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Odissea, il libro di Ferranti e Marletta in anteprima a Il Corriere del Sud

Di recente, ho avuto il piacere di incontrare Valentina Ferranti e Gianluca Marletta presso Palazzo Grazioli, la nuova sede della Stampa Estera, per discutere in anteprima per il Corriere del Sud del loro nuovo libro, "Odissea". Per la prima volta, i due autori tracciano un itinerario affascinante tra mito, simbolo, religione, esoterismo, storia e archeologia, ripercorrendo le tappe dell’Odissea.

L'Odissea,e la storia di tutte le storie, mi dice Valentina tra un caffe e un cornetto, viene raccontata in questo libro come un viaggio esteriore e interiore che descrive il cammino dell'uomo e dell'eroe verso la sua vera patria spirituale.

Chi sono gli Dei? Chi è l'uomo? Quale importanza hanno i personaggi maschili e femminili? Qual è il nostro destino? Chi si nasconde dietro il nome di Omero? La memoria, la dimenticanza, i canti e le donne, i mostri, gli abissi, l'Ade e le ombre, il ritorno del Re e la "tremenda giustizia" sono alcuni degli elementi eterni e universali che il Sacro Poema ripropone agli uomini d'ogni tempo e luogo, mi dice Gianluca...

Dal libro Odissea :  

«L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
errò dopo ch’ebbe distrutto la rocca sacra di Troia;
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì nel cuore sul mare,
lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi». (Odissea, Libro I, 1-5)


"La Musa scrivono i due autori Valentina Ferranti e Gianluca Marletta, nel loro libro è la prima creatura femminile che compare nel poema. È a lei che si chiede di narrare. Il canto principia ogni cosa e ammanta di suprema armonia ogni vicenda ricordata. 

L’aedo è colui che viene posseduto dalla vibrante voce delle Muse. Esse sono connesse ad Apollo, alla sua disciplina misurata. Divinità del metro artistico, del bello e dell’ordine. «Ciò che è in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che è in alto», (Tabula Smaragdina, II v). Ce lo conferma Esiodo nella Teogonia. Il canto, dice il poeta, deve cominciare dalle Muse Eliconie. Figlie di Zeus e Mnemosine, la dea Memoria. Furono loro ad insegnargli l’arte del “canto bello”. 

La vicenda mitica narra un banchetto nuziale in cui il re degli dèi chiese agli Olimpi cosa ancora mancasse. La risposta fu: «I celebranti!». Coloro che avrebbero ricordato le gesta degli dèi e degli eroi, la voce delle sacre stirpi. L’epica divenne così la più nobile tra le forme poetiche. Per questo Zeus si unì per nove notti a Mnemosine, per creare le Muse che avrebbero dovuto ispirare i racconti. Vennero alla luce poco lontano dalla più alta vetta nevosa dell’Olimpo. 

Erano solite danzare e cantare sulla cima dell’Elicona e sull’Olimpo. L’Elicona era in Beozia (antica Aonia). Secondo Pausania (Periegesi della Grecia IX, 39- 8) lì vi erano due sorgenti vicine, una per Mnemosine l’altra per Lete. L’acqua del ricordo e l’acqua della dimenticanza. Le Muse ci invitano a ricordare, attraverso il canto, ciò che è bene ricordare come le gesta eroiche di chi dovrà essere d’esempio per le generazioni future. Calliope (Musa della poesia epica) ci ricorderà sempre le gesta di Odisseo, che di ritorno dalla terra di Troia visse la più grande avventura umana, traccia gloriosa da narrare"

La prefazione a cura di Cinzia Romani :

A lungo gli scrittori hanno parlato di dèi ed eroi perché la comunità affidava loro tale compito. Ma poi hanno iniziato a scriverne sempre meno, perché la comunità ha preso ad ignorare o avversare quegli stessi dèi e quell’identico divino da cui promanano. Chi erano quei personaggi, che fino ai Sessanta del secolo scorso venivano studiati nelle scuole secondarie europee, su voluminosi libri d’Epica, precisa materia di studio? Perché i loro nomi affioravano sempre, in modo imperioso o allusivo, persino nei discorsi domestici? C’è stato un tempo in cui, tra adolescenti, si parlava di “fatiche d’Ercole”, mentre un esame da affrontare esigeva notti insonni, o si evocava il dio Apollo, all’improvviso apparire di un giovane bellissimo, magari al bar. Una certa sprezzatura non mancava, in tanta naturalezza con theos, il dio che è il rumore di fondo del divino e nell’ominosa contiguità con l’epos, entrato nel sentire comune, irriducibile a ogni altro sapere, ma soprattutto insofferente di ogni servitù verso la società, verso la massa, verso un partito.

