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Salvini, Meloni e Berlusconi al lavoro per la flax tax

La flat tax è nei suoi pensieri dal lontano 1994 quando la propose lavorandoci con Antonio Martino, massimo esperto italiano della materia nella qualità di allievo e amico del premio Nobel, Milton Friedman. 

Silvio Berlusconi questa volta è  più che mai deciso ad andare fino in fondo, intende calare questo asso sul tavolo elettorale, non vuole sentire la frase «non possiamo farlo» né vuole che sia percepita come una ipotetica dell'irrealtà o una semplice suggestione. Prova ne è che proprio in questi giorni sta analizzando un dossier redatto dai giovani studiosi del Centro Studi del Pensiero Liberale di Francesco Ferri.

Berlusconi è sempre più convinto che serva una svolta per il rilancio del sistema economico italiano e conta sul suo carisma e sui rapporti con il Ppe per avere un via libera da Bruxelles, forte dei buoni risultati che la flat tax ha ottenuto in diversi Paesi dell'Est dove si è diffusa a macchia d'olio dopo la caduta del Muro e la fine dell'Unione Sovietica, anche per attirare investimenti esteri (nell'ordine Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Slovacchia, fino a quella ungherese voluta da Viktor Orbán con il boom economico e l'abbattimento della disoccupazione).

Naturalmente il piano di Forza Italia non è definitivo (resta da stabilire il perimetro della no tax area - 10mila o 13mila euro - e l'aliquota, 23 o 25%). Da chiarire anche i tempi di applicazione. La flat tax potrebbe partire subito con una aliquota unica (con una compensazione sui redditi più alti e un contributo di solidarietà) oppure con un piano di implementazione progressivo. In questo secondo caso le aliquote dovrebbero essere tre per il primo e secondo anno di governo. Il terzo e quarto anno di governo diventerebbero due. 

Fino ad arrivare a pieno regime all'aliquota unica nell'ultimo anno di legislatura, con il doppio vantaggio di tasse più basse sul reddito di privati e imprese, ma anche con una radicale semplificazione dell'intero sistema tributario. Una strategia per ridurre in maniera decisa la zavorra fiscale che impedisce al nostro Paese di crescere anche in periodi di ciclo economico positivo, riducendo la convenienza stessa dell'evasione fiscale.

La flat tax è solo un tassello nel mosaico di proposte che Berlusconi sta preparando con i suoi collaboratori e con il Centro Studi del Pensiero Liberale (il presidente di Forza Italia peraltro dell'argomento ha riparlato con Giuseppe Moles, braccio destro di Antonio Martino, mentre Ferri ha invitato a Villa Gernetto a uno degli incontri del Centro Studi con Berlusconi anche Antonio Marzano). 

L'idea è quella di creare un ponte tra passato e presente utilizzando le energie migliori per un progetto ambizioso su cui - su un altro versante politico - ha lavorato molto anche l'economista di Noi con Salvini, Armando Siri. 

Il centrodestra, insomma, fa squadra per arrivare all'obiettivo finale. Gli altri dossier riguardano la moneta complementare da affiancare all'euro; gli strumenti per la facilitazione del fare azienda; le proposte per la conciliazione famiglia-lavoro; gli incentivi per l'assunzione dei giovani. Ma è chiaro che la «tassa piatta» rappresenta quell'idea forte in grado di smuovere dal torpore l'elettorato, offrendo l'opportunità di rivoluzionare il fisco ed entrare nella storia.

Gli alleati, però, al epoca non ci consentirono di realizzarla». Oggi le condizioni sono cambiate visto che Matteo Salvini è uno strenuo sostenitore della «tassa piatta», mentre Giorgia Meloni è ugualmente favorevole anche se preferirebbe un periodo di sperimentazione di due anni sul solo reddito incrementale con una aliquota del 15%.

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