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Delimitazione delle aree marittime tra Grecia e Libia: lo ha chiesto il premier Kyriakos Mitsotakis ricevendo due giorni fa ad Atene il presidente del Consiglio presidenziale libico, Mohamed al-Menfi, alla presenza del Vice Ministro degli Esteri, Miltiadis Varvitsiotis che ieri e stato a Roma incontrando il suo omologo italiano Enzo Amendola.

Italia e Grecia sono due Paesi tradizionalmente amici, alleati e membri di “un’Europa ambiziosa” che condividono la necessità di affrontare insieme non solo molte delle questioni europee ma anche il processo di stabilizzazione della Libia, un Paese che potrebbe diventare un partner affidabile sia per Roma che per Atene. 

Lo afferma in un'intervista in esclusiva ad “Agenzia Nova”, il viceministro degli Esteri greco incaricato per gli affari europei, Miltiadis Varvitsiotis, in occasione della sua visita di ieri a Roma, dove ha incontrato il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei, Vincenzo Amendola, il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese e il presidente della terza commissione Affari esteri e Comunitari della Camera dei deputati, Piero Fassino. “La Grecia e l'Italia affrontano sfide comuni e condividono anche legami tradizionali. Siamo stati insieme in quasi tutte le principali questioni europee. Ed è importante che questa cooperazione continui”, chiarisce subito Varvitsiotis, che oggi affronterà diversi temi durante i suoi colloqui: la cooperazione bilaterale, la gestione dei flussi migratori a livello europeo e gli sviluppi legati al Mediterraneo orientale.

Un piacere ricevere Miltiadis Varvitsiotis, ministro greco delegato agli Affari Ue: Italia e Grecia condividono tante sfide comuni. Lo ha scritto su Facebook il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola. "Condividiamo con la Grecia tante sfide comuni, a partire dalla lotta al Covid-19 sino alle riaperture, da programmare in sicurezza. Per questo lavoriamo senza sosta al Certificato verde digitale", ha scritto Amendola. Durante il colloquio, ha aggiunto il sottosegretario, si è "parlato anche di Next Generation Eu; Conferenza sul Futuro dell'Ue; migrazioni; Mediterraneo orientale e Turchia".

Così in occasione della sua visita di due giorni a Roma e del suo incontro di ieri con il suo omologo italiano, Vincenzo Amendola, il vice Ministro degli Affari Esteri Miltiadis Varvitsiotis ha rilasciato un'intervista a Daniele Gargaliano dell'Agenzia Nova, dal titolo “Italia-Grecia: alleati in Europa con un visione comune in Libia ”.

Il signor Varvitsiotis ha sottolineato che l'Italia e la Grecia sono due paesi che sono stati tradizionali amici, alleati e membri di una "Europa ambiziosa", condividendo una visione comune e affrontando sfide comuni nel Mediterraneo. “Siamo insieme praticamente su tutte le principali questioni europee. Ed è importante che questa collaborazione continui ”, ha detto, aggiungendo che il governo greco spera in una cooperazione produttiva con il governo Draghi.

Il Vice ministro ha fatto particolare riferimento al processo di stabilizzazione della Libia, sottolineando che la presenza simultanea dei primi ministri greco e italiano a Tripoli il 6 aprile è stata vista come un chiaro segno di quanto siano vicine le opinioni dei paesi sul futuro della Libia e il loro comune interesse per promuovere il processo di ricostruzione. "La Libia può essere trasformata da un paese instabile in un partner del Nord Africa e un importante fornitore di energia", ha affermato.

Secondo il viceministro degli Esteri greco, i nostri sono due Paesi che condividono “visioni e minacce comuni nel Mediterraneo” e “hanno posizioni comuni su tutte le principali sfide europee”. Per questo motivo, Varvitsiotis si augura a nome dell'esecutivo ellenico di avere con il “nuovo” governo guidato da Mario Draghi “una cooperazione produttiva” nel tentativo di lavorare per “costruire un’Ue più forte e rafforzare ulteriormente gli stretti legami tra i nostri Paesi”. 

Draghi del resto “è un convinto sostenitore dei valori europei e dell'integrazione europea”, osserva ancora il vice Ministro della diplomazia di Atene ricordando che “durante la sua presidenza alla Banca centrale europea (Bce) ha dimostrato di essere capace e affidabile e di dare la giusta battaglia al momento giusto”. 

La Grecia è quindi interessata a lavorare ulteriormente con il governo Draghi “sulle questioni della solidarietà europea, dell'immigrazione e anche del trovare modi su come rafforzare i nostri legami bilaterali”.

Uno dei dossier più sensibili su cui convergono le visioni dei due governi sembra essere quello libico. La simultanea presenza lo scorso 7 aprile a Tripoli del primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, e dell’omologo italiano Draghi è stata vista come un chiaro segnale di vicinanza di vedute tra Roma e Atene sul destino del Paese nordafricano. 

