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La Catalogna ieri si è dichiarata indipendente. Per un minuto. Alle 19.41 il presidente Carles Puigdemont ha proclamato la Repubblica catalana. Alle 19.42 ha sospeso la secessione, per tentare "una tappa di dialogo" con Madrid. Ma in serata c'è stato anche tempo per la firma della dichiarazione da parte delle massime cariche della Catalogna e dai rappresentanti della maggioranza di governo. Un gesto simbolico, visto che, come ha detto anche un portavoce della Cup, l'ala più oltranzista del fronte indipendentista, la dichiarazione firmata "non è ancora valida". Immediata la reazione di Madrid. Prima con fonti che hanno definito "inammissibile una dichiarazione implicita di indipendenza e poi una sua sospensione esplicita"."Il governo - hanno aggiunto - non cederà a ricatti". 

Se il governo spagnolo deciderà di applicare l'art.155 della costituzione contro la Catalogna, il governo andrà avanti sulla strada dell'indipendenza, ha affermato oggi il portavoce dell'esecutivo catalano Jordi Turull. "Se applicano il 155, vuole dire che non vogliono il dialogo, e sarà chiaro che dobbiamo essere coerenti con i nostri impegni" ha detto alla radio catalana Catalunya Radio.

Alla dichiarazione si è arrivati dopo ore di trattative ad alta tensione con le varie componenti del fronte indipendentista. Sommerso dagli appelli da tutto il mondo perché evitasse un gesto "irreparabile", il leader catalano alla fine ha optato per la 'formula slovena'. Così aveva fatto Lubiana al momento della separazione da Belgrado: aveva dichiarato l'indipendenza, ma l'aveva sospesa per sei mesi, per arrivare a un divorzio negoziato con Belgrado.

Due articoli della costituzione spagnola, il 155 che consentirebbe di sospendere l'autonomia catalana, e il 116, che permette di istituire lo 'stato di eccezione' in una parte del territorio dello stato, possono essere usati dal premier Mariano Rajoy se opta per la mano dura con la regione ribelle. Per l'applicazione del 155 ci vuole il via libera del senato, dove il Pp di Rajoy ha la maggioranza assoluta, per il 116 è necessario quello del Congresso, dove Rajoy è minoritario.

La Commissione Ue "sostiene gli sforzi per superare le divisioni e la frammentazione e assicurare l'unità e il rispetto della Costituzione spagnola". Lo ha affermato il vicepresidente dell'esecutivo comunitario Valdis Dombrovkis dopo gli ultimi sviluppi in Catalogna. "Abbiamo fiducia nelle istituzioni spagnole, nel premier Rajoy con cui il presidente Juncker è in contatto costante e in tutte le forze politiche che stanno lavorando verso una soluzione nel quadro della costituzione spagnola".

Il segretario socialista Pedro Sanchez ha detto di avere raggiunto un accordo con il premier Mariano Rajoy per avviare una riforma della costituzione che ridefinisca fra l'altro lo statuto della Catalogna. Sanchez ha detto che una commissione sarà formata a breve e lavorerà per sei mesi. Le conclusioni saranno sottoposte al parlamento. Il leader Psoe ha rilevato che anche per la tenuta di un referendum di auto-determinazione, cui si è detto contrario, è necessaria una riforma della costituzione.

All'indomani del discorso al parlamento di Barcellona del presidente catalano Puigdemont, che ha dichiarato l'indipendenza ma l'ha sospesa per favorire il dialogo con Madrid, è il momento delle contromosse del governo centrale. 

Mariano Rajoy ha tenuto una conferenza stampa alla fine dei lavori del consiglio dei ministri straordinario: 'Puigdemont confermi se ha dichiarato la secessione'. Il premier spagnolo ha aperto così la strada verso l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione, che consente fra l'altro di sospendere l'autonomia della Catalogna. La richiesta di chiarimento rivolta al presidente catalano Carles Puigdemont è il primo passo previsto dalla legge prima che il governo possa chiedere al Senato l'attivazione del 155. Nel pomeriggio riferira al Congresso dei deputati. 'Andremo avanti lo stesso', dice il portavoce del governo catalano. Dall'Ue arriva il sostegno per superare le divisioni: 'Fiducia in Rajoy'. Appoggio al premier spagnolo anche dal segretario socialista Pedro Sanchez (Psoe). Tra i due è stato raggiunto anche un accordo per la riforma della Costituzione.

Martedì, ore 18, parlamento di Barcellona: parla Carles Puigdemont. Per Catalogna e Spagna è l'ora della verità nell'infinita crisi catalana. Puigdemont deve riferire sui risultati del referendum del 1/o ottobre. E probabilmente dichiarare l'indipendenza. Ma non è chiaro quale sarà la portata: formale, immediata o 'differita'?

Sul 'president' le pressioni sono state fortissime. Puigdemont ha tenuto le carte coperte nelle ultime ore nonostante appelli e moniti di alleati e avversari. Il premier spagnolo Mariano Rajoy lo ha diffidato dal proclamare l'indipendenza, una mossa che farebbe scattare la dura reazione dello stato. Rajoy può usare l'art.155 della Costituzione per sospendere l'autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento e convocare elezioni anticipate, dichiarare lo stato d'emergenza.

Secondo il quotidiano Il Giornale durante le perquisizioni in casa di Josep Maria Jové, braccio destro del leader indipendentista Junqueras, la Guardia Civil ha trovato, fra i vari documenti, il vero e proprio “piano segreto” dei partiti secessionisti per proclamare l’indipendenza della Catalogna. La strategia è denominata #EnfoCATs, o Reenfocant el procés d´independencia per un resultat exitós, e definisce le varie tappe del processo indipendentista. Secondo il documento, la dichiarazione unilaterale d’indipendenza (la Dui, come viene chiamata nel gergo politico spagnolo) che ha pianificato per oggi Carles Puigdemont, “genererà un conflitto che, se ben amministrato, può portare alla proclamazione di uno Stato, perché la Spagna non riconoscerà il diritto a indire un referendum, ma, in caso veda che tutto è perduto, lo lascerà fare e farà in modo che sia perso dai partiti secessionisti”. L’obiettivo della piattaforma indipendentista è perciò quella di giungere a un conflitto, non di evitarlo, ottenendo la capacità mediatica e politica di arrivare alla secessione. 

Secondo sempre il Giornale lentamente, con la fine del sostegno mediatico agli indipendentisti catalani, escono anche i primi “scheletri nell’armadio” delle autorità della Generalitat de Catalunya e della strategia per ottenere l’indipendenza da Madrid. L’ultima, in ordine di tempo, è la notizia del contratto siglato il 15 agosto da Carles Puigdemont con una nota società di lobbying americana, la SGR Government Relations & Lobbyng di Jim Courtovich.

Potrebbe dichiarare l'indipendenza lui stesso, o chiedere che la proclami il parlamento. La dichiarazione potrà essere di effetto immediato o - come successe per la Slovenia - 'differita'. Sarebbe cioè dichiarata formalmente e subito sospesa per alcuni mesi per consentire un negoziato con Madrid su un referendum concordato, ha spiegato il parlamentare Ramon Tremosa, vicino a Puigdemont.

La Cup, l'ala sinistra del separatismo, preme però perchè non ci siano rinvii. Il dibattito è aperto invece nel PdeCat e Erc, i partiti di Puigdemont e del vicepresidente Oriol Junqueras, sensibili alle difficoltà di tentare subito il cammino della vera indipendenza sotto il 'bombardamento' delle contro-misure di Madrid, e alle pressioni internazionali per il dialogo e la mediazione. Tutto è nelle mani di Puigdemont, indipendentista da sempre, che ha dimostrato però di essere un abile stratega. E' lui quello che rischia di più, il carcere per ribellione, come gli è stato ricordato.

"Prenderemo le misure necessarie. La separazione della Catalogna non ci sarà", ha avvertito il premier. Il vicesegretario del suo partito, il popolare Pablo Casado, ha avvertito Puigdemont che se dichiara l'indipendenza "rischia di finire" come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera "repubblica catalana". Durò 11 ore. Poi intervenne l'esercito spagnolo, venne arrestato, processato e condannato a 30 anni. I franchisti lo fucilarono nel 1940. P

Parole che hanno suscitato una tempesta di polemiche. Podemos ha parlato di "guerracivilismo" e chiesto a Casado di dimettersi. L'esponente del Pp ha dovuto precisare di avere inteso l'arresto e non certo la fucilazione di Companys. Pensando probabilmente alle decine di migliaia di unionisti che ieri hanno manifestato a Barcellona gridando "Puigdemont in prigione". 

Intanto con la sola eccezione della biofarmaceutica Grifols, che ha comunque annunciato il suo spostamento in caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza, tutte le sette grandi aziende catalane che fanno parte dell'indice principale della Borsa di Madrid Ibex-35 hanno spostato o si accingono a farlo, la loro sede fuori dalla Catalogna.

A queste si aggiungono una decina di altre imprese non quotate o di minore dimensione mentre altre stanno valutando lo stesso passo. Un elenco che si sta allungando, specie dopo il passo compiuto da CaixaBank, principale attore finanziario della regione e che possiede quote in molte altre società. Di seguito una lista delle decisioni delle principali aziende: - Banc Sabadell. Fondato nel 1881 ha trasferito la sua sede ad Alicante, nella Comunidad Valenciana, malgrado porti il nome della località di Sabadell (provincia di Barcellon) e conti nella regione la maggior parte delle sue filiali.

 

 

 

Un fratello di Ahmed Hanachi, l'attentatore che a Marsiglia ha ucciso le cugine Marianne e Laura, è stato arrestato a Ferrara dalla Polizia che ha eseguito un mandato di cattura internazionale emesso dalla Francia. Si tratta di Anis Hannachi, 25 anni. L'uomo è accusato di partecipazione ad associazione terroristica e complicità nel delitto commesso dal fratello.

L'arresto del fratello dell'attentatore di Marsiglia apre nuovi scenari sull'indagine su quanto accaduto alla stazione di Saint Charles

Adesso sarà a disposizione della procura Antiterrorismo di Roma che ha predisposto l'arresto dopo il mandato europeo spiccato dalla Francia. che ha dato seguito a un mandato di arresto europeo della magistratura francese. Il tunisino, Ahmed Hannachi ha ucciso due ragazze alla stazione di Saint-Charles di Marsiglia a colpi di coltello urlando "Allah Akbar". L'uomo è stato poi abbattutto dalle forze di polizia. Per diversi anni Ahmed ha vissuto ad Aprilia. La procura di Roma intanto ha aperto un fascicolo per aasociazione terroristica e si attende un colloquio con Ramona Cargnelutti, la moglie di Hamed. I due si erano sposati nel 2008 proprio ad Aprilia. Poi dopo qualche anno hanno deciso di separarsi e la donna adesso vive a Biserta, in Tunisia con un'altra persona.

"Aveva costanti contatti con la Francia", dice il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti che ha annuncia "interessanti sviluppi".

Roberti ha inoltre spiegato che Anis è un foreign fighter, dal momento che dopo essere sbarcato sull'isola siciliana di Favignana nel 2014 ed essere stato respinto, è andato in Siria per combattere e addestrarsi con l'Isis. Poi è riuscito a tornare in Europa: prima in Francia, poi di nuovo in Italia dove ieri sera è stato arrestato. Secondo il corriere infatti, Anis era in Liguria il 4 ottobre scorso -anche se i servizi francesi lo avevano segnalato già il giorno prima -, ma si pensa abbia passato il confine lo scorso 27 settembre. Non è chiaro se ha partecipato attivamente all'attacco di Marsiglia.

