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«L'Unione Europea dice che abbiamo fatto una manovra molto seria, siamo fra quelli che abbiamo avuto giudizio migliore e questo richiede al parlamento di muoversi con rapidità, pur nelle rispetto delle sue prerogative che io ho sempre difeso». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, arrivando al Consiglio Europeo.

La strategia è rodata da tempo. E prevede di muoversi secondo un doppio binario: quello delle dichiarazioni pubbliche che strizzano l'occhio alle ragioni identitarie che in questi dieci anni hanno portato Fdi ad essere il primo partito italiano e quello del pragmatismo attento ai conti e agli equilibri europei. È proprio seguendo questo canovaccio che ieri Giorgia Meloni ha preparato la strada della sua prima volta ad un Consiglio europeo in quel di Bruxelles. Peraltro, in concomitanza con le «pagelle» della Commissione Ue sulla manovra italiana. Sostanzialmente promossa, seppure con tre rilievi importanti.

Su cui nei giorni scorsi ci sono state interlocuzioni dirette tra i vertici di Commissione e governo italiano, con Palazzo Chigi che si è impegnato a intervenire con alcuni ritocchi. Insomma, se nelle repliche di martedì alla Camera e di ieri in Senato la presidente del Consiglio non ha lesinato critiche all'Ue, nei ripetuti contatti dei giorni scorsi l'approccio è stato di grande disponibilità al dialogo e al confronto. Una mediazione che ha portato la Commissione Ue a promuovere la manovra italiana, con l'impegno di intervenire con alcune limature, in particolare sulla soglia del Pos (40 o 30 euro) e probabilmente sul capitolo pensioni con un intervento restrittivo su Opzione donna (con o senza figli).

«Mi aspetto si faccia passa avanti sul dossier energia, la questione è rilevante, siamo chiamati a confermare il nostro sostegno all'Ucraina ma questo significa anche dare risposte efficaci al dominio di conseguenze: il tema è politico e poco tecnico, il Consiglio ha le carte in regola per fare passi avanti e noi cercheremo soluzioni comuni che siano efficaci». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, arrivando al Consiglio Europeo.

Questo governo sta «proiettando l'Italia sulla sua dimensione Mediterranea, sul rapporto col Nordafrica, con i paesi del Mediterraneo» importante «nel contesto nel quale ci troviamo sia in termini di cooperazione energetica e ovviamente per tutto quello che riguarda la vicenda migratoria, che pure come sapete chiediamo di affrontare su un piano strutturale». Ci «sono sicuramente molto le tematiche e faremo la nostra parte». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni arrivando al Consiglio europeo a Bruxelles.

Faccia a faccia tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Primo Ministro della Repubblica ellenica Kyriakos Mitsotakis a margine del Consiglio europeo. Il "cordiale incontro", riferisce Palazzo Chigi, ha confermato "la stretta cooperazione tra Italia e Grecia sui principali temi al centro dell'agenda europea e internazionale, con particolare attenzione alla stabilità e alle opportunità di crescita nel Mediterraneo". E' quindi emerso "il comune interesse a rafforzare ulteriormente le relazioni tra Roma e Atene anche bilateralmente", spiega la Presidenza del Consiglio.

la presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola arrivando al Consiglio europeo. Darò "il messaggio che non ci sarà impunità, non ci sarà da nascondere sotto il tappeto, non ci sarà da fare come al solito". "Farò tutto il possibile per ripristinare la posizione di Casa della democrazia, di legislatore, di istituzione che prende decisioni, pulita, e trasparente e che non è in vendita a attori stranieri".

Parlando in conferenza stampa al vertice Ue, la presidente dell'Eurocamera ha riferito di essere stata invitata ad andare ai Mondiali, ma di aver rifiutato: "Perché ho delle preoccupazioni su quel Paese", ha detto. "Ho avuto due incontri con i rappresentanti del governo del Qatar a Bruxelles dove ho ricevuto gli inviti che ho rifiutato".

Sul fronte delle indagini, davanti agli inquirenti belgi Francesco Giorgi ha confessato di aver fatto parte di un'organizzazione utilizzata dal Marocco e dal Qatar allo scopo di interferire e condizionare gli affari europei. Il suo ruolo era quello di gestire i contanti. Lo scrive stamane il quotidiano francofono belga Le Soir in base a documenti visionati insieme a La Repubblica.

Secondo quanto scrive il giornale, Giorgi avrebbe anche indicato di sospettare che Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, entrambi europarlamentari del gruppo S&D, avrebbero preso soldi tramite Antonio Panzeri. Il Marocco sarebbe coinvolto nella vicenda di sospetta corruzione attraverso il suo servizio di informazione esterna, la Dged. In base ai documento consultati dai due quotidiani - si legge ancora sul giornale - Panzeri, Cozzolino e Giorgi sarebbero stati in contatto con con la Dged e con Abderrahim Atmoun, l'ambasciatore del Marocco in Polonia.

E secondo quanto scrivono i media greci, la procura di Atene ha aperto un'indagine penale sulla ex vicepresidente del Parlamento Ue, Eva Kaili, per corruzione e riciclaggio di denaro in relazione a fatti diversi da quelli su cui sta lavorando la magistratura belga. Il decreto d'urgenza per l'esame preliminare è stato emesso dal procuratore finanziario. I magistrati greci chiederanno alle autorità giudiziarie di Bruxelles copia del fascicolo del caso che riguarda l'eurodeputata.

