Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Sabato, 06 Luglio 2024

In una conversazione con il Corriere della sera il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, spiega la dinamica sul voto del 4 dicembre: "Magari mi sbaglio, ma penso che sul referendum oggi faccia fino dire 'io voto no'".

"Quando in Italia c'era la Dc sembrava che nessuno la votasse. Infatti nei sondaggi era data sempre bassissima.

"Ma quelli che stanno in Parlamento sono davvero convinti che vinca il 'no' al referendum? Sono sicuri dei sondaggi che danno Matteo Renzi per perdente?". Nella conversazione riportata in un retroscena del Corriere della Sera, Confalonieri definisce l'Unione europea un "capro espiatorio" del fronte del "no". "E io - mette in chiaro il presidente di Mediaset, braccio destro di Silvio Berlusconi - non penso sia sbagliato criticare l'Unione, per gli errori, le omissioni e pure - vogliamo dirlo? - per certe storie poco chiare che hanno coinvolto persino dei commissari europei". Ma avverte: "A posteriori si capiscono molte cose... Ma vogliamo davvero sbaraccare tutto?".

Nella chiacchierata con il Corriere della Sera, Confalonieri critica chi si è affrettatto a dare giudizi positivi sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. "Da bambino ho visto la guerra - racconta - e se non ne ho vista un'altra è grazie alla costruzione di una nuova Europa. L'Europa ci ha salvato da altri conflitti, ha debellato gli 'ismi' del secolo breve. Sentire adesso certi commenti, sentir dire con superficialità che la Brexit è stata un bene e che è giunto il momento anche per noi di fare la stessa cosa, è da irresponsabili - conclude - ma scherziamo?".

In anticipo rispetto ai tempi prefissati, pochissime. Giustificate apertamente dalla «minaccia populista» che incombe sul Belpaese, nessuna. Per questo ieri l'uscita del commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici ha avuto la risonanza dei grandi annunci ed è stata subito interpretata come un assist esplicito a Matteo Renzi, alle prese con un referendum che potrebbe anche amplificare le difficoltà delle istituzioni Ue.

La Commissione europea, ha spiegato il politico francese, apre alla flessibilità e si dice «pronta a considerare le spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici». Riferimento al Belgio e all'Italia.

Comprensibile quello alla crisi dei migranti e alla sicurezza, visto che Moscovici stava parlando all'Atlantic Council a Washington. Meno scontato quello al terremoto, che porta diritto all'Italia e alla richiesta di avere, nel complesso, margini di spesa aggiuntivi del 4% del Pil.

Cosi concessione arrivata, con tutte le prudenze del caso. «Queste flessibilità sono precise, limitate e chiaramente spiegate», ha precisato Moscovici. «Un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio».

Tutto fa pensare che, una volta archiviato il referendum, sui voti dell'Europa all'Italia torneranno a pesare i veti dei tedeschi, la cui campagna elettorale durerà ancora a lungo, e sarà fatta in parte anche a spese del Belpaese.

Il governo per il momento è alle prese con le ulteriori limature alla nota di aggiornamento del Def, a causa della bocciatura di fatto del documento da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio guidato da Giuseppe Pisauro. Lavori avanzati anche sulla legge di Bilancio che dovrà essere presentata entro il 15 ottobre.

Il premier Renzi sta pensando a un colpo di teatro, una misura da inserire nella legge per dare un po' di colore ad una «finanziaria» che rischia di passare alla storia come quella delle misure insufficienti per la crescita. Una misura stile 80 euro, da presentare last minute, tenendo all'oscuro tutti, persino i ministri competenti.

Esclusa molto preso la possibilità di ottenere la flessibilità regolare, prevista dai patti, quella per investimenti e riforme, il governo ha richiesto quella legata a due emergenze che sotto gli occhi di tutti. A Bruxelles non tutti sono d'accordo a concedercela e negli ultimi giorni l'ipotesi più credibile era quella di riconoscerci solo cinque miliardi per il terremoto. Ma l'uscita di Moscovici, prima dell'esame della Legge di Bilancio e mentre sono ancora forti i dubbi di Bruxelles sui conti della nuova versione del Def, chiude i giochi.

L'esecutivo Ue ha deciso di accontentare l'Italia, con un tempismo più che sospetto, visto che la legge di Bilancio sarà l'ultimo atto importante prima del referendum confermativo sulla riforma Costituzionale del ministro Boschi.

