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Lunedì, 07 Ottobre 2024

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"L'Europa non ha nessuno su cui fare affidamento tranne gli americani, che stanno aumentando la produzione di Gnl". Lo afferma in un'intervista all'agenzia Tass il ministro dell'Energia russo Nikolai Shulginov, secondo il quale L'Europa che "prevede di abbandonare del tutto le forniture di gas russo", per raggiungere l'obiettivo deve essere sicura "di poterlo fare entro il 2027".

Nikolai Shulginov, parlando all'Eastern Economic Forum ha aggiunto che il programma europeo di indipendenza energetica dalla Russia avra' varie conseguenze. "La stessa situazione dei prezzi conferma che non e' cosi' facile", ha osservato. "Oltretutto, cio' comportera' una battuta d'arresto nel settore, compresa la produzione di prodotti chimici e gas . Sarà una vita completamente nuova per gli europei. E' troppo per loro", ha concluso.

La risposta dei produttori di petrolio del Medio Oriente alla richiesta di Joe Biden rappresenta uno smacco: l’Organizzazione dei Paesi esportatori e i suoi alleati hanno concordato il taglio di 100.000 barili di greggio al giorno da ottobre.

È la prima volta in più un anno che la produzione viene ridotta, dopo diciotto mesi costanti di crescita.

L’Opec+ ha lasciato aperta la porta a nuove decisioni in futuro, ma al momento la risposta, arrivata nello stesso giorno in cui Biden si rivolgeva agli americani parlando di energia e futuro, è uno schiaffo non solo simbolico. L’assenza di ogni riferimento ai produttori nel comunicato della Casa Bianca sembra confermarlo.

“Il presidente - riporta una nota di Washington - è stato chiaro sul fatto che le forniture energetiche dovrebbero soddisfare la domanda per sostenere la crescita economica e abbassare i prezzi per i consumatori americani e per quelli di tutto il mondo”. Ma questo non è avvenuto. 

Il gruppo dell’Opec+, il cartello economico formato da tredici Paesi, tra cui Arabia Saudita, Emirati e Kuwait, aveva tagliato la produzione al culmine della pandemia di Covid nel 2020 per invertire il trend negativo dei prezzi, ma poi aveva ricominciato, nel 2021, ad aumentarli. Il mese scorso l’Opec+ aveva comunicato la decisione di aumentare la produzione di soli 100 mila barili di greggio al giorno.

La decisione era parsa subito una risposta molto debole alla attesa e controversa visita di Biden in Arabia Saudita, il maggior produttore di petrolio. L’incremento, equivalente allo 0,1 per cento della domanda globale, rappresentava il più piccolo da quando l’Opec è nata, nel 1982.

Oggi, poi, l’annuncio del taglio alla produzione è un altro duro colpo a Biden. Il risultato immediato è stato un nuovo rimbalzo dei prezzi del greggio saliti di quasi il 4 per cento subito dopo l'annuncio.

L’annuncio è arrivato dopo settimane di analisi sul reale senso del viaggio di Biden in Medio Oriente e il contemporaneo via libera di Washington alla vendita agli Emirati di sistemi missilistici di difesa.

“Il presidente - ha commentato la Casa Bianca oggi - ha agito, incluso lo storico rilascio di petrolio da parte degli Stati Uniti, e ha lavorato in sinergia con gli alleati per mettere un tetto al prezzo del petrolio russo per garantire le forniture mondiali”. La produzione americana, "è cresciuta di mezzo milione di barili al giorno dall’inizio dell’anno”.

Biden ha ricordato come gli americani abbiano “visto scendere il prezzo del carburante, dodici settimane di prezzo in calo, il ribasso più veloce in un decennio”.

Il presidente ha poi detto di “essere determinato a continuare ad assumere ogni passo necessario per abbassare i prezzi dell’energia”, ma dai produttori del Medio Oriente si aspettava un segnale di sostegno, mentre gli alleati in Europa si trovano davanti alla prima grande crisi energetica da quando la Russia ha invaso l’Ucraina.

E tra poche settimane si entrerà nell’autunno, quando la domanda di energia salirà in modo vertiginoso. Anche lo stesso deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro alimenta incertezza nei mercati e tensione tra i partner europei.

la nuova premier britannica Liz Truss secondo Agi compare su tutte le prime pagine internazionali, che danno risalto alla notizia della sua designazione e offrono una quantità di analisi sulle sfide che dovrà affrontare da subito e di ipotesi sulle decisioni che prenderà, ma anche sulla linea in politica estera. Molti giornali esprimono il timore di un’accentuata conflittualità di Londra con l’Ue, visto che la Truss ha annunciato una linea durissima sulle regole commerciali per l’Irlanda del Nord. Altro tema in primo piano, la crisi del gas con la comunicazione della Russia di non poter riaprire il gasdotto Nord Stream 1 finché non saranno revocate le sanzioni occidentali.

