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Joseph LaPalombara, 96enne politologo statunitense di origini italiane, non ha dubbi su come la Casa Bianca di Joe Biden prenderebbe una riconferma di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi per un terzo mandato: “Un governo Conte-ter sarebbe un disastro”, spiega il decano dell'Università di Yale, docente nel prestigioso ateneo del Connecticut per oltre cinquant'anni, in una conversazione con Formiche. “Certificherebbe l'Italia come un attore di secondo piano, dato che confermare alla guida dell'esecutivo una figura indebolita come Conte non rappresenterebbe “una buona base per reclamare un ruolo più importante per l'Italia sullo scacchiere internazionale”.

Secondo inside Over,quel che è certo è che i democratici Usa sono stufi di Conte, e il fatto che anche un osservatore solitamente attento a valutare sfumature e non prendere posizioni nette come LaPalombara, conoscitore degli equilibri italiani e dei loro impatti oltre Atlantico, sia arrivato a ritenere certa la bocciatura di Conte nelle stanze del potere di Washington e a citare nomi alternativi la dice lunga su quanto il consenso internazionale per “Giuseppi” si vada esaurendo.

Per il politologo di Yale come sottolinea inside over.un presupposto fondamentale per la ripresa di quota dell'Italia nel contesto dei rapporti con gli Usa dovrebbe essere la nomina a capo dell'esecutivo di una figura politica con un cursus honorum più consolidato di quello di Conte e con saldi radicamenti nell’atlantismo. LaPalombara ammette di ritenere che gli Usa di Biden potrebbero preferire a Conte il suo predecessore a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni, che come scritto di recente è gradito in particolar modo a Matteo Renzi, ma la sua debolezza negoziale nel contesto della Commissione europea rischia di rappresentare un handicap. Più pesante, in questo contesto, l’altro nome fatto da LaPalombara: Mario Draghi.

La nascita del Conte-ter resta in bilico: dal Mes alle poltrone, i temi divisivi sono molti e rischiano di far crollare le speranze giallorosse. "Perturbazioni in arrivo", prevede un big renziano. Sempre da Iv spiegano che "non stanno cedendo su nulla" e in queste condizioni "non si trova l'accordo su nulla". Fonti parlamentari fanno sapere che al momento lo schema rispetto al Conte bis non sarebbe cambiato, se non per poche caselle. Da non escludere un secondo giro di consultazioni per prendere altro tempo.

Se dovesse saltare la trattativa tra i partiti di maggioranza sarebbe meglio "ridare la parola agli italiani", dato che un esecutivo istituzionale o di unità nazionale "è impossibile" perché l'attuale maggioranza e il centrodestra "la pensano all'opposto su tutto". Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini intervistato da Sky Tg24. Salvini come riferisce ansa,ha comunque detto di ritenere che "alla fine si metteranno d'accordo".

"Se non trovano l'accordo, la soluzione più seria ed efficace per avere un governo che dà risposte a imprese e famiglie è quella di ridare la parola agli italiani ed entro aprile ci sarà un Parlamento, quindi un governo che per 5 anni lavoreranno in santa pace. Qualunque governo venga fuori dagli accordi sottobanco di Palazzo non sarà un governo in grado di salvare questo Paese". Così il leader della Lega parlando all'esterno del Senato. "Chiediamo di poter votare subito in Parlamento i decreti che interessano agli italiani - ha chiarito - i rimborsi per le imprese, il blocco delle cartelle esattoriali, lo sblocco di tutti i cantieri fermi, un piano vaccinale serio, modello Lombardia. Speriamo di poter parlare già da domani di questo e di finire il teatrino Conte-Di Maio e Zingaretti".

"Non esiste la sostanziale unità del Paese se manca mezzo Paese. Voglio dire una cosa chiara e netta: la maggioranza Ursula in Italia non esiste. Si è realizzata a Bruxelles perché a guida Partito Popolare Europeo, che ha vinto le elezioni, al quale gli altri si sono accodati". Lo dice il vicepresidente di Fi Antonio Tajani ad Affaritaliani.it sull'ipotesi che Forza Italia possa partecipare a un governo con Pd, M5S e Italia Viva ma senza Lega e Fratelli d'Italia.

Intanto come riferisce ansa,nella giornata di ieri i lavori si erano protratti fino alle 21. Ancora molti i nodi da sciogliere, tra i quali il Mes e il reddito di cittadinanza. Oggi si parte dalla giustizia. Iv dice no al lodo-Orlando. Il Pd fa sapere che su ambiente e scuola c'è una 'significativa convergenza'. In serata il presidente della Camera riferirà al capo dello Stato sulla fattibilità di un Conte ter. Mattarella chiede continuità per i ministeri cui fanno capo crisi sanitaria e Recovery. 'La maggioranza Ursula in Italia non esiste', afferma Tajani. Per Salvini è ora di ridare la parola agli italiani.

Tema Giustizia, compresa la riforma della prescrizione, al centro della prima sessione di lavoro del tavolo per il programma convocato da Roberto Fico in vista della formazione di un nuovo governo. Per questa ragione, l'assetto iniziale dei partecipanti al tavolo è stato integrato con degli esperti. Si tratta, in particolare, di Andrea Orlando per il Partito democratico, Pietro Grasso per Leu, Vittorio Ferraresi per il MoVimento 5 stelle e Julia Unterberger per le minoranze linguistiche.

Scontro tra Iv e Orlando. Al tavolo sul programma in corso a Montecitorio il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha proposto un "lodo" sulla prescrizione su cui c'è stata una apertura da parte di M5s, mentre da parte di Iv non è stata sciolta la riserva. Lo riferiscono alcuni partecipanti alla riunione. Orlando ha proposto che la maggioranza si impegni a portare avanti il ddl sulla riforma del processo penale, che accorcia i tempi dei processi, e che se entro sei mesi non viene approvato allora si metterebbe mano alla prescrizione. Italia viva "non condivide il lodo Orlando: non c'è nessun accordo sulla prescrizione e sul processo penale". Lo affermano fonti di Iv.

Ed è lì a Montecitorio che però emergono ancora una volta i distinguo sulle cose da fare. A poche settimane dalla fine del blocco dei licenziamenti, il partito democratico chiede un piano per l'occupazione femminile, la parità salariale, politiche attive del lavoro con tanto di riforma degli ammortizzatori sociali. La revisione del sostegno a chi perde il lavoro è anche una delle priorità dei 5S, che però non mancano di mettere in cima all'agenda l'introduzione del salario minimo e soprattutto il completamento del reddito di cittadinanza. Che si sa non è mai andato giù a Italia Viva, che vorrebbe da tempo anche far saltare anche il presidente dell'Inps Tridico e il capo dell'Anpal Parisi. E poi c'è il Mes: il partito di Renzi - dice al tavolo - di volerlo, almeno in parte. Ma il Movimento, che deve gestire forti tensioni interne, non molla: aprire a una trattativa su questo non si può, il no è netto. Poi c'è anche la giustizia: Iv - che Renzi tornerà a riunire all'ora di pranzo - vuole un cambio di passo, nel mirino l'impostazione del Guardasigilli e capo delegazione al governo per i 5S Bonafede.

E intanto ha presentato alla Camera il lodo Annibali, un emendamento che sospende per un anno la riforma sulla prescrizione. Ma non solo. Il partito guidato da Matteo Renzi vorrebbe che tutto fosse messo per iscritto mentre gli alleati sono più cauti. Sono gli Europeisti a parlare e dicono che non c'è da aspettarsi alcun documento, quello che sono tutti chiamati a fare è "verificare" l'accordo sul nome da portare al Colle. Che per loro, come per Pd, M5S e Leu è Conte. Ma sul quale Iv non si è ancora esposta.  

"Sui temi della sostenibilità ambientale con la mozione approvata in Senato, e sui temi della scuola con l'esigenza di un rilancio prioritario degli investimenti, si è registrata una significativa convergenza dei gruppi parlamentari presenti al tavolo con il Presidente Fico".

La prima giornata del tavolo - Seduti uno di fronte all'altro attorno al maxi tavolo del programma, dopo un'intera giornata i partiti che dovrebbero provare a formare un nuovo governo registrano quasi solo distanze. Reddito di cittadinanza e Mes sono da rivedere, rilancia Italia Viva aprendo lo scontro con i 5S, che vogliono ampliare il primo e non vogliono sentire parlare del secondo. Il partito guidato da Matteo Renzi apre poi a un dialogo con le opposizioni: su riforme e Recovery la proposta è quella di dare vita a delle bicamerali, con tanto di presidenza alle minoranze. Ancora ventiquattro ore e l'esploratore Fico dovrà salire al Colle per riferire al Capo dello Stato l'esito del lavoro di questi giorni ma il cammino per il Conte ter è ancora in salita. Si litiga tutto il giorno ma si tratta anche. Oggi i lavori sul programma riprenderanno e poi il presidente della Camera potrebbe anche tentare un secondo giro di consultazioni.

Il lavoro sui contenuti da inserire nel "cronoprogramma" corre parallelo a quello in via ufficiosa sulle caselle della eventuale squadra di governo. Fonti parlamentari ricordano che il Quirinale ha già definito un perimetro, alle consultazioni dei giorni scorsi, spiegando ai suoi interlocutori che avrebbe vigilato per cercare continuità d'azione per i ministeri chiave. Che sono quelli che si occupano più direttamente della crisi sanitaria e della gestione del Recovery plan. Una vigilanza che rientra nei poteri del presidente della Repubblica. E che vale anche per l'eventuale formazione di un nuovo esecutivo. I nomi dei ministri non rientrano però nella trattativa ufficiale, e anzi tutti si affrettano a smentire di starci lavorando. 

Intanto il segretario del Pd Nicola Zingaretti puntella il titolare del Tesoro Gualtieri, che una ridda di voci dà in bilico, oltre che il premier: sono punti fermi, dice. Secondo i pronostici di Renzi "alla fine di questa settimana avremo il nuovo Governo" e dovrà essere composto "da persone capaci e meritevoli". Prima però, insiste, va deciso il programma. Il presidente della Camera, dopo le consultazioni del fine settimana, ha avviato il tavolo ma ha anche scelto di lasciare i partiti a vedersela da soli. Sono una quindicina in tutto gli esponenti che si alternano nella sala della Lupa: ci sono i capigruppo e alcuni tecnici ma non i leader.

Fonti : inside over /ansa / il giornale

''Quando ho toccato il cielo, il Sistema ha deciso che dovevo andare all’inferno''. Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati e ex membro del Csm radiato dall'ordine giudiziario per la prima volta nella storia della magistratura, racconta, incalzato dalle domande di Alessandro Sallusti, nel libro 'Il Sistema - Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana' cosa sia il 'Sistema' che ha pesantemente influenzato la politica italiana. 

Che cosa è successo in questi ultimi vent’anni? È successo, e da questo libro emerge chiaramente scrive il giornale, che la magistratura ha interferito, a volte anche pesantemente, sulla vita politica italiana e, in particolare, ha interferito partendo da una posizione politica ideologica che fa capo alla sua corrente di sinistra, Magistratura democratica. Tant'è vero che anche Palamara è stato uno dei più grandi oppositori dei governi di destra. 

E alla domanda: "Ma allora anche tu sei di sinistra?", lui risponde così: "Non è vero. Io non ero il protettore di questo o di quello, di una parte politica o dell'altra, io ero il protettore del sistema correntizio che a maggioranza era su posizioni politiche e ideologiche di sinistra in conflitto con le destre di Silvio Berlusconi. Il mio compito non era di cambiare quella posizione, ma semplicemente di difendere il sistema. L'ho fatto per convenienza? Perché ci credevo? Per calcolo? L'ho fatto e l'ho fatto con successo. Punto". E da qui parte il racconto, non solo di quello che è successo all'interno della magistratura, ma anche di quello che è successo nei rapporti tra la magistratura e la politica, tra la magistratura e il Quirinale, tra la magistratura e i poteri costituiti di questo Paese. È uno spaccato che riguarda, come dicevo, vent'anni, che coinvolge i governi di destra e di sinistra, perché, ancora prima di essere di destra e di sinistra, il sistema voleva, e vuole, comandare sulla politica.  

Palamara non veste più la toga dal 9 ottobre 2020. Dal giorno in cui il Csm, di cui lui aveva fatto parte dal 2014 al 2018, lo ha radiato scrive Federica Olivo su huffpost.Una deliberazione che è arrivata un anno e mezzo dopo l'emersione di quelli che sono passati alla cronaca come I fatti dell’hotel Champagne. Quando cioè, la notte tra l′8 e il 9 maggio 2019, Palamara e cinque consiglieri del Csm si incontravano con Luca Lotti e Cosimo Ferri per stabilire chi avrebbe dovuto essere il nuovo capo della procura di Roma. Il successore di Giuseppe Pignatone. Le intercettazioni - captate dal trojan inoculato nel cellulare di Luca Palamara che era sotto inchiesta per una vicenda di presunta corruzione con l’imprenditore suo amico Fabrizio Centofanti - hanno suscitato lo sdegno dell'opinione pubblica. Palamara è a processo a Perugia, è stato espulso dall’Anm e, dicevamo, ha dovuto lasciare il suo lavoro. Ma di quel sistema che racconta per filo e per segno nelle pagine del libro era uno dei vertici. Non il solo attore.  

La storia che attraversa Palamara scrive Federica Olivo su huffpost è quella dei processi a Silvio Berlusconi, del trasferimento di de Magistris dopo un'inchiesta “scomoda”, delle vicende giudiziarie della famiglia Renzi. Si arriva a tempi recentissimi, al caso Diciotti, che vide Salvini scontrarsi con il pm di Agrigento Luigi Patronaggio, alla mancata nomina di Nicola Gratteri a ministro della Giustizia nel 2014. Dovuta, sostiene Palamara, al pressing che sul presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fecero i procuratori più importanti i capicorrente. C’è poi un riferimento al dietrofront di Alfonso Bonafede che ha promesso il vertice del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a Nino Di Matteo salvo poi ripensarci il giorno dopo. Non per volere della mafia, come aveva adombrato qualcuno ma, sostiene sempre Palamara, per la moral suasion di alcuni magistrati.

Nel mezzo di questi tasselli di storia giudiziaria d’Italia, il ruolo di tanti grandi nomi della magistratura, da Giuseppe Pignatone a Giovanni Salvi. Ne ha incontrati molti Palamara. E più di qualcuno ha chiesto il suo aiuto. 

Una carriera brillante avviata con la presidenza dell'Associazione nazionale magistrati a trentanove anni, scrive adnkronos,Palamara a quarantacinque anni viene eletto nel Consiglio superiore della magistratura e, alla guida della corrente di centro, Unità per la Costituzione, contribuisce a determinare le decisioni dell'organo di autogoverno dei giudici. A fine maggio 2019, accusato di rapporti indebiti con imprenditori e politici e di aver lavorato illecitamente per orientare incarichi e nomine, diventa l’emblema del malcostume giudiziario. “Tutti quelli – colleghi magistrati, importanti leader politici e uomini delle istituzioni molti dei quali tuttora al loro posto – che hanno partecipato con me a tessere questa tela erano pienamente consapevoli di ciò che stava accadendo”, sostiene Palamara.

Il punto di partenza è: è possibile che quel sistema interno alla magistratura con cui venivano decisi in modo abbastanza discutibile i procuratori, i magistrati più importanti d'Italia abbia infettato, oltre che la magistratura, anche la vita politica italiana?

Ecco, Palamara in questo libro non dà le sue opinioni, ma documenta episodio per episodio, inchiesta per inchiesta, nomina per nomina che cosa è successo dietro le quinte della magistratura e della politica italiana. (ilGiornale.it)

La notizia riportata su altri giornali:

Un sistema collaudato che metteva all'angolo quanti avessero dei rigurgiti di coscienza, premiando invece coloro i quali decidevano di aderire alla linea di pensiero dominante. "Leggiamo anche di protezione particolare per chi ha fatto mosse politiche ostili al leader di Forza Italia" , ha proseguito il senatore azzurro. (ilGiornale.it)

Il “Sistema” di cui si parla nel libro "è il potere della magistratura,secondo adnkronos che non può essere scalfito: tutti coloro che ci hanno provato vengono abbattuti a colpi di sentenze, o magari attraverso un abile cecchino che, alla vigilia di una nomina, fa uscire notizie o intercettazioni sulla vita privata o i legami pericolosi di un magistrato. È quello che succede anche a Palamara: nel momento del suo massimo trionfo (l'elezione dei suoi candidati alle due più alte cariche della Corte di Cassazione), comincia la sua caduta". “Io non voglio portarmi segreti nella tomba, lo devo ai tanti magistrati che con queste storie nulla c’entrano”, dice l'ex presidente dell'Anm. E i segreti sono tutti in questo libro.

Ed ecco come l'agenzia adnkronos presenta i punti importanti del libro :

IL MODELLO FIRENZE 

"In questa corsa senza freni provo il colpo della vita: applicare il modello Firenze per conquistare il vertice della magistratura italiana", racconta Palamara. "Siamo nel 2017, ci sono da eleggere i nuovi procuratore generale e primo presidente della Cassazione, fondamentali non solo per il destino delle vicende processuali ma anche perché siedono di diritto nel plenum del Csm, dove si decide tutto, dalle nomine alle sanzioni". Era "un azzardo - riconosce Palamara -, perché nel frattempo è iniziata la parabola discendente di Renzi".

"PM E GIORNALISTI COMPLICI"  

Tra pm e giornalisti c'è "complicità professionale", "si usano a vicenda", sostiene Palamara. "Prendiamo l’informazione, che nella vicenda Berlusconi di quegli anni ha avuto un ruolo fondamentale - racconta l'ex pm - Tra di noi girava la battuta: 'La vera separazione delle carriere non dovrebbe essere quella tra giudici e pm ma tra magistrati e giornalisti'. Magistrati e giornalisti – lo dico anche per esperienza personale – si usano a vicenda, all'interno di rapporti che si costruiscono e consolidano negli anni. Il giornalista vive di notizie, ogni testata ha una sua linea politica dettata dall’editore, che ha precisi interessi da difendere. Il pm li conosce bene, e sa che senza quella cassa di risonanza la sua inchiesta non decollerà, verrebbe a mancare il clamore mediatico che fa da sponda con la politica. È inevitabile che una frequentazione assidua porti a una complicità professionale, a volte anche a un’intimità personale più o meno clandestina che crea qualche imbarazzo tra i colleghi".

Ma, aggiunge Palamara, "c’è anche un livello superiore: io stesso ho avuto modo di partecipare a incontri riservati tra importanti direttori e procuratori impegnati su inchieste molto delicate...".

"NON RINNEGO CIO' CHE HO FATTO"  

"Non rinnego ciò che ho fatto, dico solo che tutti quelli – colleghi magistrati, importanti leader politici e uomini delle istituzioni, molti dei quali tuttora al loro posto – che hanno partecipato con me a tessere questa tela erano pienamente consapevoli di ciò che stava accadendo. Io non voglio portarmi segreti nella tomba, lo devo ai tanti magistrati che con queste storie nulla c'entrano", racconta l'ex pm.

"IN QUELLE CHAT NON C'E' TUTTO"  

"Il contenuto di quelle trascrizioni, come pure le chat e i messaggi estratti dal cellulare, è ormai noto, i giornali ne hanno pubblicati centinaia. C’è di tutto, ma non c’è tutto" e Luca Palamara fa un elenco di nomi.

"PATTO PM-FINI? TANTI INCONTRI"  

"Quando nel dicembre del 2010 si parla di un possibile patto tra la magistratura e Gianfranco Fini, ben visto dal Colle, non si va lontano dalla verità", racconta ancora nel libro intervista. "Con lui, in quel momento presidente della Camera, troviamo un’inaspettata sponda in campo avverso, quello del centrodestra di cui lui è il numero due dopo Silvio Berlusconi - spiega l'ex pm - Abbiamo più di un incontro, ci rassicura che con lui a dirigere la Camera non varerà nulla di sgradito ai magistrati. Tra noi certamente c’è un buon feeling che diventa collaborazione attiva nel fornirgli pareri e spunti per emendare leggi che, direttamente o indirettamente, riguardano il nostro mondo".

"DIETRO OGNI NOMINA UN PATTEGGIAMENTO"  

"La verità è che dietro ogni nomina c’è un patteggiamento che coinvolge le correnti della magistratura, i membri laici del Csm e, direttamente o indirettamente, i loro referenti politici, e ciò è ampiamente documentabile", racconta Palamara. "Normalmente funziona che se le correnti si accordano su un nome può candidarsi anche Calamandrei, padre del diritto, ma non avrà alcuna possibilità di essere preso in considerazione", aggiunge l'ex pm.

"LEGNINI MI DISSE DI AVERLO UMILIATO"  

"Dopo la votazione al Csm che incorona Fuzio raggiungo il vicepresidente Legnini a Chieti per partecipare a un convegno. Mi insulta, si sfoga: 'Tu mi hai umiliato agli occhi del Quirinale, penseranno che io non conto nulla, non finirà qui'", racconta ancora nel libro.

"RACCOMANDAZIONI? TANTE RICHIESTE"  

Raccomandazioni? "Io ho soddisfatto tante richieste in tal senso e soprattutto sono stato contattato più volte da magistrati, anche autorevoli, che chiedevano raccomandazioni per gli esami orali dei figli", afferma l'ex pm.

"CONTRO DE MAGISTRIS SPINTA DA CORRENTI SINISTRA"  

Quando il Csm apre un fascicolo che di lì a pochi mesi porterà al trasferimento di Luigi de Magistris, spiega ancora Palamara, "io mi consulto sia con i miei sia con il Quirinale. E succede che, per la prima volta nella sua storia, almeno recente, l’Anm prende le distanze dall'operato di un pubblico ministero. Il comunicato lo feci io insieme a Giuseppe Cascini, fu un atto sofferto ma di coraggio, rompeva il dogma secondo cui un pm va difeso sempre e comunque. E su questo ebbi la spinta di Cascini, cioè dell’ala sinistra della magistratura, una spinta che mi lasciò molto stupito".

"CENA A CASA DI FANFANI CON FERRI, ERMINI E LOTTI"  

Il 25 settembre "c’è una cena a casa di Giuseppe Fanfani, membro del Csm in quota renziana. Siamo invitati io, Ferri ed Ermini per chiudere il cerchio. Io e Ferri chiediamo all'ultimo al padrone di casa se può venire anche Lotti, lui non obietta né tantomeno obietta il vicepresidente in pectore Ermini", racconta Palamara. Quindi, sottolinea, "il futuro, oggi in carica, vicepresidente del Csm è a tavola con un politico indagato, Luca Lotti, con un magistrato del Csm, il sottoscritto – che lui ben sapeva essere indagato, perché, anche se la notizia non era ancora stata pubblicata dai giornali, nel nostro mondo era stranota –, e con un fresco onorevole del Pd, Cosimo Ferri".

"MAGISTRATURA DEMOCRATICA EMBRIONE SISTEMA" - 

"Magistratura democratica è l'embrione del sistema", afferma ancora Palamara nel libro. L'ex pm spiega anche il suo ingresso in Md: "Noto una cosa: la maggior parte dei colleghi che contano sono iscritti a Magistratura democratica, la corrente di sinistra della magistratura". A un certo punto "capisco che ho bisogno di una protezione e per questo mi iscrivo alla corrente di Magistratura democratica. Ecco, in quel momento, anche se ancora non ne ho piena coscienza, varco la porta ed entrò nel 'Sistema'". Poi, compreso che Md è una "corrente ideologica e non scalabile con la mia storia", matura la scelta di passare a Unicost.

 

Fonti Adnkronos / il giornale / Huffpost

Il presidente del Consiglio ha lasciato il Palazzo del Quirinale dove ha consegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Conte è uscito in auto da mezz'ora dal suo arrivo. Il premier aveva già comunicato le dimissioni nel CdM di questa mattina. Un CdM che, a quanto si apprende, si è chiuso con un momento "molto affettuoso" e gli applausi dei ministri al premier.

Quando il presidente della Repubblica riceve le dimissioni del premier può decidere, dopo consultazioni dei gruppi parlamentari, di conferire un mandato esplorativo ad un personaggio istituzionale (nel 2018 Mattarella lo conferì ai presidenti di Camera e Senato), o dare il mandato pieno o esplorativo al presidente del Consiglio uscente (che accetterebbe con riserva), oppure direttamente avviare proprie consultazioni al Quirinale: con i presidenti delle Camere, i rappresentanti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato ed il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo Esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Tra questi rientra l'eventuale emanazione di decreti legge in casi di necessità ed urgenza.

In mancanza del rapporto fiduciario, con la crisi di governo si ferma tutta l'attività parlamentare, eccetto che per gli atti urgenti come la conversione dei decreti legge in scadenza. L'attività ordinaria delle Camere riprende solo dopo che il nuovo Esecutivo avrà incassato la fiducia da entrambe le Camere.  
In base alla riforma della legge sull'Ordinamento giudiziario del 2005, entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il ministro della Giustizia rende comunicazioni (cui segue un voto) alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno. La relazione (in calendario alla Camera per mercoledì 27 gennaio) è di fatto propedeutica alla inaugurazione dell'Anno Giudiziario in Cassazione. Tuttavia, si registrano due precedenti di relazioni presentate ma non votate. 

Il primo è stato nel 2008, quando l'allora Guardasigilli Clemente Mastella si recò in Aula a Montecitorio per tenerla a poche ore dall'arresto (ai domiciliari) della moglie Sandra Lonardo. Mastella parlò alla Camera ed andò a dimettersi, per cui non ci fu un voto sulla relazione. L'unico precedente di relazione tenuta durante un governo dimissionario risale, invece, all'epoca di Mario Monti nel 2013. Si decise in quella occasione di dare per assolto l'obbligo con la semplice trasmissione della relazione alle Camere senza svolgere le comunicazioni in Aula.  

Secondo il quotidiano Libero,con l'apertura della crisi nella maggioranza, un po' di scompiglio è arrivato anche nel centrodestra. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, infatti, sono per il ritorno alle urne. Ma, allo stesso tempo, sospettano ci sia qualcuno all'interno della coalizione più favorevole a un "governo Ursula", a un governo di unità nazionale. Ecco perché dopo la notizia delle dimissioni di Giuseppe Conte i due leader hanno convocato un vertice, una sorta di chiamata unitaria alle “armi”. Come riporta Repubblica, i segretari di Lega e Fratelli d'Italia vogliono innanzitutto mettere in riga Giovanni Toti e i centristi dell'Udc: "Se entrerete in un Conte ter, sarete fuori dal centrodestra ovunque".

Meloni e Salvini, sottolinea Libero,infatti, non hanno per niente gradito le uscite di Paolo Romani di Cambiamo e di Paola Binetti dell'Udc, entrambi aperti alla possibilità di un governo di “salvezza”. Il chiarimento definitivo però lo si pretende soprattutto da Silvio Berlusconi. Anche lui, infatti, parteciperà - da remoto - al vertice del centrodestra. In particolare, è stata considerata ambigua la nota del Cavaliere diffusa quando non erano ancora certe le dimissioni di Conte: "La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevolezza del capo dello Stato di indicare la soluzione della crisi attraverso un governo che rappresenti l'unità sostanziale del Paese in un momento di emergenza, oppure restituire la parola agli italiani".

Il leader della Lega secondo Agi, invita allora a usare "le prossime settimane per ridare la parola al popolo e poi avremo per cinque anni un Parlamento - sottolinea - e un governo seri, legittimati e non scelti a Palazzo, ma dagli italiani.

L'Italia rischia di essere esclusa dai giochi olimpici di Tokyo 2021. Le imprese sono in ginocchio e i ristoratori manifestano in piazza. L'Europa bacchetta l'Italia per i ritardi sul Recovery Fund. Emerge un buco da quasi 16 miliardi di euro nei conti dell'Inps. Un milione e duecentomila lavoratori sono ancora in attesa della cig che non arriva. Cosa fa il Governo davanti a tutto questo? Passa l'intera giornata a occuparsi di beghe di Palazzo. Conte sì, Conte no, Conte ter. Dimissioni sì, dimissioni no, dimissioni domani. L'Italia non si merita questo schifo",  scrive su facebook la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni

Crisi di governo e dimissioni del premier Conte, secondo ADN kronos, Forza Italia fa quadrato e smentisce le voci che vorrebbero 15 transfughi azzurri pronti a passare alla maggioranza nella nuova veste di 'costruttori'. "E’ una balla, Rocco Casalino butta dei nomi falsi nella mischia, li fa filtrare per creare tensione nei partiti o per distogliere dai nomi veri", tuona il senatore di Forza Italia Andrea Cangini a 24Mattino di Simone Spetia su Radio 24. "C'ero finito dentro anche io e sono ancora infuriato, ma Conte non avrà la possibilità di allargare la maggioranza, ha ingannato su questo e ha bluffato anche con il Capo dello Stato", ha sottolineato.  

"La nostra posizione è chiara, anche oggi Berlusconi ha fatto un'intervista...Forza Italia ha cultura di governo, non si dividerà dagli altri alleati di centrodestra. Nessuna decisione vedrà Forza Italia differenziarsi da Fdi e Lega", le parole di Maurizio Gasparri, senatore di Fi, a La7. "La priorità è tenere unito il centrodestra, il centrodestra discutera ma non si dividerà", assicura. "Va tanto di moda la coalizione Ursula, agli ursuliani che inseguono le Ilone, ricordo che la von der Leyen è del nostro partito, una maggioranza Ursula sarebbe a guida Berlusconi, quindi se vogliono un governo Berlusconi...non faremo le ancelle di Conte, Casalino e Bettini", avverte il senatore azzurro.

E in una nota Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, rinforza il concetto: "La posizione del presidente Berlusconi e quindi di Forza Italia, o governo di unità nazionale o voto, non è figlia dell'improvvisazione o del calcolo ma l'abbiamo sempre sostenuta dall'inizio di questa crisi di governo che si ufficializza con le dimissioni di Conte. E' una posizione che va nella direzione che dicono in tanti ma in pochi fanno e cioè - spiega ancora - di anteporre il bene del Paese agli interessi particolari e quindi della disponibilità a prendersi responsabilità arretrando rispetto a un programma politico di parte con un governo di unità nazionale dove tutti facciano un passo indietro politico e buttino il cuore oltre l'ostacolo per portare l'Italia fuori dalla crisi

I capi delegazione del M5s Alfonso Bonafede, del Pd Dario Franceschini e di Leu Roberto Speranza avrebbero ribadito in Consiglio dei ministri il loro sostegno a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha comunicato la sua decisione di dimettersi.

Abbiamo affrontato la pandemia e una delle fasi più difficili della storia repubblicana "al meglio delle nostre capacità e crediamo con molti risultati positivi, grazie alla guida del presidente Conte e al sostegno delle nostre forze politiche", avrebbe detto, a quanto si apprende, Dario Franceschini in Cdm. "Questo cammino ci consente oggi di pensare a questa maggioranza anche in prospettiva, come una area di forze riformiste alleate non solo temporaneamente. Per questo è fondamentale salvare questa prospettiva anche nel percorso della crisi che abbiamo davanti".

"Credo che il Pd abbia dimostrato di essere un partito di grandissima responsabilità - così la vicepresidente del Pd Debora Serracchiani allo speciale Tg1 -, il Pd è unito e c'è bisogno di essere un punto fermo in un percorso strettissimo e complicato. Abbiamo bisogno di rilanciare l'azione di governo e lo abbiamo detto anche prima di questa crisi che è incomprensibile. Il punto imprescindibile è Conte e bisogna allargare e rilanciare l'azione di governo". "Nessuno può mettere veti a nessuno e in politica mai dire mai. La crisi è una battuta di arresto che ci preoccupa immensamente, e prendiamo atto che lo stesso Renzi ha detto che non ci debbano essere veti su Conte. Cerchiamo di fare ragionamenti solidi in tempi brevi".

Un messaggio arriva ancha dal presidente Cei. La Chiesa "non è di questa o di quell'altra parte - ha detto il card. Gualtiero Bassetti -. Quello che ci sta a cuore è il bene di ogni persona e di ognuno insieme agli altri, quello di cui c'importa è la vita delle persone, quello che sosteniamo è il nostro Paese". "Guardiamo con attenzione e preoccupazione alla verifica politica in corso in uno scenario già reso precario dalla situazione che stiamo vivendo. Auspichiamo che la classe politica collabori al servizio dei cittadini, uomini e donne, che ogni giorno in tutta Italia lavorano in operoso silenzio e che si giunga a una soluzione che tenga conto delle tante criticità". 

 

Fonti : Ansa / Agi / Adnkronos / Libero / il giornale

 

 

 

In una lunga intervista rilasciata alla Verità, l'ex ministro commenta la situazione politica in America e in Europa, all'indomani dell'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, ricordando l'antitesi dei due mondi creati da Barack Obama e Donald Trump: "Il mondo della globalizzazione" e "il mondo della deglobalizzazione"  

"Nel 1720, in Francia, che allora era il centro del mondo, ci sono due fenomeni: la peste levantina e il crollo del sistema finanziario globale inventato da John Law. È da qui che arrivò la rivoluzione". Un pericolo che rischiamo di correre ancora oggi: "Puoi continuare a stampare denaro... Ma solo finché la gente ci crede. Un piccolo suggerimento, tratto da un antico proverbio sudamericano: Fermati e aspetta che la tua anima ti raggiunga".  Secondo l'ex ministro Giulio Tremonti, l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca non salverà le sorti politiche dell'Europa e dell'Italia  

Secondo Tremonti, nella sua intervista alla Verita riportata da il giornale,non sarà Biden ad aiutare il nostro Paese, né l'Europa: "È ragionevole pensare che, per un certo periodo, Biden si occupi dell'America". E chi si aspetta il contrario sbaglia: "È più che provinciale l'atteggiamento di certi politici italiani, che vedono nella nuova presidenza Usa la loro salvezza contro sovranisti e populisti. Aspettarsi di colmare un deficit di forza politica in Italia con un surplus di forza politica in America è abbastanza puerile". Tremonti fa poi un'analisi di un possibile cambiamento dell'Europa dovuto alla pandemia: "Nel Trattato sul funzionamento dell'Ue c'è scritto che è competenza concorrente dell'Unione e degli Stati la lotta ai 'flagelli internazionali'. L'Europa ha funzioni di coordinamento, ma va detto che, dopo mesi e mesi di silenzio, ha iniziato a esercitare. Meglio questo che niente".  

E oggi, di tutto questo, non resta che "la crisi della globalizzazione. La globalizzazione ha messo in crisi la democrazia - e la pandemia ha messo in crisi tutte e due. Cosicché, oggi, la lotta di classe postmoderna è tra vincenti e perdenti della globalizzazione. E i perdenti stanno a destra come a sinistra", uniti da una crisi messa in atto dal meccanismo che aveva tentato di risolvere quella finanziaria del 2008, alla quale Bush e Obama risposero con un intervento statale. "Una soluzione che ha consentito al meccanismo di andare avanti per un altro decennio- spiega Tremonti- durante il quale è stata creata dal governo una quantità enorme di moneta dal nulla. È quello che in Europa chiamiamo easing. E che sarà all'origine della prossima crisi". E Joe Biden arriva proprio "dopo questo processo di crisi". Una crisi che è stata acuita dalla pandemia da Covid-19, che "ha hackerato il software della globalizzazione, il suo meccano mentale tutto positivo e progressivo. Superata l'emergenza sanitaria, restano gli effetti di crisi mentale, sociale ed economica": secondo Tremonti, è "la globalizzazione che da sogno si trasforma in incubo".

Intanto negli USA  in un articolo pubblicato da Leoniero Dertona  sui scenari economici che ha avuto un certo riscontro fra il pubblico l'intervista a Ray Dalio, noto miliardario, gestore di Hedge Fund, cioè esperto anche di speculazione e di mercati, ha parlato della possibilità che una politica monetaria sbagliata da parte della FED, accompagnata alla politica economica del duo Yellen Biden, possa portare alla rottura del tessuto sociale degli USA:

A febbraio, ho detto scrive scenari economici, che volevo un presidente che potesse “riunire il nostro paese per affrontare le nostre sfide in un modo più unito e meno divisivo”.
Volevo qualcuno che unisse le persone, cioè che non si considerasse il leader della parte vincente che impone politiche che l’altra parte troverebbe intollerabile.

Credo che siamo sull'orlo di una terribile guerra civile (come ho descritto nella serie The Changing World Order), dove siamo a un punto di svolta tra l’entrare in una sorta di inferno di lotte o il ritirarci per lavorare insieme per la pace e la prosperità che affronta la grande ricchezza, i valori e le lacune di opportunità che stiamo vedendo ora. Per questo motivo sono stato entusiasta di sentire cosa ha detto il presidente Biden al suo insediamento. È coerente con la direzione in cui la storia ha mostrato che il paese ha bisogno di muoversi.


Quello che preoccupa Dalio è l’estrema partigianeria della società USA, già vista, per esempio, nell gestione dei social media, unita alla sempre maggiore divisione che sta separando ricchi e poveri, con i primi sempre più ricchi ed i secondi sempre di più, e sempre più miserabili. esiste veramente questa possibilità? Si, anche perchè i movimenti più radicali USA non hanno lasciato le armi e la lotta, anzi assalti e vandalizzazioni sono andate avanti, come d esempio a Portland.   Un continuo abuso d’indennizzi, senza la possibilità di riprendere a lavorare, potrebbe portare a una società troppo dipendente dalla politica monetaria e dal debito pubblico, portando ad una conflittualità tra mantenuti e abbandonati che porterebbe a una crisi permanente.

Invece l’Italia? scrivono scenari economici, potrebbe il nostro paese cadere in una spirale di conflittualità civile sino alla guerra, magari accompagnato da qualche altro paese europeo? Sicuramente andremo verso una tensione crescente che potrebbe giungere a una forma di scontro sociale, anche se non alla vera e propria “Guerra”, in questo caso per un mix di politiche economiche sbagliate e d'illusione e bugie create ad arte per “Passare la nottata”, senza rendersi conto che, prima o poi sorgerà il giorno.

Il governo secondo scenari economici, ha distrutto la classe media imprenditoriale, riducendola al lumicino e, peggio ancora, umiliandola con i vergognosi ristori. L’opinione pubblica è stata tenuto parzialmente anestetizzata con il “Recovery Fund”, promettendo centinaia di miliardi di aiuti, ma senza spiegare che sono, alla fine, solo nostre tasse che verranno spese in investimenti a scarsa produttività e che, soprattutto, obbligheranno a seguire un cammino d’investimenti poco adatto alle nostre infrastrutture, ma che vincoleranno le nostre spese e le nostre tasse per decenni.

I talk show, i messaggi politici, i giornali parlano tutti di questi miliardi piovuti dal cielo.Oggi ad un talk show banalmente politico (senza opposizione, ça va sans dire) di La, ho sentito un professore della Bocconi affermare che “Non possiamo perdere questi soldi”. peccato che questi soldi saranno tutti pagati dalle nostre tasse, ed in modo molto pesante.

 

Fonti : Scenari Economici / il giornale / La Verita

 

 

 

 

Con questi voti a Palazzo Madama non si può governare. L’esecutivo ha ottenuto 156 «sì» alla fiducia al Senato, un numero che non consente secondo Open,di andare avanti verso un piano di riforme strutturali. Quelle che chiede il Pd e il gruzzolo di «volenterosi» che, il 19 gennaio, ha scelto di prolungare l'agonia di questo esecutivo. La terapia intensiva del governo potrà finire soltanto se Giuseppe Conte riuscirà a convincere, mettendo sul piatto anche qualche incarico ministeriale, un gruppo di responsabili più corposo di quello che si è presentato alla conta dei voti. Ma se non si allarga la maggioranza, considerando il rientro di Italia viva, nemmeno la truppa dei tre senatori dell'Udc potrà bastare a superare la soglia dei 161.

Se il Parlamento è lo specchio del Paese, scrive il corriere,giusto finire con il Var. Servono le immagini per decidere se il senatore del Movimento 5 Stelle Lello Ciampolillo e il socialista Riccardo Nencini, uno dei possibili responsabili che Giuseppe Conte aveva chiamato «fine intellettuale», hanno chiesto di votare in tempo oppure in fuorigioco. Per il verdetto ci vuole mezz'ora buona: potevano votare, due sì in più. Ma il fuori programma dà la misura di quanto sia fragile il governo rimasto in piedi dopo lo strappo di Matteo Renzi. Tredici ore di dibattito, compresa l'ormai classica pausa sanificazione, e il contatore si ferma a 156 voti favorevoli, 140 contrari e 16 astenuti. La fiducia c’è, perché i sì superano i no e questo per la Costituzione basta. La solidità politica no, perché il margine è stretto, i tre senatori a vita che ieri hanno appoggiato Conte non ci sono sempre e specie nelle commissioni far quadrare i conti è un’impresa. «C’è un problema di numeri — aveva ammesso prima del voto il premier Giuseppe Conte — se non ci sono il governo va a casa». Per questo nei prossimi giorni la maggioranza potrebbe guadagnare qualche seggio. Sfruttando le tre caselle lasciate libere al governo e qualche spacchettamento dei singoli ministeri. Ieri da parte dei responsabili o costruttori, che più tardi Matteo Salvini chiamerà «complici», l’aiuto è arrivato. Hanno detto sì Sandra Mastella e Tommaso Cerno. Da Forza Italia Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi, subito espulsi dal partito, ma non Maria Carmela Minuto. Vota no ma resta alla finestra Paola Binetti, «Oggi no ma domani...». Tra gli ex M5S no da Tiziana Drago e Michele Giarrusso, applaudito dal centrodestra.  

Quattro telefonate,scrive il corriere, di giorno e di notte e con l'ultima, un soffio prima del gong, Giuseppe Conte strappa il sì del socialista renziano Riccardo Nencini, che ha in tasca il simbolo del Psi. Ma con 156 voti c’è poco da esultare. Il premier da una parte è soddisfatto, «perché si va avanti e adesso bisogna correre, per superare l'emergenza sanitaria e la crisi economica». Dall'altra, a Palazzo Chigi c’è preoccupazione perché i numeri, è chiaro, «non sono straordinari». Il piano è tirare dritto, mostrando di non sentire le grida indignate delle opposizioni. Non dimettersi («e perché mai?»), ma semmai salire oggi stesso al Colle per riferire al presidente Mattarella. E poi? Stamattina un vertice di maggioranza, lavorare per far approvare Recovery e scostamento di bilancio e, da qui a fine febbraio,dare la caccia ai responsabili per allargare la maggioranza relativa con cui ha salvato il suo governo dalla «irresponsabilità di Renzi». La sofferta fiducia di Palazzo Madama è per Conte «un punto di partenza», ma il finale è incerto. Prova ne sia l'ansia con cui l'avvocato chiedeva ieri ai suoi interlocutori: «Davvero Zingaretti vuole andare a votare?». Se tra un paio di settimane i numeri non saranno lievitati, Conte dovrà arrendersi a salire al Colle.  

Per capire meglio quale sarà la contropartita che il governo giallorosso dovrà pagare all'ex premier bisogna rispolverare il suo editoriale di qualche giorno fa apparso sul Corriere della Sera. La lista dei tributi da inasprire prendeva spunto dall'audizione di Giacomo Ricotti di Bankitalia, Capo del servizio assistenza e consulenza fiscale di via Nazionale. Nella sua relazione il dirigente di palazzo Koch ha suggerito al governo di alzare le tasse sulla ricchezza e sugli immobili per liberare risorse per il taglio delle tasse in busta paga. Una sorta di patrimoniale mascherata che ha subito fatto breccia dalle parti di Monti. E così il Loden ha ribadito immediatamente la sua lista dei desideri tassaroli al premier: "Riforma fiscale, con adeguato spazio alle semplificazioni, ad un fisco 'friendly ma non troppo' verso i contribuenti, alla necessità di salvaguardare la competitività ; ma anche, senza pregiudizi in alcuna direzione, ai temi che solo in Italia sono considerati tabù, temi che tutti i partiti, pavidi, non osano neppure pronunciare : imposta ordinaria sul patrimonio, imposta di successione, imposizione sugli immobili e aggiornamento del catasto, imposizione sul lavoro, ecc. Ci si potrebbe avvalere, come punto di partenza, delle audizioni parlamentari svoltesi recentemente, in particolare di quella – meticolosamente non sovversiva, ma che non ha tabù – di Giacomo Ricotti della Banca d’Italia (11 gennaio 2021)". Parole forse fin troppo chiare che adesso, con il voto di fiducia di Monti incasellato tra i senatori che sostengono il governo, potrebbe dare spazio ad un vero piano horror fiscale.

È giusto ricordare che in questo contesto così debole per l'esecutivo, Giuseppi è appoggiato anche da Leu e Pd. Ed è proprio da una parte dem e da Leu che sono arrivate in parlamento proposte esplicite per una patrimoniale. Insomma la nuova maggioranza che sostiene l'esecutivo zoppo di Conte si basa su una voglia incontrollata di mettere le mani nel portafoglio di milioni di italiani. E c'è da scommettere che anche i conti correnti potrebbero entrare nel mirino del governo. Basti ricordare che con la nuova direttiva europea bastano pochi euro di rosso sul conto per far scattare l'inferno con tanto di segnalazione ed ingresso diretto nella black list di chi non paga. Con l'asse Monti-Conte non c'è dar star sereni nemmeno sul fronte previdenziale.

Il 2021 è un anno davvero decisivo per diversi motivi. Il primo è abbastanza noto: al 31 dicembre andrà in soffitta Quota 100 e al momento l'esecutivo non ha presentato una riforma credibile del sistema previdenziale che possa permettere un'uscita dal lavoro in anticipo in modo soft. Al netto della proroga di opzione donna, non c'è sul campo ad oggi una riforma che possa sostituire davvero Quota 100. E il piano gialloverde per l'uscita anticipata non è mai stato digerito da Monti e il timore, adesso, è che possa nuovamente tornare l'incubo Fornero con un inasprimento ulteriore dei requisiti per la pensione con un ulteriore ritocco all'età pensionabile. Ma non finisce qui. Dall'1 gennaio 2022 dovrebbe tornare in pista la rivalutazione premiante degli assegni previdenziali finora calmierati da un sistema penalizzante fortemente voluto anche dal governo Monti. L'esecutivo giallorosso aveva già tentato la strada delle proroga del blocco anche per tutto il 2022. Percorso abbandonato poi per le proteste dei sindacati. Ma è possibile che la proroga possa tornare con la nuova manovra che verrà varata alla fine di questo anno. Insomma il sì di Monti alla fiducia mette una sorta di catena al collo del governo. Una catena che pagheremo tutti no

Siamo seri: quei 156 voti a Palazzo Madama non bastano al governo. E la faccia del premier subito dopo i risultati tradiva tutta la preoccupazione di ritrovarsi d'ora in poi nelle mani di fuoriusciti e costruttori, sotto il costante ricatto di Italia Viva. Renzi, numeri alla mano, resta infatti ancora l'ago della bilancia del Parlamento: gli basta fare pollice verso per rimandare l’avvocato del popolo nelle aule dell’Università.

Dei 156 voti raggranellati ieri dai reclutatori contiani ben tre sono voti dei senatori a vita. Sorvoliamo sul fatto che il M5S fino a poco tempo fa voleva cancellare questo istituto feudale, stile “valvassini e valvassori”, e concentriamoci sul fatto che partecipano molto poco alle sedute dell’Aula. Liliana Segre ha la sua età, si definisce “spettatrice” al Palazzo, risulta presente o in missione solo nel 30,35% delle sedute, ed è probabile che al Senato si vedrà sempre meno. Nel computo dei voti “utili” possiamo anche non contarla: e siamo a 155. “Rigor Montis” (così lo chiamavano i 5S) ed Elena Cattaneo invece sono più attivi, ma nelle votazioni elettroniche risultano quasi sempre in missione. Monti ad oggi è stato presente il 5,62% delle volte, la collega il 27,97%. Poco, molto? Resta il fatto politico: fondare una maggioranza sui voti dei “non eletti”, ma di nomina perpetua, sembra davvero troppo.

Tolti i tre senatori a vita, dunque, il pallottoliere scende a 153. Di questi, due voti vengono da Forza Italia, e di solito queste cose non avvengono gratis. Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin si faranno sentire per ottenere qualcosina e se non verranno accontentati diventeranno una spina nel fianco. 

Causin e Rossi sono fuori da Forza Italia: votare con il governo in questo caso non è una questione di coscienza". Antonio Tajani non le manda a dire e, visibilmente contrariato, spiega all'AdnKronos che i senatori azzurri che hanno votato la fiducia a Giuseppe Conte in Senato sono ormai da considerarsi fuori dal partito   

Lo stesso dicasi per gli ex Cinque Stelle tornati nei ranghi: se li avevano cacciati un motivo ci sarà, no? Tra i folgorati sulla via di Damasco c’è pure Tommaso Cerno, giornalista, eletto nelle fila del Pd, poi uscito dal gruppo e infine rientratovi. Domenica sera, in diretta a Non è l’Arena, aveva assicurato a Massimo Giletti che lui la fiducia non l’avrebbe votata. Quel ragionamento, riguardando il video, appare tutt’ora incomprensibile. Come incomprensibile è la rapidità con cui ci ha ripensato due giorni dopo. Chi assicura a Conte che chi cambia idea come le mutande non lo faccia ancora? Il governo, in sostanza, la maggioranza relativa la raggiunge solo cavalcando le onde dei sentimenti personali dei transfughi. 

Causin e la Rossi si sono lanciati. Causin secondo il giornale,abbozza pure una mezza giustificazione per tutto ciò. "Ho riscontrato nell'intervento del presidente Conte la volontà forte di apertura di una nuova stagione politica e di ripensare, in modo più incisivo ed efficace l'azione del governo soprattutto per il contrasto alla pandemia. Nel momento in cui, sarebbe più facile e comodo fuggire dai propri doveri, stare defilati ed attendere gli eventi, ho deciso di fare un passo avanti", dice l'ormai ex senatore forzista. "Il mio sì alla fiducia - continua - vuole essere un contributo ad aprire una stagione politica nuova in un Paese dove in soli 8 mesi, i bisogni e le questioni sociali sono radicalmente mutate".

"L'Italia e l'Europa stanno affrontando una crisi sanitaria ed economica senza precedenti scrive il giornale,non possiamo attendere la fine della pandemia per ricostruire il Paese. Si deve agire subito e, in questo scenario, ho deciso di accogliere l'appello del Presidente della Repubblica Mattarella condiviso dalle forze sociali ed economiche del Paese, e dare il mio contributo affinché si possa uscire da una crisi che gli Italiani non solo non comprendono, ma che sentono dalle paure oggi più che mai dalle paure e dai bisogni che hanno", ha aggiunto l'ex forzista. Causin parla pure di "passo avanti sofferto perché nella politica gridata di oggi certamente decidere significa anche recidere rapporti con le persone e con la comunità politica di Forza Italia a cui sono appartenuto e in cui mi sono trovato bene, nonostante io abbia pubblicamente sempre espresso grandissimo disagio e preoccupazione per una deriva populista e sovranista della coalizione, distante dai miei valori e dalla mia storia personale".

Pure la Rossi scrive il giornale,prova a dire qualcosa. "Ho votato la fiducia al presidente Conte, che non è un esponente di partiti. Conte in questo straordinario e delicato momento è la nostra unica interfaccia in Italia e nel mondo". Dice. La senatrice Maria Rosaria Rossi è appena tornata a casa. Raggiunta al telefono all'Adnkronos spiega la sua scelta di votare la fiducia al governo Conte in dissenso con la linea di Forza Italia. Il suo strappo spiazza il partito. L'ex azzurra sottolinea che "la visione di Conte è di una politica liberale, europeista e garantista

 

 

fonti :  il giornale/ corriere della sera / open 

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