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Lunedì, 07 Ottobre 2024

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Da oggi, 15 ottobre, è entrato in vigore l'obbligo di certificazione verde per accedere ai luoghi di lavoro e, in diverse città italiane, sono state organizzate manifestazioni di protesta. Alcuni lavoratori si sono radunati davanti ai cancelli delle loro aziende e stanno bloccando le attività lavorative. In piazza anche gli studenti universitari a Milano, nuovo sit-in a Circo Massimo a Roma

Manifestazioni e scioperi in varie città in Italia contro l'obbligo di green pass al lavoro proprio nel primo giorno di entrata in vigore della misura: il 15 ottobre. Da Torino a Genova e Trieste, migliaia di lavoratori si sono fermati e protestano davanti ai cancelli delle loro aziende. Sit in e cortei a Livorno, Ancona e Bolzano. 

Cortei in tutto il Paese, presidi davanti ai porti e alle fabbriche, ma la temuta paralisi generale non c'è stata. Nessuna criticità nelle grandi fabbriche: secondo quanto riferiscono fonti sindacali, non sono arrivate segnalazioni di problemi almeno nei grandi gruppi, come Acciaierie Italia, Fincantieri, Hitachi, Leonardo, Stellantis, Electrolux, Whirlpool, Ast di Terni.

Nel giorno di entrata dell'obbligo del green pass nei luoghi di lavoro "non ci sono problemi, la giornata non è caratterizzata da tensioni e contrapposizioni a parte qualche singola realtà lavorativa" ha detto il segretario generale dela Cisl Luigi Sbarra.  

Una cinquantina di persone tra camalli della Culmv e dipendenti del terminal portuale Psa di Genova Pra' si sono riuniti ai cancelli del terminal dalle 6 di mattina per protestare pacificamente contro l'obbligo di presentazione del green pass

«Negli ultimi giorni ci hanno proposto i tamponi gratis, forse perché siamo una categoria forte, ma io mi chiedo come avremmo potuto guardare in faccia gli altri lavoratori se oggi ci fossimo messi a lavorare». Lo ha dichiarato il portavoce dei portuali triestini, Stefano Puzzer, in una breve conferenza stampa organizzata davanti al varco 4 del porto di Trieste. Il sindacalista ha ricordato che i lavoratori che oggi rappresenta hanno operato negli due anni in condizioni sanitarie difficili, senza mai tirarsi indietro, contribuendo ad aumentare del 45% il volume dei traffici. «Siamo contrari al green pass - ha detto ancora - perché non è uno strumento sanitario, ma politico. La nostra lotta è a difesa del diritto costituzionale al lavoro».

I servizi di sorveglianza riguarderanno anche i comizi dei candidati sindaco di Roma, prima del ballottaggio, di Enrico Michetti (a Campo de Fiori) e Roberto Gualtieri (piazza del Popolo). Il week end intenso sotto il profilo dell'ordine pubblico, continuerà sabato a piazza San Giovanni dove è atteso un fiume di gente per portare la solidarietà alla Cgil dopo l'assalto dei manifestanti violenti, e all'Olimpico dove è in programma Lazio-Inter (ore 18) con le curve - entrambe di estrema destra - gemellate e lo stadio pieno al 75% della sua capacità.

Circo Massimo blindato, centro storico sorvegliato speciale, così come la Bocca della Verità e le vicine vie che portano ai palazzi istituzionali. Focus anche sulle arterie stradali principali, dal Grande Raccordo Anulare alla Roma Fiumicino e nelle stazioni per monitorare la presenza di gruppi anti sistema. Sarà una Roma blindata quella che anche oggi sarà scenario di una nuova protesta dei No Green Pass.

Duemila circa le persone attese sulla carta, ma - secondo la Questura - c'è la possibilità concreta che dalle 16 di oggi (oggi nel giorno in cui il green pass diventa obbligatorio sui luoghi di lavoro), siano in molti di più a scendere in piazza, chiamati a raccolta dalle Sentinelle della Costituzione, coordinate dal sindacato Fisi e dall'avvocato Edoardo Polacco che, sui social, in questi giorni ha diffuso diversi appelli.

Proprio per questo motivo la Questura e la Prefettura, ieri, hanno negato agli organizzatori prima Santi Apostoli e poi anche la Bocca della Verità, ritenute entrambe troppo piccole e vicine agli uffici comunali e alle sedi istituzionali. In mattinata, invece, un gruppo di una ventina di persone 'no green pass' ha fatto una manifestazione estemporanea in via Labicana bloccando per breve tempo il traffico. Sul posto sono intervenute le forze dell'ordine che hanno allontanato i manifestanti.

L'allerta per individuare e scansare facinorosi e infiltrati è massima. In città saranno operativi almeno 3 mila uomini delle forze dell'ordine, più quelli in borghese. Inoltre se necessario, sul cielo della Capitale, voleranno anche gli elicotteri di polizia e carabinieri per monitorare la situazione dall'alto. La giornata sarà in costante evoluzione.

Intanto continua la polemica sui scontri dei giorni scorsi e sarebbe quasi da non credere, se le immagini non fossero state lanciate in esclusiva da Quarta Repubblica nell'ultima puntata. Breve passo indietro. Le telecamere della trasmissione sono a Piazza del Popolo quando sul palco qualcuno annuncia l'intervento di Giuliano Castellino. Il leader di Fn, che avrebbe Daspo e divieti di presenziare a manifestazioni simili, inizia la sua arringa contro i sindacati. "Sapete chi ha permesso che oggi il green pass o meglio tra sei giorni diventasse legge? E che milioni di nostri connazionali fossero sotto ricatto? Hanno nomi precisi Cgil, Cisl e Uil". La critica poi si trasforma in una dichiarazione d'intenti. "Sapete oggi gli italiani liberi cosa fanno? - continua Castellino - Vanno ad assediare la Cgil. Oggi noi andiamo a prenderci la Cgil. Chiamiamo Landini: se vuole il suo palazzo, viene a Roma e proclama lo sciopero generale di tutti i lavoratori contro il green pass"

Era tutto scritto, anzi detto, almeno un'ora e mezzo prima dell'assalto alla Cgil. Non c'era bisogno di servizi di intelligence, infiltrati, grandi investigatori per capire che la manifestazione di sabato a Roma contro il green pass sarebbe finita in un disastro annunciato. Poco prima che l'assalto al sindacato trascinava su tutti i quotidiani le immagini della sede devastata, il leader di Forza Nuova aveva dichiarato "in chiaro" le intenzioni del corteo: assalire la Cgil e costringere Landini a "scendere a Roma" per "proclamare lo sciopero generale".