Trump ha ottenuto, come chiedeva, la nomina di un perito super partes per l’esame dei documenti sequestrati nella sua residenza di Mar-a-Lago e questa “vittoria legale” dell’ex presidente è l’apertura del Washington Post, che sottolinea che comunque l’indagine del Dipartimento della Giustizia potrà proseguire. L’ordinanza del giudice della Florida Aileen Cannon (che fu nominata da Trump nel 2020) riconosce infatti che l’ex presidente mantiene alcuni “privilegi” e che tra il materiale prelevato dall’Fbi vi siano anche suoi documenti personali, e dispone che gli inquirenti non potranno perciò esaminare quegli atti finché il perito non li ha avrà valutati. I tempi dunque si allungano, anche se frattanto però l’indagine continuerà, e sarà anche possibile sentire testimoni.

Tra le altre notizia in evidenzia, la strage consumata a coltellate da due fratelli in Canada, e la designazione di Liz Truss a nuovo premier britannico: “eredita un Regno Unito in pericolo”, secondo il Post, che elenca i vari e urgenti problemi del prossimo governo, a partire dall’inflazione e dal caro energia, ma anche le frizioni con l’Ue sulla frontiera con l’Irlanda del Nord dopo la Brexit, e le aspirazioni indipendentiste della Scozia. Temi che, secondo il giornale, “cancellano la luna di miele”, ossia i primi mesi in cui i cittadini guardano con favore ai nuovi leader, tanto più che la Truss è stata scelta dalla ristrettissima platea degli iscritti al partito conservatore, e che nei sondaggi è sgradita alla maggioranza dei britannici: il 52% pensa che sarà un premier disastroso, e solo il 12% ha fiducia in lei.

 

fonte Agi

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato in modo poco velato un’azione militare contro la Grecia, paese membro della NATO, in alcune dichiarazioni di sabato. Erdogan ha ribadito l’accusa del governo turco che la Grecia sta militarizzando le isole vicino alla Turchia, in violazione di un trattato storico e di accordi internazionali.

“Abbiamo una frase per la Grecia: Non dimenticate Smirne“, ha detto Erdogan in riferimento alla battaglia del 1922 che ha visto le forze greche espulse dalla città occidentale. Ha anche fatto riferimento più in generale alla guerra greco-turca del 1919-1922, sottolineando provocatoriamente che la Grecia sta “occupando” le isole al largo della Turchia. “La vostra occupazione delle isole non ci vincola“, ha detto Erdogan. “Quando sarà il momento, faremo ciò che è necessario. Come abbiamo detto, potremmo scendere all’improvviso una notte“. E ha aggiunto: “Guardate la storia, se andate oltre, il prezzo sarà pesante“.

Atene accusa Ankara di aver sorvolato le isole greche. La Turchia afferma che la Grecia staziona truppe sulle isole del Mar Egeo in violazione dei trattati di pace firmati dopo la prima e la seconda guerra mondiale, ha ricordato Al Arabiya.

Atene ha ricevuto da Unione Europea, Francia in testa e Stati Uniti,solidarietà sulle minacce Turche di questi giorni. Ankara e Atene sono state a lungo in disaccordo su questioni come i confini marittimi, visto che ci sono diverse isole greche, ricche di risorse naturali, che sono lontane centinaia di chilometri dalla Grecia continentale e invece vicinissime alla Turchia. Ma ci sono state tensioni anche sulla gestione dei migranti, nonché su Cipro, con la parte nord dell'isola di fatto sotto occupazione turca dal 1974. Ora Erdogan sta facendo la voce grossa sulle isole dell'Egeo, che secondo Ankara non possono essere armate ai sensi di vecchi trattati come quello di Losanna del 1923 e di Parigi del 1947. Sulla questione i due Paesi avevano ripreso i colloqui bilaterali nel 2021, dopo una pausa di cinque anni, ma hanno fatto pochi progressi.

Ankara afferma che quelle isole furono cedute alla Grecia in base ai trattati del 1923 e del 1947 a condizione che non le armasse. La Grecia sostiene che le osservazioni della Turchia sull'armamento delle isole sono "infondate" e l'ha accusata di mettere in discussione la propria sovranità su di esse. Entrambe le nazioni hanno inviato lettere alle Nazioni Unite in cui delineano le loro posizioni rivali sullo spazio aereo e sulle isole stesse.A giugno, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha affermato che Ankara avrebbe sfidato la sovranità della Grecia sulle isole se avesse continuato a inviare truppe lì.

Castelloriso è finita al centro dello scontro nell'agosto del 2020, quando la Turchia ha compiuto esplorazioni in cerca di gas in acque vicine all'isola e formalmente elleniche, ma vicinissime anche territorio turco, scatenando non solo l'ira di Atene ma anche della Francia di Emmanuel Macron che si è immediatamente schierata al fianco della Grecia.