Secondo Varvitsiotis, la presenza e lo stesso incontro che hanno avuto Mitsotakis e Draghi nella capitale, “dimostra che gli Stati mediterranei confinanti con la Libia condividono lo stesso interesse a stabilizzare la Libia” e a “promuovere il processo di costruzione dello Stato da parte del governo ad interim”, poiché la “stabilizzazione della Libia resta importante per entrambi i nostri Paesi”

Per quanto riguarda il "memorandum" illegale turco-libico, Varvitsiotis ha osservato che viola i diritti sovrani della Grecia e che è importante per la Libia vedere che un buon rapporto con la Grecia si rifletterà anche in un buon rapporto con l'intera 'Unione europea. "Il governo greco è pronto a sostenere il popolo libico in ogni modo possibile, sia bilateralmente che a livello europeo", ha commentato.

Per quanto riguarda le relazioni greco-turche, il vice ministro  ha sottolineato la necessità che Ankara dimostri, in pratica, che rispetta costantemente l'acquis europeo, ponendo fine a tutte le provocatorie attività unilaterali che potrebbero mettere a repentaglio la stabilità e la sicurezza nel Mediterraneo orientale.

Per quanto riguarda la prossima conferenza a cinque sulla questione di Cipro, Varvitsiotis ha sottolineato che Nicosia è l'ultima città divisa in Europa e che è giunto il momento per noi di andare avanti, non sulla base di una soluzione a due stati, come propone Ankara, ma sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite. "Dato che Cipro è diventato un membro a pieno titolo dell'UE 20 anni fa, è importante che anche l'UE abbia voce in capitolo in questi negoziati, quindi saremo lieti che all'UE venga assegnato lo status di osservatore alla prossima riunione di Ginevra", ha aggiunto.

Il Vice ministro ha anche osservato che l'Europa deve proteggere efficacemente i suoi confini, che gli Stati in prima linea non dovrebbero essere lasciati ad occuparsi da soli della questione migratoria e che la cooperazione internazionale deve essere rafforzata, soprattutto con i paesi di origine. "Con l'Italia, la Grecia ha creato un'alleanza nel contesto dell'iniziativa Med-5, e vogliamo che questo sia il nostro strumento di negoziazione nel plasmare la politica dell'UE", ha aggiunto.

Infine, il vice Ministro ha discusso l'uso del Fondo per la ripresa - che può stimolare gli investimenti in Grecia - e del gasdotto East-Med, che ha descritto come un importante strumento europeo per la diversificazione delle risorse energetiche, con grande significato geopolitico e benefici economici.

L'incidente diplomatico con il presidente turco Erdogan? "L'Italia assieme a tutti i partner europei, in Consiglio europeo, ha detto chiaramente che con la Turchia vogliamo avere un dialogo costruttivo ma chiaro, in cui ci sono elementi di negoziato, elementi portati dai vertici europei ad Ankara, in cui il dialogo avvenga sulla base di parole chiare. Le parole chiare che il governo usa sono quelle approvate dal Parlamento italiano, in cui in un dialogo costruttivo bisogna dirsi anche le cose che non condividiamo". Così il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con il viceministro degli Esteri greco incaricato per gli affari europei, Miltiadis Varvitsiotis.

Fonti Ag.Nova / Ministero degli esteri Ellenico / foto ag.Nova

 

 

La crisi del coronavirus costituisce una sfida per l'economia europea e per le condizioni di vita dei cittadini. Durante questa crisi sanitaria è fondamentale non solo proteggere i settori critici della nostra economia, ma anche i nostri beni, le nostre tecnologie e le nostre infrastrutture e soprattutto occorre tutelare i posti di lavoro e i lavoratori.

L'impatto economico della crisi del coronavirus varia a seconda dei settori industriali e delle imprese in funzione di una serie di fattori, tra cui la possibilità di adattarsi ai problemi che interessano le catene di approvvigionamento, la disponibilità di scorte o il ricorso a processi di produzione just-in-time.

La Commissione europea è in stretto contatto con le autorità nazionali, i rappresentanti dell'industria e le altre parti interessate al fine di monitorare e valutare l'impatto sull'industria e sul commercio europei.

Nel suo rapporto l'Ocse mette in evidenza che in Italia molti problemi strutturali, che vanno ancora indirizzati, erano preesistenti alla crisi pandemica. Più nel dettaglio, l'Ocse ricorda che il Pil pro capite degli italiani è inferiore del 26% a quello dei 18 Paesi Ocse più ricchi e che la produttività nel nostro paese è inferiore del 17% rispetto ai migliori risultati dell'Ocse.

