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Regioni in pressing per la ripartenza dunque con la videoconferenza dei governatori. 'Chiederemo che i singoli enti possano presentare piani di riapertura', afferma Toti. Conte conferma di voler valutare se anticipare 'aperture ulteriori' dei negozi. Record per diminuzione di malati in Italia, -7mila. Ma in Lombardia tornano a salire i decessi, +222.

"Abbiamo una importante conferenza dei governatori delle regioni e poi ci sarà la conferenza Stato-Regioni. E' opinione di tutti che non si possa più aspettare oltre. E' opinione della maggior parte dei governatori che occorra stabilire dei piani di riapertura Regione per Regione. Al Governo chiederemo domani di modificare il Dpcm in vigore per consentire alle singole regioni di presentare dei piani di riapertura già dalla prossima settimana". Lo ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti nel punto stampa quotidiano

"Poco fa la conferenza delle Regioni all'unanimità ha approvato un documento che chiede che fin da lunedì 11 maggio si possa riaprire il commercio al dettaglio e che dal 17 quando scadrà il dpcm firmato il 26 aprile scorso questa norma decada e venga totalmente attribuito alle regioni la responsabilità di elaborare un calendario completo di riaperture sin dal 18 maggio". Lo ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti nel corso di un punto stampa.

Il governatore Luca Zaia è "pronto a far ripartire tutto anche prima del 18 maggio". E lo ha ribadito nella videoconferenza con gli altri presidenti delle Regioni, presente il ministro Boccia. "Porto avanti la volontà di proporre di poter aprire tutto. E' difficile pensare che l'apertura che abbiamo oggi, che è pressochè totale, sia un fatto di salvaguardia rispetto al riavvio di quello che è rimasto chiuso. Pensare che il capro espiatorio di questa partita sia la parrucchiera, gli estetisti o i negozi, decisamente no. Altri colleghi la pensano come me".

Gli addetti al settore turistico, sono tutti concordi nel sostenere che i 5mila euro a fondo perduto promessi dal governo siano un’elemosina. Un albergatore di Oristano, infatti, ci spiega che, per lui, la stagione turistica è già finita dal momento che ha già ricevuto molte disdette di prenotazioni che avevamo chiuso già da febbraio. Con la crisi imminente che sta per arrivare “non mi conviene riaprire visto e considerato che i pochi che si potranno permettere una vacanza andranno in B and B molto più economici del mio”.

L’unico provvedimento arrivato dal governo è stata la sospensione dei mutui per sei mesi. Mutui che “poi dovrò pagare con gli interessi e i 5mila euro che arriveranno non mi basteranno neppure a coprire tale spesa”, dice l’albergatore sardo secondo cui l’unica soluzione per andare avanti sarebbe se il governo stanziasse un fondo perduto pari al 10% di quanto fatturato l’anno precedente “così da premiare chi veramente paga le tasse”. Chissà se il grido d’aiuto lanciato da M.I.O. arriverà fino alle stanze di Palazzo Chigi e della task force di Vittorio Colao.  

Milano dove il clima era teso già da tempo. Valerio Tremiterra, titolare di due pizzerie napoletane e di un altro locale nel centro del capoluogo lombardo, ci rivela che, il giorno precedente al flash mob, secondo il quotidiano il Giornale un dirigente della Questura gli ha detto: “Noi non vi facciamo nemmeno avvicinare a 50 metri dal Duomo”. A quel punto l’imprenditore di origini napoletane ha ribattuto: “Perché il Duomo è di sua proprietà?” e ancora: “L’articolo 21 difende la libertà di manifestare e lei non mi può fermare”.

Davanti a tali parole, il dirigente della questura ha replicato: “Vedremo”. Un antipasto di quel che è avvenuto ieri. Che, poi, si è trattato di una protesta estremamente pacifica, nello stesso stile di quella che si è tenuta in Germania recentemente con le sedie in piazza distanziate l’una dall’altra di un metro e più. Una manifestazione portata avanti per far capire che “anche se il governo ha bloccato i licenziamenti, saremmo costretti a licenziare il 50% dei dipendenti perché Milano subirà un calo netto del turismo”, spiega Tremiterra.

A generare il panico vi è, poi, la mancanza di indicazioni chiare dal governo: “Circola voce - aggiunge l’imprenditore napoletano che saremo obbligati a mettere il plexiglass e che il distanziamento sociale dentro il ristorante sarà di minimo un metro. E, addirittura, non potremmo usare l’aria condizionata. Tutte ipotesi non confermate che fanno paura e ci aspettiamo di tutto”. Il rischio è che questi locali, una volta falliti, possano finire nelle mani di fondi d’investimento “che stanno entrando a gamba tesa nell’economia di Milano e non si sa chi ci sia dietro”, dice Tremiterra.

Salvatore Maresca, come riferisce il giornale titolare di 3 pizzerie Muu Muurezzella a Napoli e 2 a Milano, spiega: “Il settore della ristorazione e della movida è sempre stato ambito dalla criminalità perché c’è un flusso di cassa diretto e, in un momento come questo, lo Stato deve essere vicino a chi come me è sempre stato dalla parte della legalità”.

Al momento il signor Maresca ha già ricevuto la messa in mora per non aver pagato l’affitto di marzo-aprile per 3 dei suoi 5 locali. Ma non solo. Ad oggi, dalle banche non è arrivato ancora nemmeno un euro. “Una banca mi ha detto che non ha aderito alla convenzione dei 25mila euro, un’altra che la mia pratica è in valutazione e l’ultimo istituto di credito mi ha detto che deve fare valutazioni aggiuntive”. E aggiunge: “Io stesso non ho ancora ricevuto nemmeno le famose 600 euro”. Il problema riguarda sempre le prospettive future. “A Napoli, bene o male, noi lavoriamo anche con i concittadini, mentre a Milano, se togli i turisti e i fuorisede, non sapremo quando si ripartirà”, sentenzia Maresca che conclude: “Aprire il primo giugno è fallimento sicuro e io, col plexiglass, di sicuro non apro proprio più”.

Un falegname e un giardiniere hanno pensato al gesto estremo di togliersi la vita. Rappresentano tre casi emblematici di una categoria, quella dei piccoli artigiani, già in condizioni precarie prima dell’epidemia, che hanno avuto il colpo di grazia con il Covid-19. Ricordiamo che ieri si è verificato il primo suicidio a causa dell'epidemia. Un imprenditore di 57 anni si è impiccato all’interno della sua azienda nel quartiere periferico di San Giovanni a Teduccio, nel Napoletano.  un fabbro messo in ginocchio dal coronavirus. L’uomo vive da solo, non ha una casa e dorme all’interno del suo laboratorio dove si occupa di interventi su porte blindate, inferriate, infissi, cambi serratura.“Da marzo la situazione è diventata disastrosa - racconta al giornale -. La gente era a casa, nessuno ordinava i lavori e quindi noi siamo stati abbandonati al nostro destino. Le commesse sono calate in maniera drastica e spaventosa”.

Il fabbro svolge la sua professione da circa 40 anni. Per 35 anni ha lavorato in un laboratorio al Forte Boccea, zona ovest della Capitale. Poi il vecchio proprietario ha venduto a una ditta di costruzioni e hanno demolito l’edificio. “Ho dovuto cercare un altro locale per ripartire e dopo tanti anni non è semplice perché i clienti li perdi tutti”.