Le parole infuocate sono state pronunciate in occasione della presentazione da parte dell’esercito turco di un nuovo prototipo di caccia senza pilota nella città di Samsun, e pochi giorni dopo che Ankara ha presentato un reclamo formale al quartier generale della NATO, affermando che il mese scorso la Grecia ha agganciato bersagli turchi coi propri sistemi di difesa aerea S 300. Il quotidiano turco Hurriyet ha annunciato la scorsa settimana che il ministero della Difesa “invierà alla NATO e a tutti i 30 Paesi alleati, secondo le fonti, le tracce radar e le immagini delle molestie greche ai jet turchi da parte dei sistemi di difesa aerea S-300”.

La Turchia ha anche accusato i jet greci di aver violato il suo spazio aereo oltre 250 volte in manovre di disturbo. “Il ministero ha anche informato che gli aerei da guerra greci hanno violato lo spazio aereo turco 256 volte dall’inizio del 2022″, si legge nel rapporto Hurriyet. Inoltre, quest’anno hanno infastidito i jet turchi 158 volte”, ha dichiarato il ministero. Sul mare, le guardie costiere greche hanno violato le acque territoriali turche 33 volte”.

Tutto questo si innesta sulla contesa dei diritti di trivellazione delle acque del Mediterraneo orientale, contestati fra Cipro, parte della UE e la Turchia, che appoggia la repubblica separatista di Cipro del Nord, in una situazione di estrema tensione che spacca la NATO.

L' approccio negativo nei confronti della Nato da parte della Grecia non indebolisce le relazioni tra la Turchia e l'Alleanza Atlantica. La Grecia non ha valore nella Nato". Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

La dichiarazione di Erdogan segue le accuse di Ankara alla Grecia di avere disturbato il volo dei caccia F-16 turchi impegnati in una missione Nato nell'Egeo, puntando i radar contro di loro. "Oggi come un secolo fa i politici greci compiono azioni che portano la Grecia verso il disastro", sostiene Erdogan.

Uno dei temi caldi riguarda lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo, dove il Sultano agisce con la consueta aggressività, ponendo spesso a rischio la stabilità della zona, ma soprattutto, secondo alcuni analisti, avvicinandosi sempre di più a uno scontro diretto con la Grecia.

L’Europa e gli USA stanno, come già fatto con Putin, sottovalutando i rischi potenziali? Ricordiamo alcuni fatti.

Nel Febbraio 2018 la nave Saipem dell’Eni, che agiva in accordo con il governo di Nicosia, viene bloccata e minacciata di affondamento da parte della marina militare turca (che era penetrata illegalmente nelle acque territoriali di Cipro).

Nell’Ottobre 2019 la nave da perforazione turca Yavuz effettua trivellazioni nel blocco operativo 7, che Cipro ha affidato a Italia e Francia. Sollecitati dalla Grecia, gli USA si fanno sentire, ma la Turchia afferma che la zona sia di competenza del governo (fantoccio) della Repubblica Turca di Cipro del Nord, nata dall’occupazione di Ankara negli anni 70 e mai riconosciuta ufficialmente. Il ministro della difesa greco annuncia l’arrivo di navi da guerra francesi e italiane (anche se si presentano sono quelle di Parigi). Anche la UE protesta e minaccia sanzioni.

Nell’ Agosto 2020 si sfiora il confronto armato, a seguito di una collisione tra navi da guerra greche e turche nelle acque ad est dell’isola di Rodi.

Secondo la versione turca, la fregata greca Limnos ha compiuto una manovra di disturbo nei confronti della nave da esplorazione turca Oruc Reis che operava nella ZEE ellenica (ovviamente non riconosciuta da Ankara). La nave turca di scorta Kemal Reis avrebbe urtato la fregata greca, danneggiandola.

La versione di Atene, invece, riferisce di una collisione dovuta ad un errore di manovra della nave turca, maggiormente danneggiata.

La Francia invia aiuti ad Atene e rafforza la presenza militare nel Mediterraneo orientale. Macron in una serie di tweet esprime preoccupazione per le crescenti tensioni tra Grecia e Turchia sui diritti esplorativi in acque ricche di gas naturale e punta il dito contro Ankara: “Le decisioni unilaterali della Turchia provocano tensioni. Devono spegnersi per permettere un dialogo pacifico tra Paesi vicini e alleati NATO”

Infine, sempre nel 2020, c’è  la crisi di Kastellorizo, isola greca di 500 abitanti, nota in Italia per l’ambientazione del film di Salvatores vincitore del premio Oscar, Mediterraneo.