Sempre ieri, Moscovici ha detto che in Italia «c'è una minaccia populista» e che proprio per questo «sosteniamo gli sforzi del presidente del Consiglio Matteo Renzi affinché sia un partner forte».

Manca un «votate Sì», ma il messaggio è chiaro, così come il sostegno a Renzi: «Siamo fiduciosi che l'Italia, come sempre, risolverà i suoi problemi

Intanto :"L'Italia non può più essere lasciata sola" nell'affrontare la crisi dei migranti del Mediterraneo: "Serve una solidarietà globale per poter affrontare una crisi che non ha precedenti". Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon, parlando al Quirinale dopo un incontro con il presidente Mattarella. Ban ha ringraziato "il popolo e il governo italiano per aver salvato tanti esseri umani" in mare.

 

 

Il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz ha espresso, in un'intervista a Die Welt, dubbi sulla permanenza dell'Italia nell'eurozona nel lungo periodo.
"Quando parlo con gli italiani avverto che le persone lì sono sempre più deluse dall'euro. Scienziati e leader politici sono ampiamente frustrati e delusi dall'unità monetaria", ha detto Stiglitz rispondendo alla domanda se l'Italia farà parte in futuro dell'eurozona. 

"Agli italiani diventa chiaro che l'Italia nell'euro non funziona", ha proseguito Stiglitz, "e questo per gli italiani è emotivamente davvero difficile e si sono rifiutati a lungo di accettare tale convincimento". L'economista statunitense ha poi auspicato riforme come unione bancaria e garanzia comune dei depositi criticando però i politici: "Non sono pronti a portare avanti le riforme necessarie al funzionamento dell'unione monetaria".

Leggendo le dichiarazioni del premio nobel Americano a Die Welt e leggendo anche il rapporto della Fondazione Migrantes si scopre che : sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015. Rispetto all'anno precedente a iscriversi all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la meta preferita è stata la Germania (16.568), mentre Lombardia (20.088) e Veneto (10.374) sono le principali regioni di emigrazione. Lo rileva il rapporto "Italiani nel mondo 2016" presentato oggi a Roma dalla Fondazione Migrantes.

Il nostro Paese ha una storia antica di emigrazione - ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un telegramma inviato alla Fondazione Migrantes -. Una storia di sofferenze e di speranze. Una storia di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive, ma anche di marginalità patite e di lacerazioni. Oggi il fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto alla passato. Riguarda fasce d'età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze". 

Cosi nel 2015 le iscrizioni all'Aire sono state in tutto 189.699. Più della metà, 107.529, per espatrio. Il 69,2% di coloro che hanno fatto le valige (quasi 75 mila persone) si è trasferito in Europa.

Come rileva il rapporto "Italiani nel mondo 2016", presentato a Roma dalla Fondazione Migrantes, a fare le valige sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (36,7%). Il nostro Paese, come si evince dal rapporto, soffre soprattutto di una forte emorragia di talenti: sono proprio i giovani migliori e più preparati ad andarsene di più, con l'Italia che non riesce ad attrarne di nuovi. "La mobilità è una risorsa - sottolinea il rapporto - ma diventa dannosa se è a senso unico, quando cioè è una emorragia di talento e competenza da un unico posto e non è corrisposta da una forza di attrazione che spinge al rientro".

È ormai un fatto che gli italiani, giovani e meno giovani, oggi guardano sempre più all’estero per soddisfare i propri desideri lavorativi, in particolare all’Europa. Molti iniziano a conoscere le opportunità che il mercato del lavoro internazionale offre già durante gli anni della laurea, mentre altri decidono di emigrare dopo essersi formati completamente in Italia, sia perché non trovano offerte di lavoro che possano soddisfare le loro aspettative, sia perché convinti che un periodo di studio e/o lavoro all’estero possa migliorare la loro situazione.

Ma chi sono questi giovani ? Definiti "Millennials", hanno un’età compresa tra i 18 e i 32 anni, sono una generazione istruita, che possiede titoli di studio post-laurea, ha partecipato a programmi di studio per scambi internazionali (ad esempio Erasmus). Al contempo, però, "sono una generazione penalizzata dal punto di vista delle possibilità lavorative, sono i più esposti alla disoccupazione e vedono l’emigrazione non come una fuga ma come un mezzo per soddisfare ambizioni e nutrire curiosità". Il rapporto Migrantes cita infine i dati di uno studio dell’Istituto Toniolo, secondo cui i Millennials "sono la prima generazione nella quale la scelta non è tanto se partire ma se restare".

