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E' morto l'ex presidente della Repubblica francese, Valéry Giscard d'Estaing. Aveva 94 anni. Aristocratico, colto, brillante, Giscard non ha avuto eredi politici fino a quando è arrivato Emmanuel Macron. Tanti i punti in comune. Un presidente giovane, un liberale e riformista, senza un grande partito alle spalle. Un leader che si presenta come un outsider pur venendo dall élite che però non riconosceva questa “paternità” anche se apprezza l'attuale capo dello Stato. Un anno fa, mentre voleva avere notizie su Giuseppe Conte e si informava su una mostra dedicata a Leonardo da Vinci, gli avevamo chiesto come avrebbe amato essere ricordato. “Ci sono già tanti libri su di me – aveva risposto - non ho molto da aggiungere. Posso solo dire di essere soddisfatto che l'Europa esiste, sia solida e sia ancora ricca di promesse”.
 
L'ex presidente è morto "circondato dalla sua famiglia" nella sua proprietà ad Authon nel Loir-et-Cher, fa sapere il suo entourage. Negli ultimi mesi era stato ricoverato più volte per problemi cardiaci. Il più giovane presidente della Quinta Repubblica quando fu eletto nel 1974, Giscard d'Estaing aveva fatto una delle sue ultime apparizioni pubbliche il 30 settembre 2019 durante i funerali a Parigi di un altro presidente, Jacques Chirac, che era stato il suo primo ministro.

È stato il grande presidente “modernista” che ha proiettato la Francia nel futuro, approvando importanti riforme sociali, portando un vento di freschezza negli ovattati saloni dell’Eliseo, ma verrà ricordato anche come uno dei grandi costruttori dell'Europa unita.

Nel 1974, quando arrivò all'Eliseo a soli 48 anni dopo la morte prematura di Georges Pompidou, fu il più giovane presidente della Repubblica francese. Lavorò per far passare tante rivoluzioni: la depenalizzazione dell'aborto, per la quale Simone Veil, la “sua” allora ministra della Salute, ha combattuto. E poi la maggiore età a 18 anni, il divorzio consensuale e non solo per "colpa". Gli anni di Giscard fotografano però anche l'inizio di un declino: la fine delle Trenta Gloriose, del boom economico del dopoguerra, e l'arrivo dello shock petrolifero, la recessione, la disoccupazione record.

Non si lasciò scoraggiare da quell’episodio e neanche dalla Brexit: è stato lui che, pensando agli inglesi, aveva scritto la sostanza dell’articolo 50 sull'uscita di uno Stato membro. Nel suo saggio «Europa», del 2014, Giscard già disegnava una futura cartina geografica dove la Gran Bretagna era colorata di bianco, fuori dai confini dell’Unione. Dopo il referendum britannico, in un'intervista al Corriere della Sera disse di non condividere «tutta questa agitazione.

Che cos'è in fondo l'Unione Europea? L'euro, e la libera circolazione delle persone, ossia il trattato di Schengen che i britannici non hanno ratificato. La Gran Bretagna non è uscita da granché, perché quanto all'essenziale era già fuori». Raccontò poi come aveva pensato all’articolo 50: «Quando preparavo la Costituzione europea ho scritto il testo di un articolo che si intitolava “L’uscita volontaria di uno Stato membro”, e rispondeva alla paura soprattutto anglosassone che una volta entrati in Europa non si potesse più uscire. Trovo normale che da qualsiasi associazione umana sia consentito uscire. Ora che lo fa Londra lasciando la Ue, non sono così impressionato. Abbandonano qualcosa di cui facevano parte solo a metà

Nato a Coblenza, in Germania poi occupata dalle forze francesi, Valéry Giscard d'Estaing proviene da una numerosa famiglia borghese.     Entrato al governo nel 1959, VGE ha scalato gli incarichi ministeriali in Economia e Finanze negli anni '60 e '70. Da sindaco di Chamalières ha eclissato Jacques Chaban-Delmas, per imporsi come leader della destra fino alla sua vittoria alle presidenziali nel 1974.

Dopo un inizio promettente, VGE ha vissuto una prima crisi con le dimissioni del suo premier, Jacques Chirac, nel 1976. Iniziatore del "G7", il club dei leader dei Paesi più ricchi, ha dato una spinta decisiva all'asse franco-tedesco al fianco del cancelliere Helmut Schmidt.    