Secondo quanto emerso dalle indagini, Anis Hannachi era stato respinto dall'Italia nel 2014 quando arrivò a Favignana con altri tunisini su un barcone. La probabile presenza dell'uomo in Italia è stata segnalata dalle autorità francesi la sera del 3 ottobre e il 4 si è avuta la certezza che fosse nel nostro Paese, in Liguria. Hannachi è poi stato arrestato il 7 ottobre a Ferrara.

Anis Hannachi aveva combattuto tra i foreign fighters arrivati da tutto il mondo in Siria per partecipare alla jihad. E' quanto hanno comunicato le autorità francesi a quelle italiane, che sabato sera hanno arrestato il tunisino a Ferrara. L'ipotesi delle autorità transalpine è che sia stato proprio Anis Hannachi a indottrinare e a provocare la radicalizzazione del fratello Ahemd.

Anis Hannachi è stato bloccato dagli uomini della Digos di Bologna e Ferrara, che hanno eseguito un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità francesi. L'arresto è arrivato al termine di una complessa attività investigativa coordinata dal Servizio centrale per il contrasto al terrorismo esterno dell'Antiterrorismo con la collaborazione delle autorità francesi, sia a livello investigativo che giudiziario, con il coinvolgimento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e della procura di Roma. Dopo l'arresto, Anis Hannachi è stato messo a disposizione della procura generale presso la Corte d'appello di Bologna. I dettagli dell'operazione saranno resi noti in una conferenza stampa in programma domani alle 10.30 a Roma negli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Al momento "non ci sono evidenze" che Anis Hannachi volesse compiere azioni in Italia o stesse pianificando attacchi nel nostro paese,  hanno sottolineato investigatori ed inquirenti nella conferenza stampa in cui sono stati resi noti i dettagli dell'arresto del fratello del killer di Marsiglia. Al momento, inoltre, non sono emersi elementi che possano far ritenere che il 25enne tunisino avesse "solidi appoggi" logistici a Ferrara, dove è stato rintracciato e fermato. 

Nel corso degli ultimi giorni i migranti sbarcati provenienti da Sfax o Zarzis sull'isola di Lampedusa sono stati almeno 300. E nelle ultime ore, prima che il mare raggiungesse un livello di "forza 5", qualche altro arrivo si è registrato. Si tratta di giovani, tutti tra i 17 e i trent'anni, che nel loro Paese avevano commesso reati di grande o piccola entità. Si va dallo spaccio di stupefacenti ai furti e alle rapine. 

Come scrive il quotidiano il Giornale manovalanza della criminalità locale, insomma, che si sposta verso l'Europa per fini ancora da stabilire, ma senz'altro dubbi. Tutt'altro che gente che muore di fame o scappa dalla guerra. Insomma, niente migranti economici, ma veri e propri pregiudicati. Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, nel ragusano, scrive una lettera allarmata al ministro Minniti. «Il fenomeno migratorio che parte dalla Tunisia desta preoccupazioni per possibili infiltrazioni di potenziali soggetti appartenenti a cellule jihadiste». 

Dell'argomento si è interessato di recente anche l'eurodeputato della Lega Nord Angelo Ciocca, il quale, ha detto alla stampa di essere stato informato della cosa dall'ambasciatore italiano in Tunisia. «Hanno una propensione a delinquere - ha raccontato -, tanto è vero che molti sono scappati dal centro di prima accoglienza e sono andati in un paese per commettere dei furti».

Secondo l'Osservatorio del Medio oriente, «dei 1.583 tunisini che hanno visto una riduzione della pena, 412 sono stati rilasciati». Ma a questi vanno aggiunte le centinaia di residenti in quelle terre, dove la microcriminalità fa registrare percentuali da capogiro.

i migranti giunti a Lampedusa nei giorni scorsi sono stati trasportati verso la Sicilia da dove, dopo essere stati identificati, si sono mossi, liberi di andare dove volevano, pur con foglio di via in mano. Si domanda il quotidiano Italiano ma dove vanno a finire queste persone? 

