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«Crisi della natalità»: nel 2016 in Italia sono nati 473.438 bambini

L'Italia sia sempre più un «Paese per vecchi» non lo dicono solo i dibattiti sull’innalzamento dell’età pensionabile. Ma anche la sconfortante discesa della curva demografica, testimoniata dagli ultimi dati Istat sul calo drammatico delle nascite. Nel 2016 in Italia sono nati 473.438 bambini, oltre 12 mila in meno rispetto al 2015. Nell’arco di 8 anni (dal 2008 al 2016) le nascite sono diminuite di oltre 100 mila unità. 

Il calo, scrive l'istituto di statistica, è attribuibile principalmente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani. «I nati da questa tipologia di coppia scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107 mila in meno in questo arco temporale) - spiegano gli esperti dell' Istat.

Aumenta il numero delle donne senza figli ma anche il numero di quelle con un solo bimbo. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010) . Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010). La «colpa» del calo negli ultimi otto anni è per quasi tre quarti dell’età delle donne: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose. La restante quota dipende invece dalla diminuzione della propensione ad avere figli. Osservando le generazioni, il numero medio di figli per donna in Italia continua a decrescere senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (cioè subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,44 figli per le donne della generazione del 1976.

Ciò avviene fondamentalmente per due fattori: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli». La fase di calo della natalità avviatasi con la crisi è caratterizzata da una diminuzione soprattutto dei primi figli, passati da 922 del 2008 a 227.412 del 2016 (-20% rispetto a -16% dei figli di ordine successivo). La diminuzione delle nascite registrata dal 2008 è da attribuire interamente al calo dei nati all'interno del matrimonio: nel 2016 sono solo 331.681 (oltre 132 mila in meno in soli 8 anni). Questa importante diminuzione è in parte dovuta al contemporaneo forte calo dei matrimoni, che hanno toccato il minimo nel 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze 57 mila in meno rispetto al 2008. 

Secondo l’Istat, il calo è attribuibile principalmente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani:al primo posto per numero di figli iscritti in anagrafe si confermano le donne rumene (19.147 nati nel 2016), seguite da marocchine (11.657) e albanesi (8.961), che coprono il 42,7% delle nascite da madri straniere residenti in Italia. La distribuzione delle cittadinanze dei genitori per tipologia di coppia rivela l’elevata propensione a formare una famiglia con figli tra concittadini (omogamia) delle comunità maghrebine, cinesi e, piu’ in generale, di tutte le comunità asiatiche e africane. All’opposto le donne ucraine, polacche, moldave, russe e cubane mostrano un’accentuata propensione ad avere figli con partner italiani piu’ che con connazionali  

Sono Francesco e Sofia i nomi preferiti dai neo genitori italiani e Adam e Sofia i nomi preferiti dai neo genitori stranieri residenti nel Bel Paese. A livello nazionale si conferma quindi il primato del nome Francesco che si è rafforzato tra il 2013 e il 2014 in seguito, verosimilmente, alla elezione di Papa Francesco. Il secondo nome più frequente è Alessandro, seguito da Leonardo, che però è il nome preferito, a livello territoriale, in ben 10 regioni, raggiungendo un primato. Sofia, Aurora e Giulia si confermano i nomi più diffusi tra le bambine, con frequenze che distanziano decisamente tutti gli altri nomi femminili. 

Intanto la crescita del Pil rimarrà sostanzialmente stabile all'1,5% nel 2018 e scenderà all'1,3% nel 2019: è quanto afferma l'Ocse nelle prospettive economiche 2018. Secondo l'organismo internazionale con sede a Parigi, i consumi privati continueranno ad essere il principale motore della ripresa, che continuerà ad avere effetti positivi su investimenti ed export."Tra i grandi Paesi del G7 l'Italia è probabilmente tra quelli che ha davanti a sé le sfide maggiori" ma anche "i più ampi margini di progressione", ha commentato il segretario generale dell'Ocse,Angel Gurria,

Per il ministro italiano dell'Economia, Pier Carlo Padoan, quelli dell'Ocse sono "dati lusinghieri sull'Italia", ma il Paese "ha enorme bisogno di investimenti, a lungo termine, che abbiano un impatto positivo sulle grandi infrastrutture". "Il paese sta mostrando segnali di ripresa non effimeri" e "la stima di crescita del 2017 dell'Ocse è migliore di quella del governo: è 1,6%", ha proseguito il ministro sottolineando che "siccome l'Ocse sa far bene il suo mestiere, mi fido delle stime che ci ha fornito oggi".

L'Ocse invita quindi i prossimi governi a non rallentare il ritmo delle riforme strutturali e il consolidamento dei conti pubblici dopo le elezioni programmate nella prima parte del 2018, perché questo "ridurrebbe la fiducia e farebbe deragliare una ripresa duratura" in Italia.

Se l'Italia vuole rafforzare la "coesione sociale" e la "crescita potenziale" deve dunque "continuare le riforme strutturali" e continuare ad impegnarsi nella riduzione di spese fiscali "senza logica sociale ed economica". Il via libera alla legge sulla Concorrenza e i progressi compiuti in parlamento sulla riforma del sistema di insolvenza "vanno nella giusta direzione", recita la scheda consacrata all'Italia dell'Economic Outlook. Inoltre, per l'Ocse, il "turnover dovuto al pensionamento di una quota importante di dipendenti pubblici nel prossimo futuro è una opportunità di ristrutturare la pubblica amministrazione".

L'Ocse rivede al rialzo la crescita italiana per il 2017 all'1,6%.  Le più recenti previsioni del governo indicano una crescita per l'anno in corso all'1,5%. Nelle precedenti stime l'Ocse prevedeva per il Pil dell'Italia una crescita dell'1,4% nel 2017 e dell'1,2% nel 2018

Le riforme contenute nella Manovra 2018 "rafforzeranno la crescita inclusiva e la riduzione del debito" in Italia. L'organismo internazionale con sede a Parigi plaude allo stop agli aumenti dell'Iva per il 2018, ma anche all'estensione dei bonus fiscali per le imprese e i "miglioramenti" nell'edilizia.

Bene anche l'introduzione da parte del governo di bonus permanenti per l'assunzione di giovani under 30, "conservando comunque le risorse per aumentare i salari dei funzionari". Inoltre, secondo l'Ocse, la prevista introduzione dell'obbligo di fatturazione elettronica tra privati "è un importante passo avanti per ridurre l'evasione fiscale. Ridurre la soglia di pagamento in contanti completerebbe questi sforzi", aggiunge l'organismo.

Per quanto riguarda le donne, "sebbene la partecipazione femminile al mercato del lavoro sia aumentata, meno della metà delle donne in età lavorativa sono occupate. Rafforzare le strutture per l'infanzia amplierà le opportunità di occupazione". L'organizzazione economica internazionale dice anche che se il nuovo reddito di inclusione adottato dalle autorità italiane "verrà ben finanziato, consentirà una riduzione della povertà, soprattutto tra i bambini".

L'Ocse insiste poi sull'importanza del collegamento tra età pensionabile e aspettativa di vita per garantire "l'equità tra generazioni" e la "sostenibilità del sistema previdenziale sul lungo periodo". All'Italia viene infine chiesto di proseguire gli sforzi per "aprire i servizi pubblici locali alla concorrenza" oltre che di attuare pienamente le misure contenute nel Jobs Act, in termini di ricerca del lavoro e formazione, collegandole alle indennità di disoccupazione, per aiutare chi è alla ricerca di un impiego.

Sul fronte delle banche, infine, l' "ampio stock" di crediti deteriorati (Npl) e l'"alto livello" di debito pubblico rappresentano altrettanti elementi di "vulnerabilità finanziaria" per l'Italia. Gli Npl "pesano sui bilanci delle banche, aumentando i rischi per i conti pubblici in caso di crisi", come anche l'alto debito che limita il margine di manovra nelle politiche fiscali. L'Ocse sottolinea tuttavia che la strategia messa in campo dall'esecutivo italiano per affrontare i problemi legati alla debolezza delle banche sta "dando i suoi frutti" e i crediti deteriorati degli istituti di credito cominciano a "diminuire".

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