Il rallentamento economico dopo lo shock petrolifero, i dossier - il sospetto suicidio del suo ministro Robert Boulin, i diamanti offerti dal presidente centrafricano Bokassa - così come un cambiamento nella sua politica, più conservatrice ed economicamente austera, pesano sulla sua popolarità.    
Il 10 maggio 1981 non viene rieletto contro Francois Mitterrand, che riceve più di un milione di voti in più. "Non avevo mai immaginato la sconfitta", confiderà poi.    

Dopo il suo ritiro rimane nella memoria dei francesi - ha lasciato una sedia vuota durante uno degli ultimi discorsi televisivi - Valéry Giscard d'Estaing, allora l'unico ex presidente in vita, attraversa una profonda depressione. "Quello che sento non è l'umiliazione, ma qualcosa di più grave: la frustrazione del lavoro incompiuto", scriverà nel 2006 in "Il potere e la vita" (Compagnie 12).      

Eletto consigliere generale nel 1982 nella sua roccaforte di Chamalieres, nel Puy de Dome, poi deputato nel 1984, per la sua intenzione era guidare il primo governo di coalizione nel 1986, ma a lui viene preferito Jacques Chirac.  

Nonostante tutto, riesci a diventare uno dei leader della destra guidando nuovamente il suo partito, l'Udf. Ma, certo della rielezione di Francois Mitterrand, non ha partecipato alle presidenziali del 1988. Sette anni dopo, accreditato con il 2% nei sondaggi, si è dovuto arrendere. Poco prima della sua morte, però, si è detto convinto che, se si fosse fatto avanti, avrebbe vinto contro Balladur e Chirac.  Dalla seconda metà degli anni '90, Giscard e il Giscardismo sono gradualmente scomparsi dal panorama politico.    

L'ex presidente della Francia, europeista convinto, persegue tuttavia un obiettivo finale: diventare presidente dell'Europa. Nel 2001 ha assunto la guida della Convenzione per l'Europa, responsabile della stesura di una Costituzione europea, respinta con referendum (55% di no).

Brillante economista, autore di diversi libri tra cui un romanzo in cui immagina una relazione con Lady D, è stato eletto nel 2003 all'Accademia di Francia, sotto la presidenza dell'ex presidente senegalese Léopold Sédar Senghor.     Lo scorso maggio, è stato indagato per violenza sessuale dopo una denuncia di una giornalista tedesca che lo ha accusato di averle toccato le natiche durante un'intervista più di un anno prima.

Ricoverato più volte negli ultimi mesi, soprattutto per "scompenso cardiaco", è morto nella serata, circondato dalla sua famiglia, nella sua proprietà ad Authon nel Loir-et-Cher

 

Fonti Agi/Ansa/Corriere/Repubblica

 

Da quando si è insediato il governo Conte II, la linea assunta dalla maggioranza giallorossa sul fronte immigrazione è stata da sempre quella diretta a chiedere una maggiore cooperazione all'Ue soprattutto con l'introduzione di un meccanismo obbligatorio dei ricollocamenti. Un sistema questo che consentirebbe di “smaltire” i migranti giunti in Italia nei Paesi membri dell'Unione Europea in base a specifiche quote. 

Ad oggi quelle richieste sono rimaste solamente parole al vento, nonostante il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese negli ultimi mesi ha più volte ribadito ai media il raggiungimento di importanti accordi capaci di garantire una svolta definitiva. Era il 23 settembre del 2019 quando il capo del Viminale annunciava un cambiamento storico in tema di ricollocamenti grazie alla sua partecipazione al vertice tenutosi a La Valletta.

Che da Roma si sia fatta acqua da tutte le parti lo dimostrano i numeri resi noti sul sito del Viminale: dall'inizio dell'anno ad oggi sono 32.542 i migranti approdati sul territorio italiano. Più del triplo rispetto al 2019. La situazione  al momento non lascia pensare ad una svolta: gli stranieri continuano ad arrivare e le difficoltà legate ai ricollocamenti e ai rimpatri mettono in affanno l’esecutivo lasciato solo dall’Europa.

Il governo italiano è rimasto escluso sia dal negoziato per rinnovare il trattato di Schengen sia dagli accordi per ripartire i migranti tra Stati europei.
L'Italia dunque in questa tornata è stata lasciata ai margini. Da Parigi hanno fatto sapere, tramite una nota dell'Eliseo, che l'intento era quello di coinvolgere inizialmente soltanto i leader di Paesi che hanno già subito attacchi terroristici. E che, dopo questa prima fase, si apriranno le vere discussioni all'interno delle sedi comunitarie. Anche perché la Francia nel 2022 assumerà la presidenza di turno dell'Ue e Macron per quella data vorrebbe arrivare con un nuovo piano di sicurezza pronto e approvato.

Ma la spiegazione fornita dai francesi è apparsa in realtà solo un modo per spegnere sul nascere possibili polemiche con altri governi non invitati. A partire proprio dal nostro. L'assenza dell'Italia potrebbe non essere stata dettata dalla volontà di Parigi di aprire soltanto in un secondo momento il dialogo in sede comunitaria. Al contrario, potrebbe essere figlia di un'esplicita scelta volta a tener fuori Roma dopo l'attentato di Nizza.

La Communauté française de renseignement (Comunità dell’intelligence francese), il nome dato a tutti i servizi segreti della Repubblica francese nel 2000, ha senza dubbio una sede a Roma sotto copertura e verosimilmente non ha mandato rapporti elogiativi al Coordinatore per l’intelligence nazionale presso l’Eliseo e al Comité interministériel du renseignement. 

Non che i nostri servizi siano un colabrodo ma mancando una politica seria dell'immigrazione, e non rispettando neanche la normativa vigente (che è ancora la legge del 30 luglio 2002, chiamata Bossi-Fini), non riescono a fare fronte alle esigenze minime di controllo dato che sono travolti dai continui sbarchi.

A questo problema di fondo si aggiunge “lo sgarbo” che, a ragione o a torto, l’Eliseo è convinto di avere subito quando nel dicembre 2019 l'attuale Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio, allora anche “capo politico” del Movimento 5 Stelle, è andato ad omaggiare i gilet gialli francesi, movimento anti-governativo inizialmente nato per protestare contro l'aumento delle tasse sul carburante e sfociato poi in manifestazioni anche molto violente.

Diffidenza è l'elemento che più sta contraddistinguendo l'atteggiamento verso l’Italia sul tema migratorio. L'attentato di Nizza è però soltanto l'ultimo episodio preso come pretesto: “In realtà il nostro Paese non è ben visto da anni e per tanti motivi – ha dichiarato ad InsideOver il sociologo ed esperto di immigrazione Maurizio Ambrosini – Nel resto d'Europa sanno che la politica non scritta di Italia e Grecia è stata sempre quella di favorire il transito di migranti verso altri Paesi”.

Finita la passerella, spenti i flash dei fotografi, di quel documento redatto dagli Stati che hanno posato davanti allo storico porto maltese non se n'è fatto più nulla: tutte le proposte elaborate in quel contesto non hanno superato l'esame nei tavoli dei governi europei. Un'altra batosta è arrivata poi da Berlino, quando fonti vicine ad Angela Merkel hanno ribadito che la questione ricollocamenti non era prevista tra le priorità del semestre di presidenza tedesco. Le ultime speranze sono state spente sia dal presidente del consiglio europeo Charles Michel, il quale a settembre ha parlato di “altre priorità”, sia dal presidente della commissione europea Ursula Von der Layen che, nel piano europeo sull'immigrazione, non ha fatto cenno ai ricollocamenti.

Con la pandemia, tutto il lavoro sulle misure per contrastare la crisi economica che sta investendo l'Italia e gli altri paesi più colpiti dal virus ha preso il sopravvento ed è diventato in qualche modo cardine della presidenza di turno tedesca, con una Angela Merkel impegnata in prima fila nel ruolo di mediazione tra i paesi Ue sui pacchetti anti-crisi. Nessuno spazio per l'immigrazione, che resta evidentemente tema complicato nei rapporti tra i paesi dell’Unione.

L’Ungheria, per dire, sta minacciando di non approvare nel proprio Parlamento nazionale la parte riservata alle risorse proprie (digital tax, carbon tax ecc) del bilancio Ue legato al recovery fund. Viktor Orban cerca così di bloccare la richiesta del Parlamento europeo di irrigidire le condizionalità che legano l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. Basti questa cornice per intendere quanto sia difficile – se non impossibile – chiedere a uno come Orban di accogliere migranti arrivati in Italia.

Roma chiede agli altri paesi dell’Ue “ricollocamenti obbligatori” dei migranti salvati in mare. Ma, a dispetto della chiarezza della domanda, nemmeno questa volta ci sarà una immediatezza nella risposta: è improbabile che l'Unione Europea prenda decisioni in questo senso entro la fine dell’anno. “Non è la mission della presidenza tedesca” di turno fino a dicembre, si apprende da fonti europee.

Fonti : L'HuffPost/ Formiche.net/ IlGiornale

Sembra tornare la logica che prevalse dopo la seconda guerra, completamente diversa: solo la creazione di Blocchi contrapposti avrebbe potuto assicurare l’equilibrio. L'Europa era divisa, con talune nazioni attraversate da frontiere interne, fisiche come in Germania, ovvero ideologiche come in Italia.

Non è più l'Europa continentale, ora, ad essere divisa tra Est ed Ovest, in aree di contrapposte influenze: la faglia del conflitto geopolitico spacca il Mediterraneo, riproponendo le logiche della Guerra fredda e dei conflitti interni. In Siria come in Libia, in Libano come in Egitto, gli schieramenti si fronteggiano.  

La Turchia moderna aveva ereditato dall’Impero Ottomano il ruolo di guardiano dei Dardanelli, per impedire alla flotta russa, e poi a quella sovietica, l'ingresso nel Mediterraneo, negli ultimi tempi questa funzione di contenimento e di garanzia si sta affievolendo. Mosca si è inserita nella crisi filo occidentale e filo europea di Ankara e la utilizza come già faceva con il Cairo ai tempi del generale Nasser. Prima in Siria e poi in Libia, Russia e Turchia si scambiano i ruoli di tutori del regime legale e di sostegno alla opposizione, con un efficace paso doble.

I fronti di guerra non dichiarata in questo momento sono almeno due: Mediterraneo orientale e centrale. E non è semplicemente una guerra di retorica. L'uso della forza è divenuto sempre più un cardine della politica estera di tutti i Paesi che si affacciano su questo mare, con le diverse marine che si confrontano in maniera costante in quello è un vero e proprio teatro acquatico di confronto tra superpotenze e potenze di livello regionale.

Tra queste, la Turchia sottolinea inside over è probabilmente quella più importante perché coinvolta in entrambi i fronti e artefice dell’innesco delle escalation: segnale tangibile di un rinnovato desiderio turco di espandere la propria influenza anche, ma non solo, attraverso il Mediterraneo. Una crescita che non piace a molti Paesi dell'Ue e che è vista con occhi inquieti anche da altre forze del mondo mediorientale e in particolare arabo, che temono il dinamismo turco paventando una rinascita di quello che fu l'Impero ottomano. Impero di cui tutti erano parte (e sudditi) dalla Libia fino all'Iraq, dal Mar Rosso ai Balcani.  

La posizione della Grecia, che ora sta subendo le iniziative unilaterali turche di prospezione petrolifera, non sembra riportare all'indietro l'orologio della Storia ai tempi delle sollevazioni europee contro le angherie ottomane.  

Chiaramente, per realizzare l’obiettivo che Ankara si è predisposta da decenni cioè il superamento del trattato di Losanna, scrive inside over,Erdogan ha bisogno di prove di forza. In questo contesto, le navi da ricerca di idrocarburi inviate a largo di Cipro, Creta e Castelrosso altro non sono che manifestazioni concrete di quale sia lo scopo della politica del governo turco sui mari. Ma queste imbarcazioni non sono da sole: navi della marina turca hanno più volte scortato questi mezzi nelle acque sotto il controllo di Atene e Nicosia, diventando avamposti militari della politica estera di Ankara. Una scelta che ha scatenato non solo l'ira della Grecia e di Cipro, ma anche un confronto militare che, come per la Libia ma con toni anche più accesi, ha visto entrare in scena direttamente le forze navali dei Paesi coinvolti. A volte anche con episodi al limite dello scontro armato, se si pensa che si è arrivato anche allo speronamento tra una nave greca e una turca al largo dell’Egeo.  

Il conflitto latente da tempo tra Turchia e Grecia, rinfocolatosi per via delle controverse prospezioni petrolifere in un'area di propria esclusiva da parte di Atene, non è che l'ultima tessera di un mosaico che da anni va riconfigurando il ruolo geopolitico della Turchia.

È tutto un subbuglio: dal sostegno dato ai Fratelli musulmani in Egitto all'intervento militare in Siria; dalla alleanza con il Presidente libico Fayez-al-Serraj che prevede per un verso il sostegno militare e per l'altro la creazione di due aree economiche esclusive contermini che tagliano in due il Mediterraneo per diagonale al fine di impedire il passaggio delle pipeline che farebbero affluire in Europa il gas dei giacimenti già ritrovati nelle acque di fronte all'Egitto, ad Israele ed a Cipro; dalla relazione di dipendenza energetica nei confronti della Russia per via del Blue Stream alle ricerche di proprie fonti nel Mediterraneo di cui è pronta a rivendicare la titolarità anche con la minaccia armata.

Con queste iniziative eclatanti, la Turchia è tornata ad essere un problema per l'Occidente, in particolare per l’Europa. E stavolta Ankara non sembra soffrire neppure per la mancanza della storica sponda tedesca, con cui si mirava congiuntamente ad ostacolare le mire di Gran Bretagna e Francia nel Mediterraneo e nel Medio Oriente  

la recentissima decisione di restituire al museo di Santa Sofia la sua funzione di moschea,secondo Startmag dimostra l'intenzione della Turchia di utilizzare ancora una volta il fattore religioso, come già fece l'Impero Ottomano,  come fattore aggregante e soprattutto di guida geopolitica: il panislamismo mira ad agglutinare identità nazionali e razziali che tra loro non hanno altrimenti alcun altro nesso:  sostituisce dunque il panarabismo laico, anticolonialista e dunque anti occidentale per eccellenza, che si era imposto a partire dagli anni Cinquanta nell'area del Mediterraneo meridionale e nel Medio Oriente come linea di frattura degli equilibri determinati dopo la seconda guerra mondiale, rovesciando le monarchie di comodo che erano state imposte dagli ex colonizzatori.

L'opposizione francese al “velo islamico”, scrive Startmag in nome alla laicità dello Stato, aveva motivazioni interne non trascurabili, ancora irrisolte: nel lungo periodo, la convivenza con le etnie magrebine non ha portato alla integrazione bensì alla segregazione. Se la radicalizzazione religiosa rappresenta uno strumento pericolosissimo di protesta in quanto sfocia talora in atti di terrorismo, un panislamismo a guida politica da parte turca diverrebbe un nuovo collante ideologico anti occidentale.

I funzionari Ue hanno parlato chiaro: se Ankara non cessa le provocazioni sarà impossibile evitare il regime sanzionatorio che farebbe collassare l’economia anatolica. Una extrema ratio che Berlino vorrebbe evitare a ogni costo, ma dipenderà anche molto da quale partito avrò il sopravvento, se quello filo-francese  quello filo-tedesco. Intanto le flotte si muovono. E il Mediterraneo è protagonista di una guerra fredda che nessuno ha il coraggio di chiamare con il suo vero nome.

Sul fronte geopolitico,secondo Linkiesta una delle cause della crisi è l’aumento delle tensioni con gli Stati Uniti, storici alleati della Turchia durante la Guerra Fredda, in corso dal 2016, quando Washington fu accusata di aver favorito un tentato colpo di stato dell’esercito turco per porre fine alla presidenza di Recep Tayyip Erdogan.

Oggi l’oggetto della disputa è l’acquisto del sistema di difesa antiaereo russo S-400, i cui accordi risalgono al 2017, ma le sperimentazioni sono iniziate solo quest’anno.

Gli Stati Uniti hanno più volte tentato di impedire le trattative turche con Mosca, offrendo il sistema di difesa statunitense Patriot: secondo la Casa Bianca l’utilizzo di tecnologia bellica russa rischia di offrire informazioni chiave al Cremlino circa gli aerei caccia della NATO. Al rifiuto di Ankara di rinunciare agli S-400, Washington ha minacciato nuove sanzioni (dopo quelle adottate nel 2019 per l’intervento turco in Siria) sottolinea Linchiesta

L’ascesa dei rapporti economici tra Ankara e Pechino non migliora certo la situazione, soprattutto ora che la Cina ha intenzione di raddoppiare gli investimenti realizzati in Turchia tra il 2016 e il 2019, portandoli da 3 a 6 miliardi di dollari. Il timore statunitense che la Cina possa conquistare il mercato tecnologico globale è sempre maggiore e recentemente si sta considerando la possibilità di un disimpegno statunitense dal paese anatolico.

Fonti inside over, Linkiesta, Startmag

 

La leggenda del calcio è morta ieri all'età di 60 anni per arresto cardiaco respiratorio, era in una villa della città di Tigre. Proclamati tre giorni di lutto nazionale in Argentina.  

Diego Armando Maradona se n'è andato in maniera repentina, inaspettata, lasciando sotto choc il mondo del calcio ma non solo. L'ex Pibe de Oro dal compimento del suo 60esimo compleanno lo scorso 30 ottobre fino ad arrivare al 25 novembre, giorno della sua morte, ha passato i 26 giorni più intensi e difficili di tutta la sua vita. Il 3 novembre l'operazione d'urgenza al cervello non lasciava presagire a niente di buono e a distanza di tre settimane da quel delicato intervento l'ex fuoriclasse del calcio mondiale ha alzato definitivamente bandiera bianca.

La notizia della morte del campione, alla quale molti all'inizio hanno stentato a credere, è rimbalzata dapprima sui telefonini. In pieno centro, in piazza Municipio si è levata una sola voce: "Era il più grande di tutti".

I medici legali che hanno realizzato ieri sera l'autopsia sul cadavere di Diego Maradona nell'Ospedale di San Fernando, in provincia di Buenos Aires, hanno diffuso un referto con i risultati del loro lavoro. Il decesso, si legge nel documento, è stato attribuito a "insufficienza cardiaca acuta, in un paziente con una miocardiopatia dilatativa, insufficienza cardiaca congestizia cronica che ha generato un edema acuto del polmone". Si è infine appreso che lo studio realizzato per determinare le cause della morte sarà completato con analisi tossicologiche che nel giro di una settimana preciseranno se Maradona, prima di morire, ha ingerito farmaci, droghe o alcol.  

I tifosi del Napoli hanno acceso decine di lumini votivi nella piazzetta ai Quartieri Spagnoli davanti al murale di Maradona. Nella piazzetta c'è un piccolo bar con decine di foto e magliette di Maradona, davanti al quale I tifosi si raccolgono. Il bar ha acceso in proiettore su cui scorrono le immagini dei gol. Nella piazzetta, un donna al primo piano ha appeso allo stendipanni al balconcino una maglia del Boca Juniors con il numero 10, la prima maglia di Maradona.

Una foto di Maradona che esulta in maglia azzurra e la scritta "Per sempre" con un simbolo del cuore in azzurro. Così il Napoli reagisce su Twitter alla notizia. "Ciao Diego", conclude il club.

"È morto Diego Armando Maradona, il più immenso calciatore di tutti i tempi. Diego ha fatto sognare il nostro popolo, ha riscattato Napoli con la sua genialità. Nel 2017 era divenuto nostro cittadino onorario. Diego, napoletano e argentino, ci hai donato gioia e felicità! Napoli ti ama!". Così in un tweet il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.

Non sa cosa dire Ottavio Bianchi: «Credetemi, vorrei ma non mi escono le parole. È una notizia devastante, gli ho voluto tantissimo bene». Fernando Signorini, l'amico e preparatore atletico: «Quando si allenava era una macchina perfetta, nato per giocare al calcio e per essere un talento inarrivabile». Corrado Ferlaino, il presidente che si autodefinì il carceriere di Diego. «Ha dato tantissimo alla città e tanto a me». Un mito da queste parti e per chi l'ha conosciuto, eroe degli stadi, Masaniello delle folle, inarrivabile e per questo eterno. Parli con i suoi compagni di squadra e incroci la gente per strada, sembra che nessuno riesca a parlare. Ma cosa si può dire? Napoli piange e basta.

Nelle ore precedenti all'apertura della camera ardente al pubblico, nella sala dove si trovano i resti di Diego Maradona sono entrati i famigliari (la ex moglie Claudia Villafañe e le figlie Dalma e Giannina) e numerosi calciatori ed amici storici del 'pibe de oro' (Carlos Tevez, Martin Palermo, i membri della nazionale argentina vittoriosa a Messico 1986, e Guillermo Coppola. Nella notte è stata nella sala dove dieci anni fa fu reso l'estremo omaggio all'ex presidente Nestor Kirchner anche l'ultima fidanzata di Maradona, Verónica Ojeda, con il figlio Dieguito Fernando. Secondo il quotidiano Clarin il corpo di Maradona non sarà visibile, per cui la bara sarà chiusa. La famiglia di Maradona non ha fatto richieste particolari per le modalità della cerimonia, si è infine appreso, indicando solo l'utilizzazione di una bandiera argentina vicino o sopra il feretro.

Secondo quanto riporta il corriere.it, l'amaro epilogo non ha sorpreso la famiglia di Maradona con lo psicologo del Pibe che nei giorni scorsi aveva avvertito: "Ha bisogno di aiuto da parte della sua famiglia". La famiglia del fuoriclasse argentino però era ormai lontana da tempo con i pessimi rapporti con le figlie Dalma e Giannina e con il figlio Diego jr con cui dopo anni difficili aveva riallacciato i rapporti in Italia ad apprendere la notizia della morte del padre dai media nostrani. L'ex moglie Claudia e le due figlie sono state però le prime ad arrivare nella villa di Tigre, appena l'avvocato di Diego, Matias Morla, ha confermato la notizia. Un arresto cardiorespiratorio intorno alle oer 12 argentine, le 16 italiane si è però portato via il più grande di tutti, a detta di molti, e ora la sua Argentina e la sua Napoli non possono far altro che piangere ricordando un campione senza tempo.

Maradona si trovava da giorni nella sua casa nel quartiere San Andres nella periferia di Buenos Aires dove stava seguendo la convalescenza dopo il delicato intervento al cervello ma purtroppo non ce l'ha fatta. Secondo le prime ricostruzioni dei media argentini l'ex fuoriclasse del Napoli si era svegliato bene, aveva anche fatto due passi in giardino ed aveva ricevuto la visita da parte dello psichiatra e dell'infermiera e tutto sembrava andare per il verso giusto.

Maradona, però, dopo queste attività mattutine è tornato nel letto e non si è più svegliato. El Clarin ha riportato il "testamento spirituale" di Diego che aveva parlato così al quotidiano argentino: "Sono stato molto felice, il calcio mi ha dato tutto, più di quello che ho immaginato. Senza la droga, avrei potuto giocare e vincere molto di più".

 

 

 

 

 

Il G20 lancia l'allarme economia. Sottolineando l'importanza dell'istruzione "in tempi di crisi", i leader dei 20 Paesi più industrializzati al mondo si impegnano a "continuare a usare tutti gli strumenti a disposizione" a sostegno di una ripresa globale "incerta" e sulla quale pesano "elevati rischi al ribasso".

Il contenimento del virus, afferma il G20 nel comunicato finale, "è essenziale per sostenere" l'economia, che risente del nuovo aumento dei casi e delle nuove restrizioni imposte in diversi Paesi

Il G20 ha messo poi l'accento sull'importanza della "continuità dell'istruzione in tempi di crisi tramite l'attuazione di misure per assicurare l'apprendimento di persona, un efficace qualità dell'insegnamento a distanza e un mix" dei due "come appropriato". Un'istruzione "inclusiva, equa e di qualità per tutti è essenziale per un futuro migliore e per combattere le disuguaglianze". Un accenno i grandi lo riservano anche alle donne, colpite in modo "sproporzionato" dalla crisi: "Lavoreremo per non ampliare le disuguaglianze di genere" e affinché la pandemia "non metta a rischio i progressi degli ultimi decenni". Le due giornate di lavori virtuali, sotto la presidenza dell'Arabia Saudita che passa ora il testimone all'Italia, sono state tutte incentrate sulla pandemia e sui suoi effetti economici e sociali, fra i quali il clima. I leader in coro si sono impegnati a combattere il cambiamento climatico e ad attuare l'accordo Parigi.

Di fronte a una ripresa in difficoltà, "un sistema di scambi multilaterali è più importante che mai", così come sono essenziali le infrastrutture come "driver di crescita". "Continuiamo i nostri sforzi per facilitare la ripresa dalla pandemia dei settori dei viaggi e del turismo", aggiunge il G20. Nel contenimento del Covid un ruolo chiave lo giocano i vaccini. I grandi del mondo si impegnano a "non lesinare gli sforzi per un accesso equo ai vaccini, alle cure e alla diagnostica per tutti", dicendosi pronti a rispondere "alle necessità finanziarie" per la distribuzione dei vaccini.

Ma dopo il summit è stata la cancelliera Angela Merkel a storcere il naso, dicendosi "preoccupata" per la lentezza delle discussioni sull'accesso dei Paesi poveri al vaccino anti-Covid. Il G20 ha messo poi l'accento sull'importanza della "continuità dell'istruzione in tempi di crisi tramite l'attuazione di misure per assicurare l'apprendimento di persona, un efficace qualità dell'insegnamento a distanza e un mix" dei due "come appropriato". Un'istruzione "inclusiva, equa e di qualità per tutti è essenziale per un futuro migliore e per combattere le disuguaglianze". Un accenno i grandi lo riservano anche alle donne, colpite in modo "sproporzionato" dalla crisi: "Lavoreremo per non ampliare le disuguaglianze di genere" e affinché la pandemia "non metta a rischio i progressi degli ultimi decenni".

Le due giornate di lavori virtuali, sotto la presidenza dell'Arabia Saudita che passa ora il testimone all'Italia, sono state tutte incentrate sulla pandemia e sui suoi effetti economici e sociali, fra i quali il clima. I leader in coro si sono impegnati a combattere il cambiamento climatico e ad attuare l'accordo Parigi. 

L'unica voce contraria è stata quella di Donald Trump, che ha difeso la decisione americana di uscire da quell'accordo: "Non era per difendere l'ambiente ma per distruggere l'economia americana. Mi sono rifiutato di rinunciare a milioni di posti di lavoro americani e di inviare miliardi di dollari ai Paesi che inquinano di più al mondo", ha sostenuto il presidente americano prima di andare via, per il secondo giorno consecutivo, mentre i lavori erano ancora in corso. 

"Per proteggere i lavoratori americani ho ritirato il Paese dall'ingiusto accordo di Parigi, disegnato non per proteggere l'ambiente ma per uccidere l'economia americana". "Dal ritiro dall'accordo di Parigi gli Usa hanno ridotto le emissioni più di qualsiasi altra nazione nel mondo", e "abbiamo reso l'America energeticamente indipendente", ha aggiunto Trump.

L'attacco di Trump è rimasto però isolato con il G20 che nel comunicato finale si è impegnato ad appoggiare "la Circular Carbon Economy, riconoscendo l'importanza e l'ambizione di ridurre le emissioni tenendo in considerazione le circostanze nazionali"

Antonio Maria Rinaldi a Coffee Break della La7, come riferiscono Scenari economici,l'intervento verte prima di tutto sulla tanto ricercata collaborazione fra opposizione e maggioranza che in realtà arriva fuori tempo massimo, dato che il governo ha presentato in ritardo la legge di bilancio. A questo punto non c'è neanche il tempo di discutere ed introdurre miglioramenti prima dell'aula, per cui la domanda è proprio sul senso della collaborazione.

Quindi,. dopo un passaggio sui ritardi dei piani per il Recovery Fund di Gualtieri si passa sulle idee della Lega, con l'abbassamento dell'IVA per i beni essenziali, a favore delle classi più povere, di sicuro utile, ma respinto al mittente.

Inoltre c'è il problema pressante dei prestiti garantiti dallo stato per 25 mila euro durante il primo lockdown: vista la crisi sempre più soffocante non sarebbe opportuno, a questo punto, trasformarli in contributi a fondo perduto come hanno fatto gli USA.

 

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