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I massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra, da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA. scrive Wikipedia

Furono migliaia gli italiani della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia che, tra il maggio e il giugno 1945, vennero uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle tipiche fenditure carsiche, le foibe, o deportati nei campi sloveni e croati, dove morirono di stenti e malattie. Le vittime furono collaborazionisti e repubblichini, membri del Cnl, partigiani, comunisti, e soprattutto cittadini comuni travolti dal clima di violenza.

L'accusa a loro rivolta era quella di opporsi all'annessione delle terre contese alla "nuova" Jugoslavia. Se nella Venezia Giulia le ferite rimasero aperte alimentando la memoria di quei tragici fatti, nel resto del Paese sugli eccidi di Tito è gravato per oltre mezzo secolo un quasi totale silenzio. Dopo la cessione dell'Istria, di Fiume e di Zara alla Jugoslavia, fu il turno dei sopravvissuti che, per il solo fatto di essere italiani, furono costretti all'esodo forzato dalle loro case.

La parola foiba deriva dal latino fovea, fossa: si tratta di profonde voragini rocciose che le popolazioni slovene e croate del carso triestino utilizzavano come discariche, gettandovi rifiuti quali carcasse di animali, scarti di lavorazione, oggetti rotti. Ecco allora che le foibe non vengono scelte a caso come luogo per lo sterminio degli italiani: gettare gli italiani nelle voragini significa mostrare loro tutto il disprezzo possibile, trattandoli come rifiuti.

Migliaia e migliaia di persone morirono in quelle fosse (in Istria sono state trovate più di 1.700 foibe), alcune gettate nel baratro dopo una veloce esecuzione, altre dopo essere state torturate con metodi da far invidia ai nazisti più feroci, altre ancora addirittura vive, lasciate a morire duecento metri sottoterra circondate di cadaveri.

"L'orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze". Sergio Mattarella, nel suo messaggio in occasione del Giorno del Ricordo, ricorda che "le sofferenze, i lutti, lo sradicamento, l'esodo a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree del confine orientale, dell'Istria, di Fiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno indelebile nella storia della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze".

"Il passato non si cancella. Ma è doveroso assicurare ai giovani di queste terre il diritto a un avvenire comune di pace e di prosperità. La ferma determinazione di Slovenia, Croazia e Italia di realizzare una collaborazione sempre più intensa nelle zone di confine costituisce un esempio di come la consapevolezza della ricchezza della diversità delle nostre culture e identità sia determinante per superare per sempre le pagine più tragiche del passato e aprire la strada a un futuro condiviso". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio in occasione del Giorno del Ricordo. 

"Le sofferenze patite non possono essere negate - ha rilevato il capo dello Stato - il futuro è affidato alla capacità di evitare che il dolore si trasformi in risentimento e questo in odio, tale da impedire alle nuove generazioni di ricostruire una convivenza fatta di rispetto reciproco e di collaborazione. Ogni comunità custodisce la memoria delle proprie esperienze più strazianti e le proprie ragioni storiche. E' dal riconoscimento reciproco - ha sostenuto Mattarella - che riparte il dialogo e l'amicizia, tra le persone e le culture".

 

Roberto Dipiazza ha sottolineato che lì, sul Carso, "ogni pietra ha un lamento", poiché "per mano dei comunisti titini, con la connivenza dei comunisti italiani, sulle nostre terre si è consumato l'olocausto delle foibe" e "la tragedia dell'esodo". Il sindaco ha ricordato che, "a guerra finita", si è scatenata "una furia cieca nei confronti di indifesi, inermi, vinti, di coloro che rappresentavano un ostacolo alla ideologia comunista". Poi, dal 30 marzo 2004, quando "il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del Ricordo", la verità "ha iniziato a squarciare il muro di un silenzio".  "Sarà impossibile avere una memoria condivisa", ma "vale comunque continuare questo percorso di amore avviato". "Non si tratta di chiedere perdono, ma di riconoscere quanto accaduto chiedendo scusa e con una preghiera rendere omaggio ai nostri martiri".

 

Critiche al regime titino e ai massacri di italiani, dal terribile omicidio di Norma Cossetto alla strage di Vergarolla secondo una linea rossa dell'orrore, ma anche una speranza di riconciliazione, sebbene si tratti di un percorso ad ostacoli: come il ritrovarsi dei tre presidenti (Italia, Slovenia, Croazia) a Trieste prima e a Redipuglia dopo, e il gesto di pace di Sergio Mattarella e l'omologo sloveno Borut Pahor mano nella mano. Così, come la Commissione governativa slovena che ha scoperto numerose foibe con tantissime vittime.    