Intanto sono in calo le partenze per l'America meridionale (-14,9% in un anno), mentre rimangono stabili quelle per l'America centro-settentrionale; 352 connazionali hanno scelto le altre aree continentali. I maschi espatriati sono oltre 60 mila (56,1%), i celibi e le nubili il 60,2%. La fascia 18-34 anni, quella dei Millennianls, è la più rappresentativa (36,7%).

I giovani hanno una mobilità "in itinere", che - osserva il rapporto - "può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su continue e sempre nuove opportunità incontrate". Seguono i 35-49enni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di età hanno registrato un aumento delle partenze rispetto al 2014 tranne gli over 65 anni (da 7.205 a 6.572). "Pur restando indiscutibilmente primaria l'origine meridionale dei flussi - si legge nel rapporto - si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese".

La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto per partenze, seguita dal Veneto (10.374) che fa scendere la Sicilia (9.823) alla terza posizione (era seconda nel 2014). Al quarto posto il Lazio (8.436) e ancora Piemonte (8.199) ed Emilia Romagna (7.644). Nel 2015 la Germania (16.568) è la meta preferita dagli italiani andati oltreconfine, a seguire, con una minima differenza, il Regno Unito (16.503) e poi, più distaccate, la Svizzera (11.441) e la Francia (10.728).

Matteo Renzi si avvia a raccogliere una sonora batosta. Eppure non demorde. E in queste settimane che lo separano dal referendum del 4 dicembre è pronto a giocarsi il tutto e per tutto. "I dati che vedo di tutti i sondaggi sono molto simili, si divide la torta in due - ha spiegato ai microfoni di Radio Popolare - c'è una parte che ha già deciso e un'altra che è ancora indecisa. Il 50% di indecisi è pazzesco, quindi è ancora una partita aperta".

Ma il Pd si sta sbancando. Pur di portare a casa il risultato, Renzi e compagni sono disposti a spendere e spandere. A Roma sbarca Jim Messina. A quello che è già stato consulente del presidente degli Stati Uniti Barack Obama toccherà l'arduo compito di convincere gli italiani e trasformare i moltissimi "no" in "sì". Un compito tanto arduo quanto caro. Secondo la Stampa,infatti, la parcella di Messina sarà di 400mila euro.

Visti i sondaggi pessimi, che lo danno indietro nella campagna referendaria, Matteo Renzi ha affidato al guru della comunicazione le sorti della riforma costituzionale.

L'intera campagna a favore del "sì" alla riforma costituzionale secondo il quotidiano il giornale dovrebbe costare quasi 3 milioni di euro. Per la precisione 2,8 milioni di euro. Un conto salatissimo che tiene conto anche della maxi consulenza al guru Messina che dovrebbe - il condizionale, però, è d'obbligo - invertire il trend negativo che vede il fronte del "no" in netto vantaggio in tutti i sondaggi. 

Secondo le ultime rilevazioni, infatti, i contrari alla legge Boschi sarebbero tra il 52 e il 55%. C'è, però,una feta di indecisi. "I dati che vedo di tutti i sondaggi sono molto simili, si divide la torta in due - ha spiegato nei giorni scorsi Renzi ai microfoni di Radio Popolare - c'è una parte che ha già deciso e un'altra che è ancora indecisa. Il 50% di indecisi è pazzesco, quindi è ancora una partita aperta". La partita, come fa notare Mannheimer, si gioca appunto sulla "grande quantità di indecisi tuttora presente (dal 30% al 40%)" e sulla "incognita dell'affluenza alle urne (reputata oggi tra il 50% e il 60%)".

I talk show e i telegiornali sono stati colonizzati dagli uomini di Renzi per fare campagna elettorale per il "sì". Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi è addirittura volata dall'altra parte del mondo per convincere gli italiani all'estero a votare la legge che porta il suo stesso nome. Ma, nonostante questo sforzo sovrumano, il premier non risce a invertire la tendenza. Come spiega anche Renato Mannheimer sul Giornale, "gli esiti di buona parte dei sondaggi condotti sino a questo momento sembrano suggerire una prevalenza dei 'no', accreditati dal 52% al 55%, a seconda delle rilevazioni. E, peraltro, anche le ricerche che vedono, invece, una prevalenza dei 'sì', rilevano una progressiva diminuzione di questi ultimi". Una trend confermato anche dal sondaggio Ipsos per il corriere della sera che vede il fronte del "no" avanti con il 52% dei voti.