Intanto Matteo Salvini, a L’aria che tira, su La7, interviene sul tema della permanenza dell’Italia in Ue dell’addio all’euro.  "Continueremo a protestare, in Aula e fuori, nel rispetto delle regole. Del decreto "Aprile" non c’è traccia. Vedremo come dare voce alle persone a casa. Siamo a giovedì e non c’è traccia di questo decreto. Ci dicono per litigi interni alla maggioranza. Gli italiani stanno portando una pazienza enorme, quindi il problema non è che atteggiamento terrà la Lega, che ripeto sarà fermo e costruttivo se c’è bisogno andando anche nelle Aule del Parlamento a presidiare". D’altra parte era stato garantito al Paese che entro questa settimana sarebbe arrivato il decreto. "Aspettiamo venerdì, ma temo che non ci saranno segnali positivi e quindi come Lega valuteremo come dare voce alle persone che sono a casa".

Altri Paesi - dice poi, citando anche la Svezia - hanno una banca pubblica che garantisce soldi a imprese e famiglie. Si possono fare tante cose, ma se noi aspettiamo che sia Bruxelles a dire che possiamo salvare le vite degli italiani...". Il suo giudizio è negativo. Come è negativo il giudizio di larga parte dei cittadini del Belpaese.

"Visto che si parla tanto di Cina, noi giustamente imponiamo ai nostri imprenditori e ai nostri lavoratori 6mila norme, cavilli... in Cina non viene rispettata nessuna tematica di rispetto del lavoro e dell’ambiente. Quindi se l’Europa esiste, si ponga il problema di tutelare il nostro ambiente, i nostri lavoratori, i nostri imprenditori dalla concorrenza sleale di chi scarica nelle acque o in aria qualsiasi schifezza possibile. Se serve anche con tutele economiche, con dazi, non solo per motivi economici - non entro nel merito della diffusione del virus, che mi sembra evidente da dove sia partito. Se si deve tutelare l’ambiente va tutelato in tutti e cinque i continenti. Se dall’altra parte del mondo ci invadono con prodotti sottocosto senza nessun rispetto dell’ambiente".

"Sono contento che, smentendo tutti quelli che scrivono che l’opposizione è divisa, se si lavora con buona volontà si trova un impegno comune. Non è un attacco a una persona: un ministero così importante deve preoccuparsi che durante il Covid i mafiosi stiano in galera e non che escano di galera. Bonafede dice che farà un decreto per far tornare in carcere i boss? Io ormai ci credo solo se lo vedo".  

Infine il leader della Lega si concentra sul nodo giustizia. È stata depositata al Senato una mozione di sfiducia firmata da tutto il centrodestra nei confronti del Guardasigilli, Alfonso Bonafede, per evidente incapacità e inadeguatezza. "Sono contento, perché dopo ore e ore di lavoro, il centrodestra compatto unito ha trovato una posizione comune. Dopo i mille errori fatti, dalle rivolte nelle carceri, all’uscita dei boss mafiosi, ergastolani, delinquenti, spacciatori, assassini, ancora oggi il ministro ha detto ‘non è colpa mia, non è colpa del governo’ a me non interessa". "Conto che anche dentro la maggioranza ci sia qualcuno che si sta ponendo le stesse domande. Perché non è una questione di destra o di sinistra: sono usciti dei delinquenti che dovrebbero stare in carcere a vita senza una motivazione plausibile e altri ne usciranno. Sono contento che si offra agli italiani la possibilità di andare oltre perché si è portata fin troppa pazienza".

Poi, aggiunge, che bisogna chiarire sulle nomine, su cos’è accaduto, su pressioni o omissioni. "Io non so se abbia ragione il giudice Di Matteo o il ministro Bonafede, entrambi non possono aver ragione. Se ha torto un magistrato, è grave. Se ha torto il ministro, è doppiamente grave". Questa, secondo Salvini, è solo l’ultima di una serie di inadeguatezze, di incapacità, di oltraggi a decenni di lotta alla mafia, alla camorra e alla ‘ndrangheta che non possono essere ulteriormente tollerate anche per rispetto di chi lavora nelle carceri: donne e uomini in divisa della polizia penitenziaria, medici, volontari. Non basta la dimissione tardata e forzata del capo dell’amministrazione penitenziaria.

Poi Salvini si sofferma su un punto nevralgico per la maggioranza: l’immigrazione. "È criminogena l’idea di regolarizzare centinaia di migliaia di immigrati. Un conto sarebbe prorogare per un tempo limitato il permesso di soggiorno per quelli che già lavorano, un altro è fare una sanatoria generalizzata con tutti dentro, compresi delinquenti e fannulloni". La Lega appoggerebbe la maggioranza se presentasse un provvedimento per reintrodurre i voucher. "Lo faremmo, perché oggi l’alternativa è tra il lavoro e il non lavoro. In alcuni settori va reintrodotta la possibilità di essere assunti a tempo. I voucher in agricoltura, nel turismo e nel commercio. Reintrodurre la possibilità di assumere personale regolarmente non per tutta la vita mi sembra di buon senso".  

La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale mette in luce alcune controversie tra diritto europeo e quello dei singoli stati. Il primo prevale sempre sul secondo, stando ai trattati costitutivi dell’Ue, ma la decisione dei giudici tedeschi sostiene che questo sia vero solo fino a quando non intacca l’identità costituzionale dello stato membro. Infatti, stando alla sentenza della Corte di Karlsruhe, tutto quello che concerne la politica monetaria e il bilancio finanziario di una nazione permette a uno stato costituzionale di essere pienamente democratico. Quindi, in buona sostanza, nel caso in cui i programmi europei di natura economica e fiscale intacchino pesantemente il bilancio dello stato, in totale autonomia la Germania può decidere di non parteciparvi. Ovviamente, questo contrasta con il principio di comunità che ha animato la fondazione dell’Unione Europea  

Questa sentenza crea un precedente che potrebbe avere conseguenze sugli sforzi messi in atto dalle istituzioni europee per approvare un programma d’aiuti per gli stati colpiti dal coronavirus, si diceva. A pensarla così è l’ex vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, che su Twitter ha parlato di “grande rischio” che potrebbe dare la stura a nuovi ricorsi giudiziari (d’altronde la Polonia, per bocca del suo viceministro alla Giustizia, ha già fatto sapere che “la Germania difende la propria sovranità: l’Unione Europea fa solo ciò che le permettiamo noi stati membri”).  

Alla fine, il nodo da sciogliere resta sempre lo stesso: se la Bce - usando l'espressione della presidente Christine Lagarde - sia qui per "chiudere gli spread" oppure no. Che, letta da Karlsruhe, equivale a dire se la Bce, mentre combatteva la deflazione ieri, e lo shock da lockdown oggi, non stia facendo finanziamento monetario ai Paesi ad alto debito.

Dopo la sentenza della Corte tedesca sul quantitative easing c'è un problema che emerge: rifondare l'Europa su principi nuovi e tornare ad avere un controllo sulla moneta e sulla legislazione", ha infatti dichiarato il segretario della Lega in occasione dell’ospitata alla rubrica Start su Sky Tg 24.