 

Il presidente della Repubblica, a proposito dei rapporti fra gli italiani e gl sloveni, ricorda il grande valore simbolico di avere scelto Gorizia e Nova Gorica congiuntamente come capitale della cultura europea 2025. Scelte  che "dimostrano - dice il presidente - una volta di più come la integrazione di italiani, sloveni e croati nell'Unione Europea abbia aperto alle nostre nazioni orizzonti di solidarietà, amicizia, collaborazione e sviluppo. Il passato non si cancella. Ma è doveroso assicurare ai giovani di queste terre il diritto a un avvenire comune di pace e di prosperità".

 

 

fonti : tgcom24 / repubblica 

"E' stato un incontro basato sui contenuti, ci limitiamo a un confronto franco su questo. Non mi aspettavo che Draghi potesse leggere le nostre proposte ieri notte, ma la nostra posizione è immutata. Non voteremo la fiducia ma faremo opposizione responsabile e patriottica". Così la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, al termine delle consultazioni. "Vogliamo lavorare per impedire che le imprese muoiano, chiediamo l'abolizione del cashback grazie al quale potremo liberare 5 miliardi di euro". "Abbiamo posto la questione della difesa delle infrastrutture nazionali che devono rimanere pubbliche". "Non voteremo la fiducia al governo di Draghi ma siamo a disposizione della Nazione, per tutto quello che può essere utile". "Abbiamo chiesto a Draghi che il suo governo ponga fine alla stagione dei Dpcm", ha detto ancora la leader di Fratelli d'Italia.

Secondo fanpage la leader di Fdi prosegue: “Abbiamo concordato con Draghi che l'Italia versa in condizioni di estrema difficoltà, c’è la pandemia, c’è la crisi economica, ci sono milioni di posti di lavoro a rischio e questo chiama ciascuno alle responsabilità. E per questo, per dare una mano, non abbiamo bisogno di ministri e sottosegretari. Se ci saranno provvedimenti utili a far ripartire l'Italia li sosterremo senza chiedere nulla in cambio. Siamo consapevoli che ci sono migliaia di lavoratori e partite Iva che ripongono la fiducia in questo governo, noi ci siamo confrontati su questo tema con Draghi, ha detto delle cose condivisibili sul piano economico, in particolare quando dice che bisogna tornare a una spesa buona, che però vuol dire una discontinuità totale coi governi avuti finora, perché oggi sono tutti d'accordo sul fatto che chi ci governava non era all'altezza del compito. Io sono d’accordo su questo, spero che lo siano anche Pd, Movimento 5 Stelle, Renzi e quelli che hanno votato provvedimenti che hanno dilapidato molti miliardi. Spero facciano mea culpa e spero che le cose cambino. Perché con maggioranze che sono per buona parte uguali a quelle già avute non so quanto si possa sperare, ma io ci spero, in un cambio di passo. Abbiamo parlato della crisi economica e sanitaria, il dato più preoccupante è quello che il 40% delle aziende rischia di non sopravvivere a questo anno. Abbiamo parlato di Recovery fund, non so se Draghi intenda confermare il Recovery plan di Conte, mi auguro di no. Abbiamo portato le nostre proposte, dando priorità alle infrastrutture. Abbiamo chiesto che sia inserito nel Recovery plan il tema della natalità, la questione della sicurezza, la ricostruzione delle aree terremotate, la riconversione di produzioni industriali ormai mature verso il marchio, abbiamo ribadito il lavoro fatto da Fdi in questi mesi”.

Ancora scrive fanpage, Meloni parla delle richieste fatte a Draghi durante l'incontro: “Abbiamo chiesto a Draghi cosa intenda fare per mettere in sicurezza il sistema produttivo, le nostre infrastrutture strategiche dalle attività predatorie straniere e abbiamo chiesto di avere qualche informazione in più sul governo, se si tratti di tecnico o politico, se abbia le idee chiare su altri grandi dossier non propri delle sue competenze, come la questione migratoria. Politica estera, dossier Libia. Auspico che ci sia una sua visione da far digerire alle forze che lo sosterranno, piuttosto che cercare la sintesi che rischia di essere al ribasso. Abbiamo anche chiesto se il presidente incaricato escludesse la possibilità di un mandato a tempo che consentisse di mettere al sicuro l'Italia e consentire di tornare al voto prima del semestre bianco e invece mi pare che la scelta sia quella di un orizzonte più lungo, di legislatura, che non può vedere Fdi favorevole. Ci sarà un secondo giro di consultazioni: ribadiamo che non voteremo la fiducia ma Fratelli d’Italia c’è per gli italiani. Non ci servono i ministri e i sottosegretari per la nostra nazione”.

