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La Corea del Nord potrebbe condurre il più potente test di bomba all'idrogeno nel Pacifico, tra le "azioni di più alto livello" contro gli Usa. E' l'ipotesi espressa dal ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong-ho in merito alle affermazioni del leader Kim Jong-un, che sta considerando iniziative in risposta al presidente americano Donald Trump e alla sua minaccia di "distruzione totale" del Paese asiatico.

"Non possiamo escludere la possibilità che il test missilistico minacciato dalla Corea del Nord - capace di far esplodere una bomba all'idrogeno nel Pacifico - possa essere condotto sui nostri cieli". Ha risposto così alla stampa il ministro della Difesa giapponese Itsunori Onodera, spiegando che Tokyo prende seriamente le parole del ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho, e che il governo nipponico risponderà ad ogni eventualità con i necessari livelli di allarme e le misure di sorveglianza adeguate. Il rappresentante del regime di Pyongyang si era rivolto ai giornalisti al palazzo di vetro dell'Onu, aggiungendo che ogni manovra militare deve essere approvata dal leader Kim Jong Un.

La Cina invita tutte le parti a esercitare autocontrollo dopo l'ipotesi di test di bomba all' idrogeno nel Pacifico ventilata a New York dal ministro degli Esteri di Pyongyang Ri Yong-ho. Il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang ha ribadito in conferenza stampa l'opposizione di Pechino alle sanzioni unilaterali fuori dalla schema generale risoluzioni delle Nazioni Unite, a stretto giro dal nuovo ordine del presidente Usa Donald Trump su nuove misure contro la Corea del Nord per i suoi programmi nucleari e missilistici.

"Potrebbe essere la detonazione più potente di bomba all'idrogeno nel Pacifico", ha affermato Ri, a New York per seguire i lavori dell'Assemblea generale dell'Onu, aggiungendo però "di non avere idea di quali azioni potrebbero essere prese dato che saranno ordinate dal leader Kim Jong-un". Pyongyang, a partire dal 2006, ha effettuato un totale di sei test nucleari, di cui l'ultimo, il più potente, risale al 3 settembre ed è stato rivendicato come la detonazione di ordigno all'idrogeno.

Attacco oggi di Trump. "Kim Jong Un, che è chiaramente un pazzo a cui non interessa affamare o uccidere il proprio popolo, verrà messo alla prova coma mai prima".

La risposta di Kim Jong-un al bellicoso discorso all'Onu del presidente Usa Donald Trump, sulla distruzione totale di Pyongyang se provocati, ha visto per la prima volta un leader nordcoreano diffondere sotto il suo nome una dichiarazione rivolta alla comunità internazionale.
Kim ha definito Trump, tra l'altro, "un folle" assicurandogli che pagherà "caro" per le sue minacce al Paese asiatico: a conferma di una situazione in cui i tradizionali parametri di riferimento sono saltati, il ministero dell'Unificazione di Seul ha rimarcato che sia Kim Il-sung, il fondatore dello Stato e "presidente eterno", sia Kim Jong-il, il "caro leader", non hanno mai fatto iniziative del genere quando erano al potere.
Il portavoce del ministero Baik Tae-hyun ha invitato il Nord a fermare le provocazioni che porterebbero "al suo isolamento e alla sua rovina"

Kim ha accusato Trump di non essere adeguato per ricoprire il ruolo di "comandante in capo di un Paese". Il capo del regime nordcoreano ha descritto il presidente Usa come "una canaglia e un bandito, desideroso di giocare con il fuoco". 

Le parole di Kim arrivano in risposta al discorso del Presidente Americano sulla Corea del Nord all'assemblea generale dell'Onu. Il discorso del presidente americano hanno convinto Kim - riferisce l'agenzia nazionale nord-coreana - che "il percorso da me intrapreso è corretto e lo seguirò fino alla fine". Il dittatore asiatico ha aggiunto di stare "pensando intensamente alla risposta da dare". In ogni caso "Trump pagherà caro per il suo discorso in cui ha minacciato la totale distruzione della Corea del Nord".

