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Bandiere dell'Unione europea a mezz'asta presso gli edifici delle istituzioni europee a Bruxelles in segno di lutto per la morte del presidente del Parlamento Ue David Sassoli. Nella sede dell'Europarlamento nella capitale belga le bandiere a sfondo blu con le 27 stelle dorate sventolano a mezz'asta dalle 8.30 di questa mattina. Poco dopo anche la Commissione e il Consiglio Ue hanno fatto lo stesso negli edifici del quartier generale europeo. "E' un giorno triste per l'Europa. Oggi la nostra Unione perde un convinto europeista, un sincero democratico e un uomo buono". Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando in italiano, ricordando David Sassoli nel corso di un punto stampa. Era "un uomo che ha lottato per la giustizia e la solidarietà e un buon amico, i miei pensieri vanno alla moglie Alessandra, ai figli Giulio e Livia e a tutti i suoi amici", ha aggiunto la presidente, che indossava un abito e una mascherina neri.

Se il cattolicesimo di sinistra, per definizione compreso e serioso come un gesuita nicaraguense, riusciva ad ammaliare le masse altrimenti edoniste, il merito era suo. Nel senso che David Sassoli, scomparso prematuramente in queste ore riusciva nel capolavoro: prendeva l'eredità di Dossetti e di La Pira e ne faceva materia quasi di svago. Roba da infotainment, quel miscuglio di informazione e intrattenimento che andava per la maggiore ai tempi in cui lui per la maggiore andava sul Tg1 delle 20. 

Figlio d'arte, visto che il padre era pure giornalista e per questo si era trasferito a Roma, Sassoli aveva studiato nella capitale, frequentando il liceo classico Virgilio e poi la facoltà di Scienze politiche La Sapienza di Roma. Non ha terminato gli studi universitari perché ha iniziato molto giovane l'attività di giornalista. Ha lavorato al quotidiano Il Tempo, all'agenzia di stampa Asca, nella redazione romana de Il Giorno, e poi è stato assunto in Rai nel 1992.

Anche la sua formazione politica comincia da giovane, frequentando ambienti dello scoutismo, poi nella Rosa Bianca, associazione di cultura politica che riuniva gruppi di giovani provenienti dall'associazionismo cattolico (Aci, Fuci, Acli), e negli anni '80 partecipa all'esperienza della Lega Democratica, un gruppo di riflessione politica animato da Pietro Scoppola, Achille Ardigo', Paolo Prodi, Roberto Ruffilli. Sposato, due figli, tifoso della Fiorentina, è tra i fondatori di Articolo 21.

Da volto familiare del TG1 a presidente del Parlamento europeo, quella di David Maria Sassoli e' stata una vita divisa fra il giornalismo e la politica, a cavallo fra Firenze, Roma e Bruxelles fino a diventare nel 2019 presidente dell'Europarlamento. Durante la situazione eccezionale e senza precedenti causata dalla pandemia di Covid-19, Sassoli si è impegnato affinché il Parlamento europeo rimanesse aperto e continuasse ad essere operativo, introducendo - già nel marzo 2020 - dibattiti e votazioni a distanza, primo parlamento al mondo a farlo.  Sposato e padre di due figli, tifoso della Fiorentina, Sassoli viveva a Roma ma appena possibile si spostava nella casa di Sutri, un delizioso paese medievale della Tuscia lungo la via Cassia, una trentina di chilometri a nord della capitale, per coltivare le sue passioni per il giardinaggio e le buone letture. Sassoli è stato il secondo presidente italiano del Parlamento europeo dopo Antonio Tajani da quando l'assemblea di Strasburgo viene eletta a suffragio universale. Il suo incarico sarebbe scaduto a giorni: la prossima settimana la riunione plenaria dell'Europarlamento che si riunirà a Strasburgo per eleggere il suo successore.

