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La Francia ripiomba nell'incubo terrorismo. Se le prime ricostruzioni di polizia dovessero essere confermate, il raid omicida di questa mattina che e costato la vita a un prete e ad un fedele che assisteva alla Santa messa in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, in Normandia, parrebbe proprio l'ennesimo attentato di matrice islamista.

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Ho un messaggio per voi: il crimine e la violenza che oggi affliggono il nostro Paese finiranno presto. Se saro' eletto a partire dal primo gennaio 2017 restituiro' sicurezza all'America": cosi' Donald Trump nel suo intervento davanti alla platea della convention repubblicana. ''In questa corsa alla Casa Bianca io sono il candidato dell'ordine e della legalita'''.

Trump accusa Barack Obama di ''aver usato, con la sua retorica irresponsabile, il pulpito della presidenza per dividere il Paese sul fronte della razza e del colore, rendendo l'America piu' pericolosa'. Poi ribadisce:  ''Gli Stati Uniti devono immediatamente sospendere l'immigrazione da tutti i Paesi che sono coinvolti con il terrorismo fino a che non sia realizzato un meccanismo di controllo efficace''. "Non li vogliamo nel nostro Paese". In riferimento all'ingresso dei rifugiati siriani negli Usa ha ribadito come lui permettera' l'ingresso solo ''a chi sostiene i nostri valori e ama la nostra gente''. D

''Fermeremo l'immigrazione illegal. Costruiremo il muro'' lungo il confine con il Messico, ha confermato. "Non possiamo piu' permetterci di essere politicamente corretti. Se volete sentire menzogne la convention dei democratici e' la prossima settimana". "La piu' importante differenza tra noi e i nostri avversari e' che il nostro piano mettera' l'America al primo posto. Americanismo, non globalismo, sara' il nostro credo".

''Insieme riporteremo il nostro partito alla Casa Bianca, e riporteremo nel Paese sicurezza, prosperita' e pace' ''. "Ora la mia unica ed esclusiva missione e' andare a lavorare per il nostro Paese, lavorare per voi''. ''Ho ascoltato la vostra voce. Sono con voi, combattero' con voi e vincero' con voi. E faremo l'America di nuovo grande'': con queste parole Donald Trump ha chiuso il suo lungo intervento sul palco della convention repubblicana di Cleveland. Nuova standing ovation, mentre tutti i membri della famiglia, dalla moglie Melania ai figli e ai nipoti, raggiungono il tycoon sul palco.

Oggi la Quicken Loans Arena di Cleveland e' sua. La tanto invocata unita' l'ha trovata qui, il partito d'ora in poi seguira'. Oltre un'ora: e' il più lungo discorso di accettazione della nomination da quello di Bill Clinton, nel 1996, che parlo' per poco piu' di 64 minuti. Ed e' a chiara firma Trump. Emozionato quando sale sul palco, teso anche, poi prende il ritmo e resta negli argini, come richiede la circostanza. E' chiaro pero' a tratti che vorrebbe rispondere alla platea ma si trattiene. Non oggi. E' il momento della promessa di 'aggiustare', e in fretta, un'America spaventata. E allora la sicurezza prima di tutto: sulle strade, nelle citta', distruggendo l'Isis e annientando la minaccia terroristica. Un'America cui promette verita' ("se volete menzogne andate alla convention democratica la prossima settimana") e dove non e' piu' il tempo del politically correct.

E' il discorso della vita. Il piu' importante. E Donald Trump promette di essere la voce dell'America. "Il 20 gennaio 2017 gli americani si sveglieranno finalmente in un Paese dove le leggi vengono fatte rispettare. Io sono il candidato dell'ordine e della legalità". Per un'America di nuovo sicura, di nuovo ricca, di nuovo grande. Ci sono tutti i cavalli di battaglia della corsa inarrestabile di Trump nel discorso di accettazione per la nomination repubblicana che ne fa ufficialmente il candidato alla presidenza degli Stati Uniti per il Grand Old Party, tra standing ovation, boati e festeggiamenti inimmaginabili un anno fa, quando l'istrionico miliardario lanciava la sua campagna dall'esito incerto e con quasi nessun appoggio.

Se la Russia attaccasse i paesi baltici non interverrei automaticamente in loro difesa", come prevedono le regole della Nato: lo afferma Donald Trump in un'intervista al New York Times, spiegando che deciderebbe se intervenire o meno solo dopo aver valutato il contributo di quei Paesi all'Alleanza atlantica.