Questa piccola isola greca si trova a poche miglia di distanza dalla costa turca. La rivendicazione da parte di Ankara ha un significato molto più che simbolico. Se appartenesse alla Turchia la sua ZEE si amplierebbe notevolmente.

Un articolo dell’analista Daniel Pipes, storico e analista geopolitico, direttore del Middle East Forum, tradotto da Analisi Difesa nell’ottobre 2020, porta l’inquietante titolo: Kastellorizo, possibile casus belli tra Turchia e Grecia (titolo originale: Will Turkey and Greece Clash over a Tiny Island?).

L’analista riporta le bellicose parole di Erdoğan: “La Turchia ha il potere politico, economico e militare per strappare mappe e documenti immorali imposti. Un secolo fa [i greci] li abbiamo sepolti nella terra o li abbiamo gettati in mare. Spero che non paghino lo stesso prezzo ora”.

Pipes prosegue: “L’analista Jack Dulgarian ha proposto uno scenario plausibile: le truppe turche invadono Kastellorizo o prendono l’isola in ostaggio e (bissando Cipro nel 1974) e sfidano il mondo a fare qualcosa al riguardo. Da sole, le forze armate elleniche non possono riconquistare l’isola. Né Israele né l’Egitto entreranno in guerra con la Turchia per Kastellorizo. L’art. 5 della NATO, che promette protezione in caso di aggressione, si rivelerà di certo inefficace quando entrambe le parti sono membri di quell’organizzazione. “Dal 1952 al 2002 la Turchia è stata un ottimo alleato della NATO, ma negli ultimi 20 anni è stato un pessimo alleato, persegue politiche ostili alla NATO, è aggressiva nei confronti dei membri dell’Alleanza Atlantica, membri come la Grecia, prende parte all’invasione della Siria, minaccia l’Europa con i migranti siriani. Il governo turco vede l’Europa come un rapporto di transazione.Non credo che la Turchia dovrebbe stare nella NATO. Lo dico da un decennio”. Ma come sappiamo circa un mese dopo la Nato ha ceduto all’ennesimo ricatto del Sultano.

Infine, a giugno 2022 Erdoğan, in una serie di messaggi sui social, ha invitato Atene “a essere prudente e rinunciare ad azioni di cui si potrebbe pentire [militarizzare le isole, ndr], come già successo un secolo fa”, palese riferimento alla guerra greco-turca combattuta e vinta da Atatürk nel 1922.

 

fonti scenari economici e varie agenzie 

Ci prendiamo le nostre responsabilità". Lo ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, nel corso di un punto stampa a Milano. "La Lega - ha aggiunto - ha sempre mantenuto gli impegni presi. È tempo che la buona politica ne risponda. Io non vedo l'ora che arrivi il 26 settembre". Per il leader della Lega, "avere due o tre nomi a rappresentare gli italiani prima del voto, secondo me, sarebbe utile per la scelta dei cittadini soprattutto in alcuni ministeri importanti, penso agli Esteri, all'Economia, alla Giustizia. Però giustamente prima bisogna vincere le elezioni. Anche perché c'è ancora molta gente che ancora non ha deciso".

"A me interessa poco stravincere e avere un milione di disoccupati in piazza il due novembre. Non è possibile, non è pensabile - ha aggiunto Salvini -. Mi interessa vincere e governare un Paese vivo, non un Paese in ginocchio", un Paese "che lavora e cresce, non che da qui ai prossimi mesi avrà milioni di disoccupati in più. Alcune riforme costano zero - ha spiegato - quota 41 costa 1 miliardo e 300 milioni e si recuperano facilmente dal risparmio dei furbetti del reddito di cittadinanza". Salvini ha incalzato ancora su un decreto Energia immediato: "trenta miliardi subito, altrimenti rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro: vorrei sapere dal governo e da Letta cosa ne pensano".

E da Milano arrivano le parole di Enrico Letta. "Cominciamo da Milano la rimonta che ci porterà ad arrivare al 25 settembre - ha detto, arrivando alla festa dell'Unita di Milano, il segretario del Pd, - e convincere gli italiani a cambiare i sondaggi e cambiare le previsioni che danno oggi il centrodestra vincente. Lo faremo innanzitutto con il voto dei giovani che hanno già dimostrato di essere favorevoli nei nostri confronti. E poi parleremo con gli indecisi, i tanti astensionisti che ci sono: sono convinto che li convinceremo con la bontà delle nostre proposte".  Letta si è detto "fiero e orgoglioso" di aprire la campagna elettorale nel capoluogo lombardo.