"La crisi rischia di far calare ulteriormente i tassi di occupazione, già bassi, e di rafforzare le diseguaglianze, soprattutto per chi ha uno scarso livello di competenze e un basso livello di formazione continua": lo scrive l'Ocse nella scheda sull'Italia del report 'Going for Growth 2021. Shaping a Vibrant Recovery

Secondo l'Ocse in Italia il 20% delle famiglie più povere guadagna il 6,6% del reddito totale. Sul fronte dell'ambiente l'Ocse segnala che il Italia i tre quarti della popolazione "è esposto a livelli dannosi di inquinamento", anche se le emissioni di gas a effetto serra "sono scese negli ultimi anni".

Molti degli attuali problemi strutturali dell'Italia, "sono stati aggravati dalla crisi Covid-19". È quanto si legge nel nel rapporto dell'Ocse 'Going for Growth 2021', nel quale si evidenzia che ora "la priorità fondamentale per la ripresa è migliorare l'efficacia della pubblica amministrazione", specie per quanto riguarda la "governance degli investimenti pubblici e un migliore coordinamento e attuazione tra i diversi livelli di governo", e anche per "un utilizzo efficace dei fondi disponibili dallo strumento europeo di ripresa e resilienza (Rrf) e per realizzare i vantaggi delle riforme strutturali".

"Un'offerta efficace di istruzione, servizi pubblici di promozione dell'impiego e politiche di attivazione servizi in materia di istruzione, può contribuire a mitigare i divari tra domanda e offerta di competenze e lavoro, in particolar modo per i giovani e per i lavoratori più vulnerabili", suggerisce l'Ocse.  

La "priorità essenziale" per favorire la ripresa dell'Italia è rappresentata dalla "promozione dell'efficienza della pubblica amministrazione, principalmente nell'ottica di migliorare la gestione degli investimenti pubblici e rendere, al contempo, più efficaci l'assegnazione e il coordinamento dei compiti di attuazione delle varie politiche tra i diversi livelli di governo. Passaggi chiave, questi ultimi, per un efficace utilizzo dei fondi del Recovery e per la piena realizzazione dei vantaggi attesi dalle previste riforme strutturali": è quanto scrive l'Ocse nella scheda sull'Italia del rapporto 'Going for Growth'.

"Rimuovere i vincoli legali al telelavoro": questo uno dei suggerimenti rivolti dall'Ocse all'Italia, nel quadro del rapporto 'Going For Growth: Shaping a Vibrant Recovery' presentato oggi in presenza del segretario generale dell'organismo, Angel Gurria e del ministro dell'Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Per favorire produttività e innovazione, l'Ocse suggerisce inoltre di "rimuovere i vincoli per favorire l'installazione più rapida di infrastrutture per le telecomunicazioni". Ma anche "sensibilizzare i manager e accrescere il loro livello di competenze per favorire la diffusione delle tecnologie, l'innovazione e un miglior utilizzo del personale".

Intanto l'11 febbraio 2021 la Commissione europea ha pubblicato le sue previsioni economiche d'inverno 2021. Secondo le previsioni, l'economia della zona euro crescerà del 3,8% nel 2021 e nel 2022. Secondo le previsioni, l'economia della zona euro crescerà del 3,7% nel 2021 e del 3,9% nel 2022.

Le economie della zona euro e dell'UE dovrebbero raggiungere i livelli di produzione precedenti alla crisi prima rispetto quanto indicato nelle previsioni economiche d'autunno 2020, in gran parte a causa di una spinta alla crescita più forte del previsto nella seconda metà del 2021 e nel 2022.

Dopo la forte crescita nel terzo trimestre del 2020, l'attività economica si è nuovamente contratta nel quarto trimestre poiché la seconda ondata della pandemia ha portato a nuove misure di contenimento. Con tali misure ancora in vigore, le economie dell'UE e della zona euro dovrebbero contrarsi nel primo trimestre del 2021. La crescita economica dovrebbe riprendere in primavera e acquisire slancio in estate con l'avanzare dei programmi di vaccinazione e la graduale riduzione delle misure di contenimento.

Anche il miglioramento delle prospettive per l'economia mondiale è destinato a sostenere la ripresa. L'impatto economico della pandemia rimane disomogeneo tra gli Stati membri e si prevede che anche la velocità della ripresa varierà notevolmente.

 

Fonti Agi / Commissione Europea / Ansa

Centinaia i commercianti che stanno partecipando al sit in al Circo Massimo "Una volta, per tutti" organizzato dalle associazioni: Roma più bella, Ihn (Italian hospitality network), Tni Italia (Tutela nazionale imprese) e Lupe Roma. I primi ad arrivare sono stati i ristoratori maremmani che hanno appeso ad un filo mutande rotte, arancioni e gialle con accanto scritto: "L'Italia a colori ci ha lasciato in mutande ma ora basta". Sono arrivati dalla Sicilia, da Enna, Piombino e Crema.  

