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Resta alta la tensione tra Varsavia e Unione europea. In ballo, i 36 miliardi del Recovery, fermi da mesi.Sono onorata di essere stata ricevuta oggi dal capo del governo polacco Mateusz Morawiecki"..Lo scrive su Twitter la presidente del Rassemblement national, Marine Le Pen."Abbiamo discusso insieme in particolare dell' inaccettabile ricatto esercitato dalla Commissione Europea sulla Polonia, e volevo dargli il mio sostegno", ha aggiunto Le Pen.

Al Parlamento Europeo riunito a Strasburgo è in corso la discussione sulla sentenza della Corte Costituzionale polacca che lo scorso 7 ottobre aveva stabilito la supremazia delle leggi polacche su quelle europee, di fatto rinnegando uno dei principi fondativi dell'Unione. La decisione della Corte, arrivata in seguito a un quesito del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, stabiliva che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione Europea avrebbero dovuto essere conformi alla legge polacca, per essere validi.

“La Commissione Europea sta analizzando la sentenza della Corte suprema polacca ma posso già dirvi oggi che sono fortemente preoccupata perché essa mette in discussione la base dell'Unione europea. Costituisce una sfida diretta all'unità degli ordinamenti giuridici europei”. Sono le parole con cui la presidente della Commissione europea, von der Leyen, ha aperto il dibattito al Parlamento europeo sullo Stato di diritto in Polonia, “collante” aveva aggiunto la presidente della Commissione, “che tiene insieme la nostra Unione”.

“Per il Recovery fund le regole sono chiarissime” e “una delle le riforme raccomandate alla Polonia è il ripristino dell'indipendenza della giustizia e questo significa che eliminare la sezione disciplinare e il regime disciplinare e il ripristino dei giudici illegittimamente licenziati. Lei ha detto che lo farete e io vi dico: fatelo”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen..

“La Commissione è guardiano del trattato ed è pertanto mio dovere tutelare i diritti dei cittadini dell'Ue, ovunque vivano sul territorio dell’Unione”. Per questo, ha aggiunto, “non possiamo permettere e non permetteremo che i nostri valori comuni siano messi a rischio. La Commissione agirà e le opzioni sono tutte note. La prima opzione è la procedura d'infrazione per impugnare legalmente la sentenza del Tribunale costituzionale polacco. Un'altra opzione è il meccanismo di condizionalità e altri strumenti finanziari. Il Governo polacco – ha sottolineato – deve spiegarci come intende proteggere i fondi europei, vista questa sentenza della sua Corte costituzionale”.

Nella sua replica, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki ha detto che “parlare di violazioni dello Stato di diritto o di Polexit, sono menzogne” e ha esortato a dire “le cose come sono”. “Comprendo lo stupore per la sentenza ma io andrei a leggere la sentenza”, ha aggiunto “In Polonia la fiducia per l'Europa resta ai livelli più alti, oltre il 56% dei polacchi dice chiaramente che la Polonia è e resterà membro dell’Unione. E il mio governo e la maggioranza parlamentare e’ parte di questa maggioranza pro-europea in Polonia”.

“Questo non vuol dire che non ci siano preoccupazioni circa l’indirizzo che assume l’Unione, una preoccupazione purtroppo giustificata”, ha aggiunto Morawiecki accusando “il doppio standard dell’Europa”. “Respingo la lingua delle minacce e delle imposizioni. Non sono d'accordo che dei politici minacciano e terrorizzano la Polonia. Il ricatto è diventato un metodo di fare politica verso alcuni Stati membri ma non è così che agiscono le democrazie”.

“La posizione della Corte costituzionale non è una novità, potrei citare decine di sentenze delle corti costituzionali spagnola, ceca, della Romania, della Lituania o di altri Paesi”, ha aggiunto il premier, “anche se queste sentenze riguardavano altri argomenti di rango inferiore, ma confermano che le corti costituzionali nazionali tengono per se stesse il diritto del controllo che il diritto unionale si muova nel perimetro assegnatogli”. “Nei Trattati Ue abbiamo delegato molte competenze, ma non tutte, all'Unione Europea. Non ci sono dubbi che il diritto Ue abbia supremazia sul diritto nazionale in quelle aree (di competenza, ndr) che sono state delegate dagli Stati membri all’Ue”, ha concluso il premier polacco.

"Noi siamo un Paese fiero, orgoglioso, la Polonia è uno dei Paesi con la più lunga storia di sviluppo della democrazia in Europa” ha ricordato il premier polacco, Mateusz Morawiecki, intervenendo nel dibattito in plenaria al Parlamento Europeo sullo Stato di diritto in Polonia, quasi un processo al Paese di San Giovanni Paolo II. “Nel ventesimo secolo due volte abbiamo pagato con tante vittime e la nostra lotta per la democrazia nel 1920 salvando Parigi e Berlino dagli attacchi bolscevichi e poi ancora contro il terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, poi ancora una volta negli anni Ottanta”, ha aggiunto. “La Polonia non è entrata nell’Ue a mani vuote. L'adesione della Polonia ha offerto grandi opportunità commerciali ai francesi, ai tedeschi” ma anche “a imprenditori e società di quei Paesi che hanno davvero beneficiato dell’adesione della Polonia. Mi riferisco ai trasferimenti di dividendi e benefici dai Paesi più poveri dell'Europa centrale, come la Polonia, verso i Paesi più ricchi dell'Europa occidentale”.

“Vogliamo – ha sottolineato Mateusz Morawiecki – che l’adesione della Polonia sia una vittoria per tutti” e “vogliamo partecipare alla trasformazione energetica post-pandemica e alla trasformazione economica”.

“L’Unione Europea non è uno Stato, come i 27 Stati membri dell'Unione europea che rimangono sovrani, al di sopra dei Trattati, e sono gli Stati membri che decidono quali competenze vengono trasferite all’UE”, ha chiarito Morawiecki, “Il primato del diritto dell'Unione non può essere sopra le Costituzioni, non può violare dunque le Costituzioni”.

fonti ansa / faro di Roma / post / varie agenzie

Agire subito. Per non danneggiare la ripresa post-Covid, per preservare quella transizione ecologica che ha i suoi tempi e i suoi costi. Mario Draghi si era presentato all'Europa Building di Bruxelles portando un messaggio netto al Consiglio europeo: il dossier dei rincari energetici non può subire dilazioni. Il tema, nella prima giornata del vertice è caldissimo.

Solo a notte fonda i 27 leader sono riusciti a trovare un'intesa dando "urgenza" alle linee messe in campo dalla commissione, incluso l'acquisto - su base volontaria - si stock comuni di gas. E i capi di Stato e di governo hanno trovato una mediazione sul grande nodo del mix energetico, ovvero su quali fonti i Paesi useranno, con il placet del rating di sostenibilità europeo, per avviare la transizione ecologica. Nelle conclusioni del Consiglio, infatti, si sottolinea che verranno considerate le "specificità" dei vari Paesi. Chi pensa al gas, chi al nucleare, chi al carbone. Quattro ore e mezzo di dibattito per il primo punto sul tavolo di un Consiglio già destinato a infiammarsi sul caso polacco danno il senso della crucialità del dossier energetico. Draghi è stato tra i primi a intervenire, invocando linee di azioni urgenti. Poco prima, a Roma, il ministro dell'Economia Daniele Franco ha ammesso che il caro-prezzi "è un fattore che può essere di ostacolo al consolidarsi della ripresa", assicurando che il governo è pronto a ulteriori interventi.

A Bruxelles il presidente del Consiglio ha invece messo subito sul tavolo l'importanza di un coordinamento. "Bisogna intervenire al più presto per limitare gli aumenti del prezzo dell'energia, per preservare la ripresa e salvaguardare la transizione ecologica", ha spiegato Draghi. La toolbox elaborata dalla Commissione a inizio ottobre è un primo passo ma l'Italia - come anche la Spagna -si è presentata chiedendo più ambizione. Pedro Sanchez, prima di entrare al vertice, ha sottolineato ad esempio che vorrebbe che una prima parte dell'iter si chiudesse già a dicembre. La discussione è stata "molto approfondita", spiega una fonte Ue usando una formula che spesso maschera evidenti divisioni. 

Del resto la stessa Angela Merkel sulla strada dello stoccaggio comune per calmierare i prezzi è tiepida. Più che intervenire sul mercato è "meglio adottare misure di sostegno sociale, come facciamo ad esempio in Germania", è stata la linea della cancelliera. E poi c'è il concetto di mix energetico, definito da una fonte diplomatica una parole chiave del dossier. Concetto che contiene una domanda cara a tutti i big dell'Ue: quali sono le energie utilizzabili nella transizione alle rinnovabili? La Francia, ad esempio, sventola la bandiera del nucleare. In Germania è ancora ampio l'uso del carbone. L'Italia spinge sul gas.

Standing ovation dei leader Ue, al termine di una breve cerimonia informale organizzata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per salutare la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ed il premier svedese, Stefan Lofven, al loro ultimo summit. Lo riferiscono fonti Ue.

Nella cerimonia di commiato ad Angela Merkel, al vertice dei leader Ue, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha paragonato la cancelliera ad un "monumento". E nel proporre confronti, Michel ha detto: "il Consiglio europeo senza Angela è come Roma senza il Vaticano, o Parigi senza la Torre Eiffel. La sua saggezza mancherà soprattutto nei momenti complessi". Lo riferiscono fonti Ue. Michel ha poi evidenziato tre caratteristiche della leader tedesca: "curiosità scientifica, intellettuale e semplicità".

Il presidente del Consiglio europeo ha inoltre sorpreso Merkel e Loefven con un breve video di memorie, regalando loro anche un'impressione artistica dell'Europa building, l'edificio in cui si tengono i vertici dei leader, personalizzato per ciascuno dei due, riferiscono le stesse fonti europee. Secondo quanto viene ricordato inoltre, dei 214 vertici dei leader complessivi della storia del Consiglio europeo, Merkel ha partecipato a 107.

Anche Silvio Berlusconi ha omaggiato la cancelliera tedesca uscente con un oggetto portafortuna d'antiquariato, che gli ha donato durante il loro incontro ieri prima del Summit de Ppe. Era un pezzo della collezione del leader di Forza Italia, che lo aveva acquistato dieci anni fa da un noto antiquario e in questa occasione ha voluto privarsene per regalarlo a Merkel, con l'augurio che gli possa portare fortuna per il resto della sua carriera. La cancelliera ha accolto con il sorriso l'omaggio, corredato da un biglietto, come si vede in una foto pubblicata su Twitter dalla senatrice azzurra Licia Ronzulli, che ha accompagnato l'ex premier all'appuntamento assieme al coordinatore nazionale del partito, Antonio Tajani.

Intanto Giorgia Meloni ha difeso Varsavia: «Fratelli d’Italia la pensa come le Corti costituzionali tedesca, polacca e altre. Si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra». Il leader della Lega Matteo Salvini non ha commentato. Lo hanno fatto in una nota gli eurodeputati del Carroccio Antonio Maria Rinaldi e Marco Zanni sottolineando che «sono le Costituzioni nazionali a legittimare l’esistenza dell’Ue». Invece per Forza Italia «il governo polacco ha torto», è una «questione di rispetto dei Trattati» come sottolinea dall'ex presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani.

La Polonia è "il miglior Paese" d'Europa. Eventuali sanzioni? "Ridicole". Lo ha sottolineato il premier ungherese Viktor Orban arrivando allo Justus Lipsius per il Consiglio Ue che vedrà, sul tavolo, il caso polacco. "Il primato dello stato di diritto non è nei trattati, è molto chiaro. Ciò che sta avvenendo è che le istituzioni Ue stanno aggirando i Trattati. I polacchi hanno ragione. La vera linea divisiva è tra buon senso e non sense", ha aggiunto Orban.

Arrivando al vertice dei leader Ue, il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha detto: "Il governo polacco non" si piegherà "alla pressione del ricatto. La sentenza della Consulta non mette in discussione i Trattati Ue".

"C'è ancora da trattare con la Polonia perché" questo paese "ha sottoscritto un trattato, come tutti gli altri paesi della Ue, in cui ha accettato che la legislazione europea prevalesse su quella nazionale, salvo i casi che sono riservati alla legislazione nazionale come per esempio il fisco". Così il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi al suo arrivo al pre-vertice del Ppe a Bruxelles. "Quindi dobbiamo approfondire con loro quali sono i settori in cui prevale la legislazione polacca e quale quelli in cui deve prevalere la legislazione europea anche perché è un trattato su cui anche loro hanno aderito mettendo la firma", ha aggiunto.

 

fonti ansa europa e varie agenzie

   

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di espellere gli ambasciatori in Turchia di Canada, Francia, Finlandia, Danimarca, Germania, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Usa. "Ho detto al nostro ministro dell'Interno che non possiamo concederci il lusso di ospitare queste persone nel nostro Paese", ha detto Erdogan riferendosi ai dieci ambasciatori come riporta l'agenzia Anadolu.

I capi delle missioni diplomatiche avevano presentato il 18 ottobre un comunicato congiunto per la scarcerazione del filantropo turco Osman Kavala in carcere dal 2017.

Attivista dei diritti umani e presidente di Anadolu Kultur, soprannominato «il Soros rosso» dal presidente della Turchia, è in carcere da oltre mille giorni, grazie a un rito kafkiano: appena assolto, viene imprigionato con una nuova accusa. È il simbolo dell'opposizione civile che il resto del mondo finge di non vedere

Osman Kavala, editore e filantropo, detenuto in attesa di giudizio da oltre tre anni in Turchia, resterà in prigione su decisione del tribunale, che il 18 dicembre ha respinto la sua richiesta di liberazione.

Nella prima udienza del processo a suo carico per "tentato sovvertimento dell'ordine costituzionale" e "spionaggio a fini politici o militari", Kavala ha affermato che nessuna delle accuse si basa su fatti, prove o valutazioni oggettive di un atto criminale concreto. "Il fatto di essere stato detenuto per anni sulla base di tesi così assurde, non è solo una semplice violazione dei diritti, è diventato un trattamento crudele continuato”.

Secondo l articolo di Viviana Vestrucci, Gariwo, la foresta dei Giusti parlando in video-collegamento dal carcere di massima sicurezza di Silivri, dove sono rinchiusi numerosi giornalisti, avvocati ed intellettuali turchi, Kavala ha dichiarato: "le imputazioni a mio carico sono in netto contrasto con la mia visione del mondo, i valori etici e gli obiettivi dei progetti portati avanti dalle organizzazioni della società civile sotto la mia supervisione. In assenza di prove concrete, ogni accusa viene presentata come una giustificazione per un'altra, e le accuse si sono intrecciate per creare l'impressione che io sia colpevole”.

Tra le istituzioni scrive Viviana Vestrucci, create da Kavala c'è l'organizzazione no-profit Anadolu Kültür, fondata nel 2002 per promuovere l'arte e la cultura ìn Turchia e sostenere iniziative locali anche nelle zone più povere e remote del Paese, dare risalto alle diversità culturali e rafforzare le collaborazioni internazionali, nella convinzione che arte e cultura civile contribuiscono al dialogo e alla pace.

Secondo l’accusa, sottolinea Viviana Vestrucci, invece, Anadolu Kültür e le altre attività realizzate da Kavala sono state finanziate da George Soros, che attraverso la Open Society Foundation "incoraggia le persone a impegnarsi per finalità sociali e poi le strumentalizza spingendole ad agire contro i governi per provocare rivolte di massa”.

La 36ma Alta Corte penale di Istanbul ha quindi negato il rilascio fissando una nuova udienza del processo per il 5 febbraio 2021.

Secondo Viviana Vestrucci,Kavala era stato arrestato nell'ottobre 2017 per "aver tentato di cambiare l'ordine costituzionale e di rovesciare il governo" e per essere il presunto capo e finanziatore della protesta di Gezi Park scoppiata a Istanbul nel 2013. Lo scorso 18 febbraio il tribunale ha disposto l'assoluzione di tutti i 16 imputati e la scarcerazione di Kavala, arrestato però nuovamente poche ore dopo con la nuova incriminazione per "spionaggio politico o militare" e per complicità con l'Organizzazione terroristica di Fetullah Gülen (FETÖ).

L’attivista per i diritti umani ha già scontato quasi 1.150 giorni di reclusione nonostante la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del maggio 2020, che ne ha ordinato il rilascio per l'infondatezza delle accuse a suo carico.

In sua difesa è in corso la campagna internazionale (“Free Osman Kavala”) a cui hanno aderito, tra gli altri, Human Rights Watch, la Commissione internazionale dei giuristi (ICJ) e Amnesty International che, in occasione dell’udienza in tribunale, è intervenuta nuovamente. "Osman Kavala sta affrontando accuse infondate e politicamente motivate in un procedimento penale che fa parte di un più ampio tentativo delle autorità turche di mettere a tacere la società civile indipendente. Kavala non avrebbe dovuto passare un solo minuto dietro le sbarre, figuriamoci più di tre anni in pre-detenzione” ha dichiarato Nils Muižniek, direttore di AI per l’Europa.

La pena a cui Kavala come scrive Viviana Vestrucci, potrebbe essere condannato (per tentata sovversione, in base all'articolo 309 del Codice penale turco) è l'ergastolo "aggravato", che prevede gravi restrizioni ai movimenti in carcere o un prolungato isolamento e nessuna prospettiva di rilascio anticipato. Un trattamento considerato una violazione del divieto assoluto di tortura dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Intanto Erdogan ad aprile aveva chiamato il Presidente del Consiglio Italiano maleducato «La dichiarazione del presidente del Consiglio italiano è stata una totale maleducazione, una totale maleducazione». Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, citato da Anadolu, replicando al premier Mario Draghi, che una settimana fa lo aveva definito «dittatore».

"Non condivido assolutamente il comportamento del presidente turco Erdogan e le sue posizioni, credo che quello avuto con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sia stato un comportamento non appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che von der Leyen ha dovuto subire. Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di comportamento e vedute e pronto a cooperare, più che a collaborare, per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare l'equilibrio giusto". Il premier Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa, è intervenuto usando parole durissime sul caso "sofagate". Affermazioni che non sono passate inosservate: la Turchia ha infatti convocato l'ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani. "Condanniamo con forza le affermazioni senza controllo del primo ministro italiano Mario Draghi sul nostro presidente eletto Recep Tayyip Erdogan", ha detto il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.

Intanto son passati cinque mesi esatti – era l'8 aprile – da quando il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva commentato il “sofa gate” definendo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan “un dittatore” che avrebbe dovuto chiedere scusa per l’“umiliazione” inferta allora alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e alimentando le tensioni tra Roma e Ankara.

Pace fatta oggi tra il presidente Draghi e il “dittatore” Erdogan? Pare di sì. O questo è quanto suggerisce la nota diffusa da Palazzo Chigi dopo “l’articola conversazione telefonica” odierna.

“Il fruttuoso e amichevole scambio di vedute si è concentrato sugli ultimi sviluppi della crisi afghana e sulle sue implicazioni a livello regionale, approfondendo le prospettive dell’azione della comunità internazionale nei diversi fori, incluso il G20”, si legge nel comunicato. “Il colloquio ha fornito l'opportunità per discutere delle priorità della presidenza italiana del G20 volte a ridurre le disuguaglianze, tutelare la salute globale e promuovere una ripresa rapida e sostenibile, rinnovando l’invito al presidente Erdogan a prendere parte al Vertice di Roma”. E ancora: “Particolare attenzione è stata dedicata anche agli sviluppi del processo politico intra-libico e alla situazione libica sul terreno. Sono stati infine affrontati gli eccellenti rapporti bilaterali e le opportunità di ulteriore rafforzamento del partenariato italo-turco in tutti i settori”.

Fonti varie agenzie e ansa 

   

Giorgia Meloni non usa giri di parole: "Il centrodestra esce sconfitto alle amministrative: non riusciamo a strappare al centrosinistra le grandi città", dice la leader di Fratelli d'Italia nel corso di una conferenza stampa per commentare i risultati delle elezioni amministrative.   "Ma - mette in chiaro Meloni - da sconfitta a debacle, è eccessivo. Debacle è del M5s, il Pd sta festeggiando sulle spoglie degli alleati grillini".  La leader di Fratelli d'Italia pone infine l'accento sui dati dell'affluenza:  "Nessun partito può gioire quando una città come Roma elegge il proprio sindaco con queste cifre: c'è una crisi della democrazia, non della politica. Tutti dovrebbero interrogarsi. La gente non è andata a votare perché la politica con i giochi di palazzo ha mortificato la volontà dei cittadini,e questa campagna elettorale, trasformata dalla sinistra a una criminalizzare l'avversario, cercare di renderla impresentabile". E aggiunge: "Credo che ci si debba vedere questa settimana: ho già parlato con Berlusconi, lo farò con Salvini. Ci sono i tempi per una rivincita del centrodestra". Poi è arrivata la telefonata tra Salvini e Meloni: i due leader hanno concordato vedersi nei prossimi giorni insieme a Silvio Berlusconi.

Vogliamo ripulire questa città. Vogliamo curarla, farla funzionare meglio. Farla crescere". Breve, medio e lungo periodo. Il programma del neosindaco Roberto Gualtieri è nelle parole sparate dagli altoparlanti durante i festeggiamenti in piazza Santi Apostoli. "Roma può essere la sorpresa dei prossimi anni", assicura l'ex ministro del Tesoro.

Un impegno "da far tremare i polsi", per cui il nuovo inquilino del Campidoglio chiede "l'aiuto di tutti". Il programma è già pronto e Gualtieri inizierà a lavorare già oggi per realizzarlo. La prima mossa sarà una pulizia straordinaria dell'Urbe, assediata ormai da troppo tempo da cinghiali e gabbiani a caccia di cibo tra i rifiuti.

l centrosinistra esce vincitore dalle elezioni comunali 2021, quanto meno prendendo in considerazione i principali comuni, quelli politicamente più rilevanti. Dopo Milano, Bologna e Napoli — conquistate già al primo turno (riconfermati Beppe Sala e Matteo Lepore, Gaetano Manfredi eletto nel capoluogo campano) —, anche Roma e Torino, governate fino ad oggi dal Movimento 5 Stelle, sono state conquistate dai candidati espressione del Pd e dei suoi alleati. Nella Capitale, Roberto Gualtieri ha vinto con il  60,15%, distanziando nettamente Enrico Michetti, indietro di venti punti netti, al 39,85%; a Torino la fascia tricolore la indosserà Stefano Lo Russo, che al ballottaggio ha messo insieme il 59,21% contro il 40,7% di Paolo Damilano. Gualtieri ha rotto gli indugi a scrutinio ancora in corso, ringraziando pubblicamente i romani: «Sono grato della fiducia che mi è stata accordata, metterò tutto il mio impegno per onorarla». Lo Russo ha invece dedicato la sua vittoria a don Aldo Rabino annunciando per lunedì la nascita della nuova giunta.

Gualtieri raccoglie l'eredita di Virginia Raggi e diventa il nuovo sindaco di Romaaggiudicandosi il ballottaggio con il 60,15% e vincendo nettamente la sfida con Enrico Michetti, candidato di centrodestra che si ferma al 39,85%.

"Grazie davvero, ai romani e alle romane per questo risultato significativo. Sono onorato per la fiducia. Ce la metterò tutta", dice a caldo Gualtieri, che dà le prime indicazioni sulla giunta: "Sarà una squadra di grande qualità, ci stiamo lavorando e la comunicheremo". Nella squadra, nessun coinvolgimento di Calenda o del M5S: "Dialogherò con tutti ma sulla giunta vale quello che ho detto in campagna elettorale", ovvero che non sono previsti apparentamenti.

Nel centrodestra è il momento di analizzare la sconfitta. "Il centrodestra esce sconfitto da queste elezioni amministrative, ne siamo tutti consapevoli", dice Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. "Confermiamo Trieste, ma non riusciamo a strappare al centrosinistra le altre 5 grandi città. La sconfitta richiede una valutazione approfondita da parte del centrodestra, Fratelli d'Italia ha una particolare responsabilità e non intende sottrarsi. Bisognerà ragionare con freddezza, ma alcune valutazioni si possono fare a caldo", dice. Con Matteo Salvini c'è già stato un contatto telefonico, a breve ci sarà un vertice generale anche con Silvio Berlusconi.

Negli ambienti della Lega si riflette anche sull'astensionismo molto alto. "Avremmo preferito vincere a Roma, i cittadini hanno sempre ragione quando scelgono, ma il dato su cui ragionare è il non voto, che in alcuni quartiere ha superato il 70%", dice Matteo Salvini.

"Se uno viene eletto sindaco da una minoranza di una minoranza è un problema non per un partito, ma per la democrazia". "Penso - dice il leader del Carroccio - ai politici e ai giornalisti, perché l'ultimo mesi di campagna elettorale lo passi parlando di abitudini sessuali e attacchi fascisti...".

 

 

Il varco 4 del Porto di Trieste è libero dopo lo sgombero dei portuali e dei manifestanti No green pass. Le forze dell'ordine hanno utilizzato idranti e lacrimogeni facendo pressione sulle centinaia di manifestanti, spinti verso l'area parcheggio del porto. Dopo lo sgombero i manifestanti si sono spostati in piazza Unità d'Italia. La maggior parte sono seduti a terra, gridando lo slogan che caratterizza la protesta 'la gente come noi non molla mai' e poi 'No green pass'. Stefano Puzzer, leader dimissionario del Coordinamento dei lavoratori portuali triestini, invita tutti a stare seduti.

Il corteo di manifestanti è tornato in piazza Unità d'Italia, dove in molti, in silenzio, si sono seduti a terra. Tra loro, alla testa c'è anche Stefano Puzzer, che intenderebbe fare una breve conferenza stampa per illustrare le azioni da intraprendere. Piazza Unità d'Italia è gremita di manifestanti, almeno duemila persone. Seguendo le indicazioni di Puzzer - che a questo punto è divenuto il loro leader dopo essersi dimesso dalla carica di portavoce del Coordinamento dei lavoratori portuali - tutti si sono seduti a terra e sono rimasti in completo silenzio.

"Vediamo se hanno il coraggio di caricarci anche in piazza Unità d'Italia" ha detto Puzzer alla testa del corteo in piazza Unità d'Italia. In piazza in questo momento ci sono passanti e turisti. Anche alcuni presidi delle forze dell'ordine.

I leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, e della Lega, Matteo Salvini, prendono le parti dei manifestanti anti-green pass e se la prendono con il Governo.

"Idranti contro i lavoratori che scioperano al porto di Trieste. Lo stesso Governo che nulla ha fatto per fermare un rave illegale di migliaia di sbandati, nulla ha fatto per impedire l'assalto alla sede della Cgil, nulla fa per fermare l'immigrazione illegale e combattere le zone franche dello spaccio e della criminalità, che nulla fa contro le occupazioni abusive di case e palazzi privati, tira fuori dai depositi gli idranti per usarli contro dei lavoratori che scioperano pacificamente per non essere discriminati sul posto di lavoro.

Così come vuole la Costituzione, così come richiesto pure dalla UE. Sindacati muti, media accondiscendenti, forze politiche di maggioranza plaudenti. Ecco in cosa stanno trasformando l'Italia". Lo afferma la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni commentando la manifestazione contro il green pass a Trieste.

"La settimana scorsa si permette a un manipolo di neofascisti di mettere a soqquadro Roma, oggi si usano gli idranti contro i pacifici lavoratori e cittadini a Trieste. Ma al Viminale come ragionano?", chiede invece il leader della Lega Matteo Salvini.

"Come Vescovo della Chiesa di Trieste invito tutti, in particolare le istituzioni e i manifestanti, a ricercare soluzioni pacifiche alle questioni sul tappeto, liberando il campo da atti di forza che non portano a nulla se non a esacerbare gli animi, già molto provati, e a possibili strumentalizzazioni". Lo ha detto monsignor Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste.

È l'epilogo della protesta nello scalo, stremato da giorni in cui le attività sono rallentate e l'immagine internazionale, prima in piena salute, si è appannata agli occhi del mondo. La prefettura e l'Autorità Portuale ritengono non più tollerabile l'occupazione del varco 4 anche se il sindacato CLPT garantisce che resisterà fino al 20 ottobre e il coordinamento no vax cittadino va oltre, annunciando di voler restare "a oltranza".

Il Coordinamento lavoratori portuali di Trieste (Clpt) in una nota condanna "con molta forza l'odierno pesante intervento della forze dell'ordine con idranti, manganelli e lacrimogeni contro una pacifica folla di manifestanti al Varco IV del porto di Trieste". Il Clpt prende infine atto che "il presidio è finito" e riafferma "di non avere alcuna intenzione di recedere dalla battaglia contro l'infame decreto che impone ai lavoratori di pagare per poter lavorare".

Nello spiazzo antistante ci sono alcune centinaia di persone che stazionano. La polizia ha costituito una sorta di barriera tra uomini e mezzi e conta di avanzare lentamente spingendo lavoratori e No Green pass lontano dal Varco stesso. I manifestanti - tra portuali con le tute gialle e No Green pass - si sono alzati in piedi gridando 'libertà' e chiedendo alle forze dell'ordine di arretrare. E ancora: 'abbiamo tutti famiglia', 'vogliamo il diritto a lavorare'. Tra i portuali c'è anche Stefano Puzzer, leader della protesta. Uno dei lavoratori ha accusato un leggero malore durante le prime fasi concitate dello sgombero ed è stato allontanato dalla folla dai colleghi. Un'ambulanza è giunta poco dopo per soccorrerlo I manifestanti quando gli idranti sono stati chiusi, si sono seduti nuovamente tenendosi per mano o abbracciandosi, mentre i mezzi della polizia hanno avanzato lentamente per poi fermarsi.

I manifestanti li attendevano seduti dall'altro lato del Varco lungo la strada seduti a terra intonando "La gente come noi non molla mai" e "Libertà". I poliziotti sono scesi dai mezzi in tenuta antisommossa, un funzionario li ha più volte invitati a disperdersi "in nome della legge" poi sono stati azionati gli idranti.

La polizia ha nuovamente azionato gli idranti nel tentativo di scoraggiare i manifestanti dal resistere e opporre resistenza. Gli agenti e i mezzi avanzano lentamente e guadagnano metro su metro. Poco prima di lanciare nuovamente acqua, i poliziotti hanno tentato vanamente di alzare da terra i portuali che si tenevano per mano. Un secondo lavoratore ha accusato un lieve malore, la barriera di agenti allora si è aperta per farlo passare ed entrare nel porto per essere soccorso. Intanto, sono giunte altre persone nel piazzale - soprattutto a sostegno dei manifestanti - dove ora si trova un migliaio di persone.

I lavoratori portuali, riconoscibili per le tute gialle, hanno costituito un cordone tra la polizia e i No Green pass per evitare contatti tra le forze dell'ordine e i manifestanti e garantire l'incolumità di tutti. La polizia continua progressivamente ad avanzare e gli altri ad arretrare senza però prove di forza da alcuna delle due parti.

Nell'avanzare, il blocco della polizia ha superato il gruppo di portuali che sedeva a terra di fatto isolandolo dal resto dei manifestanti. I poliziotti, avanzando anche con piccole cariche e con intervallato uso di idranti, hanno guadagnato un centinaio di metri e continuano a costringere i manifestanti ad arretrare.

A Bologna, sul fronte dei trasporti tutto procede con regolarità. Al momento, per quanto riguarda la Stazione centrale, per oggi sono previsti tutti i treni regionali di Trenitalia e anche quelli di Tper, l'azienda di trasporto pubblico. Inizio di mattinata senza criticità anche per gli autobus in servizio nel territorio della Città metropolitana di Bologna.

Dopo una mattinata tutto sommato tranquilla, con il presidio dei No green pass e di un gruppo di portuali a varco portuale di Ponte Etiopia, a Genova i manifestanti hanno deciso di bloccare definitivamente varco Albertazzi, che porta sia a uno scalo mercantile che al terminal traghetti, da dove fino a poco fa passavano persone e merci deperibili. Gli agenti del Reparto mobile della polizia, che in un primo momento sono stati schierati in assetto antisommossa, si sono tolti i caschi e la tensione è calata. Secondo quanto appreso, nelle intenzioni dei manifestanti il blocco del varco dovrebbe durare fino alle 14. Le merci vengono fatte passare da altri varchi portuali.

Un sit-in di portuali in solidarietà ai colleghi Trieste si è radunato dalle 7 circa al porto di Ravenna. Secondo quanto appreso, si tratterebbe di qualche decina di persone e il presidio si sarebbe già sciolto, senza alcun impatto sull'operatività del porto. L'appello a partecipare era partito ieri da chat su Telegram e chiamava a raccolta non solo portuali ma anche lavoratori di "Enichem, Eni-Versalis, Marcegaglia, Unieuro, Polynt, Her, Dock cereali porto, Vigili del fuoco Ra, Teorema e Cooo e del comitato di libera scelta Ravenna". L'azione, si leggeva nella nota, ha l'obiettivo di dare un "contributo territoriale" a un'iniziativa nazionale "che vede nei porti i punti di aggregazione, ma che raccoglie il malessere di tutte le categorie di lavoratori, dai sanitari agli insegnanti passando per ogni attività privata, stanchi di ricatti e imposizioni".

Ancora code nella prima mattinata di oggi ai varchi di ingresso dell'ex Ilva di Taranto per i controlli sui green pass, anche se meno lunghe rispetto a quanto accaduto nel primo giorno di entrata in vigore dell'obbligo della certificazione sui luoghi di lavoro. Nel frattempo aumenta il numero di vaccinati sia tra i dipendenti diretti che tra gli operai delle ditte terze (sotto il migliaio i non immunizzati in entrambi i casi, senza contare però i 400 lavoratori "sociali" in cassa integrazione per impianti fermi da tempo, che non hanno ancora comunicato la loro situazione).

A Roma anche questa mattina le aziende che erogano i servizi di trasporto pubblico e igiene urbana, l'Atac e l'Ama, non riscontrano criticità particolari legate al Green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro. In mattinata si è registrato un problema tecnico alla stazione Re di Roma della metro A.

Sono 20 i portuali rifiutati stamattina ai tornelli d'ingresso del porto di Gioia Tauro perché non in possesso del certificato o dell'esito negativo del tampone. Anche per quanto riguarda gli autisti dei tir in entrata non si registrano difficoltà, al momento un solo conducente è stato respinto perché privo sia della carta verde che che del tampone. Dati minimi anche rispetto a venerdì quando, in corrispondenza con l'introduzione dell'obbligo, nei primi turni di lavoro dello scalo vennero rimandati indietro in 60 circa. Da domani, secondo quanto si è potuto, apprendere dovrebbe partire il servizio messo a disposizione dal terminalista Mct per l'effettuazione del tampone gratuito che sarà attivo per i prossimi 15 giorni. L'attività di transhipment all'interno del porto va avanti regolarmente e senza alcun problema. Non ci sono attese e non si registrano file nemmeno al gate utilizzato degli autotraportatori.

A Milano i mezzi pubblici di superficie, tram e bus, e le metropolitane proseguono regolarmente il loro servizio. In Atm, l'azienda che gestisce il trasporto pubblico cittadino, grazie alla riorganizzazione dei turni, i lavoratori assenti perché sprovvisti di Green pass vengono sostituiti e quindi non ci sono impatti sulla circolazione. Secondo gli ultimi dati comunicati dall'azienda venerdì scorso, quando è partito l'obbligo di esibire il Green pass, erano 272 i dipendenti sprovvisti di certificato verde, un numero che potrebbe essere leggermente migliorato, mentre le malattie hanno subito un incremento del 15/20% circa. Al momento le assenze di chi non possiede il certificato non impattano sul servizio.

Fonti : varie agenzie / ansa / agi / adnkronos

 

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