Chiamata a rispondere durante il question time alla Camera, la ministra dell'Interno ha spiegato così quella che è stata la decisione presa dagli apparati di sicurezza sabato prima che il corteo, con in testa Forza Nuova, attaccasse la sede del sindacato: "Evidente rischio di una reazione violenta". La leader di Fratelli d'Italia: "Quello che è accaduto è stato volutamente permesso, un calcolo. È strategia della tensione"

Giuliano Castellino non è stato fermato in piazza del Popolo, nonostante avesse messo la Cgil nel mirino durante il suo discorso dal palco della manifestazione No green pass, perché sarebbe stato un rischio per l'ordine pubblico. Chiamata a rispondere durante il question time alla Camera, il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha spiegato così quella che è stata la decisione presa dagli apparati di sicurezza sabato prima che il corteo, con in testa Forza Nuova, assaltasse la sede del sindacato e scatenasse poi la guerriglia nel centro di Roma. 

Una ricostruzione che ha provocato l'attacco di Giorgia Meloni arrivata ad evocare gli anni più difficili per il Paese: “Sapeva e non ha fatto nulla, è strategia della tensione”, ha replicato la leader di Fratelli d'Italia in Aula a Montecitorio. "Non siamo un Parlamento di imbecilli. Lei sapeva e non ha fatto nulla". Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, si rivolge così al ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, nel question time sui disordini che hanno caratterizzato la manifestazione No Green Pass di Roma sabato 9 ottobre, con l'assalto alla Cgil guidato da Giuliano Castellino, elemento di Forza Nuova.

Fonti varie agenzie

 

 

 

ll 37enne di nazionalità danese sospettato di avere ucciso ieri a Kongsberg, in Norvegia, con arco e frecce cinque persone si era convertito all'Islam. Lo ha riferito la polizia norvegese in una conferenza stampa di cui danno conto i media locali. In passato, ha detto ancora la polizia, c'erano state segnalazioni riguardo alla preoccupazione che l'uomo potesse essersi radicalizzato. L'uomo avrebbe agito da solo, mentre non sono ancora state chiarite le motivazioni del suo gesto. L'ultima segnalazione risalirebbe all'anno scorso. L'uomo, ha riferito un esponente della polizia all'emittente TV2, era stato più volte in contatto con il servizio sanitario norvegese.

Un atto di terrorismo''. Così il servizio di Intelligence norvegese (Pst) ha descritto l'attacco condotto ieri sera a Kongsberg da un uomo di 37 anni che, armato di arco e frecce, ha ucciso cinque persone. ''Gli eventi di Kongsberg appaiono al momento come un atto di terrorismo, ma l'inchiesta, condotta dal distretto di polizia del sud-est, chiarirà più nel dettaglio da cosa sono stati motivati . Il livello di minaccia in Norvegia è ancora considerato moderato'', si legge in una nota.

L'attacco con l'uso di arco e frecce che ha provocato cinque morti in Norvegia sembra essere un "atto di terrorismo". Lo hanno detto i servizi di sicurezza che al momento non hanno alzato il livello di allerta nel Paese. "Gli eventi di Kongsberg sembrano essere un atto terroristico, ma le indagini determineranno con maggiore chiarezza quali sono state le motivazioni", si legge in un comunicato dei servizi di sicurezza. Il sospettato dell'attacco si era convertito all'Islam, ha affermato la polizia norvegese durante una conferenza stampa nella quale ha anche detto di essere stata in contatto con il sospettato per timori di radicalizzazione.

"Ci sono stati timori legati alla radicalizzazione", ha detto ai giornalisti il funzionario di polizia norvegese Ole Bredrup Saeverud, aggiungendo che la polizia aveva seguito il sospettato nel 2020.

''Il livello della minaccia in Norvegia è considerato moderato'', fanno sapere poi. ''Il Pst ritiene ancora possibile che estremisti islamici ed estremisti di destra cercheranno di compiere attacchi terroristici in Norvegia'', prosegue il testo. ''Gli attacchi a persone colpite a caso nei luoghi pubblici sono un modus operandi ricorrente tra gli estremisti islamici che praticano il terrore in Occidente'', afferma la nota

Ma "non c'erano state segnalazioni su di lui nel 2021", ha spiegato. L'attentatore risiede a Kongsberg, una cittadina di 25.000 abitanti a circa 80 chilometri a ovest di Oslo. Di nazionalità danese, ha usato arco e frecce per colpire le sue vittime, anche se la polizia ha menzionato anche altre armi. "Stiamo indagando per confermare che abbia agito da solo, non abbiamo informazioni diverse, ma stiamo continuando le indagini per essere completamente sicuri", ha aggiunto Bredrup Saeverud.

E' un danese di 37 anni l'autore della strage, ha riferito la polizia senza tuttavia rivelarne l'identità, scrive la Cnn. Il giovane ha preso di mira i passanti in diverse zone della cittadina uccidendo cinque persone e ferendone due. La polizia, intervenuta in forze, ha arrestato l'aggressore dopo un breve scontro, ribadendo a più riprese che ha agito da solo. L'aggressore è stato trasportato nel carcere della cittadina di Drammen. Il bilancio finale fornito dalla polizia è di 5 morti, tra cui un agente in borghese, e due feriti. La polizia, intervenuta in forze, ha arrestato l'aggressore dopo un breve scontro.

A Kongsberg sono stati inviati rinforzi da tutto il Paese e agli agenti sono state fornite armi che abitualmente non indossano. E' ancora viva in Norvegia la paura per gli attentati di estrema destra che hanno in passato insanguinato il Paese e il modus operandi ha subito fatto pensare ai prodromi della strage di Utoya in cui Anders Behring Breivik uccise 77 persone. Poco prima aveva fatto esplodere una bomba vicino alla sede del governo a Oslo.

