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Lunedì, 07 Ottobre 2024

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La Lombardia è da oggi, lunedì 15 marzo, in zona rossa, così come Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Veneto, Marche, Molise, Puglia, Trento.

"La gente è al limite della sopportazione". Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, a margine dell'inaugurazione di un punto vaccinale organizzato dall’esercito, il Drive Through allestito al Parco di Trenno a Milano, ha tenuto a sottolineare che per molti la situazione si sta facendo insostenibile per "le continue privazioni della libertà".

Con rabbia e sgomento la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, posta sui suoi profili social una foto simbolo: una ristoratrice “bastonata” da questa nuova chiusura delle attività. Piegata, in ginocchio, disperato.

“La disperazione di questa ristoratrice è l'emblema di tutte le attività che da ormai un anno sono abbandonate dallo Stato. A Pasqua, come a Natale, il settore della ristorazione resta in ginocchio e provo sdegno perché qualcosa in più si poteva e si doveva fare. Tutto questo è intollerabile”.  

Un anno fa un'altra foto simbolo, quell di un ‘infermiera col volto massacrato dai segni del dispositivo di protezione indossato senza tregua. Due diversi tipi di disperazione che si rinnovano dopo un anno.  E ci angosciano.

Giorgia Meloni aveva scritto chiaramente: “No, non riusciamo a rimanere in silenzio di fronte a questa situazione e non siamo disposti ad accettare che tutto sia inevitabile. Siamo rimasti sempre dalla stessa parte, coerentemente al servizio della Nazione e come unica forza di opposizione continueremo a denunciare tutto ciò che non funziona. Nei momenti più difficili gli italiani hanno sempre dimostrato il loro valore, la loro forza e determinazione. Daremo loro voce”.

Intanto agli ospedali piemontesi. l'Unità di crisi ha dato lo stop e ha disposto immediatamente la sospensione su tutto il territorio regionale della somministrazione del vaccino AstraZeneca, a seguito della morte del docente di Biella, e ha convocato la Commissione sulla farmaco-vigilanza: "Si tratta di un atto di estrema prudenza in attesa di verificare se esista un nesso di causalità tra la vaccinazione e il decesso", aveva spiegato l'assessore alla Sanità della regione Piemonte Luigi Genesio Icardi. Poi, dopo un paio d'ore, è stato individuato e isolato il lotto del quale faceva parte la dose somministrata al docente di Biella e si è deciso per la ripresa delle vaccinazioni AstraZeneca. In serata, poi, l'Aifa è intervenuta per rassicurare circa la somministrazione del vaccino: "I casi di decesso verificatisi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno un legame solo temporale- si legge in una nota- Nessuna causalità è stata dimostrata tra i due eventi. L'allarme legato alla sicurezza del vaccino AstraZeneca non è giustificato"

Intanto e stato diffuso il piano del Commissario straordinario, generale Francesco Paolo Figliuolo, per l’esecuzione della campagna vaccinale nazionale.

Il documento, elaborato in armonia con il Piano strategico nazionale del Ministero della Salute, fissa le linee operative per completare al più presto la campagna vaccinale. La governance sarà accentrata a fronte di una esecuzione decentrata, con una catena di controllo snella.

I due pilastri per condurre una rapida campagna sono la distribuzione efficace e puntuale dei vaccini e l'incremento delle somministrazioni giornaliere.

L'obiettivo è di raggiungere a regime il numero di 500 mila somministrazioni al giorno su base nazionale, vaccinando almeno l’80% della popolazione entro il mese di settembre, triplicando così il numero giornaliero medio di vaccinazioni delle scorse settimane, pari a circa 170 mila.

Tre sono le linee operative della campagna:

1) Approvvigionamento e distribuzione, attraverso costante contatto della struttura commissariale con tutti gli stakeholder. Ad oggi sono state approvvigionate 7,9 milioni di dosi, che si raddoppieranno entro le prossime tre settimane. Entro la fine di giugno è previsto l'arrivo di altre 52 milioni di dosi circa, mentre ulteriori 84 milioni sono previsti prima dell'autunno.