E il presidente Usa non perde l’occasione per rilanciare. «Kim Jong Un della Corea del Nord, che è ovviamente un pazzo cui non dispiace affamare o uccidere il suo popolo, sarà messo alla prova come mai prima!», ha twittato Trump .

Poche ore prima, pur senza citare espressamente il presidente Usa Donald Trump, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha denunciato all’Onu che «l’isteria militare» con cui il mondo sta reagendo ai test nucleari e missilistici nordcoreani- assolutamente censurabili - ci porterà al «disastro». «Noi condanniamo fermamente l’avventurismo nucleare e missilistico di Pyongyang ma l’isteria militare non ci porterà solo all’impasse ma al disastro», ha sostenuto Lavrov che ha ripetuto la richiesta al mondo di sostenere «la via’ d’uscita’ alla crisi russo-cinese» del doppio congelamento contemporaneo dei test nordcoreani e delle manovre militari tra le truppe Usa e quelle sudcoreane.

L'organizzazione del referendum di indipendenza del 1/o ottobre si è fatta più complicata dopo il blitz della Guardia Civil a Barcellona, ma va avanti: lo ha detto questa mattina il vicepresidente catalano Oriol Junqueras. "E' evidente che non potremo votare come sempre, ma con il resto dei miei collaboratori cercheremo di essere responsabili e all'altezza delle circostanze" ha affermato. La Guardia Civil ieri ha arrestato 14 dirigenti dell'amministrazione catalana e sequestrato 10 milioni di schede del referendum.

"Totale solidarietà ai 14 cittadini arrestati in Catalogna dal governo spagnolo per motivi "politici", per impedire un libero Referendum. Dieci milioni di schede elettorali sequestrate, conti correnti bloccati, militanti arrestati. Come contro la Lega in Italia, i poteri forti usano ogni mezzo per bloccare il cambiamento. Vergogna, le idee non si arrestano!". Così il segretario della Lega Matteo Salvini.

"Su ciò che sta avvenendo in Catalogna condivido totalmente il pensiero di Luca Zaia: è una pagina fra le peggiori per la democrazia". Così il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sul suo profilo Facebook.

Penso che sia una questione interna alla Spagna, spero non abbia evoluzioni preoccupanti". Così il premier Paolo Gentiloni risponde da New York dove partecipa all'Assemblea generale dell'Onu, ad una domanda sugli sviluppi della situazione spagnola. "Chiunque ha visita quel Paese, sa che è difficile qualsiasi paragone con altri contesti come quello italiano", ha aggiunto.

Il referendum del primo ottobre sarà la "più grande mozione di censura" al premier spagnolo Mariano Rajoy ha detto oggi il vicepresidente catalano Oriol Junqueras. "Non esiste maggiore mozione di censura che la democrazia e il referendum" ha affermato, visibilmente emozionato dopo l'arresto di diversi suoi stretti collaboratori ieri, alla tv catalana tv3. Junqueras ha chiamato i catalani a mobilitarsi per difendere pacificamente "i diritti fondamentali civili, sociali e politici": "solo il popolo può salvare il popolo".

Migliaia di manifestanti hanno iniziato a concentrarsi davanti al Palazzo di Giustizia di Barcellona dove sono tuttora detenuti 10 dei 14 dirigenti della amministrazione catalana arrestati ieri nel blitz della Guardia Civil. La concentrazione di protesta 'permanente' è stata convocata dalla Assemblea Nazionale Catalana, la principale organizzazione della società civile indipendentista