L'aggressore di ieri sera aveva anche altre armi, tra cui un coltello, e aveva annunciato le sue intenzioni su un suo canale Youtube con immagini esplicite rimbalzate ora sui social, con foto che lo ritraevano, un giovane uomo sulla trentina, che si allenava al tiro con l'arco. In rete è circolato anche un nome, che la polizia non ha confermato, Rainer Winklarson. L'attacco è avvenuto poco prima delle 18:30 nel centro di Kongsberg, e in breve tempo sul posto sono arrivate decine di veicoli di emergenza, tra cui ambulanze, auto della polizia che ha iniziato a pattugliare la zona anche dall'alto, con gli elicotteri, mentre le autorità hanno chiesto ai residenti di rimanere in casa. La polizia ha fatto sapere che "ci sono state diverse scene del crimine": secondo alcune informazioni, un supermercato vicino a una zona residenziale e un dormitorio per studenti. Diversi quartieri vicini alla zona dell'attacco sono stati quindi isolati con transenne. La Norvegia è stata pesantemente scossa dieci anni fa, il 22 luglio 2011, quando un estremista di destra, Anders Behring Breivik ha compiuto una strage di ragazzi nel corso di una manifestazione della gioventù laburista sull'isola di Utoya e facendo esplodere, poco prima una bomba vicino alla sede del governo a Oslo. Il terribile bilancio fu di 77 morti.

Intanto in Italia il calcolo di Trasportounito secondo cui i maggiori costi deriveranno dalla mancata produttività degli autisti che non saranno più impiegabili (e non sostituibili per carenza di personale). Secondo il segretario generale Maurizio Longo, "mancheranno all'appello circa 80.000 conducenti distribuiti su 98.000 imprese iscritte all'albo; ciò determinerà ritardi delle consegne, circa 320.000 ore/giorno in più rispetto allo standard giornaliero".

I lavoratori portuali di Trieste hanno fatto sapere che incroceranno le braccia. Uno sciopero che vede la contrarietà della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali che ha invitato la Federazione italiana sindacati intercategoriali e la Confederazione sindacati autonomi federati italiani a revocarlo dandone comunicazione entro cinque giorni. La stessa Commissione ha inviato una nota al Ministro dell'Interno in cui si esprime "particolare preoccupazione" in merito agli scioperi per il "possibile verificarsi, alla luce del delicato contesto sociale, di gravi comportamenti illeciti". Il Coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste ha aderito allo sciopero dal 15 al 20 ottobre dei sindacati Fisi e Confsafi. Questa astensione dal lavoro, però, secondo lo stesso Clpt, non rientrerebbe tra gli scioperi dichiarati illegittimi dalla Commissione di garanzia sullo sciopero. "L'eventuale violazione della legge per l'osservazione dei servizi pubblici essenziali riguarda alcuni settori ma non quello dei portuali e non tutti dell'industria", ha fatto sapere Alessandro Volk, componente del direttivo del Clpt, aggiungendo di aver "aderito anche allo sciopero di Al Cobas".

"Siamo determinati sulle nostre posizioni, ma siamo sempre disponibili a discutere con chiunque", ha detto Volk, componente del direttivo del Coordinamento lavoratori portuali Trieste, alla vigilia dello sciopero in porto. Tuttavia, se il Governo dovesse posticipare l'obbligo del Green pass, Volk anticipa che "nel caso prenderemmo nota e ci adegueremmo, non avrebbe senso domani bloccare il porto. Se ad esempio il Governo proponesse una proroga al 30 ottobre sarebbe una mossa intelligente da parte del Governo per prendere un po' di tempo e trovare poi una soluzione". In merito al rifiuto di annullare la protesta nonostante le le aziende abbiano dato la disponibilità ad accollarsi il costo del tampone, Volk chiarisce: "Perché solo ai lavoratori portuali? Gli altri lavoratori valgono di meno? In ogni caso verrebbe pagato solo da alcune aziende, altre non pagherebbero. Quindi è una situazione fuori da qualsiasi norma. Si crea discriminazione nella discriminazione: tutti i lavoratori devono avere lo stesso tipo di trattamento". Ecco perché "la cosa più semplice e intelligente è ritirare questo decreto". E se il governo fornisse i tamponi gratuiti a tutti i lavoratori? "Se sarà così ne discuteremo".

"Abbiamo chiesto di rinviare l'applicazione del green pass almeno fino alla fine di ottobre, ma la risposta è stata negativa. Il governo ritiene che sia uno strumento indispensabile": Lo ha detto il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, intervenendo a "Un giorno da pecora" su Rai Radio 1, riferendosi all'incontro di questa mattina a Palazzo Chigi con il premier Mario Draghi e rimarcando la posizione dei sindacati sulla gratuità dei tamponi. Su questo, il governo, ha ribadito Bombardieri, si è detto disponibile a "ragionare sul fatto che abbiano un prezzo calmierato. Verificheranno nelle prossime ore".

C'è la massima attenzione da parte del Viminale su possibili disordini. Il ministero che, d'intesa con palazzo Chigi, ha dato indicazioni chiare agli apparati di sicurezza. Anche perché la linea, è il messaggio che fonti di governo continuano a ribadire, non cambia: si va avanti con il green pass.

Ieri a sera dalla presidenza del Consiglio sottolineano che non ci si aspetta il caos, non ci sono allarmi marcati in vista di venerdì, non si temono supermercati vuoti e porti bloccati. Solo domani si avrà contezza se l'impatto dell'obbligo nei luoghi di lavoro porterà un'aumento di vaccinazioni o un'impennata di richieste di tamponi cui far fronte. Ma il governo ritiene di aver messo in campo tutti gli strumenti per consentire alle aziende di gestire i controlli e ai lavoratori di essere preparati, anche calmierando il prezzo dei tamponi. Inoltre le proteste sembrano ascrivibili - si ragiona - a pochi, anche perché la vaccinazione ha superato la soglia dell'80%. Intanto, va fatto ogni sforzo per prevenire possibili situazioni di pericolo, con un attento monitoraggio di tutti quegli ambienti più a rischio, comprese chat e social. Sarà, inoltre, sempre garantito il diritto di esprimere la propria opinione ma ci sarà altrettanta fermezza nei confronti di coloro che volessero approfittare delle proteste per provocare disordini o bloccare il paese.