2) Monitoraggio costante dei fabbisogni con interventi mirati, selettivi e puntiformi sulla base degli scostamenti dalla pianificazione. Verrà costituita una riserva vaccinale pari a circa l’1,5% delle dosi, per poter fronteggiare con immediatezza esigenze impreviste, indirizzando le risorse nelle aree interessate da criticità, prevedendo l'impiego di rinforzi del Dipartimento di Protezione Civile e della Difesa. Si interverrà inoltre anche secondo il principio del punto di accumulo, concentrando le risorse necessarie verso aree cluster e di piccoli dimensioni in stato di particolare necessità. Il monitoraggio comprenderà anche l'analisi coordinata delle disponibilità manifestate da numerose realtà del Sistema Paese, al fine di indirizzare al meglio le risorse.

3) Capillarizzazione della somministrazione, incrementando la platea dei vaccinatori e il numero di punti vaccinali. Verrà dato impulso all’accordo per impiegare medici di medicina generale (fino a 44 mila), odontoiatri (fino a 60 mila), medici specializzandi (fino a 23 mila). Si potrà far ricorso – tramite accordi in via di finalizzazione - anche ai medici della Federazione Medico Sportiva Italiana, ai medici competenti dei siti produttivi e della grande distribuzione, oltre che ai medici convenzionati ambulatoriali e ai farmacisti. Proseguirà, se necessario, l'assunzione di medici e infermieri a chiamata, in aggiunta agli oltre 1700 già operativi. In caso di emergenza scenderanno in campo anche team mobili. Capitolo a parte è quello del potenziamento della rete vaccinale esistente che conta attualmente 1733 punti vaccinali (dato in crescita). Per l’allestimento di nuovi centri potranno eventualmente essere utilizzati siti produttivi, le aree della grande distribuzione, le palestre, le scuole, le strutture di associazioni e della Conferenza Episcopale Italiana.

Verrà inoltre potenziata l’infologistica, con l'adozione in tempi brevi di soluzioni informatiche per l’ampliamento delle funzioni di prenotazione e somministrazione dei vaccini, garantendo la circolarità delle informazioni e dando così impulso alla campagna. A livello operativo è stato istituito un tavolo permanente per verificare quotidianamente l'andamento delle attività sul terreno. Al tavolo, coordinato dalla Struttura Commissariale, partecipano la Protezione Civile, le Regioni e le Province autonome, con l'eventuale partecipazione di altri attori istituzionali e delle associazioni.

 

 

 

A un secolo dalla nascita, dietro lo stile aristocratico e glamour, scrive Gazzetta Motori,tre decadi passate fra sfide durissime in un mondo rivoluzionato. Dalla “Dolce vita” agli anni di piombo, la marcia dei quarantamila e l’accordo con la General Motors. Valletta, De Benedetti e Romiti. La Fiat 127, la Panda, la Uno e la Punto. Ferrari, Lancia e Alfa Romeo

L'albero genealogico scrive la gazzetta motori,della dinastia Agnelli ha ramificazioni molto complesse. Per stare sul semplice, Gianni (all'anagrafe Giovanni) nacque il 12 marzo 1921 a Torino, secondo fra i sette figli di Edoardo. Dopo la morte del padre in quell'incidente aereo nel 1935, il nonno Giovanni ingaggiò un'aspra battaglia, anche giudiziaria, con la nuora Virginia Bourbon del Monte di San Faustino per la custodia dei nipoti, ma il tribunale li affiderà alla madre. Gianni, dopo l'educazione iniziale tramite precettore, nel 1938 si diplomerà al liceo classico D'Azeglio, come premio il nonno lo mandò in visita negli Stati Uniti, anche ad osservare le grandi fabbriche di Detroit. Sarà lui l'erede designato, Giovanni senior cominciò ad avviarlo al futuro da presidente. Il giovane proseguì gli studi nella facoltà di giurisprudenza.

Frequenta la scuola di cavalleria di Pinerolo (a testimonianza del radicamento sabaudo-piemontese della famiglia, e da lui stesso confermato nel '99, quando, in occasione del centenario della Fiat, disse che Torino doveva restare la ''capitale industriale'' italiana), partecipa alla seconda guerra mondiale in Russia e in Tunisia e ottiene una decorazione. 

Alla Fiat entra alla fine del periodo bellico come vicepresidente, quando l'azienda e' guidata con pugno di ferro da Vittorio Valletta, che procede alla ''normalizzazione'' e avvia la produzione di quei modelli di auto popolare che imporranno la casa torinese come vera protagonista della motorizzazione di massa in Italia. Di questi anni, in cui sul piano aziendale compare in secondo piano, si ricordano in particolare eventi privati, come il matrimonio nel 1953 con Marella Caracciolo, e sportivi, come il connubio con la Juventus (di cui Agnelli e' stato presidente dal 1948 al 1953).

