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Pyongyang: nuovo missile lanciato uno Hwasong-15

Settantaquattro giorni senza nessun lancio avevano fatto sperare che la Corea del nord fosse interessata a un disgelo e a un ritorno al tavolo dei negoziati. Quella speranza è andata in frantumi ieri pomeriggio, quando il regime di Kim Jong-un ha interrotto il periodo di inattività e ha sparato un missile balistico.

Pyongyang ha annunciato che il missile lanciato è nuovo: uno Hwasong-15 con «testata pesante extra-large capace di colpire la totalità del continente americano». Bisogna cercare di interpretare le parole dei nordcoreani. Due i comunicati di Pyongyang. Uno «coreografico» e ad uso interno letto dalla presentatrice tv che si veste di rosa per gli eventi più importanti: «Kim Jong-un ha dichiarato con orgoglio che abbiamo finalmente realizzato la nostra grande causa storica, siamo uno Stato dotato di forze nucleare e abbiamo messo a punto una potenza balistica». Con questa frase Kim potrebbe voler segnalare al suo popolo e all’esterno di aver centrato lo scopo e che potrebbe sospendere la corsa alle armi, in cambio di concessioni: soprattutto sul fronte delle sanzioni, ma anche di riconoscimento internazionale. Bisogna attendere la reazione articolata di Washington

Il nuovo missile balistico intercontinentale capace di "colpire tutto il territorio" americano, dalle Hawaii a New York, montando una "testata nucleare ultra larga": la sfida agli Usa è pronta grazie all'innovativo vettore Hwasong-15 lanciato nella notte e in grado di coprire "950 km e l'altitudine di 4.475 km", con risultati considerati tra i più importanti mai raggiunti. L'annuncio del "successo storico", al termine di un'operazione presenziata dal leader Kim Jong-un, è stato fatto dai media del Nord oggi alle 12.00 di Pyongyang 4.30 in Italia con tanto di "scheda tecnica" e di ufficializzazione della posizione di "Stato nucleare". Rompendo la tregua di 75 giorni, il vettore è partito dalle vicinanze di Pyongsong, provincia di Pyongsong del Sud, intorno alle 3.17 ed è caduto dopo 53 minuti a circa 250 km dalle coste nipponiche, nella zona economica esclusiva.

Il presidente Usa Donald Trump ha assicurato che "ce ne occuperemo", mentre Corea del Sud e Giappone hanno ribadito il carattere "inaccettabile" dell'ultima intemperanza del Nord. Trump, con l'omologo sudcoreano Moon Jae-in e il premier nipponico Shinzo Abe, ha ribadito il proposito di stare accanto agli alleati e di aumentare la pressione sullo Stato eremita, a poche ore alla riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e in programma a New York.

Il Giappone, gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza Onu. E la Francia chiede un rafforzamento delle sanzioni. Gli Usa ritengono che «le opzioni diplomatiche» per risolvere la crisi nordcoreana restino «sul tavolo, per ora», ha detto il segretario di stato Rex Tillerson. E ha poi chiesto alla comunità internazionale di «prendere ulteriori misure» al di là delle sanzioni, «compreso il diritto di proibire il traffico marittimo che trasporta beni verso e dalla Corea del nord». Trump intanto tace ma starebbe meditando di dare una dura lezione a Kim. L'intero staff della Casa Bianca e i vertici della sicurezza nazionale stanno studiando la risposta da dare. «Ce ne occuperemo ... gestiremo la situazione», si è limitato a dire scuro in volto Trump.

"Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha annunciato che il Paese ha realizzato la grande e storica causa di divenire uno Stato nucleare", ha scandito col solito tono drammatico e partecipato Ri Chun-hee, volto popolarissimo della Kctv, in campo sempre per le grandi occasioni. La risposta al ritorno di Pyongyang dopo 9 anni nella lista nera degli Stati sponsor del terrorismo, deciso dagli Usa una settimana fa, pare essere quindi che tra potenze nucleari un possibile negoziato, se ne matureranno le condizioni, non potrà che essere alla pari. A parte la retorica, l'ipotesi dell'intelligence di Seul e il naufragio delle aspettative sul lavoro diplomatico della Cina verso l'imprevedibile vicino, i giudizi del segretario alla Difesa Jim Mattis sono quelli che aprono gli scenari più incerti. Il missile "è andato più in alto, francamente, più di ogni antro lancio finora da loro fatto", ha detto il capo del Pentagono alla Casa Bianca. "E' uno sforzo di ricerca e sviluppo da parte loro per continuare a costruire missili balistici che possono minacciare qualsiasi parte nel mondo".   

Dopo l’annuncio tv, un dispaccio più tecnico-politico della KCNA, l’agenzia di notizie del regime. Riporta dettagli sul test che sono numericamente identici a quelli rilevati da sudcoreani e americani (copiati?): 4.475 km di altezza massima raggiunta, durata del volo 53 minuti, distanza percorsa 950 km. Le ultime righe sono significative: «Non minacceremo alcun Paese e alcuna regione fintanto che gli interessi della Repubblica Democratica Popolare di Corea non saranno violati: questa è la nostra solenne dichiarazione». Due scuole di pensiero opposte su questa conclusione. Secondo gli ottimisti, Pyongyang offre un negoziato agli americani. Ma la frase si può leggere anche in modo minaccioso, perché la Nord Corea ha ripetuto più volte che le sanzioni internazionali sono una violazione del loro interesse nazionale e rappresentano una dichiarazione di guerra. 

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