E' stata una notte di tensione nel centro di Barcellona dopo il blitz della Guardia Civil spagnola che ha arrestato su mandato di un giudice 14 alti funzionari catalani, fra cui il braccio destro del vicepresidente Oriol Junqueras, impegnati nell'organizzazione del referendum di indipendenza del primo ottobre dichiarato "illegale" da Madrid. Gli agenti della polizia spagnola sono rimasti 'assediati' dai manifestanti fino alle 3 del mattino nella sede del ministero dell'Economia catalano in Rambla de Catalunya. Gli agenti hanno potuto lasciare il palazzo solo a quell'ora dopo l'intervento della polizia catalana dei Mossos d'Esquadra. In serata 40mila persone erano riunite davanti al Palazzo, fra grida di "Libertà", "Voteremo", "via le forze di occupazione".

L'ultima mossa per scongiurare il referendum per l'indipendenza della Catalogna: più soldi da Madrid : È questa, di fatto l'ultima offerta che il governo centrale fa alla Catalogna per bloccare il referendum per l'1 ottobre. Di fatto la proprosta è arrivata la dal ministro dell'Economia della Spagna, Luis de Guindos, che in un'intervista al Financial Times afferma: "Una volta che verranno abbandonati i piani di indipendenza potremo parlare. La Catalogna ha già una grande autonomia, ma potremmo parlare di una riforma del sistema di finanziamento e di altre questioni", ha dichiarato il ministro al Financial Times.

Sulle richieste da parte catalana per maggiore autonomia a livello finanziario, de Guindos apre anche alle richieste del 2012: "Eravamo nel mezzo della crisi e la nostra priorità era evitare il fallimento della Spagna... ma ora la situazione è cambiata, c'è una ripresa, e questo apre nuove possibilità di discussione". Infine arriva una stoccata proprio contro gli indipendentisti catalani che a questo punto, dopo gli arresti da parte della Guardia Civil, parlano di un "attentato alla democrazia". La risposta del ministro è secca: Ai tempi di Franco ci sono stati due referendum, ma questo non significa che c'era una democrazia". Infine il portavoce del governo di Madrid tende ancora la mano per un dialogo tra le parti a partire dal 2 ottobre: " Il governo di Madrid, il Partito Popolare e i socialisti del Psoe, sono disposti al dialogo con gli indipendentisti della Catalogna se questi rinunceranno al referedum del primo ottobre.

 

Situazione incandescente a Barcellona dopo che questa mattina la Guardia Civil spagnola ha attuato un blitz nelle sedi del governo catalano arrestando 14 persone

La mossa, che costituisce una svolta nella strategia di Madrid per impedire il referendum sull'indipendenza del 1 ottobre, ha provocato la protesta spontanea di migliaia di persone, che sono scese in piazza in difesa delle istituzioni catalane, bloccando alcune strade del centro di Barcellona. 

Il blitz della guardia nazionale spagnola è scattato all’alba in diversi edifici del governo di Barcellona. Con perquisizioni e arresti per impedire l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna, voto indetto dalle autorità locali per il 1° di ottobre, contro il parere del governo e della Corte costituzionale. Tra i 14 uomini dell’amministrazione finiti in manette ci sono gli stretti collaboratori del vicepresidente catalano Oriol Junqueras, «ministro degli Esteri» e figura di punta del governo locale, in particolare gli uomini che si occupavano dell’organizzazione del voto, a iniziare dal suo braccio destro Josep Maria Jové. Tra gli arrestati, il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo, Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni, Jordi Puignero.

Le accuse che la piazza rivolge alle «forze di occupazione» di Madrid sono alimentate anche dal fatto che il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro ha confermato il blocco delle finanze del governo di Barcellona deciso venerdì da Madrid. Il governo centrale intende congelare tutti i conti pubblici della Catalogna, preparandola strada perché le risorse locali vengano nel breve amministrate direttamente dalla capitale. Si tratta di una delle misure anticipate dalla stampa nazionale come possibile deterrente alle azioni concrete che Barcellona stava mettendo in campo - con apposite voci nel bilancio regionale - per poter celebrare il referendum.