Giorgia Meloni ribadisce il suo "no" a Mario Draghi, ma apre uno spiraglio sui singoli provvedimenti. In un'intervista al Tg2 - che andrà in onda questa sera - la leader di Fratelli d'Italia ha detto: «Perché il no a Draghi? Perché io non sono d'accordo sul fatto che l'Italia debba essere considerata una democrazia di serie B, nella quale i cittadini non possono mai scegliere da chi farsi rappresentare e perché so che il problema di questa legislatura è un Parlamento nel quale è impossibile avere una maggioranza coesa». E ha aggiunto: «Ciò non toglie che spero che Mario Draghi possa fare bene e gli abbiamo garantito che, se farà bene, ci saranno i voti di Fratelli d'Italia sui provvedimenti. Penso che non ci sia niente di meglio che avere qualcuno che ti dà una mano e non ti chiede neanche in cambio dei ministeri».

l leader leghista Matteo Salvini, in un'intervista a Il Messaggero, ha detto: "Stimo e rispetto Giorgia Meloni ma non condivido la sua scelta di isolarsi e di dire no. È il momento della responsabilità e del coraggio, non della paura. In un momento così difficile e importante, non penso al partito ma all'Italia. La gente ha fame di salute e di lavoro, non di beghe o di calcoli politici", ha osservato Salvini. "Ho fatto di tutto per mantenere l'unità della coalizione, è grazie alla nostra serietà e compattezza che sono andati a casa Conte, Casalino e Azzolina", ha insistito il segretario della Lega, "spero e credo che il centrodestra possa ancora trovare una sintesi, l'unione fa la forza".

Fonti :  fanpage / tg24 / ansa / messaggero 

 

 

Riprendono nel primo pomeriggio le consultazioni di Mario Draghi. La sua unità nazionale prenderà forma in questo secondo giro. Il presidente del Consiglio incaricato è a Palazzo Montecitorio.

Mario Draghi riparte oggi con una seconda tornata di incontri, a ritmi più serrati, per spiegare qual è il suo piano di azione in vista della formazione del governo. Lo schema è sempre lo stesso: si parte dalle componenti e si chiude, domani pomeriggio, con il gruppo più numeroso. Un quarto d'ora ai primi, mezz'ora ai secondi.

Al termine delle consultazioni potrebbe svolgersi un confronto con le parti sociali. Dopodiché, il presidente incaricato potrebbe salire al Colle per riferire a Sergio Mattarella l'esito degli incontri con i partiti. Se fosse confermato il sostegno ampio dei partiti che sembra esserci, Draghi potrebbe sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri entro mercoledì. Resta il rebus sulla squadra che lo affiancherà, se sarà composta da ministri tecnici o politici, oppure farà ricorso a una forma ibrida.  Stando quanto riferito dai partiti al termine del primo giro di consultazioni, in cima alle preoccupazioni del premier incaricato il tema dell'emergenza sanitaria e della revisione del piano vaccinale oltre alla scadenza del blocco dei licenziamenti, fissata a fine marzo. Diversi partiti - in primo luogo Forza Italia e Italia viva - chiedono poi che sia riscritto il Recovery plan redatto dal governo Conte II. Sul fronte della squadra, sia M5s che Lega chiedono la formazione di un governo politico, con la differenza che il partito di via Bellerio sostiene di voler lasciare a Draghi 'carta bianca' non ponendo condizioni sulla partecipazione degli altri partiti, né' veti sulle persone. 

Oggi e domani Mario Draghi vede per la seconda volta i partiti e dovrà fare quella “sintesi” che ha promesso alle forze politiche. Si apre la fase più delicata di tutte: l'ex presidente della Bce ha ottenuto i Sì della maggioranza che ha sostenuto il governo Conte 2, ma anche quelli di Lega e Forza Italia. Un solo partito ha annunciato che vuole stare fuori dal gioco: Fratelli d’Italia. Fin qui tutto chiaro. Ora però tocca a Draghi: sarà lui a dover spiegare con quale incantesimo intende tenere insieme forze così distanti e dimostrare quelle doti che gli vengono attribuite praticamente all'unanimità. Come può esserci un dialogo tra sovranisti e giallorossi?

