calo del Pd, solo in parte compensato dalla crescita delle forze alleate, una contrazione del M5S, il centrodestra complessivamente accreditato del 36% dei voti validi, la sinistra stabile al 6,6%. Con questi numeri il centrodestra risulterebbe avere complessivamente 281 seggi (sommando scranni provenienti dai collegi uninominali e dal proporzionale), seguito dal M5S con 158 deputati, dal Pd con 151, e da Liberi e uguali con 27 seggi tutti provenienti dal proporzionale. Alternativa popolare al momento non raggiunge la soglia di sbarramento e non è stata considerata, a differenza delle altre volte, come alleata del Pd, tenuto conto delle divisioni che attraversano la formazione.

Intanto intervenendo ai microfoni di Radio 105, il Cavaliere spiega il suo piano per un nuovo governo in caso di vittoria del centrodestra: "Pensiamo a una maggioranza di ministri non scelti tra politici di professione ma tra protagonisti di impresa, professioni, istruzione e alti gradi. Tra persone che non hanno mai fatto politica, che vengano dal lavoro e abbiano saputo raggiungere traguardi". Poi il Cav ha aggiunto: "A me piace chiamarli cavalieri del lavoro". Il leader di Forza Italia ha poi messo nel mirino il Movimento Cinque Stelle criticando il programma fiscale dei grillini: "Rimango in politica per responsabilità verso gli italiani. I 5 Stelle distruggerebbero il ceto medio con una tassazione insostenibile e taglierebbero anche le pensioni dignitose". Tema importante anche quello dell'immigrazione. 

E su come affrontare l'emergenza, Berlusconi ha le idee chiare: "La presenza dei migranti provoca una quasi inesistenza della nostra sicurezza. Sì ai poliziotti di quartiere e all'esercito in città come nell'operazione che io avevo per primo promosso 'strade sicure'". Poi secondo il leader di Forza Italia è necessario che l'Ue stipuli trattati "per far sì che migranti economici possano essere rimandati in paesi di origine e fermati prima che si imbarchino". 

Berlusconi a questo punto ha parlato dei suoi avversari politici e soprattutto degli eredi dell'ideologia comunista: "Non esistono più post-comunisti, ci ha pensato Renzi a farli fuori ma la situazione politica rimane grave". Ma al centro del programma di Forza Italia c'è un nuovo piano fiscale. Il Cavaliere proprone una vera e propria rivoluzione per i contribuenti: "La flat tax consentirà a tutti di pagare molto meno", rendendo "molto più difficile l'evasione e l'elusione. Con quello che gli italiani pagano di tasse avrebbero il diritto di avere una macchina pubblica in perfetta efficienza, ma questo non accade. Neanche una macchina pubblica efficiente, giustificherebbe la tassazione che gli italiani subiscono". Infine il Cav conclude il suo intervento con una battuta: "Il mio programma elettorale credo sia sufficientemente 'rock'".

Secondo il Corriere della sera sara difficile creare una maggioranza:

Gli andamenti premiano con evidenza il centrodestra che, rispetto alle stime di poco più di un mese fa, guadagna 29 seggi, a scapito dei 5 Stelle (che ne perdono 15) e del Pd (che ne perde 13), mentre Liberi e uguali ne guadagna 3, anche grazie al mancato ingresso in Parlamento di Alternativa popolare. Come mai questi cambiamenti? Il centrodestra guadagna qualche seggio nel proporzionale (5 in totale), ma ben 24 nel maggioritario. 

Il calo di Pd e M5S infatti fa sì che una parte dei collegi cosiddetti marginali, cioè dove le distanze sono ridotte, passi da queste formazioni al centrodestra, in particolare al Sud, sottraendoli soprattutto ai pentastellati le cui perdite sono appunto concentrate nel maggioritario. Ma il dibattito di questi giorni è incentrato sulla possibilità che la coalizione di centrodestra arrivi alla maggioranza assoluta, grazie alla «soglia implicita» del 40%. In realtà questa ipotesi al momento parrebbe di non facile realizzazione. 

I calcoli sono semplici. Per avere la maggioranza alla Camera occorrono 316 deputati. La coalizione (o la forza politica) che ottiene il 40% si porta circa 160 deputati dalla quota proporzionale. Per arrivare alla maggioranza occorrono ancora 156 deputati. Che corrispondono a circa il 68% dei deputati eletti con il sistema uninominale (231, escludendo la Valle d’Aosta). Infine va notato che i conflitti degli ultimi giorni e le polemiche sempre più marcate tra Salvini e Berlusconi non giovano alla coalizione. Certo quello del centrodestra è un elettorato che più facilmente degli altri si «cumula», superando differenze anche importanti. Ma le divisioni interne possono allontanare più di un elettore.

«Non c’è nulla di cui aver paura», assicura Herbert Kickl, 49 anni, segretario generale di FpÖ (Partito della libertà austriaco) e futuro ministro degli Interni, uno dei sei esponenti dell’ultradestra che siederanno nel governo di coalizione assemblato dal giovane premier cristiano-democratico Sebastian Kurz. «Nessuna paura», è il mantra dei nuovi padroni dei palazzi viennesi.

«La presenza dell’estrema destra al potere non è mai indolore»: ha commentato ieri il commissario europeo agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici. La coalizione in Austria, ha aggiunto, dovrebbe suscitare «l’allerta dei democratici che hanno a cuore i valori europei», anche se la situazione attuale «è probabilmente diversa da quella del 2000». Nel febbraio di quell’anno l’Unione Europea, su pressione della Francia, mise in «quarantena» il governo dell’Austria dopo l’ingresso di sei esponenti del FpÖ, allora guidato da Jörg Haider, con una serie di sanzioni e misure restrittive che furono revocate solo in settembre. Un’ipotesi che oggi non sembra all’ordine del giorno a Bruxelles.

In Italia cresce la preoccupazione per la possibilità che la nuova maggioranza nero-blu riaccenda le spinte autonomistiche in Alto Adige, concedendo ai «membri dei gruppi etnici di madrelingua tedesca e ladina nel Sud Tirolo», come suggerito dal programma presentato sabato, «l’opportunità di acquisire la cittadinanza austriaca» in aggiunta alla cittadinanza italiana. «Una mossa velleitaria, l’Europa ha chiuso la stagione dei nazionalismi», taglia corto Tajani. Più duro il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, secondo cui si tratta di una promessa unilaterale che «sembra avere il crisma del pugno di ferro etno-nazionalista». «Sdoganare la cittadinanza su base etnica avrebbe effetti gravissimi, ad esempio, in tutti i Balcani», ha scritto su Facebook. In difesa di Kurz e alleati accorre solo il leader della Lega Matteo Salvini: «Se controllare i propri confini è estremismo, allora sono estremista anch’io».
A Vienna, intanto, sono previste già da oggi numerose manifestazioni di protesta. 

E non fanno in tempo a presentare il nuovo governo, che già si scatena il primo incidente diplomatico. E proprio con l'Italia. E' bufera su Vienna per la decisione della nuova coalizione di centro-destra, formata dal Partito popolare (Övp) e dal Partito della libertà (Fpö), di valutare la possibilità di dare la cittadinanza austriaca ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina che vivono in Alto Adige. Durissima la reazione Italiana

"I sudtirolesi potranno richiedere la cittadinanza austriaca già nel 2018, al più tardi all'inizio del 2019". Lo ha annunciato a Bolzano il parlamentare austriaco Werner Neubaur, responsabile della Fpoe (il partito di ultradestra austriaco al governo) per i rapporti con l'Alto Adige. La richiesta, ha detto, potrà essere avanzata da chi si è dichiarato tedesco e dai suoi figli e sarà gratis "per non gravare sulle tasche delle famiglie". Secondo Neubauer, in futuro atleti altoatesini potranno gareggiare per la nazionale austriaca.

"I dettagli dovranno essere stabiliti da un'apposita commissione" che sarà istituita con il via libera del governo, ha aggiunto Neubauer nel corso di una conferenza stampa, alla quale hanno partecipato Eva Klotz e il suo partito Suedtiroler Freiheit, i Freiheitlichen altoatesini, la lega patriottica Heimatbund e l'ex presidente della Regione Franz Pahl (Svp). Potranno avere il passaporto austriaco gli altoatesini che alla dichiarazione di appartenenza linguistica hanno optato per quella tedesca. Di conseguenza la potranno richiedere anche i figli, anche in caso di famiglie mistilingue, ha precisato Neubauer. 

Saranno invece esclusi i trentini, anche se in passato il loro territorio apparteneva all'impero austro-ungarico, "perché non indicati dallo Statuto d'autonomia come minoranza linguistica". Neubauer si è detto fiducioso che la richiesta di doppio passaporto non sarà un flop, "anche perché la Svp si è molto spesa per la questione e non può rischiare una figuraccia". Secondo il parlamentare austriaco, il 98% degli aventi diritto presenteranno domanda. Per quanto riguarda invece il servizio di leva in Austria, ha precisato che i 500.000 austriaci che vivono all'estero non lo devono prestare. Spostando la residenza in Austria ovviamente scatterebbe l'obbligo. "Per alcuni altoatesini potrebbe essere addirittura interessante intraprendere la carriera militare in Austria", ha aggiunto.

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