La partita, come fa notare Mannheimer, si gioca tuttavia sulla "grande quantità di indecisi tuttora presente (dal 30% al 40%)" e sulla "l'incognita dell'affluenza alle urne (reputata oggi tra il 50% e il 60%)". Anche secondo Nando Pagnoncelli "gli indecisi saranno determinanti. Tra questi ultimi - spiega il sondaggista - la metà circa (47%) pur dichiarando di voler andare a votare non sa esprimere un parere sulla riforma, il 32% si dichiara favorevole e il 21% contrario". Ed è su questo immenso popolo che Renzi vuole scommettere

La super consulenza di Messina secondo il quotidiano della famiglia Berlusconi dovrà spiegare a Renzi come fare a convincere tutta questa gente. Per il suo lavoro, si legge sulla Stampa, si prenderà "appena centomila euro in meno di quanto, mezzo milione di euro, il Pd ha incassato con la raccolta delle 500 mila firme per il referendum". Una montagna di soldi che dovrà essere versata dai gruppi di Camera e Senato insieme "agli ulteriori 700 mila euro destinati alla campagna pubblicitaria". Ai soldi dei gruppi parlamentari, poi, vanno aggiunti quelli versati dal partito: si parla di almeno 1,7 milioni di euro. "Abbiamo 14 milioni di euro a bilancio - spiega Daniele Marantelli, tesoriere del gruppo Pd alla Camera - la campagna del referendum è perfettamente coincidente con le tipiche attività del gruppo".

Dieci anni. Una decade, o forse meno, e l'Europa sarà musulmana. A dirlo è monsignor Carlo Liberati, arcivescovo emerito di Pompei. In una intervista al quotidiano cattolico online,"la fede quotidiana", e ripresa dal quotidiano "il Giornale" esprime il suo pensiero in materia dell accoglienza selvaggia degli immigrati e a tutti i costi in Europa

Monsignor Liberati si dice d'accordo con il vescoco polacco Pieronek quando afferma che "l'Europa rischia di essere islamizzata". "Ha scoperto l’ acqua calda. - afferma Liberati -. Temo che tra dieci anni o meno in Europa diventeremo tutti musulmani per via demografica. Loro fanno sei o sette figli, in Europa abbiamo un tasso di natalità pari a zero o quasi, l’ Europa è pagana e viviamo come se Dio non esistesse rinunciando a manifestare pubblicamente la nostra fede della quale pare che ora ci vergogniamo. Mi pongo una domanda: la cattolicità esiste ancora?”.

Il timopre del prelato è che la sostituzione demografica in atto in Europa porti direttamente all'islamizzazione del Vecchio Continente. Lì dove nulla hanno potuto le armi degli eserciti dei califfati islamici stanno riuscendo i "ventri delle donne"...

Una domanda lecita in un Occidente sempre più secolarizzato, incapace di guardare alla spiritualità della vita. Sordo di fronte al richiamo di Dio. "Abbiamo smarrito il senso cattolico della vita - dice il vescovo monsignor Liberati in una intervista alla fede quotidiana ripresa dal quotidiano il Giornale - Per fermare l’Islam che è una minaccia, dovremmo tutti ricordare quel glorioso spirito di Lepanto e di Vienna che ci permise di salvare l’Occidente grazie a Maria e al Rosario e noi siamo qui a cercare un dialogo impossibile e velleliario con chi ci vuole sottomettere perchè ci reputa infedeli. 

L’islam si basa sul Corano che predica la sottomissione degli infedeli. Io non voglio morire islamico e sostengo che tutti noi credenti dovremmo impugnare la spada della fede e della verità. L’islam è violento perchè tale lo è il Corano, finiamola con la credenza dell’ Islam moderato”.

Non usa mezzi termini, finalmente, il prelato e come riferisce il Giornale :  E lo fa per ammonire tutti coloro i quali si ostinano a difendere l'accoglienza indiscriminata, l'accettazione di tutto quello che è diverso per il solo fatto che lo sia, senza porsi la domanda se è giusto o sbagliato che una cultura "altra" metta così tanto in difficoltà la secolare identità cristiana dell'Europa. 