Secondo la Fipe 30 mila imprese hanno chiuso nel 2020, altrettante potrebbero chiudere quest'anno. "Noi donne durante l'emergenza non ci siamo fermate un attimo, e ora siamo cariche per riaprire", dice Valentina Piccabianchi imprenditrice nel campo del catering. "Il nostro settore - ricorda, Maurizio Pasca, imprenditore pugliese dell'intrattenimento e presidente Silb - è chiuso ininterrottamente da 14 mesi, dal 23 febbraio dello scorso anno, tranne quella piccola parentesi per i locali all'aperto che hanno potuto riaprire d'estate. Il 30% ha chiuso definitivamente, un ulteriore 40% è destinato a chiudere se non si riapre quest'estate. Il nostro settore è criminalizzato, siamo indicati come gli untori della pandemia, ma abbiamo chiuso il 17 agosto e i contagi sono iniziati a risalire a ottobre. Non capiamo i pregiudizi nei confronti di un settore che serve a socializzare e che vale 2 miliardi all'anno 

Sono sempre più numerosi i politici secondo il giornale, a chiedere con urgenza un calendario per definire le riaperture, venire incontro alle esigenze dei commercianti sempre più in crisi ed impedire all'economia del Paese di sprofondare ancora più in basso ....tra i nuovi seguaci di questa filosofia pare esserci anche il Direttore scientifico di Medical Facts Roberto Burioni. l professore si dice in particolar modo propenso ad accogliere l'idea di ripartire con le attività all'esterno, approfittando della bella stagione e del fatto che i contagi, in questi casi, si verifichino molto raramente."I dati indicano che il contagio all'esterno è molto raro", scrive infatti Burioni in un post sulla pagina personale di Twitter."Perché, con l'arrivo della bella stagione, non riaprire subito bar, ristoranti e pure teatri all'esterno, non lesinando autorizzazioni? A me", conclude il professore di Virologia all'Università San Raffaele di Milano, "non dispiacerebbe cenare fuori o assistere a un concerto con il cappotto".

"Non esiste un ristoro che compensi il Pil che abbiamo perduto scrive il giornale: l'unico ristoro è far tornare la gente a lavorare", dichiara invece Giovanni Toti nel corso di un'intervista concessa ad "Agorà" su RaiTre. "Oggi ancora non si può? Bene, la politica è prevedere il futuro. Cominciamo a dire che abbiamo un certo calendario di riaperture. Se ci diamo degli obiettivi, la gente li persegue", aggiunge il governatore della Liguria. "Se diciamo che si apre con un tasso di contagio basso, i cittadini saranno portati a rispettare di più le regole. Diamoci un metodo e un calendario".

Ci sono rappresentanti delle lavanderie industriali al circo massimo a Roma, di chef e cuochi che indossano il tradizionale cappello da cucina. C'è anche il movimento artisti italiani proveniente dalla Toscana. I loro slogan, ripetuti ritmicamente, sono "Lavoro, lavoro" e "Riapertura, riapertura".

Attimi di tensione a Circo massimo al sit in di commercianti arrivati da tutta Italia. Un gruppo di manifestanti ha lasciato il presidio per tentare di andare in corteo verso Palazzo Chigi ma la polizia li ha bloccati. A far desistere il gruppo dal suo intento anche un gruppo di manifestanti che ha ribadito di "non volere atti di violenza".

Da ministro avrei autorizzato quel corteo: io sono sempre per la libertà di manifestare". Così il leader della Lega, Matteo Salvini, alla conferenza stampa per la presentazione del libro 'Salute o libertà: un dilemma storico-filosofico' di Corrado Ocone parlando della manifestazione di ieri.

"Ci sarei andato io, in piazza, insieme ai miei poliziotti". "Siamo lì per rimanerci, finché serve che stiamo lì, non siamo in metropolitana, Ma non per il gusto di stare al governo. Stiamo lavorando a un estate post-bellica, che sia l'inizio di un rinascimento non solo economico ma anche mentale". "Ma non stiamo là a fare carta da parati".

Nessuna marcia ma un presidio permanente in attesa "di notizie da Palazzo Chigi". Questa la decisione presa dagli organizzatori della manifestazione dei commercianti a Circo Massimo. Ma non tutti i partecipanti concordano con la linea adottata e vorrebbero raggiungere Palazzo Chigi. Un blando tentativo, subito rientrato, c'è stato da parte di un gruppo di donne che mani alzate si è avvicinato al cordone di polizia gridando: 'ci hanno tolto il diritto al lavoro, non ci togliete anche il diritto a manifestare'. Poco prima per cercare di stemperare la tensione una manifestante ha regalato un mazzetto di fiori ai poliziotti. La zona è sorvolata continuamente da un elicottero delle forze dell'ordine.