Trump parla poi della Turchia: "Se saro' eletto presidente non faro' pressioni su Ankara o su altri alleati autoritari che conducono purghe sui loro avversari politici o riducono le liberta' civili. Gli Stati Uniti devono risolvere i loro problemi prima di cercare di cambiare il comportamento di altri Paesi". Parole pesanti  alla vigilia dell'accettazione della sua nomination presidenziale alla convention repubblicana di Cleveland.  "Gli Stati Uniti - ha detto Trump - non hanno il diritto di dare lezioni ad altri Paesi". Il tycoon ha quindi elogiato il presidente turco, Recep Tagyyp Erdogan: "Gli do grande credito - ha spiegato - per essere stato capace di ribaltare la situazione dopo il tentativo di golpe".

''Alcuni dicono che il tentativo di colpo di stato sia stato provocato ad arte, ma io non lo credo", ha aggiunto. Trump non intende quindi unirsi al coro di chi invita Ankara alla moderazione nel reprimere gli oppositori rispettando gli standard occidentali della giustizia: "Quando il mondo vede quanto male le cose vanno negli Stati Uniti e si comincia a parlare di liberta' civili, non penso che noi siamo dei messaggeri credibili ". Nel corso dell'intervista, in gran parte sui temi di politica estera, Trump ribadisce come sia meglio tenere in piedi il regime Assad in Siria piuttosto che indebolire la lotta all'Isis. E ribadisce come l'arsenale nucleare in Giappone e Corea del Sud e' la miglior difesa dalle minacce della Cina.

Dove serve un cambio di leadership, contro l'eredita' di Hillary Clinton che e' "morte, distruzione, terrorismo e debolezza". I toni non sono sopra le righe ma conferma tutto, punto per punto, cio' che ha promesso mese dopo mese: "Gli Stati Uniti devono immediatamente sospendere l'immigrazione da tutti i Paesi che sono coinvolti con il terrorismo fino a che non sia realizzato un meccanismo di controllo efficace". L'ingresso in America sara' concesso solo "a chi sostiene i nostri valori e ama la nostra gente". Anche il muro si fara', "fermeremo l'immigrazione illegale".

E la Costituzione verra' protetta da un giudice della Corte Suprema nominato da un presidente repubblicano. Lo stesso che da Cleveland e da candidato garantisce che proteggerà la comunità Lgbtq. Trump dipinge cosi' un'America cupa e punta tutto sulle sue paure. ''Un discorso molto cupo e terribile, spaventoso'', e' la prima reazione dall'entourage della famiglia Bush attraverso la ex speech writer di George padre, Mary Cary, che twitta mentre Trump sta ancora parlando. Risponde subito anche Hillary Clinton: "'Non sei la nostra voce'', twitta la candidata democratica accettando pero' la sfida: "Sì, costruiremo un muro tra te e la presidenza, Donald Trump".

La prima replica di Hillary Clinton a Donald Trump arriva su Twitter, mentre il tycoon sta ancora parlando nell'arena di Cleveland: ''Non sei la nostra voce'', scrive la candidata democratica alla Casa Bianca, riprendendo lo slogan dello stesso Trump che rivolto alla platea della convention repubblicana ha ripetuto piu' volte ''io sono la vostra voce''.

Poi in spagnolo twitta: ''Si', costruiremo un muro tra te e la presidenza, Donald Trump", replicando al tycoon che e' tornato a promettere la costruzione di un muro al confine tra Usa e Messico per fermare l'immigrazione illegale.

Hillary Clinton annuncerà la propria scelta per la vice presidenza sabato prossimo, prima dell'avvio dei lavori della convention democratica. Lo riporta il New York Times, sottolineando che Hillary starebbe cercando un candidato alla vice presidenza che abbia esperienza nella sicurezza nazionale.

Nella lista dei papabili ci sarebbe dunque anche James Stavridis, ammiraglio della Marina in pensione con un passato alla Nato. Caldi poi i nomi di  Tim Kaine, ex governatore della Virginia, Tom Vislack, attuale segretario di stato all'agricoltura, e Tom Perez, attuale segretario al lavoro.

ma non sono ancora tramontati i nomi della senatrice Elizabeth Warren e del senatore Bernie Sanders.

Il presidente americano, Barack Obama, è soddisfatto del fatto che Hillary Clinton per la vicepresidenza stia valutando Tom Vilsack, Tim Kaine e Tom Perez. Lo ha riferito il portavoce della casa Bianca Josh Earnest.

 

 

L'aviazione americana ha ripreso a volare dalla base turca di Incirlik, 36 ore dopo l'interdizione che era stata decretata dal governo turco in seguito al fallito golpe militare. È il primo segno di distensione tra i due Paesi, dopo le parole infiammate che avevano fatto seguito all'insurrezione di venerdì, per la quale Erdogan e i suoi principali collaboratori non avevano taciuto i sospetti di un coinvolgimento da parte dell'importante alleato d'oltreoceano.

Al centro della tensione c'è la figura dell'Iman Fetullah Gulen, dal 1999 esule dalla Turchia, e rifugiato in una lussuosa quanto segreta base operativa nella campagna della Pennsylvania. Da questa residenza l'ex alleato di Erdogan, accusato poi di voler insidiare il potere del presidente turco, dirige le fila di un movimento religioso e culturale che predica la tolleranza e l'accettazione di pluralità di fedi all'interno dell'Islam sunnita. Da anni Erdogan chiede che l'amministrazione Usa ne ordini il rimpatrio, e accusa Gulen di ogni congiura nei suoi confronti, dall'insurrezione armata a brogli elettorali per ostacolare la sua ascesa.

Gli Stati Uniti prenderanno in considerazione la richiesta di estradizione di Fethullah Gülen, il religioso islamico che vive in Pennsylvania, avanzata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che accusa l'ex imam del tentato colpo di stato. Lo ha affermato il segretario di Stato americano John Kerry. Parlando dal Lussemburgo, Kerry ha detto che gli Stati Uniti non hanno ancora ricevuto una richiesta formale e ha invitato il governo turco «come sempre facciamo, a presentarci prove legittime che accetteremo e giudicheremo in modo appropriato».

I dubbi sull'affidabilità della Turchia nella lotta all'Isis li esprime in modo forse calcolatamente non diplomatico su «France 3» il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault, uno dei primi capi-diplomazia occidentali a parlare al telefono col suo omologo turco nella notte del tentato golpe. La domanda che gli viene posta riguarda la determinazione di Ankara nel contrasto al Califfato. «Ci sono interrogativi che dobbiamo porci e ai quali dovremo rispondere», spara Ayrault. «La Turchia è affidabile in parte, ma ci sono anche sospetti. Bisogna essere onesti su questo». Non è un caso che i dubbi vengano sollevati da Ayrault all'indomani della vittoria di Erdogan sui golpisti e della pesante repressione su militari e magistrati che ne è stata la diretta conseguenza.

Sono cinque i colpi di Stato nella storia della Turchia  : Il 27 maggio 1960 il generale Cemal Gürsel fece un colpo di Stato rimuovendo Celal Bayar e il primo ministro Menderes, che fu giustiziato poco dopo. Il sistema ritornò sotto il controllo civile solo nell'ottobre 1961.

Il 12 marzo 1971, i capi delle forze armate, guidati dal generale Faruk Gürler, presentarono un memorandum al Presidente Sunay in cui si esigeva l'installazione di un "governo forte e credibile". Il leader dell'esercito mise in guardia i funzionari civili che le forze armate sarebbero state obbligate nuovamente ad assumere l'amministrazione dello Stato se il governo non avesse messo in atto le riforme economiche e sociali (compresa la riforma agraria) per frenare la violenza. Demirel si dimise il giorno stesso. Un fatto che passò alla storia come il "colpo di stato del memorandum".  Una sessione della Grande Assemblea Nazionale fu convocata nel marzo 1973 per eleggere un successore al Presidente Sunay.

L'11 settembre 1979, il generale Kenan Evren ordinò al generale Haydar Saltık di valutare la possibilità di realizzare un colpo di Stato "costituzionale" o di dare un serio "avvertimento" al governo in carica. L'operazione fu pianificata nell'arco di sei mesi. Evren nascose la relazione e il piano operativo in un luogo sicuro.

Attuato poi nel settembre 1980, il controllo del governo fu posto nelle mani del generale Kenan Evren e del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale, che subito iniziarono a cercare di normalizzare il paese con la dissoluzione di tutti i partiti e la promozione di nuovi attori politici. Il sistema politico fu demolito. Venne elaborata una nuova Costituzione che dava più potere al Presidente rispetto all'Assemblea, e il Senato fu abolito, mentre il generale Kenan venne eletto Presidente per un mandato di sette anni.

Nel 1997 i militari criticarono il supporto del Governo a politiche religiose settarie e mandarono un memorandum al primo ministro Necmettin Erbakan intimandogli di rassegnare le dimissioni: una sorta di colpo di stato soft.

Con l'ultimo, sono cinque i colpi di Stato nella storia della Turchia. Nessuno dei quali ha portato mai a una dittatura, piuttosto al "ripristino" di sistemi democratici. ll governo liberale al potere dal luglio 1912 fu rovesciato nel gennaio 1913 da un colpo di Enver Pascià, e gli elementi più autoritari del movimento dei Giovani Turchi acquistarono il pieno controllo.

 

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