Non è dato di saperlo finché non commettono qualche reato e vengono fermati. Molti tunisini, infatti, sono simpatizzanti dell'Isis e vicini a posizione dell'estremismo islamico. Basti pensare all'attentatore di Berlino, Anis Amri o di Ahmed Hanachi, che domenica scorsa ha ucciso, sgozzandole, due ragazze alla stazione di Marsiglia. Entrambi venivano dalla Tunisia, entrambi erano passati da Aprilia, città in cui è possibile si fosse creata una cellula jihadista pronta a colpire in Europa e su cui, adesso, è puntata l'attenzione dell'antiterrorismo.

Come sottolinea il quotidiano il giornale ex galeotti, sia liberati dagli istituti di detenzione con i provvedimenti di grazia in occasione del Ramadan, che durante la festa della Repubblica, ma anche ex carcerati che hanno scontato la pena: ecco chi sono i tunisini in arrivo sulle nostre coste.

Intanto a Torino, in un condominio in via Leinì dove operavano i quattro spacciatori, due irregolari e due con un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Dopo giorni di pedinamenti due agenti entrano in un appartamento al quarto piano dove trovano 3 africani mentre un loro collega resta fuori con il senegalese che hanno seguito e che li ha portati nel loro covo. I tre hanno cercato di buttare già un agente mentre il quarto ha cercato di fuggire spintonando il poliziotto che lo sorvegliava ma, alla fine, sono finiti tutti in manette.

Gianni Tonelli, segretario nazionale del Sap, attacca: "Non è accettabile in alcun modo concedere accoglienza e tutele a chi cerca di uccidere un poliziotto e che si continui a permettere la permanenza in Italia di chi non ha titolo". "Noi – prosegue ancora Tonelli – ci poniamo un altro problema: questo è un bollettino di guerra, non si tratta di un caso isolato, a partire dal poliziotto accoltellato a Milano e il cui aggressore è stato immediatamente rilasciato; in tutta Italia avviene in continuazione, in ultimo a Bari due giorni fa". Secondo il segretario del Sap si è di fronte a "un vero e proprio bollettino di guerra, in quanto chi arriva, ha purtroppo la consapevolezza che il soggetto debole all’interno delle dinamiche della nostra società, sono le Forze dell’Ordine, per il lavoro di avversità compiuto quotidianamente nei loro riguardi dal partito dell’Antipolizia che è presente sui circuiti mediatici, in Parlamento e nella cultura autoreferenziale italiana".

Il governo spagnolo sta valutando diverse opzioni per una risposta legale proporzionata a un'eventuale dichiarazione di indipendenza da parte del governo regionale catalano - si apprende da fonti del governo di Madrid -, mossa considerata illegale oltre ogni proporzione. Lo si apprende da fonti del governo di Madrid.

Le misure evocate potrebbero arrivare all'attivazione dell'articolo 155 della costituzione spagnola, fino a un'eventuale sospensione dell'autonomia regionale catalana. Le stesse fonti del governo di Madrid sottolineano peraltro di avere finora agito in maniera proporzionata e legale. Esclusa categoricamente l'ipotesi di una mediazione internazionale così come il dialogo con chi a loro parere "non rispetta lo stesso statuto di autonomia catalano". Dal governo si dicono anche "fiduciosi" che la Commissione europea sosterrà le posizioni di Madrid.

Anche la stampa di Madrid preme. El Mundo esorta a "non perdere un minuto contro l'indipendentismo", El Pais parla di "ribellione" e accusa Puigdemont di "arroganza xenofoba". Parole che confermano la frattura fra società catalana e spagnola. In tutta la Catalogna oggi migliaia di persone sono scese in piazza a mezzogiorno davanti ai municipi per denunciare le violenze della polizia spagnola, che hanno fatto 884 feriti. La sindaca di Barcellona Ada Colau ha denunciato anche aggressioni sessuali da parte degli agenti spagnoli. Domani sarà sciopero generale. Puigdemont ha annunciato la formazione di una commissione d'inchiesta, chiesta anche dall'Onu, e denunce penali contro polizia e governo spagnoli. "Andremo, ha promesso, fino in fondo".

Spaventoso, un errore da tutti i punti di vista". È la dichiarazione del portavoce del governo catalano Jordi Turull all’emittente Tv3 dopo il discorso del re spagnolo Felipe VI

Nel suo discorso alla nazione il re non ha pronunciato la parola "dialogo" e non ha fatto alcun accenno alle violenze della polizia, ignorando "l'enorme mobilitazione" al referendum, ha continuato Turull. Inoltre, ha insistito sul fatto che le azioni delle forze dell'ordine nella giornata del voto sono state "assolutamente sproporzionate". Il discorso del sovrano, per il portavoce catalano, "versa altra benzina sul fuoco".

L’intervento del re potrebbe aprire la strada all’applicazione, da parte del governo di Madrid, dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, che consente, in caso di via libera da parte del senato, la sospensione parziale o totale delle competenze del governo catalano. Il governo spagnolo potrebbe così prendere il controllo della polizia regionale catalana, convocare elezioni anticipate e anche esautorare il presidente.

Il governo di Madrid reagirà a un'eventuale dichiarazione di indipendenza del governo catalano."A ogni azione illegale seguirà una risposta legale", hanno dichiarato fonti governative, che hanno poi precisato che un dialogo con i catalani sarà possibile "solo dopo nuove elezioni". Il governo di Rajoy ha anche fatto sapere di considerare"fuori discussione" una possibile mediazione internazionale nella crisi tra Madrid e Barcellona.

Inoltre il governo spagnolo ha accusato Puigdemont di violare la propria legalità costituzionale come il leader del Venezuela, Nicolas Maduro. "Cosa ha fatto Maduro? Un auto colpo di Stato", ha dichiarato una fonte dell'esecutivo di Madrid. "Non potendo cambiare la Costituzione, ha inventato una nuova legalità. È lo stesso in Catalogna", ha aggiunto la fonte.

La Catalogna si è svegliata ferita dalle scene di violenza della giornata del voto, stordita dal successo del 'si' a un referendum di indipendenza che pochi credevano si sarebbe fatto davvero, e molto incerta su come le cose andranno a finire. Il presidente Carles Puigdemont ha convocato una riunione straordinaria del governo per decidere la strategia del 'dopo'. In teoria in base alla legge del referendum approvata in agosto dal parlamento il prossimo passo dovrebbe essere la proclamazione dell'indipendenza. Una mossa che sarebbe una dichiarazione di guerra a Madrid. Con una risposta ancora più dura, fino alla sospensione dell'autonomia e del governo catalani, o anche l' arresto di Puigdemont.

Puigdemont ha ribadito di non volere una frattura traumatica con la Spagna ma piuttosto una separazione concordata. Se si andrà comunque alla dichiarazione di indipendenza, non è escluso che possa essere condizionata, per esempio alla vittoria del fronte del 'si' a elezioni anticipate, o con una entrata in vigore ritardata, a sei o nove mesi. Il tempo, se si può, di negoziare. Anche per Rajoy è stata una giornata di preparazione delle prossime mosse. "Useremo la forza della legge" ha avvertito il ministro della giustizia Rafael Català. Il premier ha visto i leader dei due grandi partiti 'unionisti' che lo hanno appoggiato sulla linea dura, il socialista Pedro Sanchez e Albert Rivera di Ciudadanos. Ottenendo due indicazioni contrastanti: Sanchez ha chiesto un "dialogo immediato", Rivera un pugno di ferro con Puigdemont per impedire la dichiarazione di indipendenza, con anche l'applicazione dell'art.155 che consente di sospendere l'autonomia catalana e di destituire Puigdemont.

 

 

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