"I contorni sono abbastanza devastanti". Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni arrivando al Consiglio Europeo parlando del Qatargate. "In questi casi credo che conti molto la reazione e la reazione deve essere ferma e decisa", ha aggiunto. Il leader della Lega Matteo Salvini: da anni infangano la Lega cercando rubli (che non ci sono) con articoli, inchieste e commissioni, ma allo stesso tempo "gli passavano sotto il naso milioni di euro in corruzione dai paesi islamici. Penosi". Il leader del M5s Giuseppe Conte: "Nessun parlamentare italiano, che prende soldi dai cittadini, deve prendere soldi da stati stranieri, fondi sovrani o collegati".

"Piena fiducia nell'inchiesta giudiziaria e pieno supporto e fiducia alla presidente del Parlamento Europeo Metsola nell'adottare i passi necessari per migliorare e proteggere il funzionamento dell'Eurocamera". E' questo il messaggio che, a quanto si apprende da fonti Ue, è stato diretto dai leader europei alla presidente dell'Eurocamera, che è stata "ringraziata per la sua franchezza". I leader hanno accolto l'efficienza con cui l'Eurocamera ha risposto a questo attacco", ha spiegato Metsola in conferenza stampa.

la presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola arrivando al Consiglio europeo. Darò "il messaggio che non ci sarà impunità, non ci sarà da nascondere sotto il tappeto, non ci sarà da fare come al solito". "Farò tutto il possibile per ripristinare la posizione di Casa della democrazia, di legislatore, di istituzione che prende decisioni, pulita, e trasparente e che non è in vendita a attori stranieri".

Parlando in conferenza stampa al vertice Ue, la presidente dell'Eurocamera ha riferito di essere stata invitata ad andare ai Mondiali, ma di aver rifiutato: "Perché ho delle preoccupazioni su quel Paese", ha detto. "Ho avuto due incontri con i rappresentanti del governo del Qatar a Bruxelles dove ho ricevuto gli inviti che ho rifiutato".

Sul fronte delle indagini, davanti agli inquirenti belgi Francesco Giorgi ha confessato di aver fatto parte di un'organizzazione utilizzata dal Marocco e dal Qatar allo scopo di interferire e condizionare gli affari europei. Il suo ruolo era quello di gestire i contanti. Lo scrive stamane il quotidiano francofono belga Le Soir in base a documenti visionati insieme a La Repubblica.

Secondo quanto scrive il giornale, Giorgi avrebbe anche indicato di sospettare che Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, entrambi europarlamentari del gruppo S&D, avrebbero preso soldi tramite Antonio Panzeri. Il Marocco sarebbe coinvolto nella vicenda di sospetta corruzione attraverso il suo servizio di informazione esterna, la Dged. In base ai documenti consultati dai due quotidiani - si legge ancora sul giornale - Panzeri, Cozzolino e Giorgi sarebbero stati in contatto con la Dged e con Abderrahim Atmoun, l'ambasciatore del Marocco in Polonia.

E secondo quanto scrivono i media greci, la procura di Atene ha aperto un'indagine penale sulla ex vicepresidente del Parlamento Ue, Eva Kaili, per corruzione e riciclaggio di denaro in relazione a fatti diversi da quelli su cui sta lavorando la magistratura belga. Il decreto d'urgenza per l'esame preliminare è stato emesso dal procuratore finanziario. I magistrati greci chiederanno alle autorità giudiziarie di Bruxelles copia del fascicolo del caso che riguarda l'eurodeputata.

"I contorni sono abbastanza devastanti". Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni arrivando al Consiglio Europeo parlando del Qatargate. "In questi casi credo che conti molto la reazione e la reazione deve essere ferma e decisa", ha aggiunto. Il leader della Lega Matteo Salvini: da anni infangano la Lega cercando rubli (che non ci sono) con articoli, inchieste e commissioni, ma allo stesso tempo "gli passavano sotto il naso milioni di euro in corruzione dai paesi islamici. Penosi". Il leader del M5s Giuseppe Conte: "Nessun parlamentare italiano, che prende soldi dai cittadini, deve prendere soldi da stati stranieri, fondi sovrani o collegati".

"Piena fiducia nell'inchiesta giudiziaria e pieno supporto e fiducia alla presidente del Parlamento Europeo Metsola nell'adottare i passi necessari per migliorare e proteggere il funzionamento dell'Euro camera". E' questo il messaggio che, a quanto si apprende da fonti Ue, è stato diretto dai leader europei alla presidente dell'Euro camera, che è stata "ringraziata per la sua franchezza". I leader hanno accolto l'efficienza con cui l'Euro camera ha risposto a questo attacco", ha spiegato Metsola in conferenza stampa.

Sul Qatargate "lo scenario è oggettivamente preoccupante, le notizie che escono raccontano qualcosa che non avremmo mai immaginato. Credo che di fronte a vicende di questo tipo conti molto la reazione che deve essere ferma e decisa: si deve andare fino in fondo e non si devono fare sconti. Ne va della credibilità dell'Unione, delle nostre nazioni".

Lo ha dichiarato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles. "Probabilmente se ne parlerà anche oggi e noi chiederemo che sia fatta piena luce su quello che sta accadendo perché i contorni sono abbastanza devastanti".

Per i media greci sarebbero una sessantina gli europarlamentari coinvolti. I dubbi di Bonomi: "Mi chiedo se anche le scelte sull'automotive abbiano subito pressioni". Tajani: "Il Parlamento europeo non è fatto di corrotti". L'indagine è partita dai servizi segreti nel 2021.

fonti varie agenzie

In un momento come questo ci mancavano solo le di minacce di una guerra tra Turchia e Grecia. A riaccendere i dissapori secolari tra i due Paesi è stato Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco che senza troppi giri di parole ha fatto intendere come i propri missili potrebbero colpire Atene. Il presidente turco Erdogan ha evocato una possibile guerra contro la Grecia, con i nuovi missili balistici Tayfun che potrebbero raggiungere Atene “all’improvviso una notte”. «Ora abbiamo iniziato a produrre i nostri missili. Quando si parla di Tayfun, i greci si spaventano e dicono: “Colpirà Atene”. Beh, certo che lo farà se non mantiene la calma». Queste le parole del leader turco Recep Tayyip Erdoğan nel corso di una conferenza tenuta a Samsun, nel nord del Paese, rinnovando l’invito alla smilitarizzazione delle isole greche del Dodecaneso. La scorsa settimana, il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha messo in guardia Atene affermando che «Ankara è pronta ad adottare le misure necessarie».

Il ministero degli Esteri ellenico non ha tardato a rispondere, dichiarando quanto chiesto dalla Turchia inaccettabile e che «le dichiarazioni dei funzionari turchi sulla smilitarizzazione delle isole dell’Egeo sono state ripetutamente respinte nella loro interezza con una serie di argomentazioni incluse nelle relative lettere che la Grecia ha inviato al segretario generale delle Nazioni Unite. La disputa sulla sovranità delle isole greche e l’aumento della tensione nell’Egeo attraverso minacce di guerra sono state condannate nel loro complesso dalla comunità internazionale”.

“Se Atene cerca di comprare armi a destra e a manca e dall’America per armare le isole, non possono aspettarsi che un Paese come la Turchia rimanga a guardare”, dichiara Erdogan. Il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, non accetta che un membro della Nato minaccia la Grecia di attacchi missilistici, accusando la Turchia di assumere “atteggiamenti nordcoreani”.

Secondo la deputata greca Bakoyanni, il ministro degli Esteri turco avrebbe minacciato il paese ellenico in una conferenza stampa dove era presente l’omologo tedesco che non ha ribattuto. il 21 e 22 gennaio Cavusoglu a Bruxelles. 

“Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas deve spiegare perché è rimasto in silenzio dopo che il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu ha minacciato la Grecia” in una conferenza stampa congiunta lunedì 18 gennaio.

Ad affermarlo è Dora Bakoyanni, ex ministro degli Esteri e deputata del partito di governo Nuova democrazia (Ppe), alla quale non è andata giù la mancata risposta del rappresentante della Germania. L'incidente è avvenuto mentre Maas si trovava ad Ankara per discutere della crescente crisi nel Mediterraneo orientale e in particolare sulle tese relazioni tra Grecia e Turchia.

Le parole incriminate, espresse dal ministro turco, sarebbero le seguenti: “Se la Grecia insiste a non cooperare, allora la responsabilità di qualsiasi tensione tra i due Paesi sarà sulle spalle di Atene”.

Oltre alle poco concilianti affermazioni turche, è stata la mancata reazione di Maas a scatenare le recriminazioni di Bakoyanni, voce autorevole greca sulle questioni diplomatiche, che, conoscendo il tedesco, ha ipotizzato che il ministro non abbia colto il messaggio dato che “il turco è una lingua difficile” e “la traduzione in tedesco può avere a volte delle lacune” e quindi la frase non sarebbe stata riportata. In ogni caso, Bakoyanni ha ribadito che non è accettabile che “ un partner” dell’Europa minacci uno Stato membro.

L’ultimo atto di una controversia iniziata diverso tempo fa, tra Turchia e Grecia, per la disputa di Cipro. Ma sul quadro generale c’è anche la divisione della piattaforma continentale, dei confini marittimi e lo spazio aereo. Infine, i diritti di sfruttamento delle risorse di idrocarburi nell’Egeo e al largo di Cipro.

A riaccendere lo scontro tra Turchia e Grecia sono state le esercitazioni militari condotte il 3 dicembre dalle Forze armate greche sull’isola di Rodi. In questa occasione, nell’ambito della missione “Kolossus”, sono stati attivati tutti i sistemi di difesa dell’isola e individuate le posizioni da ricoprire in caso di attacco. Çavuşoğlu ha commentato l’episodio come inaccettabile, affermando che «è impossibile restare in silenzio di fronte alle minacce da parte della Grecia. Se la Grecia non vuole la pace prenderemo tutte le misure necessarie sia sul terreno legale che in ambito militare. Chi semina vento raccoglie tempesta».

I missili in questione sono i temibili Tayfun, di fabbricazione turca capaci di colpire un bersaglio a una distanza di circa 560 chilometri come hanno dimostrato dei recenti test effettuati dalla Turchia nel Mar Nero.

“Ora abbiamo iniziato a produrre i nostri missili - ha dichiarato Erdogan durante un discorso a Samsun stando a quanto riportato da Politico -. Naturalmente questa produzione spaventa i greci. Quando si dice Tayfun, i greci si spaventano e dicono ’colpirà Atene’; beh, certo che lo farà se non mantiene la calma”.

Negli ultimi tempi la Turchia ha aumentato la propria retorica di guerra nei confronti della Grecia, accusando Atene di aver rafforzato le proprie postazioni militari nelle isole del Mar Egeo.

Minacce queste che arrivano nel pieno della guerra in Ucraina, mentre anche nei Balcani la tensione è alle stelle con gli Stati Uniti che stanno cercando di mediare per evitare una escalation nel Kosovo.

La Turchia non vede di buon occhio l’aumento dell’esercito ellenico lungo le sue coste, sempre più supportato dall’occidente, in quanto membro della Nato, con cui Ankara spesso ha avuto dissapori. Gli attriti si sono intensificati negli ultimi anni, da quando la Turchia ha mobilitato la sua marina per rivendicare diritti su potenziali risorse di idrocarburi nel Mediterraneo orientale.

Ad Atene non è andato giù neanche il Consiglio europeo del dicembre scorso, quando, grazie all’intervento di Angela Merkel e Boyko Borissov, sono state risparmiate sanzioni più dure alla Turchia, in risposta alle trivellazioni nel Mediterraneo orientale.

La posizione dell’esponente del centrodestra greco non è condivisa da un altro ex ministro degli Esteri, Nikos Kotzias, membro del governo Tsipras. Ad Euractiv.com, il politico vicino alle posizioni di Syriza, ha detto di considerare un errore quello di “tirare per la giacchetta” la Germania, in quanto la Grecia dovrebbe cercare di “capire e risolvere il problema con la Turchia”. Invece, ha proseguito, nel tentativo di “influenzare Berlino” o di “convincerla a non essere pro-turca”, rischia di fare andare “altrove” il negoziato.

Nel 2020 le tensioni Atene-Ankara si sono acuite e la Germania ha tentato di mediare tra le due eterne rivali. Il prossimo 25 gennaio Grecia e Turchia riprenderanno i ‘colloqui esplorativi’ per verificare la possibilità di avviare un dialogo ufficiale tra i due Paesi.

Ma l’ordine del giorno dell’appuntamento è già motivo di incomprensioni: Atene insiste sul fatto che dovrebbero essere discussi solo i problemi relativi alle zone marittime, mentre Ankara vorrebbe trattare tutte le questioni, compresa la smilitarizzazione delle isole, vista dalla Grecia come un tentativo di mettere in discussione la sua sovranità.

La mancanza di serenità in vista dei nuovi colloqui è dovuta inoltre al fatto che, la scorsa settimana, la guardia costiera turca ha infastidito un peschereccio greco nei pressi dell’isola di Imia [video]. In più, Ankara ha annunciato che terrà nuove esercitazioni militari nel Mar Egeo, alcune delle quali dovrebbero durare fino alla fine dell’anno.

 Fonti Eurocomunicazione / varie agenzie

“Una fruttuosa conversazione con Biden”. Inizia così il post lanciato su Twitter dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in merito all’incontro telefonico avuto con il suo corrispettivo americano Joe Biden.

“Ho espresso gratitudine per un altro pacchetto di sicurezza. Abbiamo discusso di ulteriore cooperazione in materia di difesa, protezione e manutenzione del nostro settore energetico. Posizioni coordinate alla vigilia del vertice online del G7. La leadership americana rimane salda”.

Da una parte la tensione che sale con dichiarazioni allarmistiche, dall’altra gli appelli anche del governo Putin affinché si mantenga la calma. E’ il clima sulla crisi Ucraina-Russia. Oggi il presidente USA Joe Biden ha parlato al telefono con il collega ucraino Zelensky. Kiev chiede incontro con Mosca.

La telefonata di ieri Biden- Putin lascia un grande gelo. Colloquio telefonico alquanto acceso che potrebbe scatenare nuove tensioni, soprattutto vista la grave crisi in corso ai confini dell’Ucraina. Fra i due presidenti di Stati Uniti e Russia i toni sarebbero stati non così idilliaci. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha tenuto un colloquio con il collega statunitense Joe Biden per fare il punto sulla situazione. A riportare la notizia è stata una fonte presidenziale del governo di Kiev.

Biden e Zelensky hanno parlato oggi per 51 minuti al telefono. Sono 11 i minuti in meno rispetto al colloquio di 62 minuti fra il presidente degli Stati Uniti e Vladimir Putin, così come riportato dalla Casa Bianca. Nel corso della telefonata il presidente Zelensky avrebbe chiesto a Biden di effettuare una visita in Ucraina. Lo riporta la Cnn citando fonti di Kiev, secondo le quali Zelensky avrebbe anche chiesto un maggiore sostegno militare e finanziario. Intanto la tensione è altissima e così il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha in programma di raggiungere prima l’Ucraina, in seguito si dovrebbe recare a Mosca, per provare a calmare le acque. “Ho avuto una conversazione telefonica di un’ora con Joe Biden. Abbiamo parlato di sicurezza, economia, dei rischi esistenti, delle sanzioni e dell’aggressione russa“, ha commentato su Twitter il presidente dell’Ucraina.

La Casa Bianca risponde con una nota in cui fa sapere che Biden “ha accolto con favore la dichiarata apertura del presidente Zelensky a una pace giusta basata sui principi fondamentali racchiusi nella carta dell’Onu”.

Aggiungendo, in merito ai più recenti pacchetti di aiuti verso Kiev, come gli Usa, “stiano dando priorità agli sforzi per rafforzare la difesa aerea dell’Ucraina” mentre non accennano a fermarsi gli attacchi russi alle infrastrutture strategiche.

Come dichiarato da primo ministro ucraino Denys Shmyhal, la maggior parte degli impianti idroelettrici e termoelettrici dell’Ucraina hanno subito ingenti danni per questo sostiene la necessità di affidarsi a criteri di priorità dando la precedenza agli ospedali «Ognuno di noi» afferma «deve capire che attraverseremo questo inverno con significative restrizioni del consumo di elettricità».

Intanto la Germania ha dichiarato che in caso di attacco russo, le sanzioni sarebbero “inevitabili e immediate“. L’argomento crisi in Ucraina tocca anche la Germania che, mediante il presidente Frank-Walter Steinmeier, lancia un messaggio ben preciso. “Faccio un appello al presidente Putin: sciolga il cappio attorno al collo dell’Ucraina. Si unisca a noi nella strada che porta alla preservazione della pace in Europa. E non sottovaluti la forza della democrazia“, dichiara Steinmeier durante il discorso di insediamento per il nuovo mandato.

Anche il premier turco Recep Tayyip Erdoğan ha raggiunto telefonicamente Zelensky, rinnovando il suo ruolo da mediatore e promettendo assistenza umanitaria affinché il popolo ucraino possa affrontare l’inverno. Ferme le posizioni di Mosca che al momento non vedono possibile parlare di pace.

La crisi in Ucraina rischia di compromettere la stabilità di diversi Paesi che sarebbero già pronti a intervenire qualora la Russia dovesse ulteriormente avanzare con una invasione. Intanto John Kirby, in qualità di portavoce del Pentagono, ha rilasciato alcune importanti dichiarazioni ai microfoni di Fox News. La speranza è di trovare una soluzione diplomatica, ma il tempo stringe.

Nessuna conferma sulla data del 16 febbraio, indicata da fonti dell’intelligence, citate da alcuni organi d’informazione statunitensi, come l’inizio di una presunta operazione della Russia in Ucraina. “Abbiamo detto, e crediamo ancora oggi, che ci sia ancora tempo e spazio per un percorso diplomatico. Pensiamo ancora che ci sia un modo pacifico per evitare una guerra in Ucraina“, ha dichiarato il portavoce Kirby.

Oleksandr Starukh, capo dell’amministrazione militare regionale conferma, come riportato dal Kyiv Independent, che circa 230 persone nella Regione di Zaporizhzhia, sono in ostaggio dei russi. Sale a 573 il numero di civili prigionieri negli ultimi nove mesi, dei quali 232 ancora in ostaggio. Una situazione aggravata dall’impotenza delle organizzazioni internazionali che spesso sono impotenti quando si parla di violazioni dei diritti umani dalla parte della Russia, commenta Starukh.

Nelle ultime 24 ore le forze ucraine hanno respinto ininterrottamente gli attacchi russi “nelle aree forestali di Stelmakhivka, Makiivka e Serebryansky della Regione di Lugansk e Verkhnekamensky, Belogorivka, Soledar, Yurievka, Krasnogorovka, Maryinka, Novomikhailovka e Vremivka nella Regione di Donetsk” come si legge nel rapporto diffuso dallo Stato Maggiore dell’esercito ucraino.

 

fonti eurocomunicazione/ free / varie agenzie

E' stato approvato dal Cdm il decreto per il salvataggio della raffineria siciliana Lukoil di Priolo, in provincia di Siracusa. Il via libera è arrivato all'unanimità. Il decreto prevede una "amministrazione temporanea" per lo stabilimento. Questo permetterà di garantire la continuità operativa, dopo che lunedì scatteranno le sanzioni Ue sul petrolio russo. E' prevista anche la nomina di un commissario ministeriale che potrà essere incaricato per 12 mesi, prorogabili per altri 12.

Il premier Giorgia Meloni ha espresso soddisfazione per l'approvazione di un decreto legge «a tutela dell'interesse nazionale nei settori produttivi strategici». Una norma, prosegue Palazzo Chigi, «con la quale il governo interviene, tra l'altro, per garantire la continuità del lavoro nella raffineria Isab di Priolo che impiega con l'indotto circa 10mila persone». Scopo dell'intervento d'urgenza, conclude la nota, «è tutelare al tempo stesso un nodo energetico strategico nazionale e i livelli occupazionali così significativi per la Sicilia e l'intera nazione».

Il decreto legge sulla tutela degli interessi nazionali nei settori produttivi strategici, approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, stabilisce l'amministrazione straordinaria per la Lukoil di Priolo. Il dl si compone di due parti, Nella prima si interviene nel settore degli idrocarburi per assicurare «continuità produttiva e la sicurezza degli approvvigionamenti» attraverso «le procedure di amministrazione temporanea». In particolare, questo nuovo istituto concorsuale viene adottato «in caso di grave e imminente pericolo di pregiudizio all'interesse nazionale alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico». 

La richiesta di amministrazione temporanea può essere avanzata entro giugno 2023 ma, in assenza di domanda, il governo, perseguendo «l'interesse nazionale», potrà disporre comunque con decreto interministeriale (ministero Imprese, Economia e Ambiente) e per un periodo massimo di 12 mesi, prorogabile una sola volta fino a ulteriori 12 mesi. Il commissario temporaneo per aziende di idrocarburi, nominato con decreto interministeriale, può valersi per la gestione di società a controllo pubblico. La seconda parte del decreto prevede «misure compensative» che si possono attivare a sostegno delle imprese destinatarie delle misure di golden power, sulla base di specifiche richieste.

Intanto nella valutazione dell'operato del ministro dell'Interno e dellaOng è sempre mancato un tassello. Nel pesare le responsabilità è mancata l'analisi delle violazioni da parte dell'Ong che sono contenute in un'informativa che si sa esistere ma che ancora non è agli atti, un'informativa fantasma che noi vogliamo vedere». L'avvocato Giulia Bongiorno non usa mezzi termini a conclusione dell'udienza del processo Open Arms che si è celebrata nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo e che vede imputato per sequestro di persona l'ex ministro dell'Interno, oggi titolare del dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini.

L'udienza si è aperta con la richiesta della difesa, accolta dal collegio presieduto da Roberto Murgia, di acquisire tutta la documentazione audio e video di un sottomarino italiano che, nell'agosto 2019, era nella zona dove la Ong stava effettuando un intervento su un barcone partito dalla Libia. Documenti fondamentali, secondo l'avvocato Bongiorno, che accenderebbe una nuova luce sulla vicenda e sulla condotta della Open Arms. Si tratta di materiale che mai era stato messo agli atti e che il Tar nel decidere sulla sospensione del divieto di sbarco, il Senato quando fu chiamato a esprimersi sull'eventuale processo a carico di Salvini e il gup nel rinvio a giudizio non avevano visionato. L'attuale vicepremier e Ministro si è detto «sconcertato».

Dopo una breve camera di consiglio il presidente della Corte, Roberto Murgia, ha ammesso il fascicolo, disponendo anche la deposizione come testi del capitano di corvetta Stefano Oliva, comandante del sottomarino "Venuti", e del capitano Andrea Pellegrino che sulla vicenda produsse una relazione di servizio.

La documentazione emersa dai video e dagli audio fatti dal sommergibile “fa emergere molte anomalie”, ha detto Giulia Bongiorno intervenendo in aula. "Tutto questo materiale in cui viene fotografata la condotta di Open Arms non è mai stato visionato, non sfuggirà al Tribunale la rilevanza". "Al ministro Salvini viene contestato di non avere dato il Pos mentre la difesa dice che è stato fatto il legittimo divieto di transito. Finora si è detto che quelle anomalie non c'erano, invece questa documentazione fa emergere quelle anomalie".

Non ero a conoscenza di questi documenti sull'attività di un sommergibile della Marina militare. Ma io non ero nella linea di decisione rispetto alla opportunità di emettere il secondo decreto". Così l'ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, parlando con i giornalisti dopo aver testimoniato nel processo Open Arms. "Un decreto di quel genere aveva bisogno di velocità - ha sottolineato - perché bisognava impedire a una nave di entrare: nel momento in cui il ministro dell'Interno Matteo Salvini avesse ritenuto che per motivi di sicurezza non fosse stato opportuno fare entrare una nave in porto, una verifica fatta da un altro ministro in un secondo momento avrebbe creato dei problemi. Quindi, non era proprio nelle mie competenze - ha ribadito - e comunque non ero a conoscenza di questa attività".

"Sono certo che il ministro Nordio approfondirà" ha scritto sui social Salvini che anticipa di avere allo studio con i suoi legali “delle iniziative importanti”. Salvini spiega che "le procure siciliane, quella di Roma e la procura militare sapevano che la ong spagnola Open Arms aveva intercettato (in acque libiche) un barcone di immigrati grazie alla soffiata di un soggetto ignoto e in grado di suggerire l'esatta posizione del barcone. Si trattava di uno scafista?. Il dubbio è lecito e i dati oggettivi fanno rabbrividire" sottolinea il vicepremier rivelando che i nuovi documenti potrebbero riscrivere la storia del processo.  "Agosto 2019, ultime settimane del governo Conte 1. Solo ora - tre anni dopo! - siamo venuti a conoscenza che c'erano foto, video e registrazioni della ong, immortalata da un sottomarino della Marina italiana, che potrebbero riscrivere la storia di un processo dove rischio fino a 15 anni di carcere”.

Fonti Rai / Il Tempo / e varie agenzie

Una manovra «coraggiosa» e «coerente con gli impegni presi con gli italiani». Dunque, una manovra fortemente improntata a una precisa «visione politica», che ha dettato le «priorità» sulle quali «concentrare le risorse». Ma che, in appena un mese dall’insediamento del governo, ha anche gettato le basi di un lavoro di legislatura. Così Giorgia Meloni ha illustrato oggi, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, le misure adottate nella notte dal Consiglio dei ministri, chiarendo come ciascuna faccia parte di un impegno strategico complessivo assunto per il Paese. «È una manovra coraggiosa, perché scommette sul futuro», ha rivendicato il premier, chiarendo dunque che anche le politiche di sostegno a imprese e famiglie hanno una portata che non si limita a tamponare le difficoltà dell’oggi, ma che punta a investire sul domani e che tutto il governo si è mosso in questa direzione, senza cedimenti a «piccole questioni» o «egoismi».

La legge di bilancio, ha ricordato il premier, «cuba complessivamente 35 miliardi di euro» e vede al centro «due grandi priorità: crescita, che significa mettere in sicurezza il tessuto produttivo, premiare chi si rimbocca le maniche; e giustizia sociale», con «attenzione alle famiglie, ai redditi più bassi e alle categorie più fragili». «Solto contenta – ha chiarito – del lavoro fatto e dell’approccio da bilancio familiare: quando ti occupi del tuo bilancio e le risorse mancano non stai a preoccuparti del consenso, ma di cosa sia giusto fare per far crescere la famiglia nel migliore dei modi, si fanno delle scelte e ci si assume delle responsabilità».

Entrando nel merito delle misure assunte, Meloni ha ricordato come la gran parte delle risorse, 21 miliardi, sia stata convogliata sul caro energia, per «mettere in sicurezza il tessuto produttivo e le famiglie». In questo ambito, per le imprese il governo ha confermato e aumentato i crediti d’imposta, che passano dal 40% al 45% per le aziende energivore e dal 30% al 35% per le aziende non energivore. Per le famiglie ha allargato la platea di quelle che possono beneficiare dell’intervento dello Stato per calmierare le bollette, innalzando la soglia Isee da 12mila a 15mila euro. «È una misura per le famiglie più bisognose» che cuba circa 9 miliardi, ha ricordato il premier, spiegando inoltre che sono stati eliminati gli oneri impropri, è stata prorogata fino a marzo l’Iva al 5% sul gas ed è stata ridefinita la norma sugli extraprofitti, per superare gli elementi di contestazione che esistevano e recuperare 2,5 miliardi di euro, innalzando l’aliquota dal 25% al 35%.

«Molta attenzione» è stata poi riservata al tessuto produttivo, per il quale la linea politica è stata quella di incentivare e premiare il lavoro, coerentemente con gli impegni assunti in campagna elettorale. Nella manovra ci sono 3 tasse piatte. La prima sui redditi incrementali: il 15% sul maggiore utile conseguito con soglia massima di 40mila euro. «Una misura – ha chiarito Meloni – rivolta al ceto medio, non per un favore ai ricchi, ma per riconoscere valori e sacrifici». La seconda per gli autonomi, con la soglia al 15% innalzata fino a 85mila euro. La terza per i lavoratori dipendenti, che potranno godere di una tassa al 5% sui premi di produttività fino a 3mila euro. «Questa misura fa il paio con l’estensione dei fringe benefit già approvata», ha aggiunto il premier.

Il lavoro è, in generale, il comparto cui il governo ha dedicato maggiori risorse: lo stanziamento più ingente, dopo quello per l’energia, è sul taglio del cuneo fiscale. Si tratta di 4,5 miliardi di euro destinati a confermare il taglio del 2% per i redditi fino a 35mila euro e aggiungere un 1% in più per quelli fino a 20mila, che quindi potranno contare su un 3% complessivo. I benefici della misura saranno interamente «lato lavoratore» e confermano l’attenzione del governo per i redditi più bassi. C’è poi la prima applicazione del programma che in campagna elettorale Meloni sintetizzava con lo slogan “più assumi, meno paghi”: contribuzione azzerata per chi assume donne, giovani fino a 36 anni o percettori di reddito di cittadinanza. Ma, ha chiarito Meloni, «vale per i nuovi contratti», perché la misura punta a creare maggiore occupazione o maggiore stabilità, anche con la trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Introdotti, inoltre, buoni lavoro fino a 10mila euro in agricoltura, comparto Oreca e valori domestici, e rinviate la plastic e la sugar tax.

La manovra prevede anche un intervento di «tregua fiscale» per cittadini e imprese che in questi ultimi anni si sono trovati in difficoltà economica anche a causa delle conseguenze del Covid e dell’impennata dei costi energetici. Prevede la cancellazione delle cartelle fino al 2015 che hanno un importo inferiore a mille euro, la rateizzazione dei pagamenti fiscali non effettuati nel 2022 senza aggravio di sanzioni e interessi per chi a causa di emergenza Covid, caro bollette e difficoltà economiche non ha versato le tasse. È prevista una mini sanzione del 5% sui debiti del biennio 2019-2020. La rateizzazione è fino a 5 anni. Dunque, «nessun condono, ma solo operazioni di buon senso».

Ancora sul fronte del lavoro e dell’impresa, il governo ha varato un provvedimento contro la concorrenza sleale delle cosiddette aziende “apri e chiudi”, «cioè di quegli esercizi – ha ricordato il premier – che aprono, non versano nulla nelle casse dello Stato, spariscono e poi ricominciano daccapo». «La misura prevede che, quando si hanno avvisaglie, l’Agenzia delle Entrate convochi il titolare e ne cancelli la Partita Iva, che potrà essere riaperta solo con fideiussione sul pagamento delle tasse dovute. Noi crediamo infatti – ha ricordato Meloni – che gli imprenditori e i commercianti vadano difesi dalla concorrenza sleale e dall’abusivismo».

Dunque, misure in cui l’impronta politica del governo emerge chiaramente. Così come per quelle adottate sul fronte delle famiglie, delle pensioni, del reddito di cittadinanza, fisco. Quello per la famiglia è un vero e proprio pacchetto, che getta a sua volta le basi di un programma di legislatura. Nella manovra «1,5 miliardi sono stati destinati alle famiglie e alla natalità, un impegno – ha rivendicato il premier – che non credo abbia precedenti nei governi recenti». Nel pacchetto trovano spazio gli aumenti per l’assegno unico (50% in più per tutto il primo anno di vita del bambino; 50% in più per tre anni per le famiglie numerose con 3 figli o più) e la stabilizzazione della maggiorazione per i figli disabili, che «incredibilmente – ha sottolineato Meloni – era transitoria e non strutturale. Invece noi crediamo che sia una condizione fondamentale che i bambini disabili abbiano più degli altri».

E ancora tra le misure per le famiglie hanno trovato spazio l’Iva al 5% su tutti i prodotti per la prima infanzia e sugli assorbenti; la conferma dell’agevolazione sulla prima casa per le giovani coppie, tra le quali la copertura dello Stato copre fino all’80% mutui; un intervento sul congedo parentale facoltativo che «costituisce una piccola banca del tempo» per i genitori di bambini fino a 6 anni e che introduce un mese retribuito all’80% invece che al 30%. Nella manovra, inoltre, c’è lo «stanziamento di 500 milioni contro il caro carrello». Il governo ha deciso di non dare il via libera all’azzeramento dell’Iva su pane e latte «perché non potendo distinguere il reddito, la misura si sarebbe spalmata anche su chi non aveva bisogno: abbiamo in mente di selezionare con decreto alcuni alimenti e utilizzare questi 500 milioni per abbassare il prezzo di quei beni per gli incapienti attraverso la rete dei Comuni» e coinvolgendo anche produttori e distributori.

Sul fronte pensioni, un tema – ha chiarito Meloni – affrontato con grande «serietà»: proroga dell’Ape sociale e di opzione donna, con correttivi che la rendono più equilibrata, e interventi sullo scalone pensionistico, che consentiranno di andare in pensione con 62 anni e 41 di contributi, ma «con paletti di buonsenso, il più importante dei quali è che chi decide entrare in questa finestra fino a maturazione dei requisiti non potrà prendere una pensione superiore a 5 volte la minima». Un principio di equità, che il governo ha applicato anche per la rivalutazione delle pensioni: le minime saranno rivalutate del 120%, quelle fino a 2mila euro del 100% e così a scalare fino alle pensioni che sono pari o oltre 10 volte la minima la cui indicizzazione si fermerà al 35%. «Questa è una scelta politica di cui ci assumiamo la responsabilità», ha detto Meloni, ricordando la sua storica battaglia sulla necessità di meccanismi di riequilibrio rispetto alle pensioni d’oro.

infine, la questione reddito di cittadinanza. «Avremmo avuto bisogno di più tempo per una riforma complessiva, ma intanto stabiliamo che si continua a tutelare chi non può lavorare – disabili, anziani, famiglie senza reddito con minori a carico, donne in gravidanza – mentre per gli altri, per chi può lavorare, il reddito di cittadinanza sarà abolito alla fine del 2023, quando comunque non si potrà percepire per più di 8 mesi e decadrà al a primo rifiuto lavoro», ha chiarito il premier, ricordando anche «l’obbligo di presenza sul territorio nazionale». «Ci siamo dati un periodo transitorio per accompagnare al lavoro», ha chiarito Meloni, ricordando che già «il contributo per chi assume percettori di Reddito di cittadinanza va in questo senso» e puntando anche sulle opportunità per la formazione offerte dal Fondo sociale europeo.

Sul reddito di cittadinanza, ha quindi sottolineato il premier, «vedo forze politiche che chiamano la piazza, bene. Ma chi lo ha pensato, lo ha immaginato come uno strumento con cui lo Stato deve occuparsi delle persone da 18 a 60 anni? Evidentemente non ha funzionato come doveva. O alcuni pensavamo che ci sono persone di cui lo Stato si occupa all’infinito? Lo Stato aiuta trovando un posto di lavoro e migliorando la condizione di queste persone», ha concluso il premier, ribadendo che «noi abbiamo intenzione di rimettere complessivamente mano a questa materia».

 Fonti  

Gazzetta Tricolore / Secolo d Italia

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