La dura polemica ha evidenti ripercussioni nel dibattito nazionale e diversi gruppi parlamentari di opposizione stanno valutando in queste ore il da farsi rispetto a quella che a vario titolo viene definita come una azione di prevaricazione del governo centrale. Gli imprenditori, segnala El Mundo, si dicono preoccupati per un calo di investimenti legato alle tensioni con Barcellona, mentre il quotidiano El Pais parla in un editoriale del «momento critico» che sta vivendo «la democrazia e l’ordine costituzionale» che il Paese si è dato nel 1978 «dopo lunghi anni di dittatura».

Nell'aula del Congresso dei deputati spagnolo a Rajoy si è duramente contrapposto il dirigente della sinistra repubblica catalana Gabriel Rufian: "tolga le sue sporche mani dalla Catalogna" gli ha intimato. Il blitz contro le istituzioni catalane ha provocato la dura reazione anche di Podemos: "E' una vergogna" ha detto il segretario Pablo Iglesias, "in Spagna tornano a esserci detenuti politici".

Il sindaco di Barcellona Ada Colau, eletta con Podemos, ha denunciato "uno scandalo democratico". Continuano inoltre le perquisizioni della polizia spagnola e i sequestri di materiale elettorale per il referendum del 1 ottobre. Secondo la tv pubblica Tve la polizia spagnola ha sequestrato ieri negli uffici di una società di posta privata 45mila convocazioni inviate per la costituzione dei seggi elettorali.

Il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro intanto ha confermato il blocco delle finanze del governo di Barcellona deciso venerdì dal governo di Madrid.

Secondo la Efe, che cita fonti dell'operazione, i detenuti al termine dell'operazione potrebbero essere 17. Fra gli ultimi arrestati, il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni Jordi Puignero.

Il presidente catalano Carles Puigdemont ha denunciato "l'atteggiamento totalitario" del governo spagnolo dopo il blitz di questa mattina contro il governo di Barcellona. "Il governo spagnolo ha superato la linea rossa" ha accusato Puigdemont. 

"Abbiamo esaminato gli aspetti di questo provvedimento. Adesso valuteranno loro cosa fare, se il ricorso al riesame o chiedere altre cose". Lo ha detto il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi dopo un incontro, stamani, con i legali della Lega Nord dopo il sequestro delle somme dai conti correnti del partito. "La strada maestra - ha detto Cozzi - è quella della eventuale prestazione di garanzie: per esempio una fideiussione o con un immobile e così potrebbero ottenere lo svincolo delle somme". Nei prossimi giorni l'iter verrà concluso e la procura presenterà una relazione al tribunale in cui chiederà anche se quanto sequestrato è sufficiente o se bisogna proseguire con eventuali somme che il partito otterrà in futuro. L'orientamento, secondo quanto trapela, è di fermarsi a quanto congelato finora. Un milione e 800 mila euro è la cifra finora bloccata dalla guardia di finanza sui conti della Lega sparsi in tutta Italia secondo quanto trapela da Palazzo di Giustizia.

"Se provano a iniziare a pronunciare la parola ius soli blocchiamo il Parlamento. E se non basta bloccarlo dentro lo blocchiamo fuori". Così Matteo Salvini della Lega risponde a chi gli chiede se veda spazi perché il Parlamento esamini il ddl sullo ius soli dopo la Manovra.

La prova che siamo capaci di riprendere quell'egemonia culturale che la sinistra, l'associazionismo laico e cattolico, il civismo e la tradizione liberale, sembrano avere smarrito. Per questo è da qui che vogliamo partire". Lo scrive il leader di Campo progressista Giuliano Pisapia, che in due lettere a Repubblica e Corriere della Sera auspica "l'unità di un centrosinistra plurale, inclusivo e radicalmente innovativo".