Gianni Agnelli soffrirà' due gravi lutti: prima la scomparsa di Giovanni Alberto, Giovannino, il nipote - figlio del fratello Umberto - scelto per la successione alla Fiat, e poi quella di Edoardo, l'unico figlio maschio, morto nel novembre del 2000. Finita l'epoca Valletta, Gianni prende la guida della Fiat: nel 1963 diventa amministratore delegato e nel 1966 presidente. E' in questo periodo, in cui il gruppo sta rapidamente uscendo dalla dimensione nazionale per assumerne una mondiale, che Agnelli riesce a imporsi come leader di spicco: tanto nei momenti difficili come quello della grande crisi petrolifera e 'l'eclisse' dell'automobile quanto negli anni bui del terrorismo. E' proprio in quegli anni che la Fiat adotta uno slogan significativo: ''la volonta' di continuare'', e che Agnelli applica accentuando il suo ruolo nel mondo imprenditoriale.

Dal 1974 al 1976 viene chiamato alla presidenza della Confindustria per rilanciare l'organizzazione, ridare fiato all'impresa privata e riaprire il dialogo con i sindacati. Chiusa la parentesi confindustriale, l'avvocato torna a dedicare tutta la sua attività' alla Fiat, dalla quale partono dopo qualche tempo quei segnali che daranno il via ad un cambiamento radicale dell'atmosfera, con la ripresa della capacità' di governo delle fabbriche e il recupero di legittimazione sociale del ruolo dell'imprenditore e del profitto industriale. L'immagine di efficienza della Fiat, e quella personale di 'manager' di Gianni Agnelli - che non si stanca di difendere il capitalismo familiare - marciano di pari passo, in un continuo crescendo. La disponibilità' al nuovo e l'abilità' a muoversi al passo con i tempi sono le caratteristiche del binomio Agnelli-Fiat: il gruppo torinese e' all'avanguardia nelle scelte cruciali, come le nuove tecnologie basate sull'elettronica, i robot, l'innovazione; nella ricerca di partnership internazionali (culminata nel 2000 con l'alleanza strategica con General Motors), nella diversificazione dei campi di attività', pur confermando l'importanza dell'auto. Diversificazione che  ha avuto il suo acme quando, alleatosi con Edf e creando Italenergia, ha scalato Montedison ed e' entrato da protagonista nel business dell'energia.

Il cuore di Gianni, pero', e' sempre stato per l'auto, con la Fiat coinvolta nella piu' grave crisi della sua storia. Così' benché' malato, e talvolta assente per i controlli medici negli Stati Uniti, l'Avvocato e' sceso più' volte in campo per difendere il titolo e i vertici Fiat, ribadendo la bontà' e l'efficacia dei diversi piani di ristrutturazione del gruppo. E a lui si sono rivolti gli appelli dei lavoratori degli stabilimenti Fiat che, mentre al Lingotto si succedevano i vari amministratori delegati, in lui riconoscevano il principale interlocutore, perché' lui era uno che ''credeva nell' auto''. E se l'auto l'ha fatto soffrire, l'auto, quella rossa di Maranello, gli ha dato anche le ultime soddisfazioni. 

La Juventus è stato l'amore assoluto, «è la compagna della mia vita, soprattutto un'emozione. Accade quando vedo entrare quelle maglie in campo. Mi emoziono persino quando leggo sul giornale la lettera J in qualche titolo. Subito penso alla Juve». A 26 anni, il 22 luglio del 1947, ne diventa presidente, secondo della famiglia dopo il padre Edoardo, in carica dal 1923. Resta alla guida della società fino al 1954 (con due scudetti vinti), ma il legame resterà fortissimo: «La Juve è per me l'amore di una vita intera. Motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d’amore»

La Ferrari è stato l'altro grande amore dell’Avvocato. Una passione, questa sì, che poteva condividere: «Non tutti gli italiani tifano per la Nazionale, mentre tutti gli italiani e il cinquanta per cento dei non italiani tifano Ferrari». È ancora così. E naturalmente era grandissimo l’amore dell’Avvocato per Michael Schumacher. Più volte ne sottolineò il costo («Abbiamo preso questo tedesco mi è molto caro, nel senso che mi costa carissimo... ma ne vale la pena»). Dopo averlo ingaggiato nel 1996, riferendosi alla gestione tecnica del team, disse: «Certo, se ora non vincono con Schumacher è colpa loro...». Non accadde. Schumi con la Rossa vinse 5 titoli. L'Avvocato aveva visto giusto.

L'Avvocato e' scomparso dopo che la Ferrari, con Schumacher, aveva sbancato negli ultimi due anni la Formula Uno. E con la Juventus, la 'vecchia signora' del calcio italiano che, dopo quattro anni, era tornata a fregiarsi dello scudetto tricolore.

Attento osservatore della politica nazionale e internazionale (non solo per gli sviluppi economici, ma anche per gli aspetti sociali), come il nonno era stato nominato senatore a vita. Una carica che sempre ha puntualmente onorato dai banchi di Palazzo Madama, così' come non si e' mai sottratto, con toni misurati, ai commenti politici. Habitue e discreto dei luoghi cult della mondanità' internazionale, ha impersonato anche mezzo secolo di eleganza italiana, negli austeri saloni di corso Marconi a Torino così' come sul molo di Capri. Ma, per la sua attività' in Fiat, che ha costituito l'impegno di una vita, Gianni Agnelli e' stato e resta - per usare le parole del New York Times - soprattutto ''sinonimo del business italiano''. Quella dell''avvocato', infatti, non e' stata una semplice storia di eredità' familiare, ma una vera e propria 'carriera' vocazionale, che gli aveva fatto conquistare un ruolo 'carismatico' al di là' del peso rilevante delle aziende di famiglia nel sistema economico nazionale.

Ho avuto l onore di conoscerlo e stato un 2 giugno la festa della Repubblica nei giardini del Quirinale. Erano gli inizi della mia carriera e ho avuto sempre una impressione molto bella, l'ho incontrato per lavoro ed e stato molto cordiale con me, per lui all'epoca ero del lobby Ellenico e ha sempre scherzato con questa battuta....quando l'ho rivisto in varie occasioni...

 

Fonti ansa / corriere della sera / gazzetta motori

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, firma oggi a Palazzo Chigi il “Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, insieme al Ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e ai Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

"Il buon funzionamento del settore pubblico è al centro del buon funzionamento della società. Questo è sempre vero, con la pandemia è ancora più vero".

Lo dice il premier Mario Draghi intervenendo nella sala verde di Palazzo Chigi alla firma del Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale. "A fronte di questa centralità del settore pubblico se guardiamo la situazione attuale concludiamo che c'è molto da fare", aggiunge, parlando in particolare dell'età media e della formazione del personale pubblico. "La pandemia - ha detto il premier - e il piano di rilancio e resilienza richiedono nuove professionalità e nuove forme di lavoro. Nuove professionalità richiedono investimenti e nuove regole. Questo è quello che oggi stiamo cominciando". 'Nel corso delle consultazioni ho avuto modo di esprimervi quanto io tenga a questo confronto e questo dialogo", ha detto il presidente del Consiglio ai sindacati.

La scelta del presidente Mario Draghi di valorizzare con la sua firma l'accordo di oggi pone questo nuovo inizio sotto i migliori auspici, per il Paese e per la sua capacità di puntare sulla responsabilità di tutte le parti per costruire un Piano nazionale di Recovery e resilienza che investa sullo Stato e sui suoi servitori". Lo sottolinea il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, alla firma del "Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale" a Palazzo Chigi.

Il "Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale" che si firma a Palazzo Chigi con il premier Mario Draghi e Cgil, Cisl e Uil "inaugura una nuova stagione di relazioni sindacali". Così il ministro della Pubblica amministrazione.
 
Contesto e obiettivi del Patto

Il Patto si colloca nel solco di un'azione di rilancio del Paese, volta a realizzare gli obiettivi cruciali della modernizzazione del “sistema Italia” e dell’incremento della coesione sociale, a partire dalla straordinaria opportunità offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Innovazione e coesione sono obiettivi centrali dello storico programma Next Generation EU e saranno perseguiti simultaneamente. Un Paese più moderno, infatti, può offrire servizi migliori e maggiori opportunità di sviluppo ai propri cittadini; al contempo, un Paese più coeso assicura che ogni persona possa sentirsi parte del processo innovativo e che ciascuno possa trarre beneficio dagli sforzi comuni.

I pilastri fondamentali di ogni riforma e ogni investimento pubblico contenuti nel PNRR saranno la coesione sociale e la creazione di buona occupazione.