"Non c'è un pregiudizio personale nei confronti del presidente incaricato Mario Draghi, ma piuttosto c'è un'esigenza di chiarezza e di coerenza - ha spiegato il capogruppo dei senatori di Fratelli d'Italia, Luca Ciriani, in collegamento con UnoMattina - . In questi anni Fratelli d'Italia ha sempre fatto un'opposizione responsabile, votando quei provvedimenti utili per il Paese e per gli italiani. Per noi si può essere utili alla Nazione anche rimanendo all'opposizione senza chiedere posti di governo. Ecco, quando si tratta degli interessi generali dell'Italia noi ci siamo, ma non possiamo partecipare a un governo che mette insieme il M5S, il Pd e pezzi del centrodestra anche perché una maggioranza con dentro tutti non funzionerà, così come quella gialloverde e poi giallorossa. Infatti, quando si mettono insieme partiti troppo diversi l'esito è la paralisi del governo. E' un film che abbiamo già visto e non crediamo sia il caso di insistere". "Fratelli d'Italia è nata per creare un'alternativa di centrodestra e abbiamo promesso ai nostri elettori che mai avremmo governato insieme alla sinistra e noi siamo un partito che crede nella coerenza e abbiamo fatto della coerenza la nostra bandiera. Perciò coerentemente con quanto promesso rimarremo all'opposizione votando, come ha spiegato il nostro presidente Giorgia Meloni, quei provvedimenti utili al Paese".  

"Siamo stati decisivi nel Conte I con provvedimenti simbolo come il Reddito di Cittadinanza e la legge anticorruzione. Siamo stati fondamentali nel Conte II con riforme che faranno la storia, come il taglio dei parlamentari.

E continueremo ad essere determinanti. Il MoVimento in questi anni ha sempre dimostrato serietà e responsabilità", ha scritto Luigi Di Maio su Fb, aggiungendo che "sentiamo il peso del 33% di voti ricevuti nel 2018, degli 11 milioni di italiani che ci hanno dato fiducia e che rappresentiamo in Parlamento".

Il centrodestra ha l'obiettivo di presentarsi unito "a tutte le elezioni amministrative" in programma questa primavera, ha detto il segretario della Lega Matteo Salvini durante un punto stampa davanti alla sede di Regione Lombardia rispondendo a una domanda sul possibile cambio di rapporti all'interno della coalizione dopo il no di Fdi a Draghi. "Il centrodestra governa in 14 Regioni su 20 e l'obiettivo - ha aggiunto - è di presentarci uniti a tutte le amministrative".

"Altri mettono veti e fanno capricci, noi abbiamo buttato il cuore oltre l'ostacolo", ha aggiunto poi il leader della Lega. "Noi abbiamo raccolto l'appello del Presidente della Repubblica - ha aggiunto - senza mettere veti in casa d'altri". "Domani la priorità che porteremo al tavolo del professor Draghi, mentre altri si occupano di ministeri e di poltrone, sarà soprattutto la salute. C'è un modello lombardo che è il più avanzato dal punto di vista della messa in sicurezza della popolazione e delle vaccinazioni. Proporremo a Draghi il modello Bertolaso".

Per il coordinatore di Iv e vicepresidente della Camera, Ettore Rosato "Matteo Salvini sta rispondendo con intelligenza. Non ci vedo niente di strano, anzi credo che sia necessario che vengano rimossi paletti e veti e si faccia fare a Draghi il suo lavoro". "Le posizioni che sta assumendo la Lega sono di grandissima importanza - ha detto a L'Aria che Tira su La7 -. E lo stesso quello che sta facendo il M5s. Stiamo rendendo i sovranisti marginali nello schieramento politico" ha detto ancora Rosato che a proposito di governo tecnico o politico dice "sarà come preferisce Draghi. Mi sembra che ci sono molte pressioni per un governo politico ma noi non ci aggiungiamo".

"Sia chiaro, non ho dubbi che il Professor Draghi sia una persona onesta, preparatissima ed autorevole - ha scritto Alessandro Di Battista in un post dove aggiunge: "questo non significa che lo si debba appoggiare per forza. Io contrasto Draghi non sul piano personale ma su quello politico. E, ripeto, non cambio idea. Oltretutto l'assembramento parlamentare che si sta delineando è l'antitesi della Politica". "Ripeto. Si può rispettare un uomo anche facendo opposizione. Io la mia scelta l'ho presa, e vado fino in fondo".

"E' chiaro che con il governo Draghi non nasce una nuova maggioranza: quando si andrà a votare, una volta sconfitto il coronavirus, il centrodestra si presenterà insieme", ha spiegato il vicepresidente di Fi Antonio Tajani a L'Aria che tira su La7. "Io rispetto Meloni: certo avrei fatto un passo in più ma ha fatto comunque un discorso di grande responsabilità. Non c'è un arroccamento da parte di FdI".

 

Fonti Ansa / Rai /  fatto quotidiano

Esordì  il 26 luglio del 2012, con il programmatico è il celebre discorso del “whatever it takes” (“faremo tutto quello che è in nostro potere per salvare l’Euro e, fidatevi di me, sarà abbastanza). Con questa presa di posizione Draghi proiettò la politica monetaria in un territorio inesplorato. Quella della BCE fu una promessa aperta, che mantenne un certo grado di imprevedibilità.