Gli esercenti hanno manifestato in piazza in 21 città italiane, da Firenze a Napoli e Genova, in contemporanea con l'assemblea straordinaria della Fipe-Confcommercio convocata in piazza San Silvestro, a Roma. "Siamo qui per chiedere di poterci rialzare. - afferma Alessandro Cavo, giovane esercente, collegato da Genova -. Chiediamo una data per iniziare a risollevarci, troppi colleghi sono caduti, troppo i ristori promessi che non sono arrivati".

"Lavoravo dalle 18 a notte fonda, da quando ci hanno chiuso ho fatturato il 20%, i miei dipendenti sono in cassa integrazione, prendono una miseria e la prendono anche tardi, ho provato a sostenerli il più possibile, ma ora è diventato difficile anche per me - dice Matteo Musacchi ad ansa, presidente dei giovani imprenditori della Fipe, titolare di un ristorante e cocktail-bar a Ferrara -. Oltre al fatto che stare in casa senza far nulla, per chi è abituato a lavorare 15 ore al giorno porta via di testa".

Dal palco di Roma poco prima aveva incalzato il governo, ricordando che "ieri i pub hanno riaperto e gliel'hanno detto un mese prima". "Non ho bisogno - aggiunge - della rassicurazione 'stiamo per programmare le aperture', ho bisogna di sapere quando riapro".

"Vogliamo riaprire in sicurezza, perché la risposta all'emergenza solo con 'più chiusure' è ormai una scelta insostenibile dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale". Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, intervenendo all'assemblea della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) organizzata in Piazza San Silvestro a Roma. "Abbiamo investito nella sanificazione - ha detto Sangalli -, abbiamo accettato le regole del distanziamento, abbiamo rafforzato l'alleanza con i consumatori, abbiamo difeso i nostri collaboratori. E tutto per poter lavorare in sicurezza". "Ci impegniamo sugli indennizzi a fondo perduto - ha sottolineato -, che non sono sufficienti e che devono essere rafforzati per dignità e per giustizia". "Ci siamo impegnati per spostare a lungo termine tutti quei costi, oggi insostenibili, che gravano sulle imprese. Penso alle tasse e alle tasse locali. Penso ai finanziamenti. Penso agli affitti. Penso alle bollette", ha spiegato Sangalli.

Quando la piazza dell'assemblea degli esercenti a Roma stava smobilitando, ha tirato fuori un piccolo martello e cominciato a rompere piatti e bicchieri, richiamando l'attenzione dei presenti. "Questi sono i nostri cocci. Ho rotto gli strumenti del mio lavoro, se non mi fanno riaprire non mi servono più". Moreno, un ristoratore toscano, ha manifestato così la sua amarezza per le restrizioni anti-Covid. L'uomo ha poi strappato una tovaglia che si era portato appresso in una borsa, aggiungendo che anche quella non gli sarebbe servita più. Al termine della protesta, ha riposto tutto e, armato di scopa, ha ripulito raccogliendo i cocci.

Secondo me questo è il modo giusto di manifestare. Quello che è stato fatto ieri e la scorsa settimana non porta sicuramente a niente". Lo ha detto all'AdnKronos Camilla Moccia, la ristoratrice protagonista della celebre foto, diventata virale sul web, in cui era china in lacrime nella sua cucina in un momento di sconforto.

"Lanciando le bottiglie secondo me non si arriva a nulla", dice facendo riferimento ai disordini che hanno fatto da cornice alla protesta del movimento #Ioapro. "Questo è la maniera corretta, con tranquillità per cercare di arrivare a una soluzione vera. Spero vivamente che queste manifestazioni portino a una grande riapertura il prima possibile, perché veramente siamo esausti", dice partecipando alla manifestazione al Circo Massimo.

“Bisogna cercare di sfruttare i posti all'esterno dei ristoranti. Noi abbiamo solo 8 posti coperti - ha aggiunto - e ampliando all’esterno potrei fare 30-40 coperti e sarebbe una grande cosa. Anche perché avere solo 8 posti coperti equivale a stare chiusa".

Di sicuro, iniziative all'aperto, senza affollamenti e con una grande attenzione ai protocolli di sicurezza si possono provare. È l'ipotesi lanciata su Twitter nella mattinata di martedì 13 aprile da Roberto Burioni, virologo dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano. (MilanoToday.it)

“I dati indicano che il contagio all’esterno è molto raro. Il tweet di Burioni, di solito molto prudente sulle aperture, arriva all’indomani della richiesta del presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Cts per avere protocolli con limiti meno stringenti (L'HuffPost)

Perché, con l'arrivo della bella stagione, non riaprire subito bar, ristoranti e pure teatri all'esterno, non lesinando autorizzazioni?". Insomma, le riaperture devono essere sostenibili, reali e non solo di facciata, la raccomandazione del presidente del Consiglio, spiegano fonti di governo all'Adnkronos. (Adnkronos)

fonti adn kronos / ansa / il giornale

«Non sarò in piazza con i ristoratori di 'Io apro', ma li ho sentiti ieri e oggi. Ci saranno alcuni incontri con esponenti di governo della Lega. Ovviamente ho invitato alla calma e al rispetto delle leggi e alle forze dell'ordine. Ma sono persone che chiedono di poter lavorare e li ascolto con estrema attenzione”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini.