Intanto Fabrizio Santori“  : La sentenza della Corte dei Conti che condanna l’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato alla restituzione di 275.000 euro, in solido con altri, per ‘l’uso politico di denaro passato per la fondazione Italia-Amazzonia’ è il colpo finale ad un Pd che deve trovare la dignità di farsi da parte. Via D’Amato, via Zingaretti, si scollino dalla poltrona e si rendano conto che il Pd di Roma e del Lazio è allo sfascio. Da Lady Asl a Mister Amazzonia scandalo dopo scandalo, silenzio dopo silenzio, il gioco al massacro della salute, dell’intero sistema sanitario della Regione, dell’economia, dell’ambiente e del territorio è finito. Ambulanze rotte, pronto soccorso al disastro, pazienti in barella, topi nei reparti covid, peste suina, cinghiali a spasso davanti ai palazzi e ordinanze che sanciscono l’esecuzione sommaria di animali monitorati e sani. Zingaretti e il suo assessore si devono dimettere subito". Lo dichiara in una nota Fabrizio Santori, consigliere di Roma Capitale e candidato della Lega nel Collegio Lazio 1 Camera dei deputati alle elezioni politiche 2022.

Siamo a fianco degli assistenti scolastici con contratto di somministrazione scaduto, continua Fabrizio Santori,  che scendono in piazza oggi per protestare contro il Campidoglio e le decisioni assunte in questi mesi sulla pelle di centinaia di lavoratori, mandati a casa senza alcuna speranza per il futuro e nel silenzio totale dei sindacati. Basta sfruttamento e precarietà. Servono maggiori garanzie a tutela del lavoro e della qualità dei servizi erogati per proteggere i lavoratori e gli utenti stessi, che rischiano di trovarsi davanti all’ennesimo flop dei servizi scolastici a partire dal trasporto per disabili. Diciamo no a questa sinistra pantomima del risparmio inutile sulla pelle degli altri: tutelare le famiglie, i lavoratori e le imprese è al centro del programma della Lega. La società Roma Multiservizi, per il 51% di Ama e dalla quale dipendono centinaia di lavoratori, durante l’era Gualtieri avrebbe prima assunto dei lavoratori a tempo indeterminato per poi mandare a casa oltre 300 addetti cui è scaduto il contratto dando incarico alle agenzie interinali di assumere personale nuovo nel rispetto della legge Di Maio. Così la società rinuncia a operatori già con esperienza, li abbandona ignorando oltretutto la già più volte denunciata carenza di personale. Questo è inaccettabile: potevano essere selezionati e assunti a tempo indeterminato, anche perché si tratta di lavoratori con famiglie a carico. Siamo fiduciosi che tale situazione sarà affrontata e risolta dai vertici della Multiservizi e di Ama”. Lo dichiara in una nota Fabrizio Santori, consigliere di Roma Capitale e candidato della Lega nel Collegio Lazio 1 Camera dei deputati alle elezioni politiche 2022 , che interviene stamattina alle 10 alla manifestazione organizzata dai lavoratori della Multiservizi sotto la sede della società, in via Tiburtina 1072 a Roma.

 

Fonti Ansa e On.Santori

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo aver sentito i Presidenti dei due rami del Parlamento, ai sensi dell'articolo 88 della Costituzione, ha firmato il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, che è stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il decreto di scioglimento sarà consegnato ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti.

Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, e il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ed ha firmato i decreti
che fissano le elezioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati per il 25 settembre 2022, e la determinazione della data della prima riunione delle nuove Camere fissata per il 13 ottobre 2022.

I leader del centrodestra, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, dovrebbero vedersi presto, nel primo vertice di coalizione dopo quello deludente di fine marzo. L'incontro non dovrebbe tenersi a villa Grande, e non subito.

Perché la presidente di Fratelli d'Italia vuole che l'incontro avvenga in una sede istituzionale, quantomeno non in una residenza privata e, prima di sedersi al tavolo con gli alleati, vuole discutere con i suoi le regole d'ingaggio.

Intanto chiede che si sciolga il nodo della regione Siciliana, che venga rispettato il criterio degli uscenti. Altrimenti - la tesi che viene ribadita in FdI - si deve discutere anche delle altre Regioni.

E poi Meloni chiede un metodo chiaro per l'indicazione del candidato premier della coalizione.

Perché il criterio è che chi prende più voti governa, mentre da tempo Berlusconi ripete che Meloni rischia uno spostamento a destra e che l'elettorato moderato non verrebbe rappresentato.

"La questione della premiership non è all'ordine del giorno. Se e quale indicazione dare lo decideremo nel corso di un vertice che faremo comunque prima della campagna elettorale", ha tagliato corto oggi il fondatore di FI.

La presidente di FdI, però, difficilmente cederà sulla premiership e, anzi, susciterebbero ironia in via della Scrofa le ipotesi di un suo eventuale passo indietro per fare spazio a una figura, magari un uomo, gradito anche agli alleati.

C'è poi il nodo della divisione dei collegi. Lega e Forza Italia hanno fatto trapelare di essere favorevoli a una divisione in parti uguali (33%) dei collegi rispettivamente per FdI, Lega e FI, con gli azzurri che si farebbero carico di Udc e Noi con l'Italia.