“Chi dice che bisogna accogliere tuttio mente sapendo di mentire - attacca Liberati - è un utopista o ha altri disegni, magari preda della demagogia populista. Su questo, continua il giornale, penso che il presidente ungherese Orban non abbia tutti i torti. Chi va via dalle terre islamiche fugge dall’ Islam non certo dal cristianesimo. 

Mi domando: perchè non li accolgono i ricchi stati islamici? Probabilmente esiste un piano studiato per islamizzare l’Occidente per via demografica". E a chi si appella alla solidarietà crisitana ricorda che "ma va abbinata alla prudenza, al senso di responsabilità e al realismo. Non possiamo prendere da noi tutta l’Africa e chi esclude che tra quelli che arrivano non si nascondano terroristi? Buonismo e populismo sono una rovina, non un vantaggio”.

Chi ama l’Italia viene condannato. Moralmente, socialmente, spiritualmente. Scovato, beccato, recluso. Sacerdote di una pratica antica, nel migliore dei casi, o rincitrullito manichino sodale di Cavour. Si può tutto in queste terre desolate a digiuno d’amor proprio; si può decidere di attraversare i sessi ignorando la natura, di attraversare il mare ignorando la paura, di spaccare una vetrina ignorando la galera ma è sempre più difficile riuscire ad amare l’Italia senza ignorare di prendere una posizione. 

Simone Di Stefano, candidato sindaco della Capitale alle ultime elezioni e presidente di Casa Pound Italia, ieri, è stato tratto in arresto portato via in manette, insieme a lui altri militanti. Per loro l’amore per l’Italia non ha targhe alterne, né giorni pari o dispari, non piove mai e non ci sono casi di un tipo o di un altro. Si opponevano allo sfratto – previsto proprio per la mattinata di ieri – di due famiglie italiane da uno stabile di proprietà del Comune, sito in Via del Colosseo numero 1. “L’operazione è stata compiuta dagli agenti dello Spe della municipale, diretto dal comandante Antonio Di Maggio, con la polizia di Stato che ha registrato la resistenza di esponenti di Casa Pound Italia oltre al lancio di uova, bottiglie, vernice ed oggetti metallici ed alzando vere e proprie barricate a difesa di ogni singolo piano della palazzina”, come riporta Il Giornale. 

Amare l’Italia e gli italiani a targhe alterne, svilirne il senso. Una moda, una necessità della globalizzazione, riporta Il Giornale : ormai penetrata ovunque, come acqua sporca, un vizietto da intellò del progresso. Liberarsi dal fardello dell’appartenenza ad un confine, ad una cultura, figurarsi da una bandiera, inglobati in una coscienza nazionale. Questo sì che garantirebbe un’ottima presa di mercato sulla grande massa, vero strumento di produzione: più essa è libera da pesi spirituali, capaci di aprire la coscienza civile ed individuale, di porre dei riferimenti morali certi, di ingaggiare contrarietà, meglio si può operare nella laica, annichilita e neutrale società dei consumi. Non è così che si ragiona nel villaggio globale. Su questa eco non fa più notizia chi combatte per gli italiani, a meno che non esca in manette, non diventi gossip della distruzione e della peggior specie.

Prendere una posizione per una questione che dovrebbe essere insita nelle nostre giornate. Dovrebbe essere un motore intimo e collettivo. E invece così non è. L’amore e il rispetto per questa terra benedetta è a targhe alterne: alcuni (pochi) sì, altri (tanti) no; alcuni giorni sì, altri no; alcuni casi sì, altri no.

Tra gli sfrattati, “una donna, diabetica e con gravi problemi a deambulare”, e “una famiglia con un bambino affetto da una disabilità”, così come riportato dagli stessi esponenti di CPI che in un nota successiva specificano che “i due nuclei da oltre 30 anni occupavano due piccole case nello stabile del Comune sgomberato. Per lasciarlo avevano chiesto al Campidoglio di trovare loro un’altra sistemazione, anche in un bungalow, purché la famiglia potesse stare insieme” e proseguono “Il Campidoglio meno di un mese fa li aveva convinti a lasciare l’appartamento promettendo una sistemazione in un residence poi risultata falsa e le famiglie sono state costrette a rioccupare”.

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI