Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Domenica, 06 Ottobre 2024

Gli operatori del Centro …

Set 23, 2024 Hits:314 Crotone

Invasione tedesca a Croto…

Set 12, 2024 Hits:500 Crotone

XX Edizione del Premio …

Ago 21, 2024 Hits:835 Crotone

Un Eroe Senza Mantello: A…

Ago 12, 2024 Hits:1042 Crotone

Isola Summer 2024, ecco g…

Lug 05, 2024 Hits:1474 Crotone

Premio Pino D'Ettoris: al…

Lug 01, 2024 Hits:1230 Crotone

San Giuda Taddeo presenta…

Mag 27, 2024 Hits:1806 Crotone

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:2491 Crotone

Lega e Rn sono i pilastri dell'Enf, l'Europa delle Nazioni e delle Libertà, il più a destra del Parlamento europeo. Secondo il politologo Cas Mudde, Matteo Salvini e Marine Le Pen avranno "difficoltà" a formare un grande gruppo nella prossima legislatura, che sulla carta peserebbe molto sulla composizione dell'Emiciclo, perché l'estrema destra europea resta "divisa" su molti temi. Dipenderà dai risultati, naturalmente, ma molti restano convinti che per Salvini l'unico modo per contare veramente a livello Ue sia quello di lasciare l'Enf, dove siedono sia il Rassemblement National della Le Pen che il Fpoe di Heinz-Christian Strache

Il Consiglio d'Europa non fa parte delle istituzioni dell'Unione europea, ma è considerata la più importante organizzazione di difesa dei diritti umani nel continente. Di esso fanno parte 47 Paesi, dei quali 28 aderiscono all'Unione europea. La decisione dell'assemblea è stata presa ieri, e riferita in un tweet. Per il momento non sono ancora state rese note le motivazioni che hanno portato a questa decisione.

Il gruppo parlamentare - al quale aderiscono anche i tedeschi dell’Afd - si inserisce nell'ala euroscettica insieme ai Conservatori e riformisti europei (Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia) e al gruppo, ancora senza nome, che potrebbe rinascere dalle ceneri dell’Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd, a cui appartiene il Movimento 5 Stelle).

il voto del 12 settembre 2018 con il quale il Parlamento Ue a maggioranza ha invitato il Consiglio Europeo l'organo che riunisce gli stati dell'Unione, non la Commissione ad attivare l'articolo 7 dei Trattati Europei, che prevede una procedura punitiva, nei confronti dell'Ungheria del premier Orban, il cui governo ha deciso di controllare la magistratura e l'informazione. Un voto politicamente di enorme spessore perché ha ribadito che l'Ue non è solo un'area di libero scambio commerciale ma innanzitutto un progetto politico di democrazia liberale.

Non a caso anche sui migranti il Parlamento di Strasburgo ha spinto per una gestione la più collegiale possibile del tema. Ma è sicuramente sull'ambiente e sui diritti dei consumatori che l'assise Ue ha svolto un ruolo chiave. È stato un voto di Starsburgo a dare il la alla riduzione e poi all'eliminazione dei sacchetti di plastica. Moltissimi europei devono ai deputati eletti nella scorsa legislatura il fatto che quando si recano per lavoro o turismo in un altro stato dell'Unione non sono più sottoposti alle tagliole del roaming telefonico e possono telefonare a tariffe che conoscono.  

L'ultima decisione di spessore forse è anche quella più popolare: dal 2021 nei 28 Paesi dell'Unione Europea sarà vietato produrre e vendere piccoli prodotti di plastica usa e getta. Si tratta dell'ennesima legge votata dal Parlamento Europeo poco prima della fine della legislatura destinata a cambiare vite e abitudini di 500 milioni di europei anche se non si tratta di una vera e propria norma giuridica. Già perché il Parlamento Ue è una strana creatura, ha un potere immenso - non c'è dubbio - perché condiziona e indica la strada alla Commissione Europea le cui direttive vengono recepite dai parlamenti nazionali e tuttavia non ha un potere legislativo diretto.
Le sue decisioni ad eccezione di quelle che riguardano la Commissione e le altre istituzioni europee devono essere formalmente votate dai parlamenti nazionali.
Il risultato piuttosto bizzarro è che gli elettori di ogni singolo Paese seguono poco l'attività di questo Parlamento concentrandosi su quello nazionale che però spessissimo in realtà fa da cassa di risonanza alle decisioni prese a Bruxelles o a Strasburgo il Parlamento Ue si gode il lusso di due sedi.

Ma in realtà il Parlamento Europeo assieme alla Commissione o correggendo le decisioni della Commissione nella scorsa legislatura ha preso alcune decisioni epocali. Un esempio per tutti? L'accettazione del trattato di Parigi sul clima che comporterà la riduzione della produzione di C02 per il prossimo decennio. Un voto importantissimo che - tra mugugni - ha costretto tutti e 28 gli stati Ue ad adeguarsi  

Intanto la parola fascista! secondo il quotidiano il giornale l' aggettivo che ha subito una mutazione dei significati originari legati al partito creato da Benito Mussolini, riacclimatandosi come una lucertola in situazioni, ambienti, comportamenti che non hanno quasi mai a che fare con la storia e un elemento di arredo in ogni lingua, come se fosse nato per conto suo in tutte le lingue.

Pochi sanno che il Fascist Party of America fascio littorio bianco in campo azzurro sulla bandiera nell'area delle stelle fu fondato nel 1907 da oltranzisti democratici del Sud vicini al Ku Klux Klan, secondo il giornale quando Benito Mussolini in Italia era un sovversivo rosso, cosa che oggi agli americani come anche agli italiani sembra una provocazione. Come sarebbe a dire che Mussolini era «di sinistra»? E allora bisogna spiegare che il futuro dittatore «di destra» usava il termine «compagni», era ricercato da molte polizie, faceva sdraiare le operaie sui binari delle tradotte per sabotare la guerra di Libia del 1912 ma più che altro odiava a morte i borghesi, i ricchi capitalisti e per un po' la Chiesa e i preti. Il disordinatamente avido Mussolini smunto, gli occhi allucinati, i baffi e la barba di chi non ha tempo per il rasoio, occupava lo spazio immaginario dei ribelli di tipo guevarista, specie nel periodo austriaco trentino o quello ginevrino quando condivideva cibo e sale riunioni con Lenin, che lo teneva a distanza anche se poi Mussolini si vantò di un rapporto speciale con il leader russo, dicendo che i comunisti erano «tutti miei figli». Se oggi prevalesse l'intelligenza e si avesse l'orgoglio patriottico di appartenere a una fortissima democrazia, sarebbe utile dichiarare decadute le norme ideologiche di guerra contro il fascismo per assenza dell'oggetto e finalmente permettere che se ne parli al passato, visto che la guerra è finita.

La cronaca ci dice che avviene l'esatto contrario e che si seguita a far finta che ci sia un pericolo fascista, basandosi su quella manciata di carnevalanti runici con simboli nibelungici e attrezzeria di altri Walhalla che non ha mai fatto parte della storia e Dna italiani. Del fascismo com'è stato, con tutte le sue canagliaggini e ridicolaggini, enfasi e trasporti emotivi collettivi, nessuno sa più nulla. Ha fatto più Federico Fellini con Amarcord (1973) che la scuola italiana dove, per prudenza, è stata abolita la Storia come materia d'esame, mantenendo però in allerta emozionale Bella ciao a tutta birra - l'antifascismo militante che ha bisogno dei suoi demoni. 

«Fascista», l'aggettivo, prospera in proprio anche a causa delle mutilazioni inflitte alla storia che passa in televisione, che sta alla base dell'ignoranza comune. Una delle mutilazioni più indecenti è quella che riguarda l'alleanza non solo militare ma anche ideologica fra Hitler e Stalin uniti dal settembre 1939 al giugno 1941 nella spartizione dell'Europa, con parate militari nazi-comuniste, bevute e abbracci e baci a Brest Litovsk. Il tema è tuttora interdetto (si deve alludere vagamente a un certo «trattato di non aggressione», va poi a sapere cos'è) perché quella storia cancellerebbe l'accredito dei partiti comunisti come protagonisti primi e intransigenti della guerra contro il nazismo. 

Nella Francia occupata i comunisti francesi riempivano i muri di manifesti di benvenuto al Camrade allemand venuto a combattere la borghesia capitalista. E poi, l'altra questione spinosa: i «fascisti» erano davvero gli sgherri degli agrari assoldati per picchiare gli operai, o erano invece parte di una rivoluzione di sinistra? Come si fa a sistemare uomini come Indro Montanelli, Giorgio Bocca, Eugenio Scalfari ma anche Pietro Ingrao e tutti i futuri comunisti, che non erano fascisti per caso ma per convinzione? Eugenio Scalfari incontrato in una libreria del centro di Roma mi ha detto con cipiglio: «Io nel 1943 (l'anno della caduta del fascismo, del bombardamento di Roma e dell'otto settembre, ndr) non ero fascista: io ero fascistissimo».

Il punto oggi è che questo aggettivo «fascista» come scrive il giornale è cresciuto divorando gli aggettivi contigui come «nazista». Chi dà più, oggi, del «nazista»? Nessuno. È fuori moda e imbarazza i tedeschi, mentre l'aggettivo «fascista» è una coperta leggera e arlecchinata che copre tutto, è multimediale, multinazionale, pratica ed elastica per tutti gli usi. Così, sono oggi bollati come fascisti gli antiabortisti afroamericani che parlano di un genocidio perpetrato dalla Planned Parenthood Federation of America, una creatura democratica che stermina l'ottanta per cento delle gravidanze nere, e sono chiamati fascisti i poliziotti in genere, ma in particolare quelli che pattugliano Chicago quando le comunità afroamericane cominciano a spararsi. 

Anche qui: non importa se i poliziotti sono neri. Fascisti anche loro, e non se ne parla più. Discutere con gli americani su che cosa sia fascista (specialmente se sono Democrats) è tempo perso perché i loro parametri sono indipendenti dalla Storia e dalla memoria. Gli adolescenti bianchi americani delle scuole superiori abbandonano le discussioni razziali, perché appena aprono bocca sono accusati di essere fascisti anche dai latinos e da molti asiatici pakistani.

In Europa oggi perfino i nativi di lingua tedesca hanno privilegiato l'aggettivo fascista, perché più leggero e planetario, sempre in grado di offrire l'effetto notte, quando tutti gli aggettivi, come i gatti, sono grigi e uno vale uno. In Italia, in occasione della vicenda al Salone del Libro di Torino, abbiamo sentito il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico decretare che dichiararsi fascisti è di per sé reato da punire, a prescindere dalle azioni e che - quanto ai libri - sarebbe il caso di adottare l'abitudine hitleriana del rogo. 

Si tratta di un atteggiamento paragonabile all'«aggravante mafiosa» che, da aggravante applicabile alle pene sui delitti commessi in ambito mafioso, si è trasformata in delitto in sé. In maniera analoga, chiunque cada nel delitto di banalità ricordando la bonifica delle paludi Pontine (Canale Mussolini di Antonio Pennacchi) o per i treni che «quando c'era lui» arrivavano in orario, secondo la dottrina Fico, è da punire. In Italia lo spettro del fascismo resta uno spettro, o meglio una giungla in cui devi sempre stare attento a dove metti i pedi e a quel che dici perché i confini sono scivolosi e i trabocchetti sono troppi per non farsi prima o poi male.

I repubblicani americani, paradossalmente, hanno preso la questione del fascismo con maggior serietà: ideologi come Denish D'Souza e molti contribuenti del Washington Times affermano che il fascismo italiano va considerato come socialismo di Stato poiché risponde a tutti i requisiti di un socialismo autoritario. In primo luogo, secondo il vero ideologo del fascismo Giovanni Gentile, tutto deve essere nello Stato e nulla al di fuori dello Stato. Secondo: un regime socialista statalista scoraggia la concorrenza scegliendo una o più aziende private da mantenere al proprio servizio come la Fiat. 

Terzo, i socialismi nazionali statali (italiano, tedesco, russo) produssero il primo vero welfare statale: tutti i figli del popolo alle colonie marine e montane, sport per tutti, pensioni sociali, l'Iri, l'Inps e tutte le sigle dello Stato provvidente messe in funzione con il massimo vigore. Si può dire che ogni «aspetto buono» del fascismo era un'applicazione del socialismo, dalle case popolari (che a Roma ancora chiamano «le case di Mussolini») ai treni per la neve e il mare per un Paese ancora rurale e in gran parte analfabeta: caratteristiche «di sinistra» e non di destra. E così furono percepite in tutto il mondo occidentale, specialmente di lingua inglese, perché due erano le rivoluzioni che avevano affascinato e scosso l'umanità, quella bolscevica e quella fascista. Vedere, leggere per credere.

Intanto nell'intervista su Canale 5, Berlusconi racconta di aver cercato, in tutti questi anni, un successore. "Ma - rivela - i miei azzurri non li hanno ritenuti all'altezza di sostituirmi". "Chi c'è che può paragonarsi a me per le cose fatte? - si chiede il Cavaliere - passeremo a Berlusconi che resterà da parte e ad un gruppo collettivo che porterà avanti Forza Italia, un partito attivo che si è sempre rinnovato e sul territorio abbiamo bravissimi sindaci e assessori oltre a ministri capaci". Il progetto è dunque quello di far emergere, subito dopo le elezioni europee, "un gruppo capace di portare avanti Forza Italia". L'obiettivo è operativo e punta a mettere la nuova classe dirigente subito al lavoro. "Abbiamo esigenza di creare nuovi posti di lavoro, migliaia di giovani sono scappai all'estero perché qui non trovavano lavoro", spiega l'ex premier. "Faremo provvedimenti che aumenteranno i posti di lavoro aprendo i cantieri delle opere ferme e rendendo più conveniente alle imprese di assumere giovani - continua - aiuteremo anche ad alzare i salari, che dal 2011 non sono mai aumentati".

Ora, però, gli occhi di Berlusconi sono puntati sul voto di domenica prossima che riscriverà la conformazione del Parlamento europeo. "Gli italiani prima di tutto devono andare a votare, l'ultima volta ci sono state troppe astensioni - spiega a Mattino Cinque - bisogna sentire il dovere e l'interesse di andare a votare". Il Cavaliere non capisce l'indecisione di una buona fetta dell'elettorato italiano. "Ma come si fa ad esserlo? - si chiede - forse non sono informati o non ci pensano". E invita tutti a fare una riflessione su quanto proposto da Forza Italia. "In Italia - prosegue - vogliamo mandare via questo governo di litigiosi, che ha reso il Paese la maglia nera in Europa, gli stranieri hanno paura di investire in Italia, sviluppo fermo, non ci muoviamo. Se queste cose sono chiare, votare per noi significa promuovere un governo in cui Forza Italia sarà anima e spina dorsale, che farà subito ciò che è scritto nel programma

Una busta con un proiettile calibro 9  è stata spedita al titolare del viminale. La busta è stata intercettata al Centro di Smistamento Postale di Roma, nella zona di piazzale Ostiense. Il pacco con il proiettile è stato immediatamente sequestrato dagli artificieri della polizia di Stato.

Il pacco di fatto ha insospettito subito gli investigatori perché sulla busta non era presente l'annullo postale e un mittente. Di fatto nella busta non era presenti, nè all'esterno ne all'interno, messaggi di rivendicazione. Il ministro ha commentato così quanto accaduto: "Non mi fanno paura e non mi fermo. Più che da una politica spesso ipocrita, confido nella solidarietà di milioni di italiani perbene che si esprimeranno con il voto di domenica".

In questi mesi di permanenza al governo, la Lega è stata bersagliata da diverse minacce e da diversi episodi intimidatori. Diverse sedi del carroccio sono state prese d'assalto con molotov e con messaggi minatori. A questo vanno aggiunti tutti i cartelli nelle manifestazioni in cui è stato paragonato il ministro Salvini al Duce in piazzale Loreto.

La tensione su questo fronte continua a salire anche tenendo conto dei toni sempre più aspri della campagna elettorale. L'odio anti-Lega dunque adesso alza il tiro e si manifesta anche con una busta con un proiettile. Il ministro comunque tira dritto e non si lascia intimidire da queste minacce: "Io vado avanti", ha affermato. Ora la polizia cerceherà di capire quale possa essere il mittente della busta.

Intanto sono stati arrestati tre anarchici per l'invio di alcune buste esplosive a pm torinesi. I carabinieri del Ros stanno eseguendo una misura cautelare nei confronti dei tre anarco-insurrezionalisti, autori di attentati esplosivi inseriti nella campagna di lotta contro la repressione del giugno 2017. Le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Milano, hanno accertato come gli autori si fossero riuniti a Genova per la spedizione di tre pacchi esplosivi recapitati al Palazzo di Giustizia di Torino e indirizzati a due pm della Procura subalpina. Sono in corso anche perquisizioni in Italia e all'estero.

Le due buste, che contenevano fili elettrici, polvere da sparo e una batteria ed erano in grado di esplodere, avevano un timbro postale da Genova. Come mittente riportavano, evidentemente in maniera fittizia per tentare di eludere i controlli, i nomi di avvocati. L'area interna del Palazzo di Giustizia venne chiusa per permettere agli artificieri di neutralizzare gli ordini in sicurezza.

Oltre a quelli inviati ai due pm torinesi Antonio Rinaudo e Roberto Maria Sparagna e fortunatamente non esplosi, i tre anarchici arrestati dai carabinieri del Ros hanno inviato, secondo l'accusa, anche un plico esplosivo non esploso, il 12 giugno 2017 «al dott. Santi Consolo, all'epoca direttore del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria di Roma». Le indagini svolte, spiegano i carabinieri del Ros, hanno evidenziato anche «uno stretto collegamento» di uno dei tre arrestati, Robert Firozpoor, «con l'anarchico di origine nigeriana Divine Umoru, arrestato nell'agosto 2016 a Bologna per possesso di materiale esplosivo e documentazione propedeutica al compimento di attentati».

Un arresto che «assumeva particolare rilievo in quanto potrebbe rappresentare uno dei moventi dell'attentato esplosivo alla Stazione dei Carabinieri di Bologna Corticella del 27 novembre 2016 (unitamente alla allora recente esecuzione dell'operazione 'Scripta Manent' del 06 settembre 2016)». Gli ordigni, chiariscono gli investigatori, «composti da un meccanismo di attivazione a strappo, per le loro potenzialità costruttive potevano ledere anche la vita dei destinatari».

Intanto si prepara l exit strategy ? che succederà dunque il 27 mattina, a urne chiuse e conti fatti? Dal piano B, quello con la Lega sopra il 30% che rompe i ponti con i grillini, magari precipitati sotto il 20%, si tornerebbe al piano A, che poi è lo scenario dato come più probabile: continuare con il governo gialloverde. Se la forchetta tra i due non sarà enorme mancheranno le condizioni per far saltare il banco, Salvini e Di Maio dovranno fare buon viso a cattivo gioco e portare avanti il matrimonio (metafora usata dal leader leghista che si è scelto il ruolo di «marito»). 

Fonti parlamentari leghiste derubricano le risse degli ultimi giorni come l'ultima coda della campagna elettorale, sicuri che i toni rientreranno dopo il voto. Il riavvicinamento delle ultime ore, con Salvini che smorza le accuse rivolte a Conte da Giorgetti, conferma l'intenzione di non rompere l'asse. Il mantenimento dello status quo verrà giustificato con la retorica della responsabilità, dell'unico governo compatibile con i numeri in Parlamento, del patto sottoscritto con un contratto e onorato fino in fondo (Di Maio ieri: «Questo governo andrà avanti per altri quattro anni. 

La Lega tornerà a essere meno scontrosa dopo il 26 maggio»). In ambienti M5s si accredita anche un'altra versione sulla volontà di pace di Salvini. E cioè il timore che in un altro esecutivo con la Lega in ruolo trainante, il premier designato potrebbe non essere lui, ma un uomo più di collegamento come appunto Giorgetti, figura più tecnica e più tranquillizzante per i mercati con la finanziaria di fine anno da affrontare. Mentre i leghisti scommettono sul fatto che i grillini vogliano tenersi strette le poltrone di governo che, senza alleanze, difficilmente potrebbero rivedere. 

I numeri che usciranno dalle urne però cambieranno, se non la maggioranza di governo, certamente i rapporti di forza in quella attuale. Spiegano fonti vicine al leader leghiste che se Salvini uscisse con un margine ampio rispetto al M5s, l'agenda del governo si adeguerebbe di conseguenza. Le priorità leghiste già nero su bianco nel contratto di governo - dalla flat tax all'autonomia alla gestione degli sbarchi -, non potrebbero più essere messe in discussione dai grillini nel tentativo di sabotarle, con una Lega nuovo azionista di maggioranza dell'esecutivo. Salvini a quel punto avrebbe la forza di porre un aut aut, per esempio sul taglio delle tasse: o mantenete gli accordi o si va a elezioni.

Per Salvini il 30% è la soglia oltre la quale si apre il piano B, l'alternativa all'estenuante alleanza di governo con i grillini, ovvero una maggioranza di centrodestra con Fdi. È uno scenario che è stato messo in conto dal quartier generale del ministro dell'Interno, ma che è condizionato non solo all'eventualità di un boom leghista il 26 maggio ma pure a quella di un exploit elettorale della Meloni (oltre che al via libera del Quirinale per elezioni anticipate ad ottobre). 

Per il M5s, invece, il punto cruciale è non scendere sotto il 20%, livello sotto il quale si aprirebbe inevitabilmente la crisi non solo della leadership di Di Maio ma del governo di Giuseppe Conte, già nel mirino dai falchi leghisti (vedi Giorgetti). A sei giorni dall'apertura delle urne i sondaggi sono banditi, ma questo non significa che i partiti non li stiano commissionando. 

E l'ultimo in mano alla Lega, prodotto da un noto istituto di rilevazioni, ha fatto accendere la spia rossa sul cruscotto leghista. Infatti Salvini si mostra molto prudente: «Se l'anno scorso ho preso il 17%, ora, a queste elezioni tutto quello che c'è sopra è già un successo, dal 18, al 19... . Ma andremo oltre e posso solo ringraziare gli italiani» dice intervistato da Quarta Repubblica. Sotto il 30% sarebbe un insuccesso? Risposta: «No». Il modulo all'attacco seguito dal M5s nelle ultime settimane, sparare senza pietà contro la Lega, sembra invece stia funzionando nell'arginare l'emorragia di consensi registrata negli ultimi mesi, anche se il 32% delle politiche 2018 è lontanissimo.

 

 

L’incontro di Papa Francesco con la stampa estera, ricevuta in Vaticano, non è stato un semplice scambio di cortesia ma una vera e propria lezione di giornalismo. Che il pontefice sia un attento e arguto comunicatore non è una novità. Ma con le sue parole Bergoglio, ancora una volta, ha toccato tutti i temi fondamentali del giornalismo: l’abc delle sue regole deontologiche e fondative, troppo spesso dimenticate nella pratica di una professione sempre più povera e tirata via, ma anche richiami alla trasformazione digitale, più subita che guidata dalla categoria.

Non è un caso che il Papa sia partito dai concetti di verità e giustizia, senza i quali viene meno, o dovrebbe venire meno, lo stesso ruolo sociale della professione:  “Vi esorto a operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere; per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte”.

In un tempo in cui molti diffondono fake news, l’umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità». È l’analisi, evidentemente amara, della comunicazione odierna che Papa Francesco condivide con i 400 membri dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, ricevuti sabato mattina in Sala Clementina

il Papa ha accolto i giornalisti della Stampa Estera in Italia, ricevuti in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico grazie all' ex Presidente della stampa Estera Esma Cakir corrispondente Turca, che ha seguito e ha realizzato questa visita che viene dopo piu di 35 anni dal primo incontro con i corrispondenti e del Santo Padre Giovanni Paolo II. "La Chiesa vi stima, anche quando mettete il dito sulla piaga, e magari la piaga è nella comunità ecclesiale. Il vostro è un lavoro prezioso perché contribuisce alla ricerca della verità, e solo la verità ci rende liberi", ha sottolineato in uno dei primi passaggi del discorso. "Le dittature, infatti, - ha sottolineato aggiungendo un pensiero a braccio - la prima cosa che fanno è di togliere o limitare la libertà di stampa".

Francesco si è soffermato soprattutto sull'umiltà, come una delle caratteristiche fondamentali del lavoro giornalistico, precisando però che "giornalisti umili non vuol dire mediocri, ma piuttosto consapevoli che attraverso un articolo, un tweet, una diretta televisiva o radiofonica si può fare del bene ma anche, se non si è attenti e scrupolosi, del male al prossimo e a volte a intere comunità". "L’umiltà del non sapere tutto

Un monito ai giornalisti che raccontano le vicende italiane all'estero e quasi un anatema alle fake news. "Operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere", ha detto Papa Francesco rivolgendosi all'Associazione stampa estera in Italia ricevuta in udienza in Vaticano. Uno strumento "per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte". E poi l'invito alla stampa estera a non dimenticare il dramma dei migranti, con "Il Mediterraneo che si sta convertendo in cimitero".

La libertà di stampa e di espressione è un indice importante dello stato di salute di un Paese. Non dimentichiamo che le dittature, una delle prime misure che fanno, è togliere la libertà di stampa o ‘mascherarla’, non lasciare libera la stampa” ha detto Papa Francesco ai membri dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, ricevuti in udienza stamani nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, riferendosi alle statistiche sui giornalisti uccisi mentre facevano il loro lavoro con “coraggio e dedizione in tanti Paesi, per informare su ciò che accade durante le guerre e le situazioni drammatiche che vivono tanti nostri fratelli e sorelle nel mondo”.

"Abbiamo bisogno di giornalisti che stiano dalla parte delle vittime, dalla parte di chi è perseguitato, dalla parte di chi è escluso, scartato, discriminato. C'è bisogno di voi e del vostro lavoro per essere aiutati a non dimenticare tante situazioni di sofferenza, che spesso non hanno la luce dei riflettori, oppure ce l'hanno per un momento e poi ritornano nel buio dell'indifferenza", ha detto Papa Francesco. "Le guerre dimenticate, ancora sono in corso - ha detto a braccio - ma la gente si dimentica" perchè "non sono all'ordine del giorno". Francesco ha quindi esortato i cronisti a scrivere un articolo sulle "guerre dimenticate dalla società ma ancora in corso". Poi ha domandato: "Chi parla dei rohingya, chi parla degli yazidi? Loro continuano a soffrire...". 

“Il giornalista umile e libero cerca di raccontare il bene, anche se più spesso è il male a fare notizia”, ha evidenziato Francesco. Di qui l’incoraggiamento a raccontare “la realtà di chi non si arrende all’indifferenza, di chi non fugge davanti all’ingiustizia, ma costruisce con pazienza nel silenzio”. “C’è un oceano sommerso di bene che merita di essere conosciuto e che dà forza alla nostra speranza”.

"Abbiamo bisogno di giornalisti che stiano dalla parte delle vittime, dalla parte di chi è perseguitato, dalla parte di chi è escluso, scartato, discriminato. C'è bisogno di voi e del vostro lavoro per essere aiutati a non dimenticare tante situazioni di sofferenza, che spesso non hanno la luce dei riflettori, oppure ce l'hanno per un momento e poi ritornano nel buio dell'indifferenza", ha detto Papa Francesco.

"Voglio ringraziarvi per quello che fate - ha detto ancora - perchè ci aiutate a non dimenticare le vite che vengono soffocate prima ancora di nascere; quelle appena nate che vengono spente dalla fame, dagli stenti, dalla mancanza di cure, dalle guerre; le vite dei bambini-soldato, le vite dei bambini violati. Ci aiutate a non dimenticare tante donne e uomini perseguitati per la loro fede o la loro etnia, discriminati, vittime di violenze e della tratta di esseri umani. Ci aiutate a non dimenticare che chi è costretto - da calamità, guerre, terrorismo, fame e sete - a lasciare la propria terra non è un numero, ma un volto, una storia, un desiderio di felicità".

Poi la Presidente dell' Associazione  P.Thomas ha invitato Papa Francesco alla nostra sede mentre li ha consegnato la nostra tessera professionale e cosi il Papa Francesco e diventato membro onorario della stampa estera con il num. 5313 grazie all' idea del collega Gustav Hofer.

 

Voli di Stato per i comizi, la Corte dei Conti indaga su Salvini. Lui: «Nessun abuso»
«Nessun abuso, nessuna irregolarità, nessun volo di Stato o della Polizia per fare comizi ma sempre per impegni istituzionali. Sfido chiunque a dimostrare il contrario». Lo dice il ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Sono indagato dappertutto e su tutto". Oggi, durante un comizio a San Severo, in provincia di Foggia, Salvini ha fatto trapelare tutto il fastidio per l'ennesimo blitz giudiziario. "Penso che il lavoro che sto facendo per gli italiani questi ultimi lo stiano apprezzando e penso di essere uno dei ministri che costa meno nella storia del ministero dell'Interno", ha chiosato. "Se risolvo un problema e lo faccio da Marte o dal Viminale che cosa cambia?", ha, poi, chiesto replicando alle accuse della sinistra. "Se volete posso restare 16 ore in ufficio a guardare Sky, io incontro sindaci, imprenditori, agricoltori, non voglio fare il ministro sigillato in ufficio - ha, infine, chiosato - ora vado al Viminale e mi faccio una foto così a Repubblica sono contenti e io posso continuare a fare il mio lavoro".

Ma intanto le elezioni Europee si avvicinano, il 26 maggio è vicino. E proprio a ridosso delle Elezioni tutti gli attacchi e i nodi vengono al pettine. "Stanno tentando gli ultimi colpi di coda perché hanno capito che per la prima volta l'Europa può cambiare", ha detto Matteo Salvini a San Severo, nel Foggiano. Poi Salvini lancia la sfida: "Con il voto del 26 maggio non solo in Italia, ma in Olanda, in Francia, in Austria, in Germania si può cambiare rimettendo al centro il lavoro, la famiglia, i diritti e non la finanza, il business. Quindi, usano lo spread per intimorire. Se gli Italiani ci fanno forza col voto del 26 maggio, sono convinto che riusciremo a ridiscutere i vincoli europei per abbassare le tasse e rilanciare il lavoro in Italia. Spero che gli amici dei 5Stelle, come previsto nel contratto, sostengano questa battaglia di giustizia fiscale"

Al centro delle indagini, come riporta oggi il quotidiano diretto da Carlo Verdelli, ci sarebbero i voli di Stato usati dal ministro dell'Interno. La Corte dei Conti del Lazio, guidata da Andrea Lupi, starebbe, infatti, spulciando quali aerei e quali elicotteri ha usato per spostarsi. L'ipotesi è che li abbia usati non solo per appuntamenti istituzionali ma per "iniziative elettorali".  

A cavalcare la battaglia di Repubblica, oltre alla Corte dei Conti, si è messa immediatamente la sinistra che ora accusa Salvini di essere "un ministro dell'Interno fantasma" e di usare "il suo ruolo di governo per farsi campagna elettorale". "Si sposta con gli aerei della polizia da 5 mila euro a volo per i suoi comizi - ha commentato la senatrice piddì Simona Flavia Malpezzi - è una vergogna". Anche il governatore della Toscana Enrico Rossi ha usato gli stessi toni violenti. "Il ministro degli Interni non sta mai al lavoro e gira il Paese per comizi su aerei pagati dagli italiani - ha scritto su Facebook - dice che queste elezioni saranno un referendum su di lui, prendiamolo sul serio e mandiamolo a casa".  

È un "atto dovuto", va subito detto. E la Corte dei Conti si è mossa dopo l'inchiesta pubblicata da Repubblica che accusava Salvini di aver fatto "decine di trasferte con gli aerei della Polizia". "Decolli top secret" che, a detta del quotidiano, "sono leciti perché unisce sempre ai comizi un evento ufficiale". Sarebbero in tutto venti i voli incriminati, uno dei quali a bordo di un mezzo dei vigili del fuoco. La magistratura contabile del Lazio ha fatto proprie queste accuse e si è messa a indagare sugli spostamenti del vicepremier leghista. L'obiettivo è capire se c'è stato "uno sperpero di risorse pubbliche". Tanto che nei prossimi giorni potrebbero essere chiesti al Viminale tutte le note ufficiali degli spostamenti.

Si tratta -fa sapere la Corte dei Conti- di una procedura usuale già attivata in passato come nel caso dell'ex premier Matteo Renzi. In quel caso la procedura era partita per un esposto del Movimento 5 stelle in relazione ad un viaggio a Courmayeur con la famiglia per vacanze. Le accuse in quel caso furono archiviate.

«È una strana faccenda, anche perché se è vero che la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo 'esplorativò per accertare se abbia viaggiato su aerei ed elicotteri della polizia al di fuori dei fini strettamente istituzionali, allora significa che una piccola ombra da chiarire c'è. È bene che lo faccia Salvini. E siamo sicuri che lo farà». Lo sottolineano fonti autorevoli del M5S all'Ansa in merito alla vicenda dei presunti voli di Stato usati Salvini.

Intanto questa mattina i finanzieri del Comando provinciale, su disposizione della procura di Busto Arsizio, hanno arrestato il sindaco leghista Gianbattista Fratus, l'assessore al Bilancio, nonché vicesindaco, Maurizio Cozzi e l'assessore alle Opere pubbliche Chiara Lazzarini. I tre sono indagati a vario titolo per turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e corruzione elettorale.

Per il momento Matteo Salvini non intende commentare le indagini. "Ho fiducia nei miei uomini e nella magistratura", si è limitato a dire il ministro dell'Interno spiegando che spera che "tutte queste indagini che si stanno aprendo si chiudano in fretta per distinguere colpevoli e innocenti". I blitz di oggi, che arriva a stretto giro dopo l'ondata di indagati eccellenti in Lombardia, ha di fatto azzoppato un'intera Giunta comunale.

A Fratus e alla Lazzarini sono stati concessi gli arresti domiciliari, mentre per il forzista Cozzi si sono aperte e porte del carcere. Le accuse di turbata libertà degli incanti e corruzione elettorale riguardano in particolare tre procedure selettive. Nel mirino degli inquirenti, a quanto apprende l'agenzia Agi, ci sarebbero le selezioni del dirigente per lo sviluppo organizzativo del Comune, del nuovo dirigente generale di Amga Legnano (la società che gestisce gli impianti sportivi) e dell'affidamento di un incarico professionale nella partecipata Euro.Pa Service. Dall'inchiesta, fanno sapere gli inquirenti, è emerso come queste procedure siano state turbate dagli arrestati "al fine di favorire soggetti a loro graditi".  

Prima Siri, poi i migranti e ora la flat tax. E se gli alleati di governo sono letteralmente in crisi, Silvio Berlusconi richiama la Lega e apre a "un governo di centrodestra". Ma nonostante tutto il caos, il leader del Carroccio conferma che il governo andrà avanti per altri quattro anni, "la mia parola vale. Ho firmato un contratto, ho dato una parola agli italiani. La mia parola vale, anche se non nascondo che mi dispiacciono i ripetuti insulti di Di Maio, di Grillo e dei 5 Stelle. I 'no' che fanno insieme al Pd, sulla flat tax, sul decreto Sicurezza, sulle riforme. Però la mia parola vale".

Nella strategia di attacco alla Lega sui suoi cavalli di battaglia rientra l'accusa di Luigi Di Maio su occupazioni, sgomberi e legalità nelle città. Da Ascoli Piceno, dove si trovava per il tour elettorale, il capo politico grillino ha risposto così a una domanda sulla busta con proiettili inviata al sindaco di Torino Chiara Appendino: «Io penso ai fatti, Chiara Appendino ha dimostrato che il Movimento Cinque Stelle fa sul serio quando si tratta di sgombero dei centri sociali, quando si tratta di ridare immobili ai cittadini italiani, occupati da centri sociali che siano anarchici, di destra o di sinistra».

Quindi la stilettata a Salvini: «Chiara è una donna forte, che fa i fatti, ecco c'è chi parla per slogan in questo paese sugli immobili occupati, sui centri sociali, e chi invece fa i fatti, abbiamo dimostrato ancora una volta che noi siamo il Movimento dei fatti». A riprova di come lo scontro sia ormai a tutti livelli, dopo qualche settimana di tregua Salvini è tornato a polemizzare con il sindaco di Roma Virginia Raggi. «Mi piange il cuore a vedere Roma così - ha dichiarato Salvini al Senato durante la presentazione del libro di Carlo Nordio - i crateri nelle strade, i cumuli di macerie, gli alberi divelti. Il problema non è dare soldi, ma avere un'amministrazione competente  

Una precisazione, quella sull'aderenza alla legge del decreto, che suggerisce l'obiettivo di far saltare il provvedimento caro a Salvini. O almeno di ottenerne il rinvio, in modo che il Carroccio non possa giocarsi un'ulteriore fiche elettorale sulla sicurezza. La risposta di Salvini è arrivata nel giro di poche ore: «Il decreto sicurezza bis è pronto, lunedì va in Consiglio dei ministri». Il ministro dell'Interno ha annunciato che il decreto sarà all'ordine del giorno nel preconsiglio dei ministri previsto oggi.

E ha replicato: «Io non penso che la lotta alla camorra conosca pause elettorali, le coperture ci sono». La polemica di Toninelli, bollata da qualche leghista come una «provocazione», è la dimostrazione di una guerriglia stellata senza pause, su tutti i temi, anche solo per conquistare qualche lancio d'agenzia o un'apertura di home page sui siti web dei giornali. Come è avvenuto in questo caso, con un decreto che dovrebbe vedere la luce, nonostante le frasi di Toninelli.  .

E dopo le premesse, Salvini entra nel vivo e si rivolge direttamente all'alleato di governo: "Lo sto spiegando anche agli amici 5 Stelle. Abbassare le tasse a famiglie e imprese non è un capriccio di Salvini o della Lega. Dicono 'si può fare tra qualche mese', no: perché le imprese chiudono qui e aprono da un'altra parte". Salvini, quindi, non ha dubbi e vuole cambiare questa Europa. Un'Europa fatta di vincoli e di tasse. Ma anche in Italia c'è qualcosa da cambiare. E La Lega ha già pronta la proposta sulla riduzione delle tasse.















Troppi litigi all'interno della maggioranza M5S-Lega, e Giancarlo Giorgetti, il numero due del Carroccio, parlando del futuro del governo, ribadisce: «Se litigiosità resta così dopo il voto non si può andare avanti». «Elezioni anticipate a settembre ? domanda Vespa,  "Non ho mai paura del popolo che si esprime». Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, a Porta a Porta, in onda stasera: «Se il Pd prende il 45% il 26 maggio...». E se la Lega prende il 35%? «In quel caso sono contento»

Giorgetti ha poi smentito di essere interessato a fare il commissario europeo. «Non lo saprei fare - ha risposto -. Anche nel governo ho detto: fatemi fare cosa so fare, non avrei saputo fare il ministro della difesa e dell'agricoltura, per esempio.  

Ci sarà fino alla fine della legislatura? «Penso di no, ho il sogno di andare su un lago a fare il pescatore». Così il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha risposto durante la registrazione di Porta a Porta.

Abbiamo troppo da fare. E non esiste una maggioranza alternativa". Dopo settimane di insulti e attacchi, Matteo Salvini è visibilmente stufo del comportamento di Luigi Di Maio e dei big del Movimento 5 Stelle che non perdono mai occasione per entrare in gamba tesa contro la Lega.

L'appunto di accusa di Matteo Salvini non è proprio sbagliato e non ha preso un abbaglio, anzi. Nelle ultime settimane, infatti, per risollevarsi nei sondaggi e dunque nei consensi tra i cittadini-elettori in vista delle Europee del 26 maggio, il Movimento 5 Stelle ha virato a sinistra.

«Il rilancio degli investimenti - dice Giorgetti a porta a porta - è la componente cruciale per perseguire obiettivi di sviluppo economico sostenibile, socialmente inclusivo e tecnologicamente avanzato. Occorre invertire la tendenza dell'ultimo decennio caratterizzata da una drastica e strutturale riduzione degli investimenti pubblici e promuovere una ripresa vigorosa dell'economia italiana, puntando su un incremento adeguato della produttività del sistema Paese e del suo potenziale di crescita, in primo luogo attraverso il rilancio degli investimenti pubblici, a partire dalle grandi opere sino a quelle diffuse e di interesse locale». Il sottosegretario ne ha parlato in un passaggio del suo intervento nel corso della tavola rotonda 'Rilanciare gli investimenti pubblici: una strategia per l'Italia', nell'ambito del Forum Pa.

Di Maio e company., esaurita la spinta "a centro-destra" per la presenza totalizzante del leader della Lega, che sta polarizzando a sé tutta la destra, si è così spostato su un terreno lasciato libero. Quello del centro-sinistra, dove il Partito Democratico continua ad arrancare e a non risintonizzarsi sulle stesse frequenze del suo popolo e di quello italiano.

Ma chi c’è dietro la svolta a sinistra del M5s  ? Secondo informazioni giornalistiche un nome e un cognome, quello di Augusto Rubei. Il retroscena lo fa il Corriere della Sera , secondo il quale c'è proprio lo zampino del giornalista professionista classe 1985, nonché portavoce del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, dietro il cambio di rotta.

Rubei, di fatto, ha scalzato Rocco Casalino ora concentrato solo su Palazzo Chigi, dov'è ufficio stampa del premier Conte, prendendo in mano le redini della comunicazione del Movimento 5 stelle, aprendo di fatto una fase nuova per il partito, in vista della tornata elettorale europea che sa di bivio, sia per la compagine pentastellata sia per la vita del governo.

Ma, attenzione: questo spostamento a sinistra è fatto di "ammiccamenti che hanno come scopo quello di punzecchiare la Lega, più che di allacciare rapporti con un Pd ancora odiato".

Secondo il quotidiano di via Solferino, inoltre, sarà Luigi Di Maio a chiudere la campagna elettorale in piazza della Bocca della Verità, a Roma, il 24 maggio: sul palco ci sarà lui, senza il cosiddetto garante Beppe Grillo…

Oggi, in una intervista al Corriere della Sera, intima agli alleati di mettersi al lavoro. "Abbiamo ancora tropo da fare", fa notare il ministro dell'Interno. "Sono troppe settimane che continuano a piovermi addosso insulti - si lamenta Salvini - io non rispondo". L'ultimo affondo contro di lui è la brutta battuta che Di Maio ha fatto ieri pomeriggio. Secondo il capo politico dei Cinque Stelle, prima il vicepremier leghista vestiva la felpa, poi, con il caso del sottosegretario Armando Siri, "ha indossato l'abito della vecchia politica". 

 

Nonostante la spocchia dei grilli, su un'ipotesi di crisi di governo, Salvini ribadisce che il governo ha "ancora tropo da fare". Ed elenca i prossimi obiettivi che l'esecutivo deve portare a casa: "L'obiettivo non è quota 100, è quota 41: se hai lavorato per 41 anni, vai in pensione. E poi la riforma della giustizia, della scuola, l'autonomia, la riforma fiscale". La lista è davvero lunga. E per il numero uno del Carroccio bisogna arrivare alla fine della legislatura per realizzare tutto quello che è stato promesso in campagna elettorale.

Nell'intervista al Corriere della Sera, Salvini snocciola i risultati che ha incassato da quando siede al Viminale. "I reati quest'anno sono diminuiti del 15%", spiega elencando nel dettaglio che le rapine sono diminuite del 20%, i furti del 15%, le estorsioni del 16%, gli omicidi del 12%, i tentati omicidi del 16% e le violenze sessuali del 32%. "Ah, dimenticavo - chiosa - gli sbarchi sono calati del 91%". Davanti a questi numeri si augura che "tutti i ministri portino il mio stesso fatturato positivo. Perché, appunto, abbiamo troppo da fare per dare soddisfazione a chi vuole che il governo salti. Certo, basta con gli attacchi".

Dietro gli attacchi dell'alleato pentastellato, Salvini teme che abbiano influito i sondaggi e le Regionali. "Noi abbiamo vinto dappertutto, ma quelle sono elezioni locali - conclude il titolare del Viminale - perché il governo sta lavorando e dunque i continui attacchi sono ingiustificati"

Perche Di Maio e m5s abbiano ritirato fuori la vecchia bandiera del conflitto di interessi. Un'arma puntata non solo verso il Cav, ma secondo il Giornale anche contro tutti quei personaggi che potrebbero contendere al movimento la rappresentanza dell'area moderata, ultimo obiettivo delle fantasmagoriche e spericolate congetture pentastellate.

Il primo contendente come riferisce il Giornale è proprio quel signore dai modi cortesi e sobri, che si siede quel giorno sulla poltrona della business dell'alta velocità che da Roma porta a Bologna, per andare a vedere la partita di campionato che contrappone il suo Torino al Parma. Parliamo di Urbano Cairo, cioè il patron di La7 e del Corriere della Sera, che è diventato, suo malgrado, uno degli incubi di chi è oggi al potere in Italia e una delle speranze di chi vorrebbe qualcosa di diverso dalla maggioranza gialloverde.

Quello che da più fastidio a Di Maio e soci è proprio il nicchiare del personaggio, il dire e il non dire se entrerà o meno nella vita pubblica italiana, un comportamento che è già il segno di una certa sagacia politica. «Certo che c'è uno spazio enorme ammetteva un mese fa il presidente della Rcs -, su questo non c'è dubbio. Se sono tentato? Anche se lo fossi, non lo direi ora. A che pro? Mica si vota oggi, non è che uno scende in campo alle elezioni europee. Sarebbe solo una mossa avventata. Per usare i linguaggio del marketing rischierei solo di bruciare un prodotto, di svelarne qualità e segreti, con l'unico risultato di logorarlo».

Intanto accogliendo la richiesta della procura, il gip Nunzio Sarpietro ha archiviato la posizione del comandante Marc Reig Creus e del capo missione Ana Isabel Montes Mier. I due erano stati indagati per "associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina" dopo aver soccorso, nel marzo dell'anno scorso, 218 immigrati clandestini al largo della Libia e averli fatti sbarcare nel porto di Pozzallo. Alla procura di Ragusa resta comunque pendente il fascicolo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e violenza privata.

Il sequestro della Open Arms era stato convalidato dal gip Sarpietro, ma soltanto per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il fascicolo era stato poi trasferito, per competenza, alla procura di Ragusa che aveva reiterato la richiesta di sequestro che era stata rigettata il 16 aprile scorso dal gip Giovanni Giampiccolo. "Oggi è stato fatto un ulteriore passo verso la verità", hanno esultato i vertici della ong spagnola dopo l'archiviazione. "Le evidenze giudiziarie che stanno emergendo in questi ultimi mesi - hanno continuato - potranno costituire un argine verso le scellerate scelte della politica europea e sapranno ricostruire con chiarezza una tragica pagina storica, quella delle migliaia di vite annegate nel Mediterraneo centrale e del silenzio dell'Europa". E, mentre il team di Proactiva la fa franca, Salvini teme una nuova morsa giudiziaria contro di sé. "Nelle prossime ore ricomincerà il balletto...", ha paventato. Se così fosse, arriverebbe con una puntualità disarmante. Giusto giusto a dieci giorni dalle elezioni europee.

"Vi anticipo che nelle prossime ore ricomincerà il balletto sulle navi sequestrate". Matteo Salvini se lo aspetta. Tanto che, nel corso della presentazione del libro di Carlo Nordio La stagione dell'indulgenza e i suoi frutti avvelenati, lo anche detto senza troppi giri di parola. "Processo più processo meno... rischio 15 anni e li rischierò un'altra volta ma non cambio idea". La vicinanza con le elezioni europee e l'instabilità in Libia hanno fatto riprendere le pressioni politiche e giudiziarie sul Viminale.

E, mentre la Sea Watch 3 e la Mare Jonio sono già tornata a solcare il Mediterraneo, il gip Sarpietro ha accolto la richiesta della procura archiviando sul team della Open Arms. L'inchiesta era stata coordinata dal procuratore distrettuale Carmelo Zuccaro e dai sostituti Fabio Regolo e Andrea Bonomo che avevano disposto il sequestro dell'imbarcazione. L'ong spagnola era stata accusata di aver salvato i migranti per "portarli in Italia, senza rispettare le norme, anzi violandole scientemente". Non solo. Zuccaro aveva anche contestato a quelli di Proactiva di essersi rifiuti di "consegnare i profughi salvati a una motovedetta libica". "Nonostante la vicinanza con l'isola di Malta - si legge nelle carte dell'inchiesta - la nave proseguì la navigazione verso le coste italiane, come era sua prima intenzione".  

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI