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Domenica, 06 Ottobre 2024

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Salvini, sabato il processo Gregoretti. In piazza a Catania anche Meloni e i forzisti «Sabato 3 ottobre in occasione del processo a Salvini sarò personalmente a Catania insieme ad una delegazione di Fdi per portare la nostra solidarietà al segretario della Lega e per ribadire un concetto a noi fondamentale: un ministro non può essere processato per aver fatto ciò che la maggior parte degli Italiani chiedeva, per aver difeso la legge italiana e aver difeso i confini nazionali dall'immigrazione illegale», ha detto Giorgia Meloni in un video sui suoi canali social.

Nelle stesse ore in cui Matteo Salvini sarà nell'aula del tribunale di Catania per l'udienza preliminare sul cosiddetto caso Gregoretti, il centrodestra unito si ritrova in piazza nella città siciliana, per manifestare solidarietà al leader della Lega che, come dice Giorgia Meloni, «ha fatto quello che la maggior parte degli italiani chiedeva: difendere i confini nazionali».Silvio Berlusconi ha chiamato gli azzurri dicendo loro di andare sabato in piazza con la Lega così come sarà presente la leader di Fdi insieme ad una delegazione del suo partito.

Secondo Giorgia Meloni, come riferisce la voce del patriota, Il processo di un Ministro per aver fatto quello che il suo mandato gli imponeva, ovvero difendere la Nazione e i suoi confini e rispettare l'indicazione data dagli elettori con il voto, è un precedente spaventoso nella democrazia Italiana. Non conta più cosa sia giusto, ma cosa piaccia alla sinistra, al mainstream e ai poteri forti. Un altro tassello nella deriva liberticida che denunciamo da tempo. Ma a chi festeggia, senza pudore, voglio dire che quando saltano le regole dello stato di diritto, nessuno è più al sicuro.A Matteo Salvini va la totale e incondizionata solidarietà mia e di tutta Fratelli d'Italia.

Né il processo, né un'eventuale condanna,secondo il quotidiano Romano il Messaggero, in quanto tale. Il vero incubo per Matteo Salvini, adesso che dovrà affrontare due processi con pene edittali altissime, è l'ombra sul suo futuro politico. Che rischia di essere seriamente compromesso. La legge è sempre la stessa. Ed è quella che ha già portato Silvio Berlusconi fuori dal Senato, dopo la condanna per la frode fiscale legata ai diritti Mediaset.

Come riferisce ADNkronos, "Io ho ridotto del 90% gli sbarchi, dimezzato i morti in mare e vado a processo per aver difeso il Paese. Abbiamo organizzato 'Pontida del sud' a Catania perché è lì che mi 'giudicheranno'. In quella città, quindi, faremo dibattiti su molti temi, contrapponendo a questo processo delle idee per il futuro dell'Italia", ha poi detto il leader leghista intervenendo al programma Aria Pulita su 7Gold Tv. "Per chi è curioso - ha aggiunto Salvini - ho pubblicato, sulla mia pagina Facebook, le 50 pagine della mia memoria difensiva. Spero che il giudice che le leggerà dica basta e che da domenica si torni a parlare di altro. quando tornerò al governo tornerò anche a fermare gli sbarchi".  

Secondo l' Agenzia ADNkronos,"Basta una sola parola pronunciata da Conte a spiegare che cosa è successo. Fu il premier a dire 'i migranti prima li ricollochiamo e poi autorizziamo lo sbarco'. E' Conte ad aver detto che gestiva tutto lui". Lo dice Matteo Salvini a Il Tempo.

Come scrive l agenzia adn kronos ci sono norme precise per mettere in salvo i naufraghi e nessuno di noi li lasciò in balia delle onde (...) Io ho fatto solo il mio dovere, e quindi penso che tutto finirà nel nulla, magari proprio sabato davanti al giudice dell'udienza preliminare", prosegue Salvini. "Rifarei tutto quel che ho fatto. Alla fine di quei soli quattro giorni quelle persone - che stavano su una nave militare italiana - sono state nutrite, curate e inviate alle altre nazioni disponibili a farsene carico", ha spiegato il leader leghista.

 

Riesplode il conflitto del Nagorno Karabakh in un crescendo di violenza e tensione che rischia di allargarsi ben oltre le montagne della regione autonoma contesa e i confini dei due Stati nemici, Armenia e Azerbaigian, come ha già minacciato il premier di Erevan. La guerra congelata dal 1994 si è riaccesa improvvisamente la notte scorsa quando l'esercito azero ha bombardato le postazioni delle forze indipendentiste armene che avevano attaccato e poi ha lanciato una controffensiva. Immediatamente i separatisti armeni hanno proclamato la legge marziale e la "mobilitazione generale". A distanza di qualche ora Armenia e Azerbaigian hanno fatto lo stesso. 

Al di là degli opposti nazionalismi secondo Pn,e delle rivendicazioni localistiche, questo conflitto desta interesse dal punto di vista geopolitico per gli stretti legami dell'Azerbaijan con la Turchia e dell'Armenia con la Russia. La Turchia ha forti legami culturali con l'Azerbaijan, nazione anch’essa a maggioranza islamica, oltre a condividere l’ostilità nei confronti degli armeni. Ankara infatti non ha mai voluto riconoscere il genocidio armeno perpetrate dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916. 

L'Armenia invece fa parte del l'alleanza militare tra paesi ex-sovietici guidata dalla Federazione Russa, che ha due basi militari nelle città armene di Gyumri e Erebuni. La Russia ha sempre cercato di porsi come paciere tra i due contendenti per garantire stabilità nell’area.

Così, mentre il presidente turco Erdogan si scaglia contro l’Armenia accusandola di “essere la più grande minaccia alla pace e alla tranquillità nella regione” e sottolineando che “la nazione turca sostiene i suoi fratelli azeri con tutti i suoi mezzi, come sempre”, al contrario il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov preferisce la via del dialogo, invitando ad un immediato cessate il fuoco e telefonando al suo omologo turco Mevlüt Çavuşoğlu. A complicare la situazione c’è anche l'afflusso in Azerbaijan, cominciato già da alcuni giorni, di miliziani jihadisti al servizio della Turchia in Siria e Libia. 

il mondo sta a guardare. Lo scacchiere geopolitico potrebbe subire scossoni improvvisi e pericolosi, perché qualsiasi escalation della violenza potrebbe turbare fortemente i mercati: il Caucaso meridionale, infatti, è un corridoio prelibatissimo per gli oleodotti che trasportano petrolio e gas naturale dal Mar Caspio ai mercati mondiali.

il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto “estremamente preoccupato” e ha invitato entrambe le parti a smettere di combattere, mentre la Francia, sul cui territorio vive una vasta comunità armena, ha chiesto un cessate il fuoco e un dialogo immediati. Il presidente Usa Donald Trump ha invece annunciato che gli Stati Uniti stanno cercando di fermare la violenza.

La Russia ha fatto appello ad Armenia e Azerbaigian per un "cessate-il-fuoco immediato".
"Facciamo appello alle parti perché facciano cessare immediatamente il fuoco e intavolare negoziati per stabilizzare la situazione", si legge in una nota del ministero degli Esteri di Mosca.

Nel comunicato si legge che "bombardamenti intensi sono in corso lungo la linea di contatto" fra le due ex repubbliche sovietiche nella regione autonoma del Nagorno Karabakh.
Da parte sua la Turchia "condanna con forza l'attacco armeno contro l'Azerbaigian, che ha provocato vittime civili", definendolo una "chiara violazione delle leggi internazionali", e "ribadisce il suo pieno appoggio" a Baku: lo scrive l'agenzia turca Anadolu su Twitter, citando il ministero degli Esteri di Ankara.

L'Anadolu cita anche il presidente azero, Ilham Aliyev, secondo cui "l'Azerbaigian difende la sua terra" perché "il Karabakh gli appartiene", promette di "vendicare il sangue dei martiri" e afferma di aver distrutto "mezzi militari" armeni, senza però nominare i due elicotteri che gli armeni affermano di aver abbattuto.

L'immancabile presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dal canto suo, si è impegnato a sostenere l’Azerbaijan, esortando il mondo a schierarsi con il Paese nella sua “battaglia contro l'invasione e la crudeltà”. Gli azeri sono un popolo prevalentemente turco con il quale la Turchia ha stretti legami

Sul Nagorno-Karabakh "è urgente che si cessino tutte le ostilità. C'è un rischio di gravi conseguenze e di destabilizzazione di tutta la regione". Così il portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna, Peter Stano, che sollecita "tutti gli attori della regione a contribuire a fermare il confronto armato. Nessuno può avere interesse" che si alimenti. E invitiamo "ad evitare interferenze dall'esterno.

"Il governo ha deciso di dichiarare la legge marziale e la mobilitazione generale", ha scritto su Facebook il premier armeno Nikol Pashinyan. La presidenza azera, a sua volta, ha comunicato la proclamazione della legge marziale e il coprifuoco nella capitale Baku e in altre città. Assieme a quella delle armi, è iniziata subito anche la guerra della propaganda e delle accuse reciproche a colpi di comunicati e post sui social.

"Siamo tutti uniti dietro al nostro Stato e al nostro esercito, e vinceremo. Lunga vita al glorioso esercito armeno", ha scritto su Facebook il premier armeno dopo la notizia dell'abbattimento da parte dei ribelli filo-armeni di due elicotteri azeri. Il governo di Erevan non ha neanche tentato di nascondere i suoi fini, ha rilanciato il governo di Baku, spiegando che all'alba le forze azere hanno iniziato un'offensiva per "neutralizzare le forze belliche dell'Armenia e salvaguardare la sicurezza della popolazione civile".

Incerto il numero delle vittime. Almeno 32 separatisti armeni secondo l agenzia Ansa, sono stati uccisi, secondo una nota ufficiale. Almeno 15 soldati separatisti della regione del Nagorno-Karabakh sono stati uccisi oggi nei combattimenti con l'Azerbaigian, ha riferito il ministero della Difesa della provincia secessionista sostenuta dall'Armenia. Questo porta a 32 il totale dei soldati uccisi dall'inizio dei combattimenti, ieri mattina. Secondo quanto comunicato, sono morti anche cinque civili azerbaigiani e due civili armeni del Karabakh, portando il bilancio ufficiale delle vittime a 39. L'Azerbaigian non ha dato notizie sulle sue perdite militari.

Quella attuale è la peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni, comunque segnati da incidenti continui anche dopo l'accordo di cessate il fuoco del 1994 mediato dalla Russia. Sono stati almeno 30 mila i morti lasciati sul campo dalla guerra combattuta dalle due ex repubbliche sovietiche caucasiche negli anni Novanta dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno Karabakh nel 1991. E che è restata di fatto in mano armena. Stati Uniti, Francia e Russia - che guidano la mediazione del gruppo di Minsk - non sono mai riusciti a far firmare un pace vera a Baku e Erevan e a porre fine definitivamente a un conflitto esploso in maniera plateale dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ma che affonda le radici molto più lontano, nel confronto tra cristiani armeni e musulmani azeri segnati da influenze turche e persiane. Non a caso le prime reazioni sono arrivate dai rispettivi sponsor, oltre che dall'Unione europea e dall'Italia.

Il presidente russo Vladimir Putin, che ha parlato al telefono con l'amico premier armeno, ha detto che "è importante fare tutti gli sforzi necessari per evitare un'escalation del conflitto". La Turchia, con un comunicato del ministero degli Esteri, ha condannato "con forza l'attacco armeno contro l'Azerbaigian che ha provocato vittime civili", ribadendo "il suo pieno appoggio" a Baku. Mentre dall'Iran è arrivata la disponibilità a mediare per un negoziato mirato al cessate il fuoco. L'Unione europea, attraverso il presidente del Consiglio Charles Michel, ha invocato lo stop "con urgenza" dell'azione militare e il Comitato internazionale della Croce Rossa è pronto a fare da intermediario.

E mentre il Patriarca Karekin II, il Catholicos di tutti gli armeni, ha interrotto la visita ufficiale in Italia "per stare vicino al suo popolo", la Farnesina ha chiesto alle parti "l'immediata cessazione delle violenze e l'avvio di ogni sforzo, in particolare sotto gli auspici dell'Osce, per prevenire i rischi di ulteriore escalation". Proprio quella evocata dal premier di Erevan, che ha ammonito sulle "conseguenze imprevedibili" della guerra "dichiarata dal regime autoritario dell'Azerbaigian" che si potrebbe allargare oltre il Caucaso e ha messo in guardia contro l'ingerenza "aggressiva" della Turchia.

Una disputa territoriale scrive Quifinanza,in cui l'oggetto del contendere è la regione del Nagorno-Karabakh, internazionalmente riconosciuto come parte dell'Azerbaigian ma controllato da armeni, che ha portato in pochi giorni alla morte di almeno 23 persone nelle due ex repubbliche sovietiche, tra cui una donna e un bambino, e almeno 100 feriti.

Il Nagorno-Karabakh è una regione montuosa di circa 4.400 km quadrati abitata tradizionalmente da armeni cristiani e turchi musulmani. In epoca sovietica divenne una regione autonoma all’interno della repubblica dell’Azerbaijan. Oggi si stima che circa un milione di persone siano sfollate nella guerra degli anni ’90 e circa 30mila siano rimaste uccise. Le forze separatiste conquistarono allora alcuni territori attorno all’enclave in Azerbaijan, poi nel 1994 ci fu un cessate il fuoco che fece deporre le armi. Per un po’.

Il governo armeno oggi ha dichiarato la legge marziale e la mobilitazione militare totale. “Preparatevi a difendere la nostra patria sacra”, ha detto il primo ministro armeno Nikol Pashinyan dopo aver accusato l'Azerbaigian di “aggressione pianificata”. Avvertendo che la regione era sull'orlo di una “guerra su vasta scala”, ha esortato la comunità internazionale a unirsi per prevenire ogni ulteriore destabilizzazione.

Il presidente dell'Azerbaijan Ilham Aliyev ha detto di essere fiducioso di riprendere il controllo della regione dopo i tentativi di conquista da parte armena e ha spiegato di aver ordinato un’operazione controffensiva su larga scala in risposta agli attacchi dell’esercito armeno: “Sono fiducioso che la nostra operazione controffensiva di successo metterà fine all’occupazione, all'ingiustizia, all’occupazione che dura da 30 anni”.

Fonti dell'opposizione armata siriana contattate da AsiaNews, affermano che la Turchia ha inviato 4mila mercenari siriani dell’Isis da Afrin per combattere contro gli armeni del Nagorno Karabakh. Alcuni giorni fa convogli via terra hanno raggiunto la Turchia e poi via aerea l’Azerbaijan. L'ingaggio è per 1800 dollari Usa al mese, per la durata di tre mesi. Un dirigente del gruppo terrorista siriano ha affermato: “Grazie ad Allah, dal 27 settembre fino alla fine del mese saranno trasferiti altri 1000 mercenari siriani in Azerbaijan”.  

Le fonti di AsiaNews hanno fornito anche una registrazione audio del nucleo operativo della Brigata del Sultano Murat (fazione armata dell'opposizione siriana, che arruola mercenari da inviare anche in Libia) nella quale si sente dire: “Volontari siriani sono destinati ad essere inviati in prima linea al confine armeno-azero…e combatteranno con gli azeri cioè con gli sciiti”.

   

Le previsioni della Commissione sui Paesi membri Ue  non sono peraltro nemmeno le più pessimistiche. Secondo Ispi,Il mese scorso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha ritoccato al ribasso (di quasi tre punti percentuali) le sue stesse previsioni di aprile: il Pil dell’Eurozona dovrebbe crollare fino al -10,2%. Parallelamente, se la Commissione Ue prevede che il Pil di Germania, Francia e Italia si ridurrà, rispettivamente, del 6,3, 10,6 e 11,2%, il FMI si aspetta il -7,8, -12,5 e -12,8%. Quindi il quadro già molto negativo (e in peggioramento) tracciato dalla Commissione europea potrebbe esserlo ancora di più a fine anno.

La Ue  secondo Maurizio Blondet entra in deflazione irreversibile, “ la giapponesizzazione. L'inflazione di fondo è scesa al minimo storico dello 0,4%. L‘inflazione complessiva è scesa a meno 2,1% in Grecia, meno 0,6% in Spagna e meno 0,5% in Italia, accumulando problemi per la dinamica del debito.  Non c’è quasi nulla che la BCE possa fare per combattere questo congelamento deflazionistico o per rilanciare la crescita economica, a parte diventare una Reichsbank monetaria  e finanziare direttamente i deficit. Tale azione, però”,  è vietata dagli Spilorci: “ La Corte costituzionale tedesca è già sul sentiero di guerra, accusando la BCE  di impegnarsi in salvataggi  di stati insolventi”.

La  Germania dice che, per lei, l'inflazione  è già salita oltre il 2% e la BCE deve smettere di pompare..

Una ottusità persino autolesionista, perché “l’Associazione europea dei costruttori di automobili ha emesso un avvertimento a tutto campo di una Brexit senza accordi  porterà ” un disastro da 110 miliardi di euro” per il settore.

L’Italia?  Anche senza secondo  lockdown,scrive Blondet, “ i danni al di sotto della linea di galleggiamento delle aziende  sono già gravi.  La  Review of Corporate Finance Studies – The Covid-19 Shock and Equity Shortfall – ha rilevato che il 17% delle 81.000 aziende italiane campionate avrà un patrimonio netto negativo entro un anno. Lo stesso modello vale probabilmente per l’intera Europa meridionale.  

“L’Europa langue mentre l'economia americana  avanza”: così titola Ambrose Evans-Pritchard, il miglior giornalista economico del Telegraph.  E spiega  che l’”Europa” sta ripetendo lo stesso (criminale)  errore che commise Jean Claude Trichet, l’allora governatore  della BCE, che nel 2008 aumentò i tassi mentre doveva abbassarli, regalando  agli stati europei  il quindicennio di gelo, disoccupazione strutturale e austerità  da cui non riusciamo a uscire.

Trichet  dimostrò allora secondo l articolo di Maurizio Blondet, che i tecnocrati, ammantati di  pseudo oggettività “scientifica”,  sono  incompetenti come la casalinga di Voghera; e gli eurocrati ancora di più,  visto  che si son fatti dare l’impunibilità legale per non pagare  i loro misfatti.  Sono, per la scienza monetaria, quello che è Palamara  per la “giustizia”.

Perché allora,  nel  2008, la Federal Reserve americana  i tassi li abbassò, come necessario, e sarebbe bastato a Trichet imitarla. O almeno chiedere consiglio: perché la Fed  in questo gioco  ci capisce.  

A forza di pompare per  contrastare l'effetto del lockdown, informa Evans-Pritchard, scrive Blondet, “i rischi di una doppia recessione in America stanno diminuendo,  con ordini alle imprese in aumento al ritmo più rapido in due anni.  Le famiglie americane  stanno ancora attingendo a $ 1,6 trilioni di risparmi in eccesso accumulati durante il blocco. Le vendite di case hanno raggiunto il massimo da 14 anni ad agosto.

“Gli Stati Uniti sono ancora in convalescenza, ma la spesa per le vendite al dettaglio ha retto meglio di quanto si temesse  quando il Congresso  (in odio a  Trump)  ha permesso che il pacchetto di aiuti settimanali da 600 dollari per 30 milioni di persone cessasse  (temporaneamente) alla fine di luglio.

E  l’Europa? secondo Maurizio Blondet, sotto l’imperio degli Spilorci, “la ripresa dell'Europa stava già svanendo prima che la seconda ondata di Covid-19 colpisse: una “V” tronca,  gravida di traumi economici, sociali e politici a venire.   I servizi sono di nuovo in contrazione, anche in Germania.  L'indice Stoxx 600 delle banche europee questa settimana è sceso al di sotto dei livelli visti durante la svendita panica di marzo, o addirittura visti durante la crisi bancaria della zona euro.

La Banca di Spagna ha appena abbassato di nuovo le sue previsioni,  prevedendo una contrazione del PIL fino al 12,6% quest'anno, con la piena ripresa  solo  fino al 2023.  La Francia ha alzato leggermente le sue previsioni quest'anno a meno 10% (da meno 11%), ma potrebbe aver sparato a salve.

Nell’arco dell’intero anno l’Italia scrive l Ispi,dovrebbe dunque lasciare sul terreno oltre l’11% del proprio Pil secondo la Commissione (ma, come anticipato sopra, il FMI reputa più probabile che la percentuale si aggiri tra il 12 e il 13%). Dove le previsioni di Commissione e FMI convergono è il recupero del Pil nel corso del 2021 che dovrebbe risultare di poco superiore al 6% (grazie soprattutto a una ripresa delle esportazioni che dovrebbero crescere di pari passo con la ripresa del commercio mondiale). Il che vuol dire che l’Italia, come molti altri paesi europei, nel corso del prossimo anno non recupererà il terreno perduto. Anzi inizierà il 2022 con un Pil che sarà del 6% circa più basso di quello del 2019.

Rimanendo al 2020, sempre secondo la Commissione,sottolinea l Ispi, i depositi bancari delle famiglie (complici le minori spese soprattutto nel periodo del lockdown) dovrebbero mantenersi su livelli relativamente alti. Una nota positiva per il nostro sistema bancario che vedrà crescere la quota di crediti deteriorati (soprattutto di quelli delle imprese). Il grande clima di incertezza e la necessità per le imprese di ritenere liquidità peserà inevitabilmente sugli investimenti privati anche nella seconda parte dell'anno. Questi dovrebbero invece aumentare nel 2021 trainati soprattutto dagli investimenti pubblici anche grazie ai crediti e alle sovvenzioni a fondo perduto che l'Italia riceverà tramite il Recovery Fund (sempre che venga approvato quanto prima dai leader europei e rimanga quantitativamente significativo.

Insomma il futuro più prossimo per l’Italia appare tutt'altro che roseo, tanto più che molte incognite (in primis l'evoluzione dell'epidemia) possono far cambiare – e di molto – tutte le proiezioni indicate sopra. Comunque la si pensi, la tenuta del nostro paese dipende dall’Unione europea. Senza la BCE e senza tutte le altre misure europee non avremmo la forza di superare la crisi.

 

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Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiaramente deciso, di alzare la posta in gioco in una situazione di stallo con la Turchia nel Mediterraneo orientale, dove la Francia sta appoggiando Grecia e Cipro nella loro disputa con Ankara sulle riserve di gas naturale e sui confini marittimi.

La disputa energetica nel Mediterraneo orientale si inserisce poi nell’ambito della più ampia questione cipriota, ossia la disputa tra Nicosia e Ankara in merito alla sovranità sull'isola, il cui territorio risulta diviso dalla cosiddetta “linea verde” che separa l’area amministrata dalla Repubblica di Cipro e abitata prevalentemente dalla comunità greco-cipriota dall’area amministrata dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord e abitata prevalentemente dalla comunità turco-cipriota. Tale divisione risale al 1974, quando, in seguito al tentativo di colpo di Stato da parte di nazionalisti greco-ciprioti che favorivano l’annessione dell’isola alla Grecia, il 20 luglio, Ankara inviò le sue truppe “a protezione della minoranza turco-cipriota” nella parte settentrionale dell'isola, sulla quale la Turchia ha poi stabilito il controllo. 

Oltre Cipro la Turchia minaccia regolarmente di spingere verso l’Europa milioni di profughi siriani che si trovano sul suo territorio. A febbraio il governo turco ha volutamente creato una situazione di crisi alla frontiera con la Grecia.

Oggi il motivo principale delle frizioni oltre Cipro, riguarda la guerra in Libia, dove la Turchia è intervenuta in forze nella guerra civile, trasformando l’operazione nel punto focale della strategia per rafforzare la sua influenza, con un occhio anche alle riserve di idrocarburi del Mediterraneo orientale.

Ankara ha inviato armi, droni e mercenari siriani in Libia per aiutare il governo di Tripoli. La Francia denuncia queste violazioni delle risoluzioni dell’Onu, ma Erdoğan avanza senza curarsene dopo aver convinto Donald Trump a lasciarlo agire indisturbato. 

La situazione nel Mediterraneo orientale “è molto fragile”, afferma anche Michael Roth, ministro tedesco agli Affari europei, sottolineando che la Turchia “non si sta impegnando a sufficienza per contribuire alla pace”. Si sofferma poi sul vertice che terranno i leader da cui dovrà levarsi “un messaggio di piena solidarietà a Grecia e Cipro” insieme a nuove idee per allentare le tensioni

Tuttavia la strategia europea che sarà discussa nel summit europeo del 24-25 settembre resta quella di andare verso una de-escalation delle tensioni. Tensioni Grecia-Turchia: i Paesi europei del Mediterraneo pronti a sanzioni condivise contro Erdogan 

Le misure dell'UE, intese a limitare la capacità della Turchia di continuare con le esplorazioni di gas naturale nelle acque contese, potrebbero colpire individui, navi o l'uso di porti europei, secondo Borrell. “Possiamo anche passare a misure relative ad attività settoriali”, ha sottolineato il rappresentante, “nei settori dove l'economia turca è collegata all'economia europea”, ha aggiunto. Borrell ha tenuto una conferenza stampa a seguito dell'incontro dei ministri degli esteri dell'UE a Berlino, per discutere il sostegno alla Grecia dopo che ha ratificato un accordo marittimo con l'Egitto, il 27 agosto, per contrastare le rivendicazioni della Turchia sulle risorse energetiche nella regione.

Fondamentale sarà il ruolo di mediatore della Germania dopo che anche la Russia si è offerta questa settimana di fare da intermediario dei diversi interessi presenti nel Mediterraneo orientale

Le sanzioni dell'UE richiedono l'unanimità e una volontà comune per farle rispettare, quindi una retorica dell'UE più dura non si tradurrà necessariamente in sanzioni economiche contro la Turchia. Macron sa anche che qualsiasi pressione sostenibile dell'UE su Erdogan deve passare attraverso Berlino, la principale potenza economica dell'UE. La Germania ha finora resistito alle richieste francesi di sanzioni contro la Turchia, con la Merkel che preferisce concentrarsi sulla diplomazia.

La NATO secondo Affari italiani,sta lavorando duramente per facilitare i colloqui a livello militare tra Grecia e Turchia per evitare un'escalation, mentre le Nazioni Unite cercano una soluzione diplomatica. Ma ci sono indicazioni che la campagna di Macron per respingere l'aggressività della Turchia nel Mediterraneo orientale stia iniziando a dare i suoi frutti a Bruxelles. Il 28 agosto, il capo della politica estera dell'UE, Josep Borrell, ha avvertito Ankara che potrebbe incorrere in sanzioni economiche se gli sforzi diplomatici fallissero prima del prossimo vertice dell'UE il 24 settembre. Sembra che i membri dell'UE stiano gradualmente arrivando alla visione di Macron che un'opzione coercitiva credibile è una perdita di tempo. I francesi stanno lavorando duramente dietro le quinte per mettere sul tavolo una serie di potenziali misure economiche alla fine di questo mese.

il bacino del Mediterraneo continua Affari Italiani,orientale è ancora un posto di rilievo nel pensiero geopolitico francese. Dopo un vertice con il cancelliere tedesco Angela Merkel alla fine di agosto, Macron ha ribadito che la Francia si identificherà sempre come "una potenza mediterranea". Con la sua eredità coloniale, la Francia ha ancora una significativa influenza culturale ed economica nelle regioni costiere del Nord Africa e del Levante.

L'obiettivo strategico di Macron è sfidare l'attuale equilibrio del potere navale nella regione, che, in un'epoca di ridimensionamento americano, attualmente favorisce la Turchia. Negli ultimi dieci anni, la Turchia ha investito molto nella costruzione della propria forza navale e delle proprie capacità di produzione navale. Erdogan ha anche adottato una dottrina navale più stridente e nazionalista nota come "Blue Homeland", che mira a proteggere gli interessi marittimi di Ankara nel Mediterraneo, Egeo e Mar Nero. La preoccupazione a Parigi, Atene e in altre capitali europee è che la Turchia mira a sfruttare la sua forza navale per imporre un nuovo ordine nel Mediterraneo orientale, trasformandolo in quello che alcuni funzionari chiamano un "lago turco".

Ma non mancano in tutto ciò anche le questioni economiche, ovviamente. All'inizio di quest'anno, secondo Affaritaliani  la Francia ha richiesto l'adesione al Forum del gas del Mediterraneo orientale, un gruppo formato di recente che include Egitto, Israele, Grecia, Cipro, Giordania e l'Autorità palestinese, ma non la Turchia. L'EMGF(East med gas forum) mira a sviluppare il mercato del gas della regione per soddisfare le esigenze energetiche degli Stati membri ed esportare gas a prezzi competitivi nell'UE. Naturalmente, le compagnie petrolifere e del gas francesi vogliono un pezzo della torta. 

Il colosso energetico francese Total sottolinea affari italiani,ha ottenuto i permessi congiunti di esplorazione del gas con la società italiana Eni nelle acque cipriote, oltre che nelle acque costiere greche e libanesi. Un ruolo geopolitico più assertivo potrebbe aumentare l'influenza della Francia intorno al tavolo mentre continuano i complessi negoziati per l'estrazione, il mercato e il trasporto di gas dal Mediterraneo orientale. La Francia insomma, al contrario del nostro paese, come già accaduto in Libia cerca sempre di portare acqua la suo mulino e difendere i propri interessi nella zona. Il fatto che Erdogan adesso sembra spinto dallo stesso spirito potrebbe diventare un ulteriore motivo di tensione.

Inoltre secondo affari italiani, Macron avrebbe in parte puntato la sua presidenza sulla promessa di rafforzare l'Unione europea e di rafforzare la sua "autonomia strategica". A tal fine, una presenza turca incontrollata nell'immediata periferia dell'UE convincerebbe ulteriormente il mondo, e molti euroscettici in Europa, che l'UE non può essere considerata un attore geopolitico legittimo. Macron vuole dipingere Erdogan come lo spauracchio esterno nel tentativo di rafforzare la coesione dell'UE come progetto politico e strategico distinto.

 

 

 

 

 

 

Al referendum il Sì sfiora il 70%. D'altronde era sponsorizzato anche da Lega e FdI. Però, nei partiti, le crepe erano molte. Stando all'analisi di Tecneitalia, nel centrosinistra il No avrebbe prevalso nell'elettorato del Pd col 55%, di Italia Viva (77%) e de La Sinistra (58%). Tra l'elettorato del centrodestra avrebbe prevalso il Sì (75% FdI, 76% FI, 78% Lega).Per le Regionali, secondo le proiezioni il centrosinistra è davanti sia in Toscana, con Giani al 48% e la Ceccardi al 41%, sia in Puglia, dove Emiliano è oltre il 46% e Raffaele Fitto al 38%, e pure in Campania, con De Luca al 67% e Stefano Caldoro al 18%. Il centrodestra conquista le Marche, dove Acquaroli naviga sul 47% e Maurizio Mangialardi (Pd-Iv) sul 37%, e poi mantiene il Veneto, con Luca Zaia al 77% e Arturo Lorenzoni al 16%, e la Liguria, dove Giovanni Toti è al 54% e Ferruccio Sansa al 40%. Alto il dato dell'affluenza, che sfora il 54% per il Referendum e si avvicina al 58% per le Regionali.

"Gli italiani - è il commento di Palazzo Chigi - hanno offerto una grande testimonianza di partecipazione democratica. Gli italiani hanno dimostrato un forte attaccamento alla democrazia". A voto ancora "caldo", Zingaretti "detta" la linea e "corteggia" Di Maio a distanza. Anche perché, probabilmente sulla vittoria dei candidati di centrosinistra in bilico ha pesato anche il voto disgiunto. "Se gli alleati ci avessero dato retta - ha fatto notare il segretario Pd - l'alleanza di governo avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane". Un assist al ministro degli Esteri, che ne ha approfittato per una critica al modo con cui il M5s si è presentato al voto: "Potevano essere organizzate diversamente e anche per il Movimento, con un'altra strategia". D'altronde nel M5s si sta giocando la partita per la leadership. E, malgrado i reciproci riconoscimenti pubblici, fra il reggente Vito Crimi e il ministro degli Esteri, la corsa è aperta. Il voto rafforza invece la segreteria di Zingaretti. Nei giorni scorsi, quando la Toscana era data in bilico, la poltrona del segretario non era apparsa particolarmente stabile. Un dato che non può dispiacere a Palazzo Chigi, con il premier Giuseppe Conte ufficialmente alle prese con il Recovery fund, ma che esce "indenne" dalla tornata elettorale.

L'esito del voto allontana anche l'ipotesi di rimpasto: "Non cadiamo in questo tranello", ha detto il segretario dem. Sia Zingaretti sia Di Maio già parlano della nuova stagione di riforme, per una legge elettorale che si adegui al taglio dei parlamentari e per quella architettura che servirà a sfruttare i miliardi in arrivo dall'Europa. Ma è il linguaggio di Zingaretti quello più deciso: "Sui decreti Salvini c'è un accordo e ora vanno assolutamente modificati". Oltre che per le Regionali e il Referendum, in ballo c'erano anche due seggi al Senato, attribuiti con le suppletive: Luca De Carlo, di centrodestra, ha vinto quella veneta, mentre in Sardegna c'è un testa a testa fra il candidato di centrosinistra, Lorenzo Corda, e quello di centrodestra, Carlo Doria.

Pericolo scampato per il governo. I risultati in Puglia, con la conferma di Michele Emiliano, e soprattutto in Toscana, con l'elezione di Eugenio Giani, allontanano il pericolo di un contraccolpo sull'Esecutivo e sul Pd. E blindano la maggioranza. A puntellarla c'è poi l'esito del Referendum, con la solida vittoria del Sì. Per le Regionali un 3 a 3, con il centrosinistra che mantiene anche la Campania di Vincenzo De Luca e perde le Marche, dove è in vantaggio Francesco Acquaroli (Fdi). Mentre il centrodestra si conferma alla guida della Liguria, con Giovanni Toti, e del Veneto, con il leghista Luca Zaia.

Servono, infatti, due mesi per ridefinire i collegi sulla scorta del nuovo assetto del parlamento. Dopo inizieranno i dolori: la sessione di Bilancio e a gennaio la Commissione Ue faranno scannare la maggioranza chiamata a decidere dove allocare i soldi del Recovery Fund. La prima finestra elettorale si aprirà soltanto tra febbraio e fine luglio, quando scatterà il semestre bianco, periodo in cui non si possono sciogliere le Camere. Per il momento, però, i big che sostengono il premier Giuseppe Conte assicurano non solo di voler tirar dritto ma addirittura di voler aprire una stagione di riforme. Una boutade che rischia soltanto di creare ulteriori divisioni. Pensare che riescano a trovare un accordo sulla legge elettorale è fantasia. Il ritorno delle preferenze e le soglie di sbarramento sono solo alcuni dei nodi da sciogliere. E poi c'è la proposta di superare il bicameralismo paritario. Insomma, più che una stagione di riforme li aspetta una stagione di litigi continui.

Partecipare senza mai essere in partita. Basta guardare le percentuali del Movimento 5 Stelle per comprendere il flop di Vito Crimi e compagni. Come sottolinea il giornale,niente di nuovo sotto il sole, per carità. Ma a questo giro nessuno dei candidati grillini è riuscito a fare la differenza: in Toscana Irene Galletti incassa appena il 6%, in Puglia Antonella Laricchia va di poco oltre il 10%, in Veneto Enrico Cappelletti si deve accontentare del 4%. E ancora: in Liguria Aristide Massardo incassa appena il 3,5%, nelle Marche Gian Mario Mercorelli supera appena il 10% così come Valeria Ciarambino. Una disfatta. Eppure, mentre lo spoglio è ancora in corso, ecco Luigi Di Maio affrettarsi ad appuntarsi sul petto "un risultato storico". "È la politica che dà un segnale ai cittadini - ha scritto su Facebook - senza di noi tutto questo non sarebbe mai successo". Non una parola, ovviamente, sul flop alle regionali. Un flop in linea con le sconfitte incassate negli ultimi tre anni alle Amministrative. Dopo il boom di Virginia Raggi e Chiara Appendino, il declino è stato pressoché inesorabile.

Chi cresce, chi scende, chi scompare. E’ il caso del Movimento Cinque Stelle scrive il giornale, che dopo aver incassato l'ennesima batosta alle amministrative, in Veneto scopre addirittura di essere stato estromesso dal Consiglio regionale. Il candidato Enrico Cappelletti non riesce a ottenere neppure il seggio per se stesso visto che il M5S non ha ottenuto il 3% dei voti necessari per superare la soglia di sbarramento.

I grillini sono andati male un po’ ovunque, e non è un caso se i vertici pentastellati (e Di Maio in particolare) da 24 ore parlano solo del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Ma in Veneto il risultato è tragico. Il 2,69% raggranellato dai grillini lascerà fuori i “portavoce”, trasformando la regione in un polo a due tra centrodestra e centrosinistra. Secondo le proiezioni Zaia potrà contare su una maggioranza di 41 seggi, praticamente un regno sovrano, mentre l’opposizione dovrà accontentarsi di 8 seggi.

La vittoria del sì al referendum costituzionale scrivono le Agenzie di stampa,  è destinata a cambiare completamente il volto del parlamento, i cui inquilini passeranno dagli attuali 945 ai futuri 600. La riforma costituzionale taglia 345 parlamentari. L'approvazione definitiva è arrivata nell'ottobre del 2019, con il via libera della Camera. E con la nascita del governo giallorosso è stata appoggiata per la prima volta anche da Pd, Leu e Italia viva (nonostante nelle tre precedenti votazioni avessero votato contro). Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega. La netta vittoria dei Sì al referendum conferma la riforma. Ora serviranno circa due mesi per ridisegnare i collegi.

Il taglio degli eletti complessivo è pari al 36,5% e porterà certamente dei risparmi. Il punto è quale sia l’entità degli stessi. Stando ai detrattori della riforma, la riduzione dei costi si limiterebbe allo 0,007%. Per i 5 Stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia, si risparmierebbero invece circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui

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