Nel “sentire miticamente” spiccavano innanzitutto gli dèi della Grecia, che dalla Firenze del primo Quattrocento degli Orti Oricellari – dove Botticelli, Poliziano e Marsilio Ficino sognavano di poter celebrare i misteri pagani – hanno attraversato per secoli la mente dell’Europa, abitando quadri, statue, versi, pinacoteche, parchi. E poi, a partire dal Romanticismo tedesco, dèi dai nomi oscuri, anche orientali, hanno provocato un rivolgimento delle forme, che in sé recava un sapere irriducibile a ogni altro. Stavolta Valentina Ferranti e Gianluca Marletta, nel loro controcanto altisonante e visionario, accennano al divino negli a parte sapienti intorno a Ulisse, marcando da subito approcci diversi al racconto e alle storie. Nel vortice rapsodico di una sonorità evocativa, la prima immerge chi legge in immagini così intense, che si potrebbe fare a meno del testo. Oltre il paradosso, i blocchi narrativi della Ferranti, che parte dalla Muse e approda all’anti-morte sanscrito, fanno affiorare una parola: viaggio. Non quello di Odisseo, che fu un ritorno e un ritorno non possiede il pieno abbandono all’ignoto. Piuttosto, occorre frugare tra le rovine di Nippur, per trovare l’horreur du domicile della dea Inanna:

Dal Grande Alto essa pose orecchio

al Grande Basso,

Dal Grande Alto la dea pose orecchio

al Grande Basso

Dal Grande Alto Inanna pose orecchio

al Grande Basso.

 

Valentina Ferranti. 

Antropologa, scrittrice, articolista. Si occupa di mito, rito,  civiltà arcaiche, linguaggio dei simboli, distopia e analisi antropologica del mondo contemporaneo Ha tenuto diversi corsi inerenti nelle antiche civiltà, il linguaggio dei simboli, ed i culti misterici. Il suo sguardo si volge anche al tempo presente. Pubblica articoli di attualità per alcune riviste cartacee e on-line, tra cui Visione, Fenix e Orizzonte Zero. Di recente ha pubblicato un romanzo di fantascienza, Ritorno ad Amtara (NPE). Inoltre, nel marzo2022 è uscito il suo contributo al testo: Il Mistero delle Sirene di Giacomo Maria Prati ed il libro Prima Roma. Le origini alla luce del mito, scritto assieme a Giacomo Maria Prati. Ha pubblicato un contributo sulla Roma

 

Gianluca Marletta 

è nato a Roma nel 1971.
Docente di Lettere, è studioso di tematiche sociologiche, storiche e storico-religiose.

È autore di numerosi saggi, articoli e interviste. Tra i principali saggi, ricordiamo: Apocalissi. La fine dei tempi nelle religioni (scritto con Mario Polia); La fabbrica della manipolazione e UNI SEX. Cancellare l'identità sessuale: la nuova arma della manipolazione globale (scritti con Enrica Perucchietti); UFO &alieni. Origini, storia e prodigi di una pseudo-religione; La guerra del Tempio. Escatologia e storia del conflitto medio-orientale; L’Eden, la resurrezione e la Terra dei Viventi. Considerazioni sull’origine e il fine dello stato umano; L' ultima religione. Dall'eugenetica alla pandemia: l'alba di una nuova era? (scritto con Paolo Gulisano).

 

Cinzia Romani 

è una giornalista e scrittrice romana. 

Dopo aver completato gli studi universitari nella disciolta DDR, nei cui archivi cinematografici di Stato ha preso visione dei film girati durante il nazismo, si è laureata in Lingue e Letterature Straniere con Paolo Chiarini, presso l'Università La Sapienza di Roma.
Ha scritto Le dive del Terzo Reich (Gremese, 1978), tradotto in inglese, francese, tedesco e spagnolo, nonché Stato nazista e cinematografia (Bulzoni, 1981). Tra i suoi contributi alla diffusione, in Italia, di aspetti della cultura germanica, rientrano le versioni italiane, da lei curate, del film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino (1988), della commedia di Botho Strauß Grande e piccolo, rappresentata al