Altri propongono di fare una media delle percentuali nei sondaggi e del dato storico di ogni singolo partito. Mentre Meloni chiede da sempre che la spartizione sia fatta in base ai sondaggi, come avvenuto nel 2018.

Ma su questo, nel corso delle telefonate di ieri con gli alleati, la leader di Fratelli d'Italia sarebbe apparsa più disponibile a trattare.

Sicuramente - lo ha anticipato - chiederà l'impegno alla sottoscrizione di un patto anti-inciuci (lo ha chiamato "indisponibilità ad alleanze variabili").

Sul fronte delle liste, Berlusconi ha smentito vi sia la volontà da parte di Forza Italia di fare una lista unica con la Lega (accorpando i consensi dei due partiti, il Cavaliere e Salvini potrebbero giocarsi l'indicazione del candidato premier).

"Non ci saranno liste uniche. Manterremo le nostre identità", ha garantito. L'ex premier ha rilasciato due lunghe interviste - a Repubblica e al Tg2 - per spiegare il senso della scelta di non votare la fiducia a Draghi, che ha portato all'uscita dal partito di Mariastella Gelmini, ieri, di Renato Brunetta e del senatore Andrea Cangini oggi.

Mentre Mara Carfagna dice di voler "prendere le distanze da FI e aprire una riflessione". Potrebbero nei prossimi giorni dire addio anche un altro paio di deputati.

Berlusconi ha usato parole molto dure nei confronti dei fuoriusciti. "Riposi in pace chi tradisce", ha detto a chi gli chiedeva conto di Gelmini e Brunetta.

Il Cavaliere, che non escluderebbe una sua candidatura, ha anticipato che sara' "in campo in prima persona" nella seppur breve campagna elettorale verso le politiche del 25 settembre, e ha assicurato di aver già scritto un programma elettorale "avveniristico".

Molto dure anche le frasi usate nei confronti di Mario Draghi. Forza Italia non ha "alcuna responsabilità" della crisi, ha voluto precisare, "noi saremmo stati leali fino ad aprile/maggio del 2023", ma sono stati i "5 stelle irresponsabili" ad aver strappato e Draghi, che "probabilmente si era stancato", si è reso "indisponibile a un bis", ha "preso la palla al balzo".

D'altronde - è l'osservazione al vetriolo del Cav - il "lavoro di presidente del Consiglio ha orari più lungi di quelli di governatore di una banca centrale".

Sul fronte leghista, Salvini ha incontrato ministri e sottosegretari e ha fatto sapere di essere "già al lavoro per il nuovo governo".

"Tenetevi pronti alla campagna di agosto e soprattutto a Pontida, che confermiamo il 18 settembre e che quindi assumerà un significato ancora maggiore", ha poi detto, incontrando gli europarlamentari.

Il segretario leghista sta organizzando la campagna elettorale estiva e conferma il raduno di Pontida che, con le ipotesi di voto il 25 settembre, diventerà un appuntamento elettorale.

Diversamente da Forza Italia, il voto anticipato non sembra allo stato dividere i leghisti. Giancarlo Giorgetti oggi e' tornato al suo lavoro al Mise, convocando per mercoledì il tavolo Wartsila, al quale sono invitati, oltre ministro Andrea Orlando e il governatore Massimiliano Fedriga, anche e il top management dell'azienda finlandese.

"Il centrodestra è pronto a vincere le elezioni Politiche il 25 settembre e a confermarsi alle Regionali della primavera 2023", ha assicurato Salvini.

"In particolare, in Lombardia il nostro Attilio Fontana lavorerà fino all'ultimo giorno nell'interesse dei cittadini, prima di affrontare la campagna elettorale.

Uniti si vince", ha aggiunto, smentendo indirettamente le ipotesi di una fine anticipata della legislatura in Lombardia, per votare in election day con le politiche, anziché a marzo.

Intanto la spinta all'interno del Movimento 5 stelle punterà anche a recuperare il rapporto con il Pd. "Dove va senza di noi?", taglia corto un 'big' pentastellato. "Perderebbe almeno 35 seggi...", spiegava questa mattina un altro esponente. Ma Letta oggi è stato chiaro. "Pensiamo a noi", ha spiegato ai deputati.

Il tema delle alleanze si pone anche all'interno del centrodestra. Perché Fratelli d'Italia rilancerà due condizioni per ricompattare l'alleanza: il primo è un patto anti-inciucio, basta con i governi giallo-verdi o rosso-gialli. Il secondo è un asse solo con chi si riconosce nei valori del centrodestra, quindi no a 'centrini' che poi - questa la tesi - giocano a spostare gli equilibri.