Non è chiuso il cantiere dello ius soli. Lo dichiarano il governo, il Pd e anche il leader di Ap Angelino Alfano, che annuncia una decisione del suo partito per la prossima settimana. Una mediazione è in cantiere sulla ipotesi di stralciare dal testo lo ius soli vero e proprio (diventa cittadino chi nasce in Italia da genitori che vivono qui stabilmente) e tenere solo lo ius culturae, che darebbe la cittadinanza al termine di un ciclo di studi. La mediazione potrebbe riuscire ad avere anche il consenso di Mdp, che senza il via libera alla legge minaccia di togliere il sostegno al governo. Ma il testo, gravato da 50mila emendamenti, può passare solo con un voto di fiducia e i Dem chiedono ad Alfano garanzie: in bilico sarebbe il sostegno di circa la metà dei senatori Ap. Le condizioni per il via libera alla legge sulla cittadinanza ai bambini stranieri si possono creare "una volta sgomberato il campo dalla legge finanziaria", dice Romano Prodi, che incalza sul tema e invita a riportare il dibattito sul binario giusto, spiegando che "non è una legge altamente permissiva". "Se la politica è l'arte del futuro, allora spero che il Parlamento approvi questa legge", incalza da sinistra anche la presidente della Camera Laura Boldrini. 

Il testo, che introdurrebbe nel nostro ordinamento il cosiddetto 'ius soli soft' per i figli di immigrati nati in Italia è in discussione da anni e, a un anno e mezzo dall'approvazione a Montecitorio è fermo in commissione a Palazzo Madama.

E' da moltissimo tempo che il tema è all'ordine del giorno delle Camere e a metà ottobre 2015, Montecitorio ha anche approvato un testo, finito, poi, però, nelle 'sabbie mobili' in commissione a Palazzo Madama. A un anno dall'ok a quel testo un gruppo di giovani ha deciso di scrivere direttamente ai senatori e organizzare iniziative per porre l'accento sulla questione. Che tocca un milione di ragazzi. "Paula, Mohamed, Marwa - dice l'ex ministro Cecile Kyenge - sono i nomi dei compagni di scuola e degli amici che ogni giorno giocano con i nostri figli, crescono con loro ma non hanno i loro stessi diritti. Sono un milione, sono italiani, ma non per la legge italiana. Hanno il diritto di essere come noi, perché lo sono: italiani. Ogni giorno che passa è un giorno perso, anche per il Paese. Perché lo ius soli è un bene per il nostro Paese. Per questo deve diventare legge il più presto possibile. Ius soli subito".

Tra il 2003 e il 2004 la commissione Affari Costituzionali della Camera esamina diverse proposte parlamentari ed elabora un testo unificato che, dopo l'esame in commissione, approda in Aula ma viene rimandato in commissione il 16 maggio 2004. Nella XIV legislatura la Camera ci riprova. Se ne riparla a partire dal 3 agosto 2006 con una indagine conoscitiva. Nel gennaio 2008 per il testo sembrerebbe la 'volta buona' dopo una discussione in commissione ma la legislatura si interrompe e l'iter deve ricominciare da capo. Anche la successiva legislatura mette all'ordine del giorno la questione ma il 12 gennaio 2010 il testo approda nuovamente in Aula e nuovamente viene rimandato in commissione per approfondimenti. Dal 14 giugno 2012 è partito un nuovo tentativo in commissione con l'esame di alcune proposte. Il 31 luglio 2012 si è concluso l'esame preliminare delle proposte di legge ma la commissione non è riuscita a elaborare un testo base e l'esame è stato interrotto l'8 novembre 2012. Dal 27 giugno del 2013 si riprende l'esame alla Camera ed è stato approvato a metà ottobre del 2015. Il provvedimento è stato da allora in discussione in commissione Affari Costituzionali in Senato ed è approdato in Aula il 15 giugno per essere incardinato.

Il testo contiene lo "Ius soli soft" che consentirà ai figli degli immigrati nati in Italia di ottenere la cittadinanza nel rispetto di alcuni paletti. In base alle nuove regole, i minori stranieri nati in Italia o residenti da anni nel Paese potranno ottenere la cittadinanza italiana, purché rispettino alcune condizioni come la frequenza scolastica o la residenza nel Paese da più anni da parte di uno dei genitori. Rispetto allo ius soli classico (quello adottato negli Usa e in molti paesi del Sudamerica che attribuisce la cittadinanza del Paese a chiunque nasce sul suolo nazionale), lo "Ius soli soft" pone alcune condizioni all'ottenimento della cittadinanza. I bambini figli di stranieri che nascono in Italia acquisiscono la cittadinanza se almeno uno dei due genitori "è residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita" o anche se uno dei due genitori, benché straniero, "è nato in Italia e ivi risiede legalmente, senza interruzioni, da almeno un anno". La cittadinanza italiana verrebbe assegnata automaticamente al momento dell'iscrizione alla anagrafe. I minori nati in Italia senza questi requisiti, e quelli arrivati in Italia sotto i 12 anni - in base al testo - potranno ottenere la cittadinanza se avranno "frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale". I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, infine, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato "un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo". 

Gli F-35B del Corpo dei Marines sono partiti dal Giappone, i B-1Bs della US Air Force dalla base di Guam. Gli F-35B hanno sganciato quattro bombe inerti (senza carica esplosiva) del tipo GBU-32 e i B-1Bs due ordigni da esercitazione MK-84 prima di rientrare alle basi. Le GBU-32 sono bombe di precisione destinate a distruggere i bunker. Le MK-84 sono bombe da circa 900 chili che esplodendo aprono crateri profondi una dozzina di metri. Il governo di Seul sottolinea che un’operazione del genere, così a ridosso delle linee nemiche, «è inusuale».

Un totale di quattro jet americani F-35B invisibili e 2 bombardieri strategici B-1B hanno simulato oggi un bombardamento strategico nei cieli sudcoreani, quale monito alla Corea del Nord: lo riporta l'agenzia Yonhap, citando una fonte anonima del governo di Seul. Gli aerei Usa sono stati affiancati da quattro F-15K sudcoreani, prima di rientrare alle basi, rispettivamente, in Giappone e a Guam. Le esercitazioni sono maturate a tre giorni dal missile intermedio lanciato dal Nord verso il Pacifico dopo il sorvolo del Giappone.

Gli Usa invieranno una portaerei e il relativo gruppo d'attacco vicino alla penisola coreana per un ciclo di manovre navali a ottobre con la Marina di Seul: in un rapporto al parlamento, il ministero della Difesa di Seul non ha rivelato il nome dell'unita' americana, precisando che Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone terranno tra fine mese e inizio ottobre anche un'esercitazione di allerta sui missili. Gli Usa, scrive l'agenzia Yonhap, dovrebbero inviare in Corea del Sud i superjet B-1B di stanza a Guam, quale monito verso Pyongyang.

In questo clima, in attesa dell’intervento di martedì 19 di Trump all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, oggi una formazione di aerei americani ha scaricato bombe inerti vicino al confine. Quattro jet F-35B stealth e due bombardieri strategici B-1B, in un’esercitazione con caccia sudcoreani e apparecchi da rifornimento in volo ha sorvolato la zona smilitarizzata a ridosso del 38° Parallelo in una dimostrazione di forza, ha comunicato il governo di Seul. 

La Difesa di Seul in un rapporto al Parlamento sudcoreano conferma che il Nord è «vicino alla fase finale» di sviluppo di un missile balistico intercontinentale (Icbm). La relazione dell’intelligence militare ritiene possibile «provocazioni addizionali strategiche», come più lanci di missili e anche il settimo test nucleare. Il prossimo passo potrebbe essere il test di un missile sparato da un sottomarino.

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