Tali priorità – cruciali per superare l'emergenza sanitaria, economica e sociale, ricordata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – richiedono uno straordinario impegno finanziario, progettuale e attuativo, che verte sul ruolo propulsivo delle donne e degli uomini della Pubblica Amministrazione.

In questa prospettiva, il Patto intende potenziare la Pubblica Amministrazione attraverso la semplificazione dei processi e un massiccio investimento nel capitale umano. Tali strumenti sono fondamentali per attenuare le storiche disparità del Paese, per ridurre il dualismo fra settore pubblico e privato, nonché per fornire risposte ai nuovi e mutati bisogni dei cittadini.

Il Patto individua la flessibilità organizzativa delle Pubbliche Amministrazioni e l'incremento della loro rapidità di azione come obiettivi fondamentali di un processo di rinnovamento che le parti si impegnano a perseguire, con particolare riferimento a tre dimensioni: il lavoro, l'organizzazione e la tecnologia.

L'individuazione di una disciplina del lavoro agile (smart working) per via contrattuale è un elemento qualificante di questa strategia e va nella direzione auspicata dalle organizzazioni sindacali sin dall'inizio della crisi pandemica.

Il successo di ogni percorso di innovazione e riforma della Pubblica Amministrazione dipende non soltanto da opportuni investimenti nella digitalizzazione, ma anche da una partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori.

A tal proposito, il Patto individua la necessità di avviare una nuova stagione di relazioni sindacali, fondata sul confronto con le organizzazioni, e di portare a compimento i rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021, ritenendoli un fondamentale investimento politico e sociale.

Inoltre, la costruzione di una nuova e moderna Pubblica Amministrazione si fonda sulla valorizzazione delle persone, attraverso percorsi di crescita e aggiornamento professionale, e sulla definizione di un piano delle competenze su cui costruire la programmazione dei fabbisogni e le assunzioni del personale.

In questa ottica, il Patto afferma che ogni pubblico dipendente dovrà essere titolare di un diritto/dovere soggettivo alla formazione continua, al fine di essere realmente protagonista del cambiamento, e che la Pubblica Amministrazione dovrà utilizzare percorsi formativi di eccellenza, adatti alle persone e certificati.

Elementi del Patto

Il Governo emanerà all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) gli atti di indirizzo di propria competenza per il riavvio della stagione contrattuale. I rinnovi contrattuali relativi al triennio 2019-2021 interessano oltre 3 milioni di dipendenti pubblici e vedranno confluire l’elemento perequativo delle retribuzioni all’interno della retribuzione fondamentale. Il Governo, poi, individuerà le misure legislative utili a promuovere la contrattazione decentrata e a superare il sistema dei tetti ai trattamenti economici accessori.

Con riferimento al lavoro agile, nei futuri contratti collettivi nazionali dovrà essere definita una disciplina normativa ed economica che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni. Saranno quindi disciplinati aspetti di tutela dei diritti sindacali, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro quali il diritto alla disconnessione, le fasce di reperibilità, il diritto alla formazione specifica, la protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze.

Attraverso i contratti collettivi del triennio 2019-2021, si procederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, ricorrendo a risorse aggiuntive con la legge di bilancio per il 2022 e adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze. È necessario, inoltre, valorizzare specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze specialistiche ed estendere i sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite negli anni, anche tramite opportune modifiche legislative.

Il Governo si impegna a definire politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento al miglioramento delle competenze digitali e di specifiche competenze avanzate di carattere professionale. Formazione e riqualificazione assumeranno il rango di investimento strategico e non saranno più considerati come mera voce di costo.

Nell'ambito dei nuovi contratti collettivi saranno adeguati i sistemi di partecipazione sindacale, valorizzando gli strumenti di partecipazione organizzativa e il ruolo della contrattazione integrativa.

Le parti concordano sulla necessità di implementare gli istituti di welfare contrattuale, con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego di agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato, relative alla previdenza complementare e ai sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi.

Il processo Gregoretti, quello a carico dell'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona dei clandestini a bordo della nave militare, segna un punto a favore del leader leghista.  

L'assist secondo voxnews lo serve proprio il suo successore, vale a dire l'attuale titolare del Viminale che nella testimonianza in Aula ammette. “Le navi che vanno a fare soccorso in acque Sar libiche – spiega il ministro Luciana Lamorgese – non è che ogni volta che fanno un soccorso tornano immediatamente indietro. Tante volte, con dei soccorsi effettuati, si fermano nelle aree, diciamo libiche, anche tre, quattro giorni in attesa poi di recuperare il più possibile quelli che sono in difficoltà. Quindi – dice ancora – vuol dire che sono delle navi che comunque sia hanno la possibilità di stare ferme con delle persone appena recuperate in acqua. Di farle stare sulle imbarcazioni anche per quattro, cinque giorni, perché loro chiedono il Pos (place of safety) quando hanno l'imbarcazione piena e poi ritornano”.  