Giovedì a villa Grande Salvini, Berlusconi, Lupi e Cesa hanno siglato un patto per la campagna elettorale.  Ma ci sono anche altri nodi da sciogliere. Il primo: come si compileranno le liste? Per Fdi si deve partire dai sondaggi, non per gli altri partiti dell'alleanza.

Marco Rizzo scende alle elezioni con le sue alleanze con piccoli movimenti che variano da destra e a sinistra fino ai cattolici, dall’ex pm Antonio Ingroia all’ex leghista Francesca Donato. l’accordo elettorale con laultracattolica Popolo della famiglia di Mario Adinolfi in Sardegna.

Fonti varie agenzie e agi

 

 

E' il giorno della missione del presidente del Consiglio Mario Draghi in Algeria, per il quarto vertice intergovernativo tra l'Italia e il paese Nordafricano. Un incontro che cade in un momento estremamente delicato, per le vicende politiche interne italiane, che hanno portato il premier a partecipare da dimissionario a questo appuntamento, ma soprattutto per la crisi economica ed energetica innescata dall'invasione russa dell'Ucraina.

Tra i vari dossier sul tavolo del vertice, infatti, il più rilevante è quello della fornitura di gas al nostro paese: l'Algeria è infatti il nostro primo fornitore di gas e il partenariato privilegiato con l'Italia risulta fondamentale per la diversificazione dell'approvvigionamento energetico e quindi per la diminuzione della dipendenza da Mosca.

Non a caso, la delegazione che accompagnerà il capo dell'esecutivo ad Algeri è nutrita: ci saranno i ministri Di Maio, Lamorgese, Cartabia, Cingolani, Giovannini e Bonetti. Al centro dell'incontro, oltre ovviamente ai temi più urgenti come la guerra in Ucraina e la crisi energetica, altri dossier importanti come la Libia, il Sahel, al Sahara Occidentale, la cooperazione industriale, lavori pubblici e la protezione del patrimonio culturale. Le dimissioni di Draghi continuano a suscitare la preoccupazione di molti governi e osservatori stranieri.

Il quotidiano britannico Financial Times, in particolare, è uscito allo scoperto con un endorsement per il premier italiano in un editoriale firmato dalla redazione, in cui si legge che "Il miglior auspicio è che Draghi continui a essere presidente del Consiglio il più a lungo possibile poiché la priorità è approvare il prossimo bilancio e portare avanti le riforme necessarie per sbloccare la prossima tranche del Recovery Fund dell'Ue da 750 miliardi di euro, di cui 200 miliardi sono destinati all'Italia".

 "A sentire la stampa sembra che tutta Italia stia supplicando Draghi di rimanere, come se questo governo fosse nel cuore di tutti gli italiani. Pero' poi la stessa stampa avverte che se si votasse stravinceremo chi sta all'opposizione. Tipiche dissonanze cognitive della sinistra". Lo scrive su Twitter il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. "Ecco perché le stanno tentando tutte per evitare di tornare subito al voto...", scrive poi sulla sua pagina Facebook Giorgia MELONI, postando un recente sondaggio di Swg che dà Fdi al 23,8 per cento. "Ecco spiegato perché la sinistra ha così paura delle elezioni", si legge nel post dove campeggia una foto della leader di Fdi accanto alla recente rilevazione.

Giuseppe Conte non lo nasconde e lancia un ultimatum: "Se qualcuno ritiene di non poter condividere un percorso così partecipato e condiviso - dice - faccia la propria scelta in piena libertà, in maniera chiara, subito e senza ambiguità". I tempi sono stretti: "C'è una notte per pensarci - dice Conte ai vertici del gruppo alla Camera - decisioni che vanno in direzione di una diversa prospettiva siano dichiarate per tempo, per correttezza verso tutti". Il presidente del M5s, intanto, aspetta segnali da Palazzo Chigi sulle nove richieste del Movimento per il programma di governo: "Adesso la decisione non spetta a noi, ma a Draghi", dice chiudendo l'incontro coi parlamentari. Per il leader, il premier dovrà valutare le condizioni e decidere il perimetro del dialogo: c'è tempo fino a mercoledì, quando si voterà la fiducia al governo. "L'atteggiamento di responsabilità - dice Conte - ci impone di chiedere al presidente Draghi che le priorità da noi indicate vengano poste nell'agenda di governo". Intanto, però, il presidente del M5s teme l'accerchiamento: chi gli sta vicino legge le mosse degli altri partiti, sia di centrosinistra sia di centrodestra, come un disegno per relegarlo ai margini.

L'assemblea dei gruppi parlamentari del M5s è stata una maratona via zoom, una gara di resistenza di tre giorni quasi di fila. Il pallottoliere ha contato una ventina di interventi di chi vuol confermare l'appoggio a Draghi. Se ne è fatto portavoce un esponente di spicco del M5s, il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa: "Non si capisce perché non dovremmo votare la fiducia". La posizione dei contiani l'ha invece riassunta la deputata Vittoria Baldino: le dimissioni di Draghi sono state un reazione "scomposta", che va letta come "un invito alla porta".

Proprio sul fronte di queste ultime, prosegue in casa M5s quella che è ormai divenuta un'assemblea permanente del gruppo dirigente e dei gruppi parlamentari. Dopo una serie di stop&go, la congiuntura dei parlamentari pentastellati riprenderà oggi, per definire una linea in vista dell'appuntamento parlamentare di mercoledi'. Sembra però difficile una sintesi, visto che la faglia tra l'ala "governista" e quella favorevole alla conferma dello strappo dal governo si sta allargando. Ciò potrebbe comportare, secondo più di un osservatore, un ulteriore travaso di parlamentari verso la pattuglia parlamentare di Luigi di Maio, o addirittura la formazione di una nuova forza politica favorevole a proseguire l'esperienza di governo a fianco di Draghi.

Tra i più attivi al fianco di Draghi il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che ha lanciato nei giorni scorsi una petizione online per la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi e oggi, con un'intervista al Corriere della Sera, è tornato a spingere per questa soluzione, altrimenti, osserva, c'è il voto o il 25 settembre o il 2 ottobre. Anche il centrodestra di governo, dopo l'incontro Salvini-Berlusconi a Villa Certosa, sembra sponsorizzare l'idea del voto anticipato, ritenendo impossibile qualsiasi margine di ricucitura con M5s, anche se le posizioni dentro Forza Italia sembrano più articolate, come testimoniano le parole del ministro Gelmini, per la quale non vanno poste condizioni al premier da nessuna parte politica.

Un voto di fiducia come si conviene a un governo che sta per nascere: mercoledì deputati e senatori sfileranno sotto i banchi del governo e annunceranno il loro voto davanti al presidente del Consiglio Mario Draghi. Una fiducia con il sistema della chiamata nominale su un ragionamento politico, quello che farà Draghi in Aula, e non su un testo di legge.

Un segnale che fa dire a una fonte parlamentare che si tratta di un passo in direzione della prosecuzione del governo guidato dall'ex governatore della Bce. Un altro segnale è dato dalla richiesta arrivata da Partito Democratico, M5s, Insieme per il Futuro, Leu e Italia Viva nel corso della conferenza dei capigruppo di Montecitorio perché si possa votare prima alla Camera e poi al Senato.

Il tutto, viene riferito, sarebbe funzionale a veder realizzato quel "fatto politico" nel M5s che convincerebbe Draghi a rivedere la sua scelta di dimettersi. Ovvero l'uscita di un gruppo di parlamentari dal Movimento così da sostenere il premier senza alterare l'equilibrio di esecutivo e maggioranza. Se questa uscita non dovesse verificarsi, infatti, Draghi avrebbe sì ancora una maggioranza, ma nettamente sbilanciata a destra.

Perché votare prima alla Camera? Perché se si votasse prima al Senato, dove i contiani del M5s sono molto compatti, l'immagine plastica offerta dal voto sarebbe quella di una coalizione sostenuta in larga parte dal centrodestra più il Partito Democratico. E Draghi, ragiona a Montecitorio, si vedrebbe costretto a confermare la decisione annunciata. Un ostacolo aggirabile, viene però aggiunto.

Se i Cinque Stelle dissidenti annunciassero l'addio a Conte prima del voto - come ormai sembra probabile - fuori dall'Aula, certificherebbero già quel "fatto politico" che si attende. Mario Draghi, a quel punto, potrebbe revocare le dimissioni e incassare il voto favorevole prima al Senato e poi alla Camera.

Nonostante questo, l'iniziativa del Pd con M5s e Iv suscita una levata di scudi nella Lega. "Siamo alla farsa. Ora Pd e M5s chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera. Giochini vergognosi che vanno contro la prassi che vuole che le comunicazioni del presidente del Consiglio siano fatte nella Camera di prima fiducia, o dove si è generata la crisi. In entrambi i casi, quindi, al Senato", dicono i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.

Non ha mancato di generare polemiche, sempre parlando di appelli pro-Draghi, quello fatto da più di mille sindaci, che ha suscitato la dura reazione della leader di FdI Giorgia Meloni, la quale ha denunciato l'uso "spudorato" delle istituzioni per un fine politico. Le ha replicato il sindaco di Firenze Nardella, secondo cui all'appello si sarebbero associati anche esponenti del partito della Meloni.

Intanto Il presidente russo Vladimir Putin è da poco arrivato a Teheran dove ha in programma di partecipare ai colloqui di pace sulla Siria con capo di Stato turco Recep Tayyip Erdogan e l'omologo iraniano Ebrahim Raisi.

Fonte Agi e varie agenzie

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