Non so se sia possibile dire che Mario Draghi, abbia effettivamente salvato l'Euro, ma certamente e stato protagonista di misure innovative che nessuno fino a quel momento avesse fatto, quelle anche definite misure “non convenzionali”.

Alla fine del suo mandato possiamo dire che Draghi sia stato un guidatore che ha dovuto aggirare molti ostacoli , è stato un grande attivista ha affrontato con coraggio situazioni che avrebbero portato lo sgretolamento dell’Europa, uno su tutti ricordiamo la situazione Greca, quella italiana, quella del portogallo. Oggi, però, nonostante tutto con un'economia in peggioramento, lontana da un tasso di inflazione vicino al target del 2% e soprattutto cosa ancora più grave e che i paesi che ne fanno parte non hanno seguito gli stimoli che la Bce ha dato in questi anni, le riforme dovevano essere fatte come lo stesso Draghi ha affermato più volte.

Di Mario Draghi si è detto e scritto tutto il possibile scrivono "affari italiani". Da una parte l'uomo che ha salvato l'euro, dall’altra l’espressione dei poteri forti che rispondono di volta in volta al nome di Gruppo Bilderberg, Goldman Sachs, arrivando alle teorie più bislacche che annoverano la massoneria globale e il NWO (che sta per New World Order).

La verità sottolineano "affari italiani",è che Mario Draghi è forse il meno italiano tra i potenti del nostro Paese. Prima di tutto, perché ha uno standing internazionale riconosciuto. Tant'è che è bastato fare il suo nome – il governo arriverà, stiamone pur certi – perché lo spread precipitasse e le borse brindassero. Equita ha già fatto una lista delle azioni da acquistare sotto l'esecutivo del Divino.

Divenuto consigliere del ministro Giovanni Goria scrivono affari italiani,nel primo governo Craxi, dal 1984 al 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. Un'escalation, appunto.

Ma è dal 1991 sottolineano "affari italiani",che Draghi inizia a mostrare che cosa può fare: viene chiamato dall'allora ministro Guido Carli a fare il direttore generale del Tesoro, su suggerimento del governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Ed è qui che la storia si fa un po’ più spessa. Nel 1992, a bordo della nave Britannia, partecipa a un summit divenuto celeberrimo – e che ha permesso di alimentare la mistica sul Draghi trafficone al servizio dei poteri forti – in cui si chiede di fatto all'Italia, per restare in Europa e poter ambire (dieci anni dopo) a entrare nell’euro, di abbattere un debito pubblico che i favolosi anni ‘80 hanno fatto schizzare al 125% del Pil.

Sottolineano affari italiani che Draghi fa l'unica cosa che si può fare: avviare le privatizzazioni. Iniziando a spolpare l’Iri dei gioielli della corona: Eni, Enel e, soprattutto, l’allora Sip. Sulla compagnia di telecomunicazioni si potrebbero scrivere interi volumi. Ma è bene soltanto ricordare che l’azienda venne prima data in gestione al famoso “nocciolino duro” degli Agnelli e poi, nel 1999, ceduta per oltre il 51% ai bresciani Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Una serie di cessioni, rimpalli, rimbalzi di responsabilità che ha portato a decuplicare il debito, a ridurre del 40% gli investimenti industriali e a bruciare oltre 70mila posti di lavoro. Non esattamente un successone.

Telecom in quegli anni era ancora un’azienda ad azionariato diffuso e il Tesoro deteneva il 3,5% delle quote. Con la golden share, inoltre, avrebbe potuto opporsi alla vendita. Ma non lo fece, preferendo rimanere neutrale.

 

Ma la saga continua,come scrivono affari italiani, terminata la parentesi da Dg del Tesoro diventa vice chairman e managing director di Goldman Sachs a Londra. Un ruolo di rilievo che non lo mette al riparo dalle critiche. Una su tutte: la vendita di derivati alla Grecia per “imbellettare” i bilanci per entrare nell'euro. È bene ricordare che il combinato disposto tra titoli tossici e spese folli per le Olimpiadi del 2004 costarono ad Atene la famigerata cura “lacrime e sangue” imposta dalla Trimurti Fed, Bce e Ue. Un disastro di cui Draghi sarebbe in qualche modo correo, visto il suo ruolo nella banca d’affari.

 

Intanto nella giornata di ieri i grillini scrive il giornale,hanno posto delle "condizioni" per appoggiare un esecutivo a guida Draghi: oltre alla salvaguardia dei provvedimenti di Conte (dal reddito di cittadinanza al decreto Dignità), vorrebbero un programma che abbia tra i punti principali il reddito universale, un'imposta patrimoniale per i super ricchi, acqua pubblica, blue economy, digitalizzazione, conflitto di interessi e banca pubblica. Ecco perché l'ex ministro dell'Interno vuole vederci chiaro: "Draghi dovrà scegliere tra noi e Grillo, tra chi vuole tagliare le tasse e chi vuole la patrimoniale con altre tasse. Abbiamo una idea di Italia che è diversa da quella di Grillo, dei 5 Stelle. Io non posso stare assieme con chi vuole tassare i risparmi degli italiani".

"Se ci sono spazi per aiutare milioni di italiani noi ci siamo. Non facciamo le cose a metà: se ci siamo ci siamo, altrimenti diamo una mano dall'opposizione come abbiamo fatto nell'ultimo anno e mezzo", è stato il commento di Salvini rispondendo alla domanda se il partito sarebbe pronto anche a far parte dell'esecutivo nel caso di un sostegno al governo Draghi. I veti in realtà stanno arrivando dalla sinistra. Liberi e uguali ha già annunciato che sarebbe "difficile stare insieme a chi vuole la flat tax" e dunque - considerando che i temi di Leu "sono incompatibili con la presenza della Lega" - si esprimera solamente "sulla base del perimetro programmatico e politico delineato da Draghi".

 

In un articolo del quotidiano il Giornale si sottolinea il perché Giorgia Meloni, pur la tentazione è lontana quanto la reale possibilità che il centrodestra resti unito. Almeno stando così le cose. Ma difficile che Giorgia Meloni, che ha sempre sventolato la coerenza quale migliore delle sue virtù, possa cambiare idea su Mario Draghi.

L'ostracismo nei suoi confronti scrive il giornale, viene da lontano ed è rimasto pressoché sempre costante. L'unico punto di incontro si è registrato nell'ottobre del 2011, quando la Meloni era ministro della Gioventù nel governo Berlusconi e quando Draghi, ancora governatore della Banca d'Italia, parlò dei giovani come volano per il nostro paese. "Draghi mette l'accento sul grande rischio che stiamo correndo: quello di bruciare la capacità di sviluppo e innovazione delle nuove generazioni. Sono convinta anch'io che l'uscita dalla crisi dipenda dalla capacità della nostra società di abbattere le barriere che oggi impediscono ai nostri giovani di emergere e farsi traino della crescita economica. In questa direzione abbiamo lavorato sin dall'inizio della legislatura, anche in questi momenti di rigore".

Nel 2015, la Meloni come ricorda il giornale, lancia addirittura il guanto di sfida al banchiere nell'ipotesi di partecipazione alle primarie del centrodestra: "Non credo sia suo interesse, ma se vuole scendere in campo spinto da Berlusconi ci confronteremo sui contenuti. Lui difenderà l'Europa dei grandi capitali e delle banche, noi l'Italia delle partite IVA, degli artigiani, dei professionisti e di tutti coloro che pur meritando di volare restano schiacciati al suolo dall'arroganza del potere finanziario ben rappresentato da Draghi". Il solco tra i due è netto. L'élite da un lato, il popolo dall'altro.

L'anno successivo sottolinea il giornale,il leader di Fdi scuote il suo di popolo con un post al vetriolo su Facebook contro il figlio dell'economista: "Volevate un altro motivo per dire basta all'Euro dei banchieri, usurai e lobbisti? Eccolo: Giacomo Draghi - il figlio di Mario Draghi presidente della BCE che decide la politica monetaria dell'eurozona - lavora per la banca d'affari Morgan Stanley e specula sui Bond e sull'andamento dei tassi. Cioè specula e guadagna in base alle decisioni prese dal padre. Mario Draghi ha detto che non c'è niente di strano. Ma veramente questa gente ci prende tutti per scemi? L'Europa vive una crisi profonda, cresce la povertà, cresce la disoccupazione, ma per i tecnocrati e gli affaristi le cose vanno sempre alla grande. Riprendiamoci la nostra sovranità e la nostra libertà, prima che queste sanguisuga ci tolgano l'ultima goccia di sangue".

Per queste ragioni sottolinea il giornale, non stupisce nemmeno l'ostracismo nei confronti dell'ipotesi di Draghi presidente della Repubblica entrata nel dibattito politico nella fine del 2019. Ipotesi rigettata in maniera netta: "Non lo candiderei alla Presidenza della Repubblica. La nostra battaglia è l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Io non lo candiderei, se qualcuno altro lo fa..... Ma io trovo scandaloso se una minoranza nel Paese avesse la presunzione di eleggere il presidente della Repubblica. Ieri ho sentito dire che vogliono un Capo di Stato europeista e che salvi l'Europa. Io voglio un Capo dello Stato che salvi l'Italia". E ancora: "Per noi il prossimo Presidente della Repubblica deve avere alle spalle una storia di difesa dell'economia reale e dei nostri interessi nazionali, non provenire dal mondo della grande finanza internazionale".

Ironia della sorte,come scrive il giornale, ora che Draghi è stato chiamato come premier per salvare l'Italia. Ma non è solo il nome a far venire l'orticaria alla Meloni ma anche l'idea di una maggioranza posticcia e raffazzonata. Lo ha spiegato bene l'ex presidente di Azione Giovani nel marzo 2020: "Le parole di Draghi sono necessarie in un momento in cui l'Ue rischia di dissolversi. L'Ue deve decidere se esistere, l'inizio non è stato confortante, abbiamo visto alcune nazioni, segnatamente la Germania, che hanno pensato che il Coronavirus fosse una opportunità per raggiungere certi obiettivi, come l'austerità o il saccheggio di asset strategici di Paesi in difficoltà. Draghi ha dato un messaggio a questi Paesi....

Ma non è un tema Draghi sì, Draghi no, continua la sua ricostruzione il quotidiano il giornale,poi dobbiamo distinguere: abbiamo una emergenza sanitaria e la ricostruzione economica. L'emergenza sanitaria durerà settimane e ha bisogno di una fase con forze che sappiano dare una mano. Non so se qualcuno ritiene che in questa fase si possa cambiare il governo. Questo richiede dei tempi. Ciò non significa che io consideri Conte adeguato per questa stagione, non ho mai votato la fiducia, e sono convinta che questo non è il massimo. La ricostruzione avrà bisogno di qualche anno, non è questione di una manovra da fare a dicembre. Ora credo che quando sarà finita l'emergenza, immaginare che la ricostruzione si possa fare con un Parlamento in cui uno su tre è di M5s non mi vedrebbe ottimista. Per la ricostruzione non serve una melassa in cui si sta tutti insieme; dopo l'emergenza ricomincia la normale dialettica in cui serve una visione. Sarebbe più efficace un governo forte, con un forte mandato popolare, una visione chiara con 5 anni per fare le cose. Questo è il modo migliore di ricostruire mentre mettere insieme tutto e il contrario di tutto, otterrebbe gli stessi risultati di quelli che ci hanno provato, purtroppo non con ottimi risultati".

 

 

Potrebbero durare un paio di giorni e in seguito l'ex presidente della Bce potrebbe avere contatti con le forze sociali ad un tavolo di concertazione, una volta formato l'esecutivo. Due fronti aperti, tra loro collegati: la composizione di una maggioranza a sostegno e la scelta tra esecutivo tecnico o politico (o a squadra mista, sul modello Ciampi). Dipenderà dai temi e dalle proposte che porteranno sul tavolo i partiti, che preferiscono comunque (al momento) la versione tecnico-politica. Per il premier incaricato un programma dettato dalle emergenze del Paese, la sfida è il rilancio dell'economia e l'uscita dalla pandemia Covid.

È il giorno delle consultazioni di Mario Draghi. L’ex presidente della Banca centrale europea è salito ieri al Quirinale e ha ricevuto dal capo dello Stato l'incarico formale per la formazione del nuovo governo. Come da prassi, il presidente incaricato ha accettato «con riserva», preannunciando un giro di consultazioni con le forze politiche per valutare se potrà formare un governo tecnico o politico e, soprattutto, per capire se riuscirà ad avere i numeri per la fiducia in Parlamento. Il sostegno al governo non è scontato: il Movimento 5 Stelle è diviso, anche se al termine del vertice con Pd e Leu è stato stabilito di mantenere una linea politica unitaria, e anche nel centrodestra emergono linee diverse- Giorgia Meloni propende per l’astensione, Berlusconi è possibilista, Salvini continua a chiedere elezioni pur non escludendo un appoggio a Draghi. Intanto inizia il toto-ministri: avanza l’ipotesi che restino nell’esecutivo guidato da Mario Draghi i ministri uscenti Lamorgese, Boccia e Franceschini. E potrebbe esserci un posto da ministro degli Esteri o da vicepremier anche per Giuseppe Conte.

Agenda e sostanza cominciano a prendere forma sul tavolo di Mario Draghi dopo che Forza Italia ha definitivamente sciolto la riserva, dichiarando apertamente il proprio sostegno. Mentre Luigi Di Maio ha invitato i parlamentari cinquestelle a mostrare maturità: "Oggi si aprono le consultazioni del premier incaricato Mario Draghi, secondo la strada tracciata dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che ringrazio. In questa fragile cornice, il MoVimento 5 Stelle ha, a mio avviso, il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno. Siamo la prima forza politica in Parlamento e il rispetto istituzionale viene prima di tutto". Così in una nota il ministro Luigi Di Maio.

Indipendentemente dall'esito dei colloqui, da cui ovviamente dipenderà la scelta di sciogliere la riserva, si possono spulciare i suoi interventi per cercare di capire quelle che potrebbero essere le scelte di merito. Nel tempo abbiamo appreso i pilastri di "Super Mario", su tutti il debito buono. L'espressione, usata nel suo discorso inaugurale del Meeting di Rimini dell'agosto 2020, si riferisce agli investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture e nella ricerca. Una totale differenza da quello "cattivo" che invece viene usato per finalità improduttive. 

C'è dunque da aspettarsi che - a differenza del Conte bis - l'utilizzo dei bonus e gli scostamenti di bilancio finiscano nella lente di ingrandimento e della parsimonia di un eventuale esecutivo guidato da Draghi. "I sussidi finiranno e se nel frattempo non si è fatto niente resterà la mancanza di qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuro", è la sua posizione.

il nuovo governo dovrà puntare lo sguardo "al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale". Infatti principalmente da loro dovrà essere ripagato l'indebitamento creato durante la pandemia e quello europeo per finanziare il fondo del Next generation Eu: "È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo".

Particolare focus per le piccole e medie imprese italiane, che "in molti settori" si trovano "sull'orlo del precipizio in termini di solvibilità". Le pmi svolgono un ruolo cruciale nel contributo all'occupazione e nella distribuzione geografica, ma non va trascurato l'asse delle grandi aziende: "Possono avere più successo nel farsi sentire dai governanti e i loro problemi possono suscitare maggiore preoccupazione pubblica e politica".

Due centri di potere, in particolar modo, guardano con grande interesse a Draghi: Bruxelles e Washington. L’Unione Europea, secondo Tpi, vede nell’ex governatore Bce la personalità adatta ad evitare che un flop dell'Italia faccia di fatto tramontare le prospettive di successo del Recovery Fund. Ed è probabile che le cancellerie europee e la Commissione abbiano di fatto bocciato “Giuseppi” proprio per il piano “insufficiente e lacunoso” presentato dai giallorossi: “il piano italiano era molto criticato nei palazzi del potere internazionale: il governo uscente veniva ritenuto non in grado di gestire adeguatamente tutti quei soldi”. 

Leader come Angela Merkel e Emmanuel Macron hanno da tempo relegato Conte in seconda fila; Ursula von der Leyen di recente ha scatenato il “falco” Valdis Dombrovskis contro le strategie giallorosse. Il difficile tentativo di accreditare in senso europeista l’operazione “responsabili” e il suo fallimento hanno sbriciolato la residua utilità di Conte per l'establishment comunitario.

Draghi è una figura in grado di ottenere forti consensi anche nella nuova amministrazione americana. In primo luogo, è tra le figure maggiormente tenute d’occhio dall’establishment a stelle e strisce sin dai tempi della Bce.

Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione Pd e membro della Direzione Nazionale del partito, in un'intervista rilasciata a La Stampa, annuncia la fiducia ma a determinate condizioni: "La nostra parte siamo pronti a farla nella chiarezza di una vocazione europeista e di un'ampia maggioranza in Parlamento per la quale siamo impegnati". Qualora, però, tutto questo non accadesse, afferma che la via maestra sono le elezioni: "Se poi questo scenario si rivelasse impossibile la strada più logica diverrebbe quella di un governo a termine per portare il paese al voto entro l'estate. Un esito che non abbiamo voluto né cercato ma che gli eventi potrebbero determinare".

Il centrodestra appare unito sulla via dell'astensione, anche loro per arrivare al voto prima dell'estate. La Lega di Matteo Salvini si è dichiarata disponibile ad ascoltare il presidente del Consiglio ma allo stesso tempo predilige le elezioni. Più soft Forza Italia dove ci sono state delle dichiarazioni, a titolo personale, in favore di un possibile esecutivo Draghi ma una vera linea di partito ancora deve essere espressa. La posizione più netta è quella di Fratelli d'Italia: un secco "no" che, però, in nome dell'unità del centrodestra si dichiara pronto a non votare contrariamente ma ad astenersi.

Ma Silvio Berlusconi in persona al termine di una riunione in videoconferenza con il vicepresidente azzurro Antonio Tajani e le capigruppo Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini: "La scelta del Presidente della Repubblica di conferire a Mario Draghi l'incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato da settimane: quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l'unità sostanziale delle migliori energie del Paese". Il Cavaliere sottolinea tuttavia anche l'importanza di preservare la coalizione di centrodestra: "Ci siamo confrontati e continueremo a confrontarci con i leader del centrodestra, convinti dell'importanza di preservare un'alleanza essenziale per il futuro del Paese".

 

fonti il giornale/ inside over / corriere / Repubblica

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