Nel corso dell’intervento in televisione, il numero uno del Carroccio ha tenuto il punto circa le misure e i provvedimenti – carenti e in ritardo – che l’Ue ha adottato a sostegno dell’economia del Vecchio Continente, travolto come il resto del mondo dall’emergenza sanitaria causa pandemia di coronavirus, spiegando come le mezze decisioni prese sul Mes (attivazione del Fondo Salva Stati per le spese sanitarie), Recovery Fund, Bei e Sure non siano certamente sufficienti per dare uno choc positivo all'economia italiana e continentale.

Matteo Salvini (ri)lancia la sfida dall’Unione europea, proponendo di rifondare l’unione politica e monetaria su nuovi principi, così da permettere a ogni Stato membro di non cedere troppa sovranità.

L’Italia risulterebbe il Paese colpito dalla peggiore recessione assieme alla Grecia, vedendo confermate le previsioni iniziali che indicavano Roma e Atene fanalini di coda. Meno 9,5% la previsione per l’Italia, meno 9,7% per la Grecia, che rischia di subire contraccolpi durissimi dal sostanziale blocco del settore turistico

Il Pil dell’Eurozona dovrebbe scendere del 7,7% nel 2020 per poi rimbalzare del 6,3% nel 2021. Lo prevede la Ue, dando dunque corda alla narrazione di una “crisi a V” con tonfo in un anno e rimbalzo nel periodo successivo. Nel suo rapporto economico primaverile, giustamente, la Commissione ricorda che le previsioni sono soggette a un “ampio grado di incertezza”, ma l’ordine di grandezza delineato comincia a essere nell’ordine vicino alla realtà che nelle scorse settimane già colossi dell’analisi come McKinsey e Prometeia avevano iniziato a delineare.

Secondo le previsioni, segnala l’Adnkronos, “tutti i Paesi dell’Ue e dell’Eurozona accuseranno crolli del Pil superiori al 4% quest’anno: tra le principali economie, Germania -6,5%, Francia -8,2%, Spagna -9,4%, Olanda -6,8%, Polonia -4,3%”. Varsavia risulterebbe la “prima della classe” pur con una decrescita di ampia portata, vedendo premiata la tempestività degli interventi economici che il governo conservatore del partito “Giustizia e Libertà” ha sdoganato anche in un contesto di diffusione relativamente contenuta del contagio economico. Nel complesso, il progetto di sostegno per le aziende è stimato al 6,7% del Pil, la dimensione dell’assistenza diretta al 7,4% del Pil e nel complesso Varsavia ha messo in campo misure pari a un quinto dell’economia nazionale.

La Bce secondo il Secolo d Italia ha il coronavirus e deve stare in quarantena. Paradossalmente potremmo leggere così la decisione della Corte costituzionale tedesca che ha intimato l’altola’ a Francoforte. “Non vi azzardate a spendere ancora, voi dovete solo sorvegliare le politiche monetarie e non deciderle, altrimenti noi tedeschi ci rimettiamo”. La sostanza è questa. Hanno intimato alla Bce di spiegare che cosa si sono messi in testa, per inibire l’acquisto di titoli di Stato.

I no euro stanno in Germania continua il giornale diretto da Francesco Storace... Perché saranno loro a sfasciare la costruzione europea con questi atteggiamenti. Assolutamente vero quello che ha detto Giorgia Meloni dopo la sentenza della consulta tedesca contro la Bce. “La BCE non è proprietà tedesca, è anche dell’Italia, visto che ne possediamo il 14% e visto che le abbiamo delegato il potere di emettere moneta. In questa fase di emergenza la BCE deve fare quello che fanno tutte le banche centrali del mondo: immettere liquidità e acquistare illimitatamente titoli di Stato, altrimenti non sappiamo cosa farcene di questa BCE e di questa Unione Europea. Se ad altri sta bene vivere da servi dei tedeschi, problemi loro, noi difenderemo con ogni mezzo la libertà e la sovranità del popolo italiano”.

Nel suo  interviento Claudio Borghi mette in luce che , con la decisione della Corte Costituzionale tedesca, abbiamo l affermazione della propria superiorità come fonde del diritto, al di sopra della Corte di Giustizia Europea. Quindi mentre la Germania afferma la sua superiorità su tutti gli altri ordinamenti, la Costituzione Italiana viene distrutta dall’alto dall’Europa e dal basso dai Decreti di Giuseppi Conte. Insomma l’Europa si divide fra paesi che difendono le proprie prerogative ed altri che le lasciano straccaire, e sarebbe utile sentire il Presidente della Corte Costituzionale Cartabia sulla materia.

Tale pretesa di sovra ordinazione giurisprudenziale del Giudice delle leggi tedesco rispetto alla Corte Europea di Lussemburgo è resa manifesta dal richiamo alle norme della Grundgesetz assuntivamente lese dal QE: art. 38, in combinato disposto con l’art. 20, e art. 79, i quali licitano la sovranità esclusiva dei cittadini tedeschi e dei relativi corpi elettivi. Non appaia curioso che il Paese guida della UE manifesti, per tali vie, una conclamata dichiarazione di sovranismo, coerente con la sua storia come Stato Nazionale. Gli scenari aperti dalla sentenza tedesca, adombrati con le precedenti analisi che l’hanno preannunciata, già pubblicati sul questo sito , da un lato danno conto del perché alti esponenti del Governo germanico, tra cui la stessa Merkel, si siano negli ultimi giorni dichiarati disponibili per il diverso programma denominato recovery fund, ciambella di salvataggio connotata dal controllo (ritenuto insufficiente per il QE) della Commissione europea sulle condizioni di politica economico-fiscale che possono essere imposte ex art. 122 TFUE agi Stati indebitati. Dall’altro aprono ad una crisi potenzialmente esplosiva della configurazione dell’Europa sancita da Maastricht in poi, e al suo stesso venir meno; e dimostrano l’inconsistenza della dialettica europeisti/sovranisti, piuttosto riconducibile alla strutturale equivocità del processo di formazione dell’Unione: costituita sulla moneta comune invece che su princìpi autenticamente federativi.

Il Financial Times, in un editoriale firmato dal board del giornale, ha definito la decisione dei giudici tedeschi “una sentenza errata”, spiegando anche che “getta luce su una delle principali vulnerabilità dell’eurozona: cioè che la Bce ha dato prova di essere l’unica istituzione europea in grado di agire rapidamente e in modo risoluto per proteggere l’unione monetaria europea”.

La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale mette in luce alcune controversie tra diritto europeo e quello dei singoli stati. Il primo prevale sempre sul secondo, stando ai trattati costitutivi dell’Ue, ma la decisione dei giudici tedeschi sostiene che questo sia vero solo fino a quando non intacca l’identità costituzionale dello stato membro. Infatti, stando alla sentenza della Corte di Karlsruhe, tutto quello che concerne la politica monetaria e il bilancio finanziario di una nazione permette a uno stato costituzionale di essere pienamente democratico. Quindi, in buona sostanza, nel caso in cui i programmi europei di natura economica e fiscale intacchino pesantemente il bilancio dello stato, in totale autonomia la Germania può decidere di non parteciparvi. Ovviamente, questo contrasta con il principio di comunità che ha animato la fondazione dell’Unione Europea.

Questa sentenza crea un precedente che potrebbe avere conseguenze sugli sforzi messi in atto dalle istituzioni europee per approvare un programma d’aiuti per gli stati colpiti dal coronavirus, si diceva. A pensarla così è l’ex vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, che su Twitter ha parlato di “grande rischio” che potrebbe dare la stura a nuovi ricorsi giudiziari (d’altronde la Polonia, per bocca del suo viceministro alla Giustizia, ha già fatto sapere che “la Germania difende la propria sovranità: l’Unione Europea fa solo ciò che le permettiamo noi stati membri”).

Già dal 2012 alcuni membri della Cdu si erano opposti al bazooka pensato dall'allora presidente della Bce, Mario Draghi. In particolare i parlamentari tedeschi non avevano condiviso il programma Omt (Outright Monetary Transactions), le operazioni di acquisto illimitato di titoli di stato a breve termine dei paesi in difficolta'. Questi acquisti illimitati possono scattare in caso di richiesta di intervento del Fondo salva stati, Mes, di cui in questi giorni si parla tanto. Per i ricorrenti tedeschi permettere alla Banca Centrale di comprare titoli di stato di un paese dell'Eurozona senza limiti equivale a finanziare direttamente gli stati e quindi si tratta di una pratica che va contri i trattati. A giugno 2016, pochi giorni prima, il referendum sulla Brexit, la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato legittimo il programma di acquisto di titoli di Paesi in crisi (Omt)varato dalla Bce nel 2012 respingendo il ricorso presentato da un gruppo di cittadini.  

La cancelliera Angela Merkel, secondo la Dpa, avrebbe detto che i giudici hanno mostrato chiaramente alla Bce i suoi confini. Vitor Constancio, ex vicepresidente della Bce con Draghi, vede il "grosso rischio" che la sentenza apra a un'ondata di nuovi ricorsi in Germania finendo per coinvolgere il 'Pepp'. Christine Lagarde ha nei fatti assicurato che il Pepp avrebbe tenuto a bada gli spread deviando dalla 'capital key'. Ma sono proprio queste deviazioni - che ad oggi rappresentano l'unico freno a una spirale del debito in Paesi come l'Italia - ad essere nel mirino della Corte tedesca. La Bce, poi, con il 'Pspp' ha finora mantenuto in bilancio i circa 2.300 miliardi di debito pubblico dei Paesi dell'Eurozona acquistato, rinnovando con nuovi acquisti i bond che man mano giungevano a scadenza. E promette di farlo finché servirà. Anche qui i giudici mettono un'ipoteca. Che rischia di far tramontare definitivamente l'ipotesi che possa essere la Bce, in definitiva, a farsi carico del conto salatissimo delle due crisi, quella del 2008 e quella attuale, tenendo il debito in eterno o persino comprando bond perpetui.

Significative le parole di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e consigliere Bce: i giudici rilevano "un margine sufficiente di sicurezza al finanziamento monetario dei governi", "sosterrò gli sforzi per soddisfare questo requisito". E poi ci sono le conseguenze istituzionali. A partire dal monitoraggio della Bce demandato dai giudici a Parlamento e governo tedesco, paradossale vista la storia tedesca: tanto che il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, è costretto a ricordare che "la Bce è un'istituzione indipendente. La sua indipendenza è alla base della politica monetaria europea".

Le parole di Olaf Scholz, ministro delle Finanze tedesco, tradiscono l'imbarazzo di Berlino: "proprio in questi giorni, in cui a causa della pandemia siamo di fronte a uno sforzo notevole, la moneta unica e la politica monetaria comune ci tengono uniti in Europa". E poi c'è l'umiliazione, sul piano giuridico, inflitta alla Corte di giustizia europea, la cui sentenza del 2018 a favore della Bce è giudicata dai colleghi tedeschi "insostenibile". Tanto da costringere un portavoce della Commissione Ue a riaffermare "il primato della legge europea, e il fatto che le decisioni della Corte europea sono vincolanti su tutte le corti nazionali".

Secondo Vicenzo Sofo  della Lega, in una sua dichiarazione al Corriere del Sud,ci ha detto che il Sud chieda autonomia e si organizzi in macro regione per uscire dalla crisi ... "Invito i governatori ci ha detto delle regioni del Sud Italia a riflettere sull'opportunita' di costituire un tavolo permanente per gestire insieme l'uscita dalla crisi, chiedendo al governo autonomia. I dati sul numero di decessi e sui tassi di contagio indicano che il meridione non ha bisogno di attendere il Nord per ripartire. Al contrario, il Sud deve cogliere l'occasione per iniziare a crearsi un percorso di sviluppo autonomo dalla meta' settentrionale del nostro Paese, cosa che i ministri Boccia e Provenzano dovrebbero incentivare invece che ostacolare." Cosi'  l'eurodeputato della Lega Vincenzo Sofo, che ha poi spiegato:

"La crisi dovuta al coronavirus ha innescato dinamiche nuove che il Mezzogiorno deve affrontare subito, cito ad esempio la voglia di ritornare a vivere nel luogo di origine di moltissimi meridionali emigrati che puo' trasformarsi per questi territori in occasione di ripopolamento o la crisi del settore aereo che rischia di aumentarne l'isolamento. Brexit e coronavirus stanno rimettendo in discussione lo status quo dell'Italia e dell'Europa aprendo al nostro Mezzogiorno uno spazio per riscattarsi ma serve che esso agisca unito e coordinato per rispondere alle imminenti sfide che si trovera' davanti e che potrebbero riportalo al centro della vita politica ed economica del Paese o farlo definitivamente sparire", ha concluso Sofo.  
 
 
 
 
 
 

Funzionano gli anticorpi generati nei topi dal vaccino italiano dell'azienda Takis: lo indicano i test eseguiti nel laboratorio di virologia dell'istituto Spallanzani. A comuncarlo l'amministratore delegato Luigi Aurisicchio. È il livello più avanzato finora raggiunto nella sperimentazione di un candidato vaccino nato in Italia, ma i test sull'uomo sono previsti comunque dopo l'estate  

Procedendo con questi ritmi sarà possibile avviare da luglio le prime sperimentazioni sull'uomo" ha spiegato il direttore sanitario, Francesco Vaia aggiungendo che "se i primi test daranno un esito positivo, porteranno nel 2021 alla somministrazione del vaccino su un alto numero di persone a rischio e, spero, alla dimostrazione della sua efficacia".

Per la sperimentazione l'istituto per le malattie infettive della Capitale, centro di eccellenza per la lotta al nuovo coronavirus, sta allestendo un'area dell'ospedale che sarà specificatamente dedicata alla somministrazione del vaccino a volontari sani, nel "rispetto di tutte le garanzie di sicurezza". Nel mese di maggio inizierà la selezione dei primi volontari, che dovrebbero essere poco meno di 50, e con uno 'sprint' finale l'avvio dei test potrebbe essere anticipato addirittura di qualche giorno, alla fine di giugno.

Nel giro di due settimane avremo i risultati di un mega-studio in corso a Castel Romano che ci dirà quanto dura la risposta immunitaria innescata, e ci permetterà di individuare il vaccino migliore da portare in sviluppo. E, se tutto andrà bene, potremo iniziare gli studi sull'uomo dopo l'estate: vogliamo farli a Napoli, con il gruppo dell'oncologo Paolo Ascierto”.  

La tecnologia usata da Takis è invece ripetibile nel tempo e potrà quindi diventare lo standard. Prima dell’esperimento sull’uomo verranno fatti studi anche su scimmie e furetti. Anche i gatti saranno sottoposti allo studio, ma ancora manca l’autorizzazione. L’obiettivo è quello di capire se i mici immunizzati sviluppano anticorpi. I candidati vaccini sono comunque due perché se il primo non riuscisse a fornire abbastanza anticorpi neutralizzanti e dovesse dare una risposta alterata, si potrebbe passare al secondo. Il vaccini italiani inoltre, a differenza di quelli con vettori virali, “non hanno bisogno di un'importante catena del freddo per la conservazione".

 A dare la notizia all'Adn kronos Salute è stato Luigi Aurisicchio, fondatore e amministratore delegato di Takis, l’azienda biotech di Castel Romano specializzata in vaccini anti-cancro, attualmente in corsa per un vaccino in grado di proteggere dal virus Sars-Cov-2. Per la prima volta un vaccino contro il coronavirus funziona sulle cellule umane neutralizzando il virus. Aurisicchio ha spiegato che questo è stato possibile grazie all’esperienza dell’Istituto Spallanzani che ha isolato il virus e in seguito ha messo a punto un metodo per accertare la validità di vaccini e molecole sul Covid-19. L’Ad di Takis ha inoltre aggiunto: “Grazie alle competenze dello Spallanzani, per quanto ne sappiamo, siamo i primi al mondo ad aver dimostrato la neutralizzazione del coronavirus da parte di un vaccino. Ci aspettiamo che questo accada anche nell'uomo".  

Inizialmente erano stati individuati cinque candidati vaccini contro il nuovo coronavirus, che nei topi avevano mostrato una forte immunogenicità, unita a una buona risposta anticorpale. In seguito sono stati individuati i due che hanno dato una risposta migliore. Importante in questo caso non è la quantità degli anticorpi, piuttosto la qualità. Questi riuscirebbero infatti a neutralizzare la regione chiave della proteina Spike, quella utilizzata dal Covid-19 per entrare nelle cellule. I due vaccini hanno in sé solo un frammento di Dna e si basano proprio sulla proteina Spike. La tecnica usata è conosciuta come elettroporazione, ovvero dopo che è stato iniettato il vaccino nel muscolo parte un impulso elettrico molto breve che aumenta l’efficacia dello stesso vaccino.  

L’idea dell’Oms di lavorare tutti insieme a una soluzione unica non sarebbe molto fattibile. Questo perché è un virus ancora sconosciuto e sono diverse le tecniche che possono dare una risposta immunitaria qualitativamente diversa. Studiarne più di una aiuta a trovare la migliore da utilizzare. In Australia per esempio stanno basando lo studio sulla proteina Spike, che mostrerebbe delle lacune sulla memoria immunitaria.

A Oxford invece si punta sul vettore virale solitamente efficace, ma che in questo specifico caso mostra un problema: “Con questo vaccino dopo un paio di somministrazioni l'organismo riconosce e blocca il vettore, dunque se Covid-19 sarà solo il primo di una serie, questa tipologia di vaccino potrebbe non funzionare più contro un ipotetico Covid-22" ha spiegato Aurisicchio

Il gruppo di Oxford e gli americani hanno già iniziato i test sull’uomo ma, come spiegato da Aurisicchio, “noi abbiamo voluto valutare con un saggio funzionale direttamente sul virus l'efficacia dei nostri candidati. E lo potevamo fare solo allo Spallanzani. Questo ci ha permesso di individuare i due più promettenti. Nel giro di due settimane avremo altri risultati, frutto dello studio che si chiude oggi a Castel Romano”. Sarà poi compito di un’azienda austriaca produrre il vaccino su larga scala, in modo da poter dare il via alla sperimentazione sull’uomo dopo l’estate. La speranza è però quella di poter accedere al mega-finanziamento europeo che servirà proprio allo sviluppo di un vaccino contro il nuovo coronavirus. Così da poterlo sviluppare in Italia

Ovviamente, una risposta precisa e scientifica in questo momento non può esserci ma negli Stati Uniti hanno "disegnato" tre scenari possibili per l'evoluzione del virus nei prossimi mesi. Lo ha fatto il Cidrap, il Center for Infectious Disease Research and Policy dell’Università del Minnesota, ritenendo che il ci accompagnerà per i prossimi 18-24 mesi e non si arresterà fino a quando il 60-70% della popolazione non sarà immune, per contagio o per vaccino. Ma, in che modo questo avverrà? Nello specifico, sono state ipotizzate tre "vie" ritenute altamente probabili.

ed ecco il primo scenario la prima ondata della primavera 2020 è seguita da un lento consumarsi delle trasmissioni e dei casi di contagio senza una precisa direzione delle onde. Uno scenario che potrebbe differire da zona a zona e che comunque non si è mai registrato nelle pandemie passate. Secondo il Cidrap e come si legge sul Corriere, potrebbe, comunque, essere una possibilità che prevede tuttavia la presenza di casi e di decessi legati al Coronavirus.  

ci dice che la prima ondata della primavera 2020 è seguita da una seconda e più grande ondata in autunno o in inverno 2020 e da una o più successive ondate più piccole nel 2021. Questo scenario richiederebbe la reintroduzione di misure di mitigazione in autunno per non rischiare il collasso delle strutture ospedaliere. Si tratta di uno scenario che ricalca quanto sperimentato nel 1918-19 con l’influenza spagnola. All'epoca, dopo una prima ondata minore nel marzo del 1918, si ebbe una seconda ondata, più forte, nell’autunno del 1918 ed una terza ancora più forte in inverno. Da quel momento iniziò la decrescita fino all’estate 1919.

l'ondata di pandemia della primavera 2020 viene seguita da una serie ripetuta di ondate minori che si susseguono attraverso l’estate per un periodo di 1-2 anni, diminuendo gradualmente di intensità nel 2021. Le ondate che possono variare da un punto di vista geografico e dipendere dalle misure di mitigazione e dal loro allentamento. In base all’altezza delle onde potrebbe essere necessaria la reintroduzione di misure di contenimento.  

Il virus non sarebbe mutevole ma stabile. Questo quanto emerso dagli studi effettuati nei laboratori di microbiologia dell'ospedale Sacco di Milano. L’equipe di ricercatori guidata dalla professoressa Maria Rita Gismondo. La notizia avrebbe un’importanza fondamentale nella ricerca del vaccino. Come spiegato da Il Fatto Quotidiano, la nuova Sars è un coronavirus e come tutti i patogeni di questo tipo (Sars e Mers) ha un profilo genomico composto da un unico filamento genetico, ossia l'Rna. I batteri sono invece composti dalla classica doppia elica del Dna. I virus a Rna risultano molto mutevoli perché possono verificarsi spesso degli errori in fase di duplicazione. Nello studio del Sacco sono state prese in considerazione dodici sequenze genomiche complete di virus isolati in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Durante la sua duplicazione alcune proteine resterebbero fisse.

In un precedente studio coordinato dal professor Mario Clerici dell'Università Statale di Milano, si erano studiati e confrontati i genomi completi di SarsCov2 e del virus BatCoVRaTg13, che infetta i pipistrelli. Questi hanno una coincidenza pari al 96%. La differenza riguarda proprio la proteina Spikes. Nel report dello scorso 3 aprile si legge: "I risultati ottenuti hanno evidenziato che regioni diverse del genoma virale evolvono con una diversa velocità, in altre parole ci sono regioni genomiche che non tollerano (o tollerano poco) l'inserimento di mutazioni che possano portare ad un cambiamento nella sequenza proteica. Queste regioni rappresentano un buon target per lo sviluppo di antivirali e vaccini, appunto perché meno propense ad essere soggette a cambiamenti". Il nuovo vaccino dovrà quindi stimolare l’organismo a produrre anticorpi in grado di neutralizzare la proteina in questione.

Intanto secondo Bonomi, infatti, l’esecutivo ha messo in campo una serie di azioni non risolutorie e che si consumeranno nel giro di breve tempo senza che producano effetti significativi in termini di sostegno ad aziende e famiglie.

"Abbiamo reddito emergenza, reddito di cittadinanza, cassa ordinaria, straordinaria, in deroga, Naspi, Discoll... Potrei continuare. La risposta del governo alla crisi si esaurisce in una distribuzione di danaro a pioggia. Danaro che non avevamo, si badi bene, si tratta di soldi presi a prestito. Possiamo andare avanti così un mese, due, tre. Ma quando i soldi saranno finti senza nel frattempo aver fatto un solo investimento nella ripresa del sistema produttivo, allora la situazione sarà drammatica”, ha spiegato il presidente di Confindustria che ha anche aggiunto come si può stabilire che le imprese non debbano licenziare "ma non si salvano per legge le aziende dal fallimento".

Secondo Bonomi "se questa è la rotta del governo, l'approdo non può essere che uno: l'esplosione di una vera e propria emergenza sociale già a settembre-ottobre". Il rischio che molte realtà produttive possano entrare in crisi è alto. Ciò creerebbe un effetto a catena con licenziamenti, disoccupazione e persone in enorme difficoltà economica.

La strada che l’esecutivo deve seguire, secondo in presidente di Confindustria, è quella di dare strumenti alle imprese e al Paese per superare la crisi."Le proposte non ci mancano. Peccato che al governo- ha aggiunto- difetti la volontà di ascoltare. Ho l'impressione che ci si prepari a scaricare le responsabilità su banche e imprese. Non lo permetteremo". La povertà in Italia aumenta e in futuro la situazione potrebbe peggiorare. "Peccato che con queste politiche presto andrà anche peggio- ha sottolineato Bonomi- a meno che non si creda davvero che a risolvere i problemi della disoccupazione siano i navigator".
 
 
 

Una ripartenza prudente. Forse, anche troppo. Gli annunci sulla famigerata fase 2, resi finalmente noti dal premier Conte nei giorni scorsi, hanno sollevato un'ondata di reazioni di protesta da parte dei territori. In prima linea, in particolare, alcuni presidenti di Regione, che non hanno nascosto il loro disappunto nei confronti di regole che considerano troppo restrittive, e in alcuni casi hanno addirittura accelerato con l'allentamento delle strette, emanando ciascuno le proprie ordinanze e contro-ordinanze. Tra i più critici il leghista Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia

Penso che ci sia un problema vero. dichiara il Governatore al Diario del web : Leggendo le date che ipotizza il presidente del Consiglio, la mia preoccupazione è che il 18 maggio o il 1° giugno ci saranno aziende, imprese e commercianti che non avranno proprio più la forza di rialzare la saracinesca. A quel punto non si porranno nemmeno il dubbio se restare chiusi o riaprire.

Conte non ascolta. Conte "balla da solo", scrive oggi il Corriere della Sera. Questo tipo di gestione non va bene al Pd che chiede maggiore collegialità. E neppure ai 5 Stelle. Lo stesso problema metodologico si pone con le task force per l’emergenza che Palazzo Chigi tratta come suppellettili, vista la confusione registrata con la stesura dell’ultimo Dpcm. Stufo di norme varate che non vengono poi applicate e messo sotto pressione dal partito, Zingaretti ha chiesto formalmente a Conte un decreto di accompagnamento al decreto Aprile che arriverà a maggio.

Da Zingaretti a Berlusconi, passando per Renzi, tutti credono che il tempo di un crack dell’esecutivo non sia per ora il benvenuto. E Conte esorcizza ogni dichiarazione scommettendo su se stesso e sull’incapacità altrui di costruire un’alternativa.

Ma è chiaro che la pressione per l’emergenza da coronavirus e insieme la tensione per i giochi di potere gli abbiano fatto smarrire la lucidità. Conte ritiene che la sua presenza costante sulla scena impedisca agli avversari di tendergli l’agguato. Però rischia di finire vittima di questa tattica. All’ultimo vertice a Palazzo Chigi di domenica, il ministro della Cultura Dario Franceschini, aveva più volte pregato il premier di rinviare al giorno dopo la conferenza stampa che avrebbe annunciato la fase 2. Dalla burrascosa riunione sul Mes il titolare della Cultura, non passa giorno senza litigare con il presidente del Consiglio, siccome teme l’accumulo di passi falsi.

Prima dalle pagine di Repubblica, poi nell'e-news serale, l'ex presidente del Consiglio affonda il colpo contro l'avvocato del popolo. «L'ultimo dpcm è uno scandalo costituzionale. Non possiamo calpestare i diritti costituzionali. Trasformiamolo in un decreto», dice il leader di Italia viva. Il premier liquida le accuse di Renzi a semplici opinioni: «Onestamente non ho visto la rassegna stampa.

Sono rientrato alle 4.30 a Roma, questa mattina presto sono ripartito e non ho avuto tempo. Libertà d'opinione, ma a me tocca decidere», replica da Lodi. Poi in serata, da Piacenza, il presidente del Consiglio è più chiaro: «La tipologia di questa emergenza ci impone di dover intervenire decidendo anche nel giro di poche ore. Questo non significa che le prerogative del Parlamento non siano rispettate: continuerò a riferire. I decreti saranno convertiti in legge. Siamo riusciti a farlo anche in un contesto molto difficile, e il nostro ordinamento non era pronto. Ma è un percorso che non esilia affatto le prerogative del parlamento».

Ma Renzi non molla ed evoca il rischio dello Stato etico: «Non può esistere uno Stato etico che ti fa autocertificare se la tua relazione affettiva è stabile o saltuaria: se nessuno si indigna per questo, significa che abbiamo un problema. La libertà di movimento, la libertà religiosa e tutte le altre libertà non sono consentite da un governo: la libertà viene prima del governo. E se anche rimanessi il solo a dirlo, continuerò a farlo».

Alto tradimento della Costituzione. E' questo il principale reato che avrebbe commesso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in base alla denuncia depositata lo scorso 22 aprile tramite raccomandata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma dall'avvocato di Napoli Cesare Peluso.

"Il punto principale - spiega l'avvocato Cesare Peluso ai affari Italiani - riguarda quanto ha sottolineato il giudice Sabino Cassese e cioè che quello che sta accadendo con la pandemia da coronavirus non è equiparabile a una guerra. Pertanto non doveva essere applicato l'articolo 78 della Costituzione bensì l'articolo 117. Gli atti e i provvedimenti dovevano quindi essere presentati dal presidente della Repubblica e non dal premier. Conte è un professore universitario e non può non saperlo".

Secondo il Secolo d'Italia la passerella del premier Conte a Genova, per il completamento del Ponte Morandi, fa indignare Fratelli d’Italia. Che documenta, con foto, il disinteresse del premier per le regole sul divieto di assembramento da lui stesso decide. Lo fa notare il deputato di FdI Francesco Lollobrigida, che su Fb scrive: “Conte non deve aver capito quello che ha imposto agli italiani. Il divieto di assembramento per lui non vale? Mette a rischio chi lavora con lui e gli operai? O ha l’antidoto Anpi che immunizza dalle leggi e dalla Costituzione?”.

Secondo il Libero Quotidiano : Una denuncia per strage contro Giuseppe Conte. A presentarla è uno che di giustizia e reati se ne intende, il principe del Foro Carlo Taormina. Come riportato dal Tempo, l'avvocato annuncia il terremoto giudiziario che attende il premier, perché dietro la sua iniziativa c'è un esercito di italiani: "Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato". Il tema, ovviamente, è il coronavirus: il numero dei morti sarebbe legato, spiega Taormina, "ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto". Nella denuncia parla di "gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti". "Così una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti", sottolinea con rabbia mista ad amarezza.

Il primo aprile secondo  Il Primato Nazionale : “Stamattina ho depositato presso la Procura della Repubblica di Roma la denuncia contro Giuseppe Conte, Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, a firma mia e dell’Avv. Alfredo Lonoce”. Lo annuncia sul suo profilo Facebook Augusto Sinagra, ex magistrato e professore di diritto dell’Unione europea alla Sapienza (e recentemente difensore di CasaPound nella causa vinta contro Facebook). E così dopo quella del New York Times arriva un’altra illustre bocciatura per la gestione dell’emergenza coronavirus del governo giallofucsia.

Nell’esposto presentato Sinagra e Lonoce accusano il governo di aver sottovalutato e minimizzato l’emergenza, “omettendo nei tempi e nei modi necessari ogni misura di contenimento e di prevenzione, favorendo l’enorme diffusione” del Covid-19 “con l’impressionante numero avutosi di contagiati e di deceduti”. A riportare alcuni stralci della denuncia dei due avvocati è stata La Verità che ha avuto modo di visionarlo. L’accusa verte dunque sui colpevoli ritardi del governo, arrivato alla chiusura totale della nazione solo a marzo inoltrato e con il contagio ormai diffuso, nonostante già il 31 gennaio fosse stato dichiarato lo Stato di emergenza sanitaria.

La notte non si dorme. Paure, ansie, famiglia, bambini. Sono stati costretti a chiudere in una città e un Paese che vive di micro aziende. Non è solo via dei Condotti, la via dello shopping per antonomasia. O via Frattina, o via della Vite. C’è un mondo che si è fermato all’arrivo del coronavirus e che potrebbe non ripartire più. La pandemia si abbatte sulle attività commerciali che devono fare i conti con il fatturato zero dei due mesi di serrata totale. E con una prospettiva di riapertura che per molti, nella proclamata fase due, potrebbe non essere certa. C’è chi pensa che la vera emergenza debba ancora arrivare. Deve ancora palesarsi di fronte agli italiani.

Sono in 70 mila a Roma. E il loro silenzio è assordante. Non possono pagare dipendenti e fornitori. Senza introiti non gli riesce di saldare le rate del mutuo, gli affitti, le utenze. Questi sono solo alcuni casi di spese da liquidare. C’è chi ha una bottega artigiana e produce mobili su misura che chiede liquidità per andare avanti. C’è chi ha una sartoria e si è vista fermare tutta la produzione per la stagione estiva. "Ci hanno annullato tutti gli abiti commissionati e le spese sono tante".Una parrucchiera che in 50 anni di attività non ha mai preso un giorno di ferie, commenta le dichiarazioni del premier Giuseppe Conte con queste testuali parole: "Quando ha detto che i parrucchieri avrebbero riaperto a giugno ho sentito un pugno nello stomaco. Ancora sto male. Questi vogliono farci chiudere e non capisco cosa cambia aprire ora o fra un mese. Diciamo che è una dittatura silenziosa. Si possono fare i funerali con 15 persone, si può salire sui mezzi pubblici. E noi costretti a casa ad aspettare. Nella vita ci vuole forza, coraggio e tanta, tanta pazienza". Queste società hanno subito un crollo. E spesso sono costrette a ripartire da zero. Un tunnel senza luce.

Quando hanno chiuso la saracinesca, ormai mesi fa, si sono accorti che non c’era nessuno che potesse realmente aiutarli. Niente comune. Niente Stato. Quell’entità che con puntualità disumana è sempre pronto a chiedere. E che ora non sembra fare abbastanza. Certo, ci sono i 600 euro di bonus. C’è la cassa integrazione.

Sarà di diversa natura. Non sanitaria, ma economica. E sarà un’onda anomala che potrebbe spazzare via gran parte dei negozi e piccole attività di Roma e in Italia. Quattro negozi al dettaglio su dieci, dalle gelaterie all’abbigliamento, rischiano di fallire a causa del coronavirus. Stessa sorte per almeno 3 su 10 fra ristoranti, alberghi e centri estetici. L’allarme arriva dall’ultimo report della Cna, l’associazione delle piccole imprese e artigiani di Roma. La ripartenza è più complessa e incerta del previsto. "Altro che aiuti promessi. Serve ben altro", dicono i negozianti.  

Il problema è che per Paesi come l’Italia, che rischiano di venir travolti con maggior forza dall’onda anomala della crisi, l’attuale conclusione delle trattative è tutt’altro che soddisfacente, e la spada di Damocle del Mes pende ancora sulla testa di Giuseppe Conte e del suo governo: il rischio che l’Italia possa andare a sbattere e che la risposta Ue possa sul lungo periodo risultare incompleta nel suo contributo alla ripresa italiana si lega a doppio filo al pregiudizio dei Paesi del Nord Europa germanocentrico nei confronti dell’indebitamento pubblico di Roma e dei presunti rischi sistemici della sua economia.

“L’Europa rischia di sprofondare nel dramma, non perché gli italiani sono fuori strada, ma a causa di una parte predominante della percezione tedesca”. “Forse è per colpa dei tanti film sulla mafia”, scrive l’autore dell’articolo Thomas Fricke
sul settimanale tedesco ironizzando sui rispettivi stereotipi tra i due Paesi, “forse è solo l’invidia per il fatto che l’Italia ha il clima migliore, il cibo migliore, più sole e il mare”.

il settimanale tedesco Spiegel il più influente, contro l’atteggiamento dominante nel governo, nei media e nell’opinione pubblica della Germania nei confronti dell’Italia, in un articolo firmato da Thomas Fricke definito condizionato da “un’arroganza” che rischia di avere connotati “tragici” nell’ora più buia della crisi dell’Unione europea, travolta dalla pandemia di coronavirus e dalla minaccia di una recessione senza precedenti.

Angela Merkel è uscita vincitrice dal lungo round negoziale che in Europa ha visto la Germania mettere sul piatto la precocità della sua politica di contenimento della pandemia e la forza della risposta interna per orientare favorevolmente a Berlino gli esiti dell’Eurogruppo e del Consiglio europeo più recenti. Il pacchetto di misure Sure-Bei-Mes è stato anticipato, agli Eurobond si sono chiuse sostanzialmente le porte e anche il Recovery Fund si farà, ma ai tempi dettati da Berlino. Che non ha fretta e intende aspettare il 2021 per vederlo pienamente operativo.

Intanto vediamo cosa ha detto Conte in sintesi : ha riferito che il Governo si impegna a bloccare il prezzo delle mascherine per evitare speculazioni, delegando il commissario straordinario Arcuri al controllo. Il prezzo massimo sarà di 0,50€.
Spiegando in concreto le nuove misure che entreranno in vigore a partire dal 4 maggio ha dichiarato:

Per gli spostamenti sono consentiti se giustificati da esigenze lavorative, di salute (visite mediche) o assoluta emergenza. Restano vietati gli spostamenti tra varie regioni, ad eccezione di esigenze lavorative. Si potrà far visita a parenti, ma senza riunioni familiari, party, rispettando la distanza sociale;
chi ha febbre sopra 37,5°C obbligatoriamente deve stare a casa e avvertire il proprio medico;

riapertura di parchi e giardini pubblici, ma col rigoroso rispetto della distanza di sicurezza di 1 metro e utilizzo di mascherine. I sindaci dovranno provvedere a garantire il rispetto delle condizioni di sicurezza, potendo anche introdurre numero limitato di ingressi, qualora non fosse possibile questi luoghi pubblici dovranno restare chiusi;

per le discipline sportive individuali via libera ad allenamenti all'aperto, con mantenimento della distanza di 2 metri. Per le attività motorie (passeggiate) la distanza di sicurezza resta 1 metro;

via libera alla celebrazione dei funerali, con massimo 15 persone all'aperto e col rispetto di distanza sociale e utilizzo di mascherine;

via libera alla ristorazione con asporto, ma si entra uno alla volta e si consuma a casa o in ufficio, sempre col rispetto della distanza di sicurezza;

riprende il comparto della manifattura e costruzione, così come il commercio all'ingrosso dedicato a questi settori. Le aziende devono garantire il rispetto del protocollo di sicurezza al lavoro, concordato il 24 aprile con le parti sociali;

Dopo aver spiegato la ripresa delle attività economiche e sociali, il premier Conte ha riferito che è stato concordato con le Regioni un meccanismo di controllo per tenere sotto monitoraggio la situazione epidemiologica di COVID-19 e le condizioni degli ospedali. I dati su base giornaliera verranno trasmessi al ministero della Salute e al comitato tecnico-scientifico, che nei prossimi giorni determineranno delle "soglie d'allerta", oltre le quali "si chiuderanno i rubinetti" col ripristino di lockdown isolati per evitare la risalita della curva dei contagi.

Dal 18 maggio via libera al commercio al dettaglio e potranno riaprire nel rispetto delle condizioni di sicurezza ancora da perfezionare i musei, biblioteche, teatri, così come gli allenamenti per gli sport di squadra.

Il governo anche valuta la riapertura delle attività per la cura della persona (parrucchieri, centri estetici, centri massaggio) e di bar e ristoranti a partire dal 1° giugno, con le misure per garantire la sicurezza che verranno esaminate successivamente.

Parlando del Recovery fund in discussione con i partner europei per l'assistenza finanziaria contro i danni al tessuto economico-sociale della pandemia di coronavirus, Conte ha affermato che è stato fatto "un importante passo avanti" per portare come risultato il fatto che questi strumenti "non creino più debito per Paesi come l'Italia" e siano "offerti subito ai Paesi più colpiti".

Ad inizio giornata il premier Giuseppe Conte aveva sentito i capi delegazione delle forze di maggioranza per mettere a punto e definire le misure per la Fase 2. Successivamente sempre da Palazzo Chigi aveva avuto un incontro nel formato di videoconferenza con rappresentanti di Regioni, Comuni (Anci) e Province (Upi). Alla riunione con le amministrazioni locali insieme al presidente del Consiglio per il governo hanno partecipato anche il ministro della Sanità Roberto Speranza e il titolare del dicastero degli Affari Regionali Francesco Boccia.

Intanto Il numero dei casi totali in Italia dall'inizio della pandemia sale a 197.675, con un aumento di 2.324 unità rispetto a ieri. Oggi il dato più confortante arriva dal numero dei decessi, che nelle ultime ventiquattro ore sono cresciuti 260, 156 in meno di ieri: da notare che per la prima volta da oltre un mese a questa parte che l'aumento giornalieri delle vittime di COVID-19 è minore di 300. Dall'inizio dell'epidemia in Italia sono morte per il coronavirus 26.644 persone.

Ad oggi in Italia 106.103 persone risultano positive al coronavirus.Continua a crescere il numero dei guariti, con +1.808 guarigioni nell'ultimo giorno, che porta il bilancio delle persone che sono riuscite a sconfiggere COVID-19 a 64.928. L'aumento è inferiore rispetto a ieri, quando erano guarite 2.622 persone.

Prosegue il trend decrescente dei giorni scorsi sul numero di ricoveri ospedalieri e terapia intensiva: 21.372 persone si trovano ancora negli ospedali con sintomi, 161 meno rispetto a ieri, mentre i malati in condizioni gravi sono 2.009, 93 meno di ieri. I restanti 82.722 malati di COVID-19 asintomatici o con sintomi lievi sono in isolamento domiciliare.

Sullo sfondo del miglioramento della situazione epidemiologica di COVID-19, il governo valuta seriamente la fine del lockdown e la ripartenza delle attività produttive e sociali con allentamenti graduali delle misure draconiane anti-contagio per il 4 maggio.  

Mentre il premier Giuseppe Conte sta conducendo una riunione con i capi delegazione delle forze di maggioranza per discutere le questioni aperte sulla Fase 2, questo pomeriggio alle 15 il presidente del Consiglio vedrà le delegazioni delle amministrazioni locali: Regioni, Anci e Upi.

La prima richiesta che l'Anci presenterà al Governo nell'incontro di oggi a Palazzo Chigi è conoscere nel dettaglio le attività che potranno riaprire dopo il 4 maggio con l'avvio della Fase 2 per adottare le misure necessarie su mobilità e trasporto, regolare gli orari di uffici ed negozi e assicurare il corretto utilizzo da parte dei cittadini degli spazi pubblici come parchi.

"Se si vuole davvero far ripartire il Paese, se si vuole dare un’iniezione di liquidità dopo il lungo stop, bisogna affidarsi ai sindaci. Se si vuol cercare di governare il graduale ritorno alla normalità, bisogna dare a chi amministra le città regole certe e misure attuabili", hanno dichiarato in una lettera congiunta all'indirizzo del presidente del Consiglio i sindaci delle più grandi città italiane di ogni schieramento politico.

I sindaci insistono affinché Palazzo Chigi dia indicazioni chiare e inequivocabili sulla Fase 2 per consentire "una programmazione in sicurezza", in particolare sull'uso delle mascherine, garantendone la disponibilità ad un prezzo fisso e comprandole ai cittadini che non se lo possono permettere.

Tra le altre richieste, i sindaci chiedono inoltre al governo centrale chiarezza nelle funzioni e nei rapporti con le Regioni.

"Rivendichiamo chiarezza su chi fa cosa. Le Regioni smettano di interferire sulle nostre competenze, come gli oneri di urbanizzazione e l’occupazione di suolo pubblico. Se il loro intento è collaborare, doveroso in questa fase, ci diano una mano a recuperare le risorse per quei servizi che i cittadini si aspetteranno da noi... Questo è il momento di essere responsabili e collaborare. Noi sindaci lo facciamo dall'inizio. Ci aspettiamo gli altri rappresentanti istituzionali facciano lo stesso".
 
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