La rivelazione della titolare del Viminale secondo il giornale, è contenuta nella trascrizione della sua testimonianza al processo contro l'ex ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per il caso Gregoretti, al tribunale di Catania. Nelle carte si legge che, rispondendo al pubblico ministero, la Lamorgese chiarisce: «Le navi che vanno a fare soccorso in acque Sar libiche non è che ogni volta che fanno un soccorso tornano immediatamente indietro. Tante volte, con dei soccorsi effettuati, si fermano nelle aree, diciamo libiche, anche tre, quattro giorni in attesa poi di recuperare il più possibile quelli che sono in difficoltà. Quindi - dice ancora - vuol dire che sono delle navi che comunque sia hanno la possibilità di stare ferme con delle persone appena recuperate in acqua. Di farle stare sulle imbarcazioni anche per quattro, cinque giorni, perché loro chiedono il Pos (place of safety) quando hanno l'imbarcazione piena e poi ritornano». E prosegue: «Quindi chiedono il Pos con la procedura che ho detto, prima nelle acque Sar libiche, poi Malta e poi l'Italia. Se fossero in condizioni di non poter stare, allora appena recuperati dovrebbero immediatamente venire, avvicinarsi verso Paesi che sono sicuri, tipo Malta e l'Italia e non sempre è così perché talora rimangono anche più giorni».

Insomma, sottolinea il giornale,la titolare del Viminale per la prima volta ammette pubblicamente che le navi Ong non sono altro che taxi del mare, che non recuperano naufraghi, ma immigrati clandestini, permanendo giorni e giorni in acque Sar libiche per fare tranquillamente il loro carico. D'altronde, è ormai provato dalle varie inchieste aperte che i migranti partono solo quando di fronte alle coste della Tripolitania ci sono le imbarcazioni del soccorso.

La Lamorgese scrive il giornale,ha dato un'altra risposta che costituisce un assist a Salvini. Il giudice le chiede: «Secondo lei qual'è la differenza fra il caso Diciotti, Gregoretti e l'Ocean Viking»? E lei risponde: «Ogni volta che c'è uno sbarco sicuramente ci sono delle difficoltà che affrontano tutti gli uffici. Oggi noi seguiamo una linea che è quella, perché all'epoca, nel 2018, fu fatto il decreto Sicurezza, di blocco della possibilità di interdizione del porto che è stato poi effettivamente utilizzato. Ma in effetti, poi, se vogliamo, nonostante ci fosse il decreto di interdizione, sostanzialmente tutte le volte regolarmente sono scesi, perché c'è anche da dire che quando arrivano poi sulle nostre coste dobbiamo iniziare tutta la procedura della redistribuzione, rapporti con l'Europa e quant'altro. Su questo non c'è dubbio».

Intanto secondo il quotidiano il giornale,Il nodo migranti resta una spina nel fianco degli italiani, se si considera che da inizio anno sono arrivati sulle coste del Sud 5.668 clandestini contro i 2.553 dello stesso periodo dello scorso anno e i 287 del 2019. I leghisti sanno che si deve cambiare rotta, soprattutto perché i numeri sono preoccupanti, perché a breve la bella stagione ci porterà una vera e propria invasione e perché a preoccupare sono l'aumento del numero dei barchini autonomi in arrivo, ma anche la ripresa delle partenze a causa delle Ong. In più ci sono i casi dell'indagine sulla Mar Jonio e le tre Organizzazioni non governative a cui viene contestato il soccorso concordato con i trafficanti. Quale è dunque la linea? Quella in primis di sposare ciò che ha detto il premier nel suo discorso di insediamento: lavoreranno per più rimpatri fatti in accordo con l'Europa e sul patto per l'asilo che dovrebbe superare l'accordo di Dublino. L'Europa è chiamata a essere più protagonista, anche perché i confini italiani costituiscono quelli dell'Unione. Serve quindi una difesa del perimetro continentale e non solo di quello tra Stati.