"La scomparsa inattesa e prematura di David Sassoli mi addolora profondamente. La sua morte apre un vuoto nelle file di coloro che hanno creduto e costruito un'Europa di pace al servizio dei cittadini e rappresenta un motivo di dolore profondo per il popolo italiano e per il popolo europeo. Il suo impegno limpido, costante, appassionato, ha contribuito a rendere l'assemblea di Strasburgo protagonista del dibattito politico in una fase delicatissima, dando voce alle attese dei cittadini europei". Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Mario Draghi ha espresso il suo più sentito cordoglio per la morte di David Sassoli. "Uomo delle istituzioni, profondo europeista, giornalista appassionato, Sassoli è stato simbolo di equilibrio, umanità, generosità. Queste doti gli sono state sempre riconosciute da tutti i colleghi, di ogni collocazione politica e di ogni Paese Ue, a testimonianza della sua straordinaria passione civile, capacità di ascolto, impegno costante al servizio dei cittadini. La sua prematura e improvvisa scomparsa lascia sgomenti. Alla moglie, Alessandra Vittorini, ai figli, Livia e Giulio, e a tutti i suoi cari, le condoglianze del governo e mie personali"

Il Papa ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia di Sassoli. Nel telegramma, a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, si evidenzia il "grave lutto che colpisce l'Italia e l'Unione europea". Il Papa lo ricorda "quale credente animato di speranza e di carità, competente giornalista e stimato uomo delle istituzioni che, in modo pacato e rispettoso, nelle pubbliche responsabilità ricoperte si è prodigato per il bene comune con rettitudine e generoso impegno, promuovendo con lucidità e passione una visione solidale della comunità europea e dedicandosi con particolare cura agli ultimi".

 

Fonti Ansa / Agi

  • Agli inizi del 2000, con l’obiettivo di approfondire e promuovere i rapporti economici  tra il nostro Paese e i mercati asiatici, lei ha fondato “Osservatorio Cina” ed, inoltre, è socio fondatore di “Mandarin Capital Management”, presso cui  ha  ricoperto ruoli apicali. Vorrebbe parlarmene?

Mi  resi conto che l’Asia, trainata dalla Cina e da altre economie emergenti,  avrebbe giocato un ruolo fondamentale nell’economia mondiale del XXI secolo. L’Italia era indietro nella metabolizzazione di questo fenomeno. “Osservatorio” era un centro di ricerca senza fini di lucro e “Mandarin” una società di investimento vera e proprio a cavallo tra Italia e Cina. Entrambe soddisfacevano bisogni diversi di conoscenza da un lato e di trasferimento di flussi di capitale dall’altro; hanno funzionato molto bene. “Mandarin”  è tuttora operativa, seppur con modalità nel tempo  diverse, mentre “Osservatorio” è stata liquidata qualche anno fa poiché ho dovuto operare delle scelte; seguirle entrambe era diventato impossibile per me.

 

  • Nella sua opera editoriale “Il potere è noioso“, pubblicata nel 2016 dai tipi di Baldini & Castoldi, affronta un tema di rilevante attualità: la globalizzazione. Quali sono, secondo lei, i mutamenti e gli effetti  procurati  dalla globalizzazione nella dimensione del lavoro?

Molti lavori sono scomparsi. Molti altri sono stati creati. In diversi settori economici il lavoro è in concorrenza tra un ampio numero di Paesi.  Non esistono più zone franche o protette. Alcuni Paesi,  in particolare gli emergenti,  hanno avuto un aumento importante nell’occupazione industriale, mentre nei Paesi sviluppati si è verificato il fenomeno contrario ed uno spostamento proteso  verso i servizi. La classe media è cresciuta in Cina e calata in Occidente, creando disoccupazione e diseguaglianze.

 

  • L’ingresso di nuovi protagonisti all’interno della scena economica mondiale per mezzo dell’apertura di nuovi mercati, imprenditori ed investitori, ha generato importanti trasformazioni del quadro politico e normativo dei Paesi coinvolti, oltre ad aver sostanzialmente determinato una profonda ridefinizione dell’economia mondiale. Secondo lei, quest’ultimo aspetto meriterebbe maggior attenzione?

Qui parliamo di Cina soprattutto, ma anche di India, perché no. Del resto, oramai se ne discute tutti i giorni. Si parla di secolo cinese, del conflitto USA-Cina, della scomparsa della democrazia in molte parti del mondo. Tutto ciò  grazie alla globalizzazione,  che ha favorito alcuni Stati rispetto ad altri. Il prepotente insorgere dell’Asia sulla scena mondiale è figlio della globalizzazione.

 

  • Tuttavia, la globalizzazione, intesa come un dato di fatto, una realtà, fa istanza alla politica di confrontarsi anche con le conseguenze, sia positive che negative, che in itinere  produrrà nei prossimi decenni. Vorrei soffermarmi sulle emissioni di CO2, aumentate negli anni in modo esponenziale in buona parte degli Stati ad economia emergente. È possibile stabilire l’attuale impatto sull’ambiente in termini di sostenibilità?

India e Cina bruciano carbone e rappresentano, se non sbaglio, circa il 50% delle emissioni di CO2. Se per ipotesi non ci fosse stata la globalizzazione, non sarebbero i giganti che sono oggi, le loro emissioni sarebbero facilmente controllabili e il raggiungimento della neutralità energetica sarebbe a portata di mano.

  • Inoltre, quale ricaduta ha avuto tale fenomeno sociale segnatamente sui meccanismi che caratterizzano e regolano i mercati finanziari?

I mercati finanziari sono andati di pari passo con lo sviluppo industriale, anzi lo hanno sopra avanzato. Sono molto più globalizzati. I flussi girano da un continente all’altro senza sosta.

 

  • In questi ultimi anni si rileva una sempre crescente interdipendenza fra le economie dei singoli Paesi.  Il sociologo ed economista statunitense Wallerstein, partendo dagli studi compiuti da Polanyi  in relazione alle modalità attraverso le quali l’economia si integra alla società,  al fine di indicare la stretta relazione che intercorre fra gli Stati del mondo, ha elaborato la teoria del “sistema - mondo”, in cui i cicli di crescita e decrescita, in quanto tali, si ripetono all’interno di sistemi che non riescono mai a superare i loro conflitti interni, a volte violenti. Qual è il suo pensiero a riguardo?

Certo il mondo è un tutt’uno oggi.  Se un Cinese starnutisce, un americano prende il raffreddore. Si pensava che 2 Paesi che ospitano McDonald non avrebbero mai potuto fare la guerra, ma non è vero, ahimè. I conflitti abbondano in questo mondo globalizzato. Non abbiamo inventato la pace.

 

  • Per associazione di idee, mi vengono in mente i dati di marzo 2021 relativi al debito aggregato in Cina di famiglie, imprese e settore pubblico, pari al 287% del Pil. Tutto ciò sottopone l’umanità ad un maggiore rischio di contagio, con conseguenti crisi su scala globale?

Mah, ritengo che i dati cinesi non dovrebbero spaventare, anche negli USA e in Europa il debito aggregato è molto alto. Certo molte Cassandre indicano nell’alto debito la tragedia prossima ventura, ma io non la penso così. Il debito è alto da molti anni e ci siamo abituati a conviverci;  quindi, lo gestiremo, ma non ne saremo sopraffatti. La prossima crisi economica non sarà una crisi da debito.

 

  • Negli ultimi venti anni si sono susseguite diverse crisi finanziarie e la più recente è iniziata nel 2020, con la pandemia da Covid - 19. Si tratta di una crisi con caratteristiche sui generis  rispetto alle precedenti,  in quanto ci siamo trovati inaspettatamente dinanzi ad un nemico invisibile, un virus sconosciuto che sta cagionando pesanti conseguenze,  anche in termini di convivenza e di organizzazione sociale. Dal suo punto di vista, esistono  fattori comuni fra le crisi che hanno investito  i sistemi finanziari mondiali a partire dall’11 settembre 2001, data tristemente nota dell’attacco terroristico al World Trade Center, ad oggi?

No, non direi, ogni crisi ha una sua storia. Certo che quando i mercati vanno in bolla speculativa  prima o poi  si sgonfiano, ma come dicevo prima queste crisi abbiamo imparato ad affrontarle. La crisi da Covid  - 19 l’abbiamo affrontata con una conseguente e altissima crescita del debito, appunto. Se non ci facciamo cogliere dal panico, riusciremo ad abbassare il debito gradualmente negli anni.

 

  • Durante il percorso accademico presso l’Università di Bologna è stato suo docente il Prof. Romano Prodi. Quale ricordo conserva di questa esperienza?

La ricordo con tanto rimpianto. E stato un fantastico professore, cosi avanti nei tempi, ci ha aperto la testa. Era il 1976, conosco e frequento Prodi  da 45 anni e non mi sono mai annoiato di ascoltarlo.

 

 

 

 

 

L'Europa colpita dalla pandemia fa sempre più fatica a restare unita nelle determinazioni. Ieri notte si è concluso il Consiglio Europeo che non è riuscita a trovare un accordo complessivo sull'energia ma ha cercato di stigmatizzare alcuni valori fondamentali come una univoca gestione della crisi pandemica, il coordinamento tra paesi, la cooperazione internazionale, la resilienza, la sicurezza e difesa, gli aspetti esterni delle migrazioni e le relazioni con determinati paesi. Tuttavia la ferma presa di posizione del premier italiano Mario Draghi sulle ulteriori misure per evitare il diffondersi della variante Omicron: "L'Italia ha un vantaggio di protezione che deve difendere",non è stata vista di buon occhio da buona parte dell'Ue compresa la Francia che sulla questione ha voluto marcare una differenza: no test fra i Paesi Ue La Francia non seguirà la strada imboccata da Italia, Irlanda, Portogallo e Grecia di richiedere ai viaggiatori europei un test Covid negativo, anche se vaccinati.

"Non prevediamo di introdurre dei test Covid pcr all'interno della Ue, perché noi siamo attaccati al buon funzionamento dello spazio comune, dunque non contiamo di mettere dei test Pcr nei confronti dei Paesi europei, ma verso dei Paesi terzi".

Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron alla conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles."Di fronte alle varianti del virus, dobbiamo continuare ad agire da Europei. Le persone vaccinate non dovranno farsi il tampone per viaggiare fra i Paesi membri dell'Unione europea", ha twittato Macron.

Presidente, com'è andato il vertice Ue? "Bene, bene". Così ha risposto il presidente del Consiglio Mario Draghi a chi gli chiedeva l'esito dell'incontro che ha vuto al centro la questione covid e tampone per i vaccinati. Macron: Siamo attaccati al buon funzionamento dello spazio comune

Al tavolo Mario Draghi ha spiegato le proprie ragioni portando i numeri italiani che ieri aveva già snocciolato al Parlamento. Ha ricordato le "135 mila persone decedute e il crollo pari al 9% del Pil". Draghi ha inoltre evidenziato i numeri elevati del tasso di vaccinazione nel Paese (83-85%; circa 500 mila terze dosi al giorno) e, in particolare, ha posto l'attenzione su come la variante Omicron sia per ora meno diffusa che in altri Stati membri.

La Francia ha scelto di chiedere il tampone seguito da una quarantena obbligatoria soltanto alle persone che rientrano dalla Gran Bretagna, il paese vicino a più alta diffusione della variante Omicron. Al di là dei motivi simbolici con i quali Macron spiega la scelta di non imporre gli stessi obblighi a vaccinati e non vaccinati, secondo quanto fatto trapelare dal suo entourage, il presidente francese ritiene che i tamponi alle frontiere interne dell'Ue abbiano «scarsissima efficacia», in quanto la grandissima parte dei viaggi interni alla Ue li compiono di questi tempi i lavoratori transfrontalieri. Questi ultimi sono esentati dal test quotidiano.

Per il presidente francese le decisioni prese da singoli paesi «non devono minare il buon funzionamento del mercato interno o ostacolare in modo sproporzionato la libertà di circolazione»

 
Fonti varie agenzie

A quanto si apprende da fonti europee tra i temi affrontati finora dal Consiglio Ue c'è stato quello delle misure restrittive sui viaggi. "Molti leader - spiega un alto funzionario Ue - hanno sollevato il tema di un coordinamento internazionale, della necessità di informare adeguatamente i partner sulle misure europee" e di assumere "azioni proporzionate". Nel corso della discussione, si apprende ancora, non è stato discusso "di quale specifico Paese ha preso determinate misure" ma del "coordinamento tra i membri dell'Unione".

La prima a reagire è la vice presidente della Commissione europea, Vera Jourova. “Quando gli Stati membri introducono condizioni aggiuntive” al Green pass “o rendono le condizioni più severe, come nel caso dell'Italia e del Portogallo”, dice la commissaria al termine del Consiglio Affari Interni, la stretta “deve essere giustificata sulla base della situazione reale”. Situazione che in Italia, per fortuna, non è drammatica a livello di contagi rispetto ad altri Stati membri, come quelli dell'est, a basso tasso di vaccinati, o anche la Germania e il Belgio.

Una scelta pesante, perché adottata da uno dei paesi fondatori dell'Ue, uno dei più popolati dell'Ue, una delle maggiori economie della zona euro. L’Italia ora governata dall’ex governatore della Bce, Mario Draghi, appunto. “Immagino che questa scelta verrà discussa al Consiglio europeo” di oggi, continua Jourova, “perché queste decisioni individuali degli Stati membri riducono la fiducia delle persone sul fatto che ci siano condizioni uguali ovunque in Europa”.

Dal 16 dicembre, chi arriva in Italia da un paese dell’Unione Europea dovrà presentare l'esito di un test anti-covid negativo anche se è vaccinato. La decisione adottata oggi dal governo italiano, con un'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, sotterra definitivamente l’idea di coordinamento europeo delle misure restrittive pur coltivata a Bruxelles rispetto alla diffusione della variante omicron e al dilagare della quarta ondata che in molti paesi, tipo la Francia, è già la quinta. È per questo che la scelta di Roma fa infuriare i partner europei: sarà materia di discussione al vertice dei leader oggi a Bruxelles.

Nell'ordinanza ministeriale si cambiano solo le regole per i viaggiatori che nei 14 giorni precedenti "hanno soggiornato o transitato" in altri Paesi europei. Se fino ad ora per entrare in Italia bastava il Green Pass, generato dopo il tampone, la vaccinazione o la malattia, da domani al 31 gennaio anche chi ha il certificato verde da vaccino o malattia dovrà comunque fare il tampone prima di partire. E chi non ha ricevuto il vaccino, oltre ad effettuare il test, sarà obbligato a stare in quarantena per 5 giorni una volta arrivato. Una eccezione riguarda i bambini sotto i 12 anni i cui genitori sono vaccinati, che non dovranno fare l’isolamento anche se non hanno ricevuto somministrazioni. Se il padre e la madre sono Novax, invece, dovranno stare in isolamento pure loro. Un’altra eccezione sarà prevista per i transfrontalieri nei prossimi giorni. Per chi arriva da Paesi extra europei restano le regole già in vigore.

Solo qualche giorno prima dell'annuncio di Lisbona, la Commissione Ue aveva presentato delle nuove linee guida per chiedere agli Stati membri di ‘salvaguardare’ i vaccinati, evitando di imporre quarantene o tamponi per chi arriva da altri paesi dell’Ue. Niente da fare. Lisbona ha deciso unilateralmente. All'ultimo consiglio europeo dei ministri della Salute, la scorsa settimana, anche la Francia si era detta contraria al coordinamento europeo, riservandosi la libertà di decidere ulteriori misure. Stasera l'annuncio italiano è la fuga in avanti che lascia gli altri di stucco.

«Non abbiamo ricevuto nessuna notifica dall’Italia» sull’ordinanza sul tampone obbligatorio per l'ingresso nel Paese» e gli Stati membri «sono obbligati ad informare» la Commissione su eventuali restrizioni ai viaggi, spiega un portavoce dell'esecutivo europeo rispondendo ad una domanda sull’ordinanza emanata martedì 14 dal governo italiano. Eventuali misure restrittive ai viaggi all'interno dell’Ue, viene precisato, devono in ogni caso essere «proporzionali» e «giustificate».

 

 

Fonti huffpost / ansa / e varie agenzie

È stata la prima donna candidata all'Oscar come migliore regista. Lina Wertmuller è morta oggi all'età di 93 anni dopo aver dedicato gran parte della sua vita al cinema e al teatro.Una regista che ha fatto la storia della commedia italiana contribuendo a farla apprezzare a Hollywood, dove fu la prima donna a concorrere all'Oscar per la miglior regia per poi ricevere la statuetta alla carriera: con Lina Wertmuller, spenta nella sua casa romana all'età' di 93 anni, se ne va una guida e un'icona per le registe di tutto il mondo, da Jane Campion a Isabella Rossellini.

La camera ardente sarà allestita in Campidoglio. La notizia è stata data dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri che in un tweet la ricorda come "una grande regista che ha realizzato film densi di ironia e intelligenza, la prima donna candidata all'Oscar per la miglior regia".

Nata a Roma nel 1928, il carattere deciso di chi non ha mai nascosto le sue idee, che fosse l'adesione al Partito Socialista nel 1987, su proposta di Bettino Craxi, venne inclusa tra i membri dell'Assemblea nazionale del PSI,o la rivendicazione dei diritti della donna nel mondo del cinema. "Ho sempre avuto un carattere forte fin da piccola", raccontava di sé. "Sono stata addirittura cacciata da undici scuole e sul set ho sempre comandato io". ''Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva". E ci e' riuscita, come testimonia una carriera fitta di successi.

Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Spanol von Braueich, questo il nome all'anagrafe, aveva iniziato questo mestiere quando erano pochissime le colleghe a farlo e i suoi film hanno messo d'accordo pubblico e critica. Un ruolo, quello delle donne nel cinema, che aveva rivendicato anche in occasione dell'Oscar alla carriera: "Bisogna cambiare il nome a questa statuetta, chiamiamolo con un nome di donna, Anna", aveva scherzato. Era vedova da 13 anni, dall'aprile del 2008, quando il marito e scenografo teatrale Enrico Job morì' a Roma all'età di 74 anni.


E' stata la prima donna ad ottenere una nomination come migliore regista ai tempi di "Pasqualino settebellezze" (1976) che ne totalizzo' ben quattro; e' stata la prima donna ad avere successo in tv ai tempi degli "sceneggiati" con la trionfale accoglienza del "Giornalino di Giamburrasca" (1964-65) e ha diviso con Iaia Fiastri il privilegio di avere avuto spazio nella premiata ditta Garinei&Giovannini.

A 17 anni si iscrive all'accademia teatrale di Pietro Sharoff, debutta come regista di burattini con la guida di Maria Signorelli, scrive per la radio e la televisione mettendo in mostra un estro surreale e comico che sarà' la sua arma vincente, va a scuola di cinema da Fellini sul set di "La dolce vita" e "8 ½", collabora alla prima Canzonissima della Rai e quando debutta nel lungometraggio con "I basilischi" nel 1963 gia' vince la Vela d'oro del Festival di Locarno. L'anno dopo il sodalizio con Rita Pavone per "Il giornalino di Giamburrasca" ne fa d'un colpo una regista ricercata dai produttori. Nello stesso periodo incontra l'apprezzato scenografo teatrale Enrico Job con cui si sposerà' , dividerà' tutta la carriera artistica e adotterà' la figlia Maria Zulima. Il suo primo, grande successo nel 1972, "Mimì' metallurgico ferito nell'onore", in cui per la prima volta fa coppia artistica con il suo protagonista per eccellenza, Giancarlo Giannini. Il film ha un travolgente successo in sala e si guadagna l'invito al festival di Cannes.

La sua mania per i titoli di lunghezza fluviale diventa in fretta un marchio di fabbrica, così' come i vistosi occhiali bianchi, la battuta sferzante, la simpatia contagiosa. "Film d'amore e d'anarchia", "Tutto a posto e niente in ordine", "Travolti da un'insolito destino nell'azzurro mare d'agosto", "Pasqualino settebellezze" segnano in modo assolutamente personale il cinema italiano degli anni '70 e ogni volta mettono d'accordo critica e pubblico. Arriva un'accentuazione dei temi storici e politici che percorrono gli anni '80 (da "La fine del mondo…"e "Fatto di sangue tra due uomini…" fino a "Notte d'estate…").

Dall'inizio degli anni '90 conosce un nuovo successo scommettendo su attori che plasma e trasforma secondo il suo gusto personale. Ecco allora il sodalizio con Sophia Loren per portare in tv un riuscito adattamento di "Sabato, domenica e lunedi' " da Eduardo e quello con Paolo Villaggio per "Io speriamo che me la cavo" dal romanzo-verità' di Marcello D'Orta. Ritorna due volte a fare coppia fissa con l'amica Loren, tenta l'affresco storico con "Ferdinando e Carolina", rivisita i suoi personaggi tipici aggiornandoli con volti nuovi come Veronica Pivetti o Claudia Gerini. E' sempre piu' attratta dalla cultura partenopea tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria di Napoli e da debuttare al Teatro San Carlo con una felice regia della "Carmen" di Bizet. Si diverte anche in veste di doppiatrice per "Mulan" o come esponente dei "poteri forti" in "Benvenuto Presidente" di Riccardo Milani.

Fonti varie agenzie / ansa / agi / il giornale

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