"Se non tolgono il certificato, venerdì il blocco del porto è confermato" ripete da giorni il portavoce di portuali Stefano Puzzer. Negli altri scali, in realtà, la situazione è meno tesa, ma nessuno può dire con certezza quel che accadrà venerdì. A Genova, ad esempio, dove è attorno al 20% la percentuale di chi non ha il pass, è in corso la protesta dei tir al terminal più importante e le Rsu sono in lotta per il contratto integrativo e hanno rigettato la proposta economica dell'azienda, confermando lo sciopero. "Il problema vero sono i trasporti - dice il leader della Uil Roberto Gulli - il 30% degli autisti è senza vaccino, si rischia il caos". Nel capoluogo ligure, però, un punto d'incontro sui tamponi l'hanno trovato, spiega il capo dei camalli, il 'console' Antonio Benvenuti: i portuali potranno farli ad un prezzo ulteriormente ridotto grazie ad un accordo con due farmacie. Stando a quanto dicono i sindacati, non dovrebbero invece esserci problemi a Napoli e Salerno cosi come a Ravenna, nei porti pugliesi e in quelli di Livorno e Piombino.

"Se gli autotrasportatori esteri potranno venire in Italia senza il pass e questo verrà invece imposto alle imprese italiane, stiamo valutando di invitare le imprese a fermare i camion. Dal ministero non abbiamo risposte e se questo atteggiamento proseguirà può succedere di tutto". Bisognerà poi vedere cosa accadrà nelle fabbriche e nelle grandi aziende - all'Elettrolux, dove il 23% dei 1.430 dipendenti non ha il pass è già stato annunciato uno sciopero di 8 ore - e nelle aziende del trasporto pubblico. A Roma, ad esempio, il sindacato Orsa ha fatto dei conti: per creare problemi a metro e treni locali basta che il 5-10% del personale sia assente. E in Atac la percentuale dei non vaccinati viaggia tra il 10 e il 20%.

Fonti ansa agi adnkronos e varie agenzie

Intervenire per sciogliere "i partiti, i movimenti e le organizzazioni di matrice fascista". Con queste parole, il Pd ha presentato in Parlamento una mozione che chiede lo scioglimento di Forza Nuova, ma anche di "tutti i movimenti politici di chiara ispirazione neofascista". E così anche Italia Viva e Psi. Dopo infatti la manifestazione 'No Green pass' e 'No vax' di sabato scorso, degenerata nell'assalto alla Cgil e in scene di guerriglia urbana, ora le due mozioni depositate in Parlamento chiedono un cambio di rotta.  Mentre il movimento è nel mirino degli inquirenti , dopo l'arresto del leader nazionale Fiore e di quello romano Castellino, con due fascicoli aperti in procura e il sequestro preventivo e l'oscuramento del sito internet, le reazioni del centrodestra non si sono fatte attendere

Da alcuni colloqui telefonici tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, si apprende da fonti della Lega, è emerso che il centrodestra condanna le violenze senza se e senza ma, ed è pronto a votare una mozione per chiedere interventi contro tutte le realtà eversive, non solo quelle evidenziate dalla sinistra. 

La stessa posizione trapela da fonti azzurre."Fratelli d'Italia non si lascia intimidire" e "spero che Mattarella e Draghi prendano le distanze dalle pericolose parole del vice segretario del Pd" Giuseppe Provenzano, "ribadendo che l'Italia non sarà mai il regime che vuole la sinistra", ha ribadito la leader Fdi Giorgia Meloni in un videomessaggio su Facebook. "Continueremo a batterci al fianco degli italiani sempre a testa alta. E come sempre saranno gli italiani a giudicarci e a dire se pensano che il pericolo vero per la democrazia siamo noi, o piuttosto altri".

l leader della Lega Matteo Salvini ha replicato a Enrico Letta che ha auspicato la presenza di tutti in piazza sabato alla manifestazione indetta dai sindacati, dopo quanto accaduto. "Condanno ogni genere di violenza, se ci sono associazioni che portano avanti idee con la violenza vanno chiuse" dice, ricordando che la violenza non è ascrivibile solo alla destra, perché se "a Roma sono stati fermati violenti di destra, a Milano sono stati fermati violenti di sinistra. E allora dico a Letta: mettere fuorilegge tutte le realtà violente, e in piazza ci andiamo tutti insieme". Poi ha rilanciato: "Cosa fa il Pd? Convoca una manifestazione il giorno prima del voto... convocala lunedì e vengo anch'io".

"Ci fanno parlare dieci giorni di antifascismo, poi il giorno dopo il voto gli scandali spariscono..." scandisce ancora Salvini. Sulla manifestazione di sabato scorso, il leader della Lega ricorda poi come "una persona con Daspo, che non poteva stare lì, invece stava lì... o qualcuno non sa fare il suo lavoro o a qualcuno fa comodo".

Enrico Letta torna all’attacco. «Ho vissuto quanto accaduto sabato con profonda angoscia. È squadrismo fascista». Il segretario del Pd, in diretta con il direttore de La Stampa Massimo Giannini, non usa mezzi termini per descrivere l’aggressione del 9 ottobre, guidata, tra gli altri, dai leader di Forza Nuova Roberto Fiore e Giuliano Castellino, ora agli arresti. «Non capisco perché Meloni e Salvini non si dissocino apertamente da quanto accaduto. Queste vicende non c'entrano nulla con la destra e la sinistra. E neanche con il Green Pass».

"I fatti di sabato scorso, le aggressioni nei confronti delle forze dell’ordine, l'assalto alla sede della Cgil, sono stati condannati in modo netto da tutte le forze politiche. Non ci possono essere ambiguità contro la violenza e contro chi usa una manifestazione di piazza per secondi fini. Al tempo stesso, però, le vicende degli ultimi giorni non vanno strumentalizzate politicamente. Proprio in questi momenti è fondamentale rappresentare al Paese un comune sentire su temi così delicati.Non esistono totalitarismi buoni e totalitarismi cattivi, e per questo motivo non è possibile per i nostri gruppi firmare o sostenere la mozione presentata dal Partito democratico".Lo affermano in una nota congiunta i capigruppo di Forza Italia di Senato e Camera, Anna Maria Bernini e Roberto Occhiuto.

Ma si può sciogliere un partito? E come? La risposta è sì, anche se in Italia i precedenti sono pochi: la mozione presentata in Parlamento può essere attivata grazie alla legge Scelba del 1952. Vediamo allora che cosa prevede e tutti gli altri dettagli.

La Lega non sottoscriverà la mozione del Pd con cui si chiede al governo di procedere allo scioglimento di Forza Nuova. A far intendere la linea è lo stesso leader Matteo Salvini che, a margine di una iniziativa elettorale, ha spiegato: "Non può essere il Parlamento a decidere che partito sciogliere o meno. C'è una legge e se qualcuno ha ricostituito nel 2021 il partito fascista questo va sciolto". Il leader leghista ha poi controproposto: A Letta dico, vogliamo fare una cosa seria? Tutto il Parlamento si unisca per approvare un documento contro ogni genere di violenza e per sciogliere tutte le realtà che portano avanti la violenza, non è che la violenza dei centri sociali lo è meno".

Anche FdI non appoggerà la mozione. Il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, in un'intervista, ha spiegato: "Se Draghi ha informazioni tali da giustificare il provvedimento può farlo domani. Se poi la maggioranza in Parlamento ritiene che il governo sia incapace di agire è un altro discorso", specificando che "non ci facciamo coinvolgere da iniziative che servono solo a fomentare la polemica politica". Poi, intervenendo in Aula, ha aggiunto: "Il governo può sciogliere le organizzazioni eversive. Perché il Pd che ha governato negli ultimi 10 anni non lo ha fatto? Il governo se deve agire lo faccia".

La normativa di riferimento per lo scioglimento di un partito è innanzitutto la Costituzione e, quindi, la Legge Scelba del 20 giugno 1952. Sulla base di questa, sono due le strade che si possono intraprendere per procedere allo scioglimento di un partito: dopo una sentenza del Tribunale, il ministro dell'Interno ne dispone lo scioglimento, oppure nei casi straordinari di necessità e di urgenza può intervenire direttamente il governo.

La Carta Costituzionale, nelle Disposizioni transitorie e finali, all'Articolo XII, dispone: "E' vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista".

E' la Costituzione, o meglio la sua XII disposizione transitoria a vietare la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. A dare attuazione a questa norma è stata nel 1952 la legge Scelba, voluta dal governo De Gasperi in anni di grandi tensioni sociali e poi modificata nel 1975. Quasi 20 anni dopo, con la legge Mancino del 1993, si è completato il quadro delle norme che puniscono le condotte riconducibili al fascismo e al razzismo.
La legge Scelba sanziona chiunque promuova od organizzi la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo che persegua "finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista".Oppure chi pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo o le sue finalità antidemocratiche. Condotte che vengono punite con pene detentive, multe e l'interdizione dai pubblici uffici. E' l'articolo 3 della legge a disciplinare lo scioglimento di questi gruppi.

E sono due le ipotesi previste. Ci vuole una sentenza della magistratura che abbia accertato la riorganizzazione del disciolto partito fascista: in questo caso è il Ministro dell'interno, sentito il Consiglio dei Ministri, a ordinare lo scioglimento e la confisca dei beni. Oppure il governo può provvedere direttamente allo scioglimento con un decreto legge, ma solo in casi straordinari di necessità e di urgenza.

Sinora la fine di movimenti fascisti è stata decretata a seguito di sentenze della magistratura. E' accaduto così per Ordine Nuovo, il movimento di estrema destra che era nato nel 1969: a novembre del 1973 fu sciolto dall'allora ministro dell'interno Paolo Emilio Taviani, a conclusione del processo per ricostituzione del partito fascista, che si concluse con pesanti condanne dei suoi dirigenti. Una sentenza che costò la vita al giudice Vittorio Occorsio, ucciso da Pierluigi Concutelli a Roma il 10 luglio 1976 in un agguato rivendicato da Ordine Nuovo. In quello stesso anno, sempre all'esito di un processo, lo scioglimento di Avanguardia nazionale, fondata da Stefano Delle Chiaie.

Negli anni '50 la legge Scelba ha superato più volte il vaglio della Corte costituzionale: in una pronuncia del 1958 la Consulta ha tuttavia precisato che la legge va contemperata con il diritto costituzionale alla libertà di pensiero, la cui compressione può essere ammessa solo quando sia "concreto" il pericolo per l'ordine democratico.

La ricomparsa di una estrema destra eversiva è un problema che non riguarda solo l'Italia; in Germania nel gennaio 2020 è stato messo fuorilegge il gruppo neonazista Combat 18, di dichiarate simpatie hitleriane; Berlino ha varato una serie di leggi che inaspriscono ogni richiamo al nazismo dopo l'uccisione da parte di terroristi di estrema destra del politico della Cdu Walter Lübcke.

In Grecia la formazione di estrema destra Alba Dorata è stata dichiarata fuorilegge da una sentenza della Corte d'appello di Atene che ha condannato i suoi leader a pesanti pene. Alba Dorata era arrivata a sfiorare il 10% dei consensi alle elezioni politiche.

Stesso copione in Francia, dove il governo ha dichiarato illegale il gruppo di estrema destra Generation Identitaire nel marzo del 2021 per i suoi messaggi fortemente razzisti.

Sono due i fascicoli di indagine avviati dalla Procura di Roma in relazione agli scontri avvenuti sabato nel cuore della Capitale. I pm hanno diviso in due "livelli" l'azione di indagine: il primo riguarda i sei arrestati, ritenuti promotori della rivolta, con l'irruzione nella sede della Cgil, tra cui Roberto Fiore, Giuliano Castellino di Forza Nuova, l'ex Nar Luigi Aronica, l'attivista Pamela Testa e il leader del movimento IoApro, Biagio Passaro. Per loro i magistrati contestano, al momento, i reati di istigazione a delinquere, devastazione e saccheggio.

I pm nel chiedere la convalida dell'arresto valuteranno ulteriori aggravanti.
il Copasir, "alla luce dei gravi incidenti verificatisi sabato scorso", ha predisposto l'audizione del direttore dell'Aisi, Mario Parente. Inoltre, sempre in riferimento a quanto accaduto sabato, è stata chiesta una informativa urgente al ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. Intanto, è stata sospesa la vicequestore Alessandra Schilirò, la poliziotta che aveva parlato dal palco della manifestazione anti-Green pass a San Giovanni a Roma. Il provvedimento di sospensione le è stato notificato oggi.

Fonti : Varie Agenzie / Agi / ansa / corriere della sera / la stampa

 

 

 

Sono due i fascicoli di indagine avviati dalla Procura di Roma in relazione agli scontri avvenuti sabato nel cuore della Capitale. I pm hanno diviso in due "livelli" l'azione di indagine: il primo riguarda i sei arrestati, ritenuti promotori della rivolta, con l'irruzione nella sede della Cgil, tra cui Roberto Fiore, Giuliano Castellino di Forza Nuova, l'ex Nar Luigi Aronica, l'attivista Pamela Testa e il leader del movimento Io Apro, Biagio Passaro. Per loro i magistrati contestano, al momento, i reati di istigazione a delinquere, devastazione e saccheggio.

I pm nel chiedere la convalida dell'arresto valuteranno ulteriori aggravanti.

ll Copasir, "alla luce dei gravi incidenti verificatisi sabato scorso", ha predisposto l'audizione del direttore dell'Aisi, Mario Parente. Inoltre, sempre in riferimento a quanto accaduto sabato, è stata chiesta una informativa urgente al ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese.

Il sito della Cgil è vittima di un attacco hacker. Lo riporta Collettiva, il blog ufficiale del sindacato. Si tratterebbe di un attacco Ddos (Denial-of-service attack), ovvero gli attaccanti elaborano numerose richieste di accesso al sito portando i server in sovraccarico e mandando il sito offline. L'attacco sarebbe nato nelle stesse ore dell'assalto alla sede centrale del sindacato a Roma, sabato scorso.

"Ieri Meloni aveva un'occasione: tagliare i ponti con il mondo vicino al neofascismo, anche in Fdi. Ma non l'ha fatto. Il luogo scelto  e le parole usate sulla matrice perpetuano l'ambiguità che la pone fuori dall'arco democratico e repubblicano". Così Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd.
"In questo modo Fdi - risponde a chi gli fa notare che la sua affermazione è molto forte - si sta sottraendo all'unità delle forze democratiche e repubblicane contro i neofascisti che attaccano lo Stato. Un evidente passo indietro rispetto a Fiuggi".

"L'attacco di Provenzano all'unico partito di opposizione è grave, ingiustificato e configura una pericolosa ipotesi di dittatura. È la dimostrazione che il Pd continua a non voler trattare i temi che interessano gli italiani, preferendo parlare di altro. Ci aspettiamo ora un intervento del presidente del Consiglio Draghi". Così in una nota il deputato di Fratelli d'Italia Paola Frassinetti."Su quali basi e a che titolo Giuseppe Provenzano afferma che Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia sono fuori dall'arco democratico? Non è certo il vice segretario del Pd che può concedere patenti di ingresso nel perimetro repubblicano, soprattutto nei confronti di un partito, come FDI, che della legalità fa uno dei suoi pilastri fondativi. I toni dell'esponente di una forza politica che si definisce democratica, evidentemente solo nel nome, somigliano più a quelli dei regimi comunisti, in cui affonda le sue radici il PD, che non a quelli del civile e rispettoso confronto parlamentare. È inaccettabile e gravissimo ascoltare membri della maggioranza tentare di cancellare, in questo modo, l'unica opposizione in Aula. Il presidente del Consiglio Draghi e tutti partiti che appoggiano il suo governo condannino immediatamente le parole di chi sembra essere più vicino alle censure imposte dalle dittature di sinistra che non alle posizioni di libertà cui si ispira Fratelli d'Italia". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.

Dura la Meloni che affida a Facebook la replica. "Il vicesegretario del partito 'democratico' vorrebbe sciogliere il primo partito italiano (oltre che l'unica opposizione al governo). Un partito a cui fanno riferimento milioni di cittadini italiani che confidano e credono nelle nostre idee e proposte. Spero che Letta prenda subito le distanze da queste gravissime affermazioni che rivelano la vera intenzione della sinistra: fare fuori Fratelli d'Italia. O forse i toni da regime totalitario usati dal suo vice rappresentano la linea del Pd? Aspettiamo risposte". Così la leader di FdI, Giorgia Meloni su Facebook.

Un atto squadrista e fascista l'attacco alla Cgil? “Lo stabilirà la magistratura che sta indagando sui fatti di Roma ma anche di Milano, dove pare che la metà dei denunciati sia legata all’area anarchica e antagonista”, risponde in un'intervista a La Stampa Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. Quindi, a suo giudizio “non c’è solo l'estrema destra. Il punto però è che spesso sono i soliti noti a creare disordini: persone a cui viene consentito di andare in piazza anche se non potrebbero, con forme di controllo poco idonee”.

sono stati molto funzionali a chi vuol creare uno stato di tensione e tentare di danneggiare la destra”. Definisce così in un colloquio con il Corriere della Sera l'esponente di FdI Ignazio La Russa i manifestanti No vax e di Forza Nuova che sabato scorso hanno assaltato la sede della Cgil e dell'ospedale Umberto I di Roma.

Poi La Russa precisa: “Io ho visto, in mezzo a tanti che volevano solo manifestare, gli stessi che due settimane fa avevano disturbato il comizio della Meloni a Milano, cercando l'incidente. Gente che si muoveva senza controllo o divieti, che ha gridato slogan contro di noi e lasciata entrare in piazza Duomo nonostante Giorgia avesse avvertito Lamorgese del rischio”.

Secondo il senatore, questa è “la conferma che non si vuole davvero impedire che certe manifestazioni trascendano... Come se ci fosse la precisa volontà di lasciarli fare per poi gridare “al lupo!”.

Tra chi ha attaccato la Cgil c’era gente che aveva divieto di partecipare a manifestazioni: perché non li hanno fermati?”, si chiede. Quanto alla richiesta del Pd di sciogliere i movimenti neofascisti, la Russa parla di "mozione strumentale, inserita in quello che sta accadendo negli ultimi giorni". "A che serve una mozione? Non è il Parlamento che deve decidere sull’eventuale scioglimento di un partito, decisione estrema, ma il governo. E non l’ha fatto finora, né questo né quelli precedenti: come mai? Delle due l’una: non avevano le motivazioni per scioglierli o hanno preferito tenerli lì, magari come strumenti utili per la strategia della tensione?”

Per poi precisare: “Io non dico che ci fossero accordi preventivi per far scoppiare incidenti, da una parte o dall'altra, ma la situazione era chiara e il rischio di scontri evidente. Però il governo non ha fatto nulla. E il Pd ora fa propaganda”, conclude il senatore di Fratelli d’Italia.  

A quanto apprende l'Adnkronos è stata sospesa in via cautelativa dal servizio e dalle funzioni la poliziotta no green pass Nandra Schilirò. La vicequestore era stata nominata dirigente del neonato sindacato Cosap.

Dopo gli scontri e le violenze che hanno caratterizzato la manifestazione di sabato a Roma, con l'assalto alla sede della Cgil, Schilirò si è espressa sui social. "Come cittadina e come sindacalista, chiedo l'immediata punizione dei poliziotti che hanno picchiato i manifestanti senza alcuna provocazione", ha scritto oggi, definendo la violenza "inammissibile da qualsiasi parte provenga. All'inizio, per buona fede, sono stata ingannata, ma poi ho visto alcuni filmati dove si evince un riprovevole comportamento di alcuni poliziotti - ha sottolineato - È buffo come io sia perseguita e quasi arsa sul rogo per aver manifestato pubblicamente e libera dal servizio il mio pensiero, invece, passa sotto silenzio chi picchia un cittadino. Come mai nessun giornale o televisione mainstream ha trasmesso quelle scene? Viva la libertà!".

"I no vax non c'entrano proprio nulla. I responsabili degli scontri sono persone che appartengono allo squadrismo, appartengono a Forza Nuova ed è colpa del Viminale che non è riuscito a mettere in sicurezza tutti i manifestanti per bene che si stanno opponendo al Green pass". Il senatore Gianluigi Paragone, fondatore di Italexit, a Rotocalco 264 su Cusano Italia Tv interviene così sugli scontri avvenuti sabato a Roma, nella manifestazione No Green Pass, e sull'assalto alla Cgil..

Se non si riesce ad isolare certe persone, che tra l'altro hanno anche il Daspo, è un problema del Viminale oppure sono costretto a dire che il Viminale sta giocando pericolosamente con le piazze. Il Viminale deve dirci perché personaggi di Forza nuova sono liberi di parlare su un palco e di scorrazzare in piazza", dice Paragone. "La Lamorgese e tutta la struttura non facciano i furbi, qui si sta parlando di autentici criminali che vengono lasciati liberi di inquinare piazze colme di gente per bene. Io ero a Milano e non è successo nulla di quello che ho letto sui giornali”, conclude Paragone.

Dal Nazareno non arriva una presa di distanza da Provenzano ma un invito alla Meloni a sostenere la mozione del Pd per sciogliere Forza Nuova. "Come lo stesso vicesegretario ha avuto modo di chiarire, il Partito Democratico auspica che tutte le forze democratiche e parlamentari, tra le quali ovviamente rientra Fratelli d'Italia, siano compatte nella risposta senza margini di ambiguità all'eversione di matrice fascista che si è manifestata in particolare sabato scorso a Roma con l'assalto violento alla sede della Cgil". Così fonti del Nazareno replicano all'Ansa sulla posizione assunta dal vice segretario Peppe Provenzano dopo l'intervento di ieri della leader Fdi Giorgia Meloni dal palco di Vox.  

Il segretario del Pd Letta da Savona parla della mozione per sciogliere FN. "E' il momento giusto per un'iniziativa come questa che deve essere condivisa da tutto il parlamento". Così il segretario del Pd a Savona per sostenere il candidato del centrosinistra Marco Russo che domenica e lunedì sfiderà al ballottaggio il candidato del centrodestra Angelo Schirru sul quale è in vantaggio di quasi 11 punti "Il fatto di sabato sera è inequivocabile. Non vogliamo gestirla come un fatto fazioso e di campagna elettorale. Lo scioglimento è la giusta risposta a un fatto grave che ha attentato alla democrazia. Erano i capi di Forza Nuova a creare gli scontri, è giusto che Forza Nuova venga sciolta. Faremo di tutto per convincere tutti che non è un gesto di propaganda e un gesto divisivo". E sulle reazioni di Giorgia meloni e Matteo Salvini ha detto: "Il problema è quello che hanno detto, non che hanno parlato 24 ore dopo i fatti".

 

Fonti Agi /  Adnkronos / ansa

Dopo la Turchia, adesso è la volta della Grecia. Ankara e Atene sembrano incredibilmente vicine questa volta sulla gestione della possibile crisi dei profughi provenienti dall'Afghanistan. Anche il governo ellenico infatti, a distanza di pochi giorni da quello turco, ha dato via libera alla costruzione di un muro di confine.

Si tratta di una barriera di acciaio lunga 40 km piazzata sulla linea di frontiera terrestre tra Grecia e Turchia. I lavori sono già in corso e il ministro della Difesa greco, Nikolaos Panagiotopoulos, in questo sabato mattina ha visitato la zona dove il muro a breve sarà realtà. Incontrando i giornalisti, l'esponente del governo greco ha difeso la scelta di erigere la barriera. “Non possiamo restare a guardare – ha dichiarato Panagiotopoulos – dobbiamo assolutamente agire”.

Parole che testimoniano una certa sfiducia di Atene nei confronti dell'Ue. Un sentimento più che giustificato. Si calcola come negli ultimi anni almeno 60mila migranti afghani siano arrivati in Grecia. E di questi 40 mila sono ancora presenti nel Paese ellenico. Se dovessero tradursi in realtà i numeri di cui si è parlato nei giorni scorsi, dove a livello europeo sono stati previsti anche due milioni di potenziali profughi afghani, Atene rischia il collasso dell'accoglienza.

Un muro contro i migranti anche in Europa. L'esempio Trump fa scuola nell'Unione e così oggi, mentre prendeva il via a Lussemburgo il consiglio dei ministri degli Interni dell'Ue, 12 Paesi scrivono alla Commissione per chiedere esplicitamente nuove misure in questa materia, a partire dalla costruzione di un “Vallo” nei confini sud orientali dell’Europa. I dodici firmatari sono Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia. Un mix che mette insieme sovranisti e “frugali”. Con l'obiettivo di introdurre nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne anche col finanziamento di recinzioni e muri. Perché, spiegano, bisogna prevenire “le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia nella capacità di agire con decisione quando necessario".

"Occorre una cooperazione trasversale, che non sia solo mirata sulla sicurezza. E' questo il modo migliore di prevenire i flussi irregolari e lottare contro i trafficanti".Sulla migrazione "è importante andare avanti con la dimensione interna, ma non possiamo separarla da quella esterna, cioè il rapporto di cooperazione con i Paesi di origine e transito". E' la posizione ribadita dal ministro dell'Interno spagnolo Fernando Grande-Marlaska al suo arrivo al Consiglio Ue, che ha ricordato come il punto sia comune per il gruppo dei Paesi Ue del Med5 (Italia, Spagna, Malta, Cipro e Grecia).

Nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dell'Ue di fronte ai flussi migratori, anche col finanziamento europeo di recinzioni e muri: è quanto viene chiesto dai ministri dell'Interno di una dozzina di Paesi (Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Rep.Slovacca) in una lettera indirizzata alla Commissione europea e alla presidenza di turno del Consiglio Ue. 

Il tema del rafforzamento dei confini esterni dell'Unione sarà affrontato dalla riunione dei ministri dell'Interno dei 27 oggi a Lussemburgo.
Nella lettera alla Commissione e alla presidenza di turno del Consiglio Ue, i 12 Paesi chiedono "nuovi strumenti che permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia nella capacità di agire con decisione quando necessario".
"Allo stesso tempo - si legge ancora in un passaggio del documento - queste soluzioni europee dovrebbero mirare a salvaguardare il sistema comune di asilo riducendo i fattori di attrazione".

"Non ci sono norme che impediscano agli Stati Ue di aumentare la propria protezione fisica o di costruire" muri o recinzioni alle frontiere. Se i governi "lo vogliono fare, sta a loro decidere". E' la reazione del ministro svedese alla Giustizia e Immigrazione, Morgan Johansson, riguardo alla lettera che 12 Stati membri hanno inviato alla Commissione europea e alla presidenza slovena di turno del Consiglio Ue, chiedendo il finanziamento delle barriere alle frontiere esterne con i fondi comunitari.  

Intanto diventa un caso politico anche in Italia lo scontro tra la Polonia e la Commissione Ue sul rispetto dello stato di diritto che potrebbe segnare un passo verso la 'Polexit' dopo che la Corte costituzionale di Varsavia ha decretato che alcuni articoli dei Trattati dell'Ue sono 'incompatibili' con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni comunitarie 'agiscono oltre l'ambito delle loro competenze'.
Un attacco gravissimo per la Francia, contro il quale hanno reagito la presidente della Commissione von der Leyen e il presidente del Parlamento Sassoli.

Con la Polonia, invece, la leader di Fdi Meloni e la Lega con Borghi. 'Il sovranismo antieuropeo va combattuto', replica il segretario del Pd Letta.
Oggi il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki assicura che la Polonia vuole rimanere nell'Unione europea. L'affermazione arriva un giorno dopo la sentenza della Corte costituzionale polacca sulla supremazia del diritto interno rispetto a quello Ue. "Il posto della Polonia è e sarà nella famiglia delle nazioni europee", ha detto il premier su Facebook, aggiungendo che l'adesione al blocco è stata "uno dei momenti salienti degli ultimi decenni" per la Polonia e l'UE.

Ieri la Corte costituzionale polacca, guidata dalla giudice Julia Przylebska, ha sancito che alcune norme Ue sono incompatibili con la Carta Costituzionale polacca.
"I valori della pace e della libertà contraddistinguono il nostro continente. So che in questo momento alcuni paesi ci fanno soffrire e ci auspichiamo che rivedano le loro posizioni ma non possiamo permettere che nessuno dei 27 Paesi membri violi i trattati. Noi saremo totalmente inflessibili". Lo ha detto il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, intervenendo in videocollegamento all'European Youth Event

La pronuncia che potrebbe non solo allontanare i fondi del Recovery destinati al Paese dell'Europa centrale, ma per qualcuno potrebbe rappresentare un passo verso una "Polexit". Dopo le reazioni, ieri, di alcuni dei vertici dell'Ue - il presidente dell'Europarlamento David Sassoli e il commissario alla Giustizia, il belga Didier Reynders - è la Francia il primo Stato membro a ribattere con durezza

"I nostri Trattati sono molto chiari. Tutte le sentenze della Corte di giustizia Ue sono vincolanti e la legge Ue ha il primato sulla legge nazionale.
Useremo tutti i poteri che abbiamo ai sensi dei Trattati per assicurarlo". Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sulla sentenza della Corte costituzionale polacca. "Sono profondamente preoccupata", ha fatto sapere von der Leyen, spiegando di aver "dato istruzione ai servizi della Commissione di fare un'analisi approfondita e veloce" della decisione per decidere i passi successivi. 

Era attesa e la possibilità che la sentenza della Corte costituzionale polacca creasse un cortocircuito, solo l'ultimo, con l'Unione europea era concreta. Infatti la Corte, guidata dalla giudice Julia Przylebska, ha stabilito che alcuni regolamenti dell'Ue non sono compatibili con la Carta dello stato polacco.

Secondo i togati, tale sentenza si riferisce alle competenze dello Stato che non sono state trasferite agli organi dell'Unione europea. Una lettura che potrebbe causare conseguenze anche economiche per Varsavia, a partire dal mancato stanziamento dei fondi del Recovery Fund. Sono stati numerosi infatti i motivi di attrito legati al rispetto dello stato di diritto tra il governo polacco e le istituzioni di Bruxelles. Nel caso in cui proprio su questi temi la Polonia stabilisse che le leggi nazionali debbano essere considerate prevalenti su quelle europee, ecco che il vincolo messo sui fondi Ue per superare la crisi dovuta al Covid-19 potrebbe bloccare lo stanziamento. Il contenzioso riguarda soprattutto l’autonomia mancata del sistema della giustizia, messo sotto il controllo del partito al governo Diritto e Giustizia del premier Mateusz Morawiecki.

Fonti Ansa / il giornale e varie agenzie stampa

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