Non a caso, scrive il giornale,nella sua testimonianza per il caso Gregoretti a Catania, anche l'attuale ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha chiarito che la redistribuzione obbligatoria dei migranti «è un obiettivo molto ambizioso, perché l'Europa non ha una sola anima, purtroppo e quindi a questo dovremmo tendere». La titolare del Viminale ha parlato della necessità di investimenti economici europei in Tunisia, per far sì che i migranti non partano. I voli di rimpatrio (e quel Paese ce ne ha concessi una decina aggiuntivi), non bastano spesso a riportare indietro chi arriva. In estate sbarcano anche 7-800 persone al giorno. Ma la linea è la stessa voluta dalla Lega, che punta anche a canali di migrazione regolari e controllati.

 

Fonti il giornale / voxnews

 

 

 

 

Oggi 8 marzo si celebra la Giornata internazionale della donna. Cerimonia al Palazzo del Quirinale quest'anno dedicata al tema "Con Rispetto.

Il capo dello Stato ricorda come la Costituzione, varata 75 anni fa, preveda la tutela dell'uguaglianza e della parità senza condizioni, ma — sottolinea — «la legge non basta» e i principi devono sempre essere ribaditi e difesi, nonché messi in pratica, perché come dimostrano i casi di violenza e le discriminazioni nella vita di tutti i giorni la strada da percorrere verso una parità effettiva è ancora lunga. Nel campo del lavoro questo è particolarmente evidente. «Oggi in alcuni ambiti del pubblico impiego la percentuale di donne che vi lavorano è maggiore rispetto a quella degli uomini — evidenzia Mattarella, ricordando la sentenza della Corte Costituzionale che solo nel 1960 cancellò una legge del 1919 che fino a quel momento aveva escluso le donne dagli incarichi pubblici —. Ma se si guarda ai livelli apicali, la predominanza resta maschile. Così come avviene ai vertici dei consigli di amministrazione di tante aziende pubbliche e private».

Quello dei tanti, troppi, femminicidi che si verificano in Italia è «un fenomeno impressionante, che scuote e interroga la coscienza del nostro Paese». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parte da qui, dai nomi delle 12 donne uccise dall'inizio dell'anno (il capo dello Stato li pronuncia tutti, all’inizio del suo intervento: Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella, Ilenia), dai numeri che dicono che lo scorso anno le vittime furono 73, per celebrare la giornata dedicata alle donne. Una giornata che deve essere simbolo ma che deve essere replicata nei restanti 364 giorni dell'anno. In tutti i campi.

Ed e questo i discorso del Capo dell Stato  :

"E' l'8 marzo. Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella Sono state uccise undici donne, in Italia, nei primi due mesi del nuovo anno. Sono state uccise per mano di chi aveva fatto loro credere, di amarle. Per mano di chi, semmai, avrebbe dovuto dedicarsi alla reciproca protezione. Ora siamo di fronte a una dodicesima uccisione: quella di Ilenia. L'anno passato le donne assassinate sono state settantatre. E' un fenomeno impressionante, che scuote e interroga la coscienza del nostro Paese", ha detto il presidente della Repubblica.

"Un distorto concetto del rapporto affettivo - che, non a caso, si trasforma in odio mortale - è alla base dei gravi e inaccettabili casi di femminicidio - ha aggiunto il capo dello Stato -. Una mentalità che, al dunque, è solo possesso, bramosia, dominio e, in fin dei conti, disprezzo. L'amore, quello autentico, si basa sul rispetto e la condivisione. Se si giunge a uccidere una donna è perché non si rispettano il suo desiderio di libertà e la sua autonomia. Perché ci si arroga il potere di non consentirne le scelte, i progetti, le aspirazioni. A distanza di settantaquattro anni dall'approvazione della Costituzione - che ha sancito, in via definitiva, l'eguaglianza e la parità tra tutte le persone, senza distinzioni - gli orribili casi di femminicidio - che reclamano giustizia - ci dicono che la legge, da sola, non basta. Che un principio va affermato, ma va anche difeso, promosso e concretamente attuato".

"Questo 8 marzo, purtroppo, si svolge ancora sotto il segno della pandemia, che ha appesantito la nostra esistenza, causando un numero senza precedenti di vittime e immani problemi economici, sociali e di relazioni umane. Un fenomeno planetario imprevisto che ha messo a dura prova la capacità di resistenza dei cittadini e la stessa convivenza civile". "La diffusione del Covid-19, come sempre accade nei periodi difficili, ha colpito maggiormente le componenti più deboli ed esposte. Le donne tra queste. Dal punto di vista occupazionale anzitutto. Secondo l'Istat abbiamo 440 mila lavoratrici in meno rispetto a dicembre 2020. Mentre sono a rischio un milione 300 mila posti di lavoro di donne che lavorano in settori particolarmente colpiti dalla crisi".  

"L'occupazione femminile è tornata indietro. Ai livelli del 2016, ben al di sotto del 50% raggiunto per la prima volta nel 2019 - ha detto ancora Mattarella -. La causa principale è stata la crisi del settore dei servizi, nel quale lavora l'85% delle donne. Non preoccupano soltanto i dati quantitativi. Peggiora la qualità del lavoro delle donne, con un picco di contratti part-time non volontari, con l'aumento dei lavori a tempo determinato e con una riduzione delle condizioni di conciliazione vita/lavoro. La situazione femminile si fa critica anche dal punto di vista sanitario. L'Inail ha messo in luce, in un recente studio, che quasi il 70 per cento dei contagi denunciati sui posti di lavoro riguarda le donne. Le categorie professionali delle contagiate riguardano soprattutto il settore sanitario".

"Va acceso un faro sulle forme - meno brutali, ma non per questo meno insidiose - della cosiddetta violenza economica, che esclude le donne dalla gestione del patrimonio comune o che obbliga la donna ad abbandonare il lavoro in coincidenza di gravidanze. Pensiamo alle odioso ma diffuso fenomeno della firma delle dimissioni in bianco. Questioni gravi, che incidono profondamente sulla vita delle donne. Questioni che richiedono il coinvolgimento attivo di tutti: uomini e donne, uniti, contro ogni forma di sopraffazione e di violenza, anche se larvata".

"Il rispetto verso le donne conosce molte declinazioni. Sul piano del linguaggio, innanzitutto. Dobbiamo respingere le parole di supponenza, quando non di odio o di disprezzo verso le donne. Parole che generano e alimentano stereotipi e pregiudizi ottusi e selvaggi, determinando atteggiamenti e comportamenti inaccettabili", ha sottolineato il presidente della Repubblica in occasione della cerimonia al Quirinale.

"Compromettere l'autonomia, l'autodeterminazione, la realizzazione di una donna esprime una fondamentale mancanza di rispetto verso il genere umano - ha spiegato Mattarella -. Il rispetto è alla base della democrazia e della civiltà del diritto, interno e internazionale. Per questo il rispetto le donne è questione che attiene strettamente alla politica. Rispettare s'impara, o si dovrebbe apprendere, fin da piccoli. Sui banchi di scuola. In famiglia. Nei luoghi di lavoro e di svago". "La parità di genere non è solo una grave questione economica e sociale. Ma è una grande questione culturale ed educativa. Negli ultimi due secoli le donne sono state protagoniste di importanti rivoluzioni sociali e culturali, sono state - spesso e in diversi ambiti - i motori del cambiamento. Le donne hanno sempre aiutato a cogliere il valore universale e positivo della diversità, della solidarietà, della pace. Rispettare e ascoltare le donne vuol dire lavorare per rendere migliore la nostra società".

"Vogliamo che le nostre politiche, tutte le politiche, siano valutate trasversalmente secondo l'impatto di genere: è, questa, la scelta di un metodo che percorriamo pienamente inseriti nel comune cammino europeo e che caratterizza come asse fondamentale la proposta italiana per il Next Generation Eu - ha detto la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti parlando dal Quirinale -. La transizione ecologica è certamente uno dei punti cardine dello sviluppo. Lo è altrettanto la transizione digitale, in una visione sinergica all'interno della quale il pieno accesso delle donne al mondo del lavoro è e sarà cruciale". "Vogliamo che le donne siano libere di realizzarsi senza dover scegliere tra l'esperienza della maternità e quella lavorativa - ha aggiunto -Scegliamo infrastrutture sociali, fiscalità, politiche attive di investimento nel lavoro femminile in ogni settore, che davvero portino le lavoratrici al centro dello sviluppo dell'Italia per i prossimi anni. L'imprenditoria delle donne e la formazione nelle materie scientifiche sono due vettori strategici in questa direzione. C'è bisogno di donne nella scienza perché la scienza contribuirà a scrivere il futuro di tutti. Ogni donna, ogni bambina, deve potervi accedere da protagonista, senza preclusioni o timori".

fonti le agenzie / ansa / corriere della sera

 

 

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