«Libertà, libertà», gridano i manifestanti che hanno organizzato la protesta per chiedere la riapertura delle attività commerciali.

Intanto blindati e idranti schierati in varie strade, transenne e chiusure di strade attorno a Montecitorio. Centro storico di Roma 'blindato' per la manifestazione non autorizzata lanciata dal movimento IoApro. Diverse pattuglie anche della Polizia Locale sono impegnate nei servizi di viabilità e nelle chiusure nell'area attorno a piazza di Montecitorio.

Elicottero in volo sul centro storico di Roma e blindatura delle vie attorno a Palazzo Chigi, Montecitorio e Senato: c'è un clima di tensione mentre cresce l'attesa per la manifestazione 'Io apro', con ben 130 pullman in arrivo da tutta Italia per protestare contro il prolungamento delle misure anti contagio che limitano l'apertura degli esercizi commerciali fino a maggio.

I manifestanti si sono dati appuntamento alle ore 14:50 a piazza San Silvestro per muoversi in corteo verso Montecitorio. Chiuse dalla Polizia le strade attorno ai Palazzi a cui puntano i manifestanti, anche attraverso il dispiegamento di blindati per evitare che riaccada quanto registrato la settimana scorsa, con scontri fuori alla Camera dei deputati e due agenti feriti.

I primi gruppi di manifestanti si stanno radunando a piazza San Silvestro e intonano cori "Libertà, libertà". "Non siamo partite Iva, siamo persone, siamo famiglie - dice un manifestante arrivato da Napoli - non siamo delinquenti, siamo persone che lavoravano 14 ore al giorno". Mentre un altro aggiunge: "Ci negano anche il diritto di manifestante. E' stata un'impresa arrivare qui".

Intanto si sta riempiendo lentamente piazza San Silvestro a Roma da dove è prevista la partenza del corteo «Io Apro». Molti i manifesti funebri che annunciano la morte di palestre e piscine, oltre ai cartelli con scritto «Dalla padella di Conte alla brace di Draghi» e «Siamo tutti un autogrill». «Libertà, libertà», gridano i manifestanti, bloccati in piazza San Lorenzo in Lucina. Le forze dell'ordine hanno chiuso tutti gli ingressi che portano alla piazza di Montecitorio e alcune centinaia di manifestanti si stanno quindi raggruppando in piazza San Lorenzo in Lucina. «Ci stanno negando il diritto a manifestare - grida una signora proprietaria di un ristorante a Firenze - sarebbe questa la vostra democrazia?». Alle 13 le strade attorno ai Palazzi a cui puntano i manifestanti che chiedono aperture immediate sono state chiuse – anche attraverso il dispiegamento di blindati - per evitare che riaccada quanto registrato la settimana scorsa, con scontri fuori alla Camera dei deputati e due agenti feriti.

Tante le sigle presenti – ci sono partite Iva, ristoratori, proprietari di palestre e piscine, con slogan, striscioni e tricolori. Insieme a ristoratori, partite Iva, baristi ed esercenti commerciali provenienti da tutta Italia, tra loro anche CasaPound, che ha esposto lo striscione: '«La paura di morire non ci sta facendo vivere».

«Partiti, direzione Roma. Noi stiamo andando con le macchine, siamo tanti dalla Toscana del movimento “Io Apro”, ma non solo. Ci sono ristoratori provenienti da tutta Italia. Ci ritroveremo tutti nella Capitale, a gruppi di 500 persone e confluiremo tutti a Montecitorio». Lo ha raccontato questa mattina ai microfoni di Radio Capital e all'Adnkronos Mohamed “Momi” El Hawi, 34 anni, ristoratore di Firenze, leader del movimento “Io Apro”, che oggi sarà davanti a Montecitorio per protestare contro le chiusure degli esercizi commerciali, manifestazione non autorizzata dalla questura di Roma. «Quante persone prevedo oggi? 

Decine di migliaia - spiega - centinaia di pullman pieni, traghetti, macchine, aerei. E tantissimi romani. Nel rispetto della legalità, chiaramente. Tutti sono stati informati di non alzare nemmeno un dito anche se provocati». «Non vogliamo essere etichettati - ha aggiunto – noi siamo cittadini che hanno il diritto di manifestare.
Tutti sono stati informati di non alzare nemmeno un dito anche se provocati». «Non vogliamo essere etichettati - ha aggiunto – noi siamo cittadini che hanno il diritto di manifestare. Toglierci anche questo sarebbe l'ultimo sopruso che non ci meritiamo». Per concludere: «Gli imbecilli restino a casa».

A loro sono giunte parole di sostegno da parte del leader della Lega, Matteo Salvini, a margine di una visita a Mind, nell'ex area Expo di Milano: «Non sarò in piazza, ma li ho sentiti ieri e oggi. Ci saranno alcuni incontri con esponenti di governo della Lega. Ovviamente ho invitato alla calma e al rispetto delle leggi e alle forze dell'ordine. Ma sono persone che chiedono di poter lavorare e li ascolto con estrema attenzione».

Le forze dell'ordine ricordano che la manifestazione organizzata sui social network dal movimento 'Io apro' non è stata autorizzata dalla Questura di Roma. "Siamo venuti a Roma con l'intenzione di manifestare pacificamente e restiamo di questa idea anche se la tensione che si e' creata nella Capitale dovuta i controlli e ai divieti per impedirci di manifestare non aiuta" dichiara ad Agenzia Nova Umberto Carriera dell'associazione "IoApro", uno degli organizzatori della manifestazione che sostiene come molti manifestanti abbiano trovato controlli rafforzati sia alla Stazione Termini che ai caselli autostradali. Secondo quanto appreso dall'agenzia Ansa sarebbero 13 le persone dirette al sit in organizzato da IoApro bloccate dalle forze dell'ordine alla Stazione Termini e identificate.

 

 

 

 

È tensione tra Italia e Turchia. Il premier italiano Mario Draghi, ieri sera, ha condannato in modo netto il trattamento riservato alla presidente della Commissione europea che, martedì scorso, nel sontuoso palazzo presidenziale di Ankara era stata lasciata senza sedia durante il colloquio, cui partecipava anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, per far ripartire il dialogo tra la Ue e la Turchia:«Non condivido assolutamente Erdogan — ha detto durante una conferenza stampa —, credo che non sia stato un comportamento appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dovuto subire».

E ha aggiunto: «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio».

"Piena solidarietà al Presidente Mario Draghi e apprezzamento per il coraggio dimostrato dalle sue parole". Lo dichiara il think tank Lettera 150 relativamente alla polemica su Erdogan. "Il Presidente del Consiglio - prosegue - si muove nel solco della costituzione italiana che riconosce nella democrazia e nei valori di libertà e rispetto dei diritti umani il collante che unisce le millenarie civiltà mediterranee". "Lo sgarbo fatto a Ursula von der Leyen (nella stupefacente indifferenza di Charles Michel) da parte del governo turco rappresenta l'ennesima testimonianza della involuzione politica di una grande nazione che, tradendo l'insegnamento di Kemal Ataturk, sta scivolando verso derive liberticide che colpiscono fra l'altro l'università, il mondo della cultura, la stampa, i diritti delle donne e delle minoranze". "Chiediamo alle forze libere e democratiche d'Europa - conclude Lettera 150 - di fare concreta pressione sul governo turco perché fermi una preoccupante deriva totalitaria

"Il primo ministro Draghi ha ragione, sotto la guida del presidente Erdogan la Turchia si è allontanata dallo stato di diritto, dalla democrazia e dalle libertà fondamentali nell'ultimo decennio". Così il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber in una dichiarazione inviata ai media italiani. La Turchia "non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini - ha aggiunto Weber -. Se l'Europa vuole costruire un partenariato costruttivo con Paesi come la Turchia, ed è nel nostro interesse strategico farlo, dovremmo parlare chiaramente e onestamente dei fatti sul campo", ha detto Weber. "È anche il motivo per cui abbiamo chiesto già da anni al Consiglio di chiudere finalmente   la procedura di allargamento della Turchia all'Ue - ha proseguito Weber -. Siamo categoricamente contro una prospettiva di adesione della Turchia all'Ue e finché è sul tavolo ostacola un rapporto più realistico e franco con il Paese".

Proteste e polemiche, al di là di Draghi, infuriano anche in Italia. La condanna dei gruppi parlamentari sul sofa gate è unanime. E a Montecitorio il Partito democratico ha manifestato il suo sconcerto lasciando una sedia vuota al centro dell'emiciclo per denunciare quella che Beatrice Lorenzin ha definito «un'offesa a tutte le donne ed all'Unione Europea»

Intanto, il caso è destinato a finire al Parlamento europeo. Dopo la condanna unanime, dai maggiori gruppi è arrivata la richiesta di un dibattito in plenaria per far luce sull'accaduto.

«La visita ad Ankara avrebbe dovuto rappresentare un messaggio di fermezza e unità dell'approccio dell'Europa alla Turchia. Purtroppo, si è tradotta in un simbolo di disunione, poiché i presidenti non sono riusciti a stare insieme quando era necessario», ha attaccato il presidente del Ppe, Manfred Weber. A sollecitare una discussione con von der Leyen e Michel è stata anche la presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), Iratxe Garcia Perez, che ha ricordato: «L'unità dell'Unione europea e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle donne, sono fondamentali».

Intanto l’ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, è stato  convocato dal viceministro degli Esteri con delega agli Affari Ue, Faruk Kaymakci, che gli ha espresso la «forte condanna» della Turchia per le «brutte e sfacciate affermazioni» di Draghi. E il capo della diplomazia turca Mevlut Cavusoglu, ha alzato il tono dello scontro: «Il premier italiano, nominato, ha rilasciato una dichiarazione populista e inaccettabile nei confronti del nostro presidente della Repubblica, che è stato scelto attraverso elezioni». «Condanniamo con forza le parole riprovevoli e fuori dai limiti», ha aggiunto. In una nota il ministero degli Esteri di Ankara ha chiesto anche «l’immediato ritiro» delle dichiarazioni sul presidente turco Recep Tayyip Erdogan, «che non sono conformi allo spirito di amicizia e di alleanza tra Italia e Turchia».

Le parole del premier Mario Draghi su Erdogan hanno suscitato in Turchia un'ondata di reazioni politiche. "Caro Draghi da noi non c'è alcun dittatore. Se vuole vedere un dittatore guardi alla storia del suo Paese, guardi Mussolini", ha twittato il capogruppo in parlamento del partito Akp di Erdogan, Numan Kurtulmus.

Pina Picierno parlamentare europea del pd, ha scritto questa lettera al quotidiano Avvenire : "Gli uomini offendono o per paura, o per odio". Credo sia tutta in questa valutazione sulle virtù o i limiti del Principe elaborata da Machiavelli la traccia di discussione sulle relazioni tra Ue e Turchia, che ha trovato rappresentazione e sintesi nella ormai famosa fotografia irrituale che ritrae Ursula von der Leyen costretta alla seduta sul sofà, ai margini del palcoscenico riservato a Erdogan e Michel. Non a caso uso le parole rappresentazione e sintesi, perché onestamente meraviglia ci si potesse aspettare altro dalle relazioni tra Ue e Turchia se non l'offesa, lo “schiaffo” diplomatico e cerimoniale. Ma veniamo ai fatti, che contano sempre più delle polemiche.

Negli scorsi mesi abbiamo assistito al perseguimento di una linea di politica estera Ue, di Commissione e Consiglio, e delle relazioni con la Turchia improntata alla de-escalation. La giusta preoccupazione per l'aggressività di Erdogan nel Mediterraneo orientale ha suggerito una fase di dialogo per evitare che quell’aggressività potesse portare a tensioni non più controllabili, in un'area già calda. La Nato stessa ha perseguito l’obiettivo di raffreddare quelle tensioni. Così come era necessaria almeno una revisione e un adeguamento delle intese per il “contenimento” del fenomeno migratorio in particolare dalla Siria, sulle rotte balcaniche ed egea.

La presunta de-escalation, però, è stata condotta unilateralmente dalla Ue, confondendo aggressore con aggredito, parte lesa con parte offesa, con l'unico obiettivo di ridimensionare le tempeste che Erdogan scatena ciclicamente per propaganda interna e per stringere un cappio liberticida su oppositori, minoranze etniche, studenti e donne, in un delirio di protagonismo della Turchia nel Mediterraneo e in Medio Oriente che non trova fondamento né nella sua forza economica né in quella militare. Quel protagonismo è esattamente il punto di crisi della politica estera Ue. Quella sedia mancante ne è la rappresentazione. Continuare a confinare il Mediterraneo nell’angusta strettoia del fenomeno migratorio che, inutile nasconderselo, è per varie ragioni l'unica ossessione delle cancellerie europee, dimostra il fallimento della Ue, come potenza globale e, ancora più gravemente, persino come potenza regionale. E questo non è l'unico punto, né il principale.

Europeismo e atlantismo, quante volte ne sentiamo parlare? Nel corso della seconda metà del secolo scorso, pur tra non poche contraddizioni, questi due concetti, queste due coordinate geopolitiche, sono servite a indicare una scelta di fondo inequivocabile: lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani e politici nella storia dell'umanità. La stessa ragione fondativa dell’Europa comunitaria non può che essere ricercata in questo spirito. Perché se la democrazia non si esporta, non può nemmeno essere merce di scambio di interessi particolari. E io continuo a pensare, per intenderci, che fermare i migranti alle frontiere non valga un solo minuto di galera di un oppositore a un regime.

Insomma, nessuna offesa può essere più subita. Né per odio, né per paura. Se europeismo significa ancora qualcosa, oggi, la sedia da occupare è quella lasciata libera nel Mediterraneo dalle nostre stesse paure e dalla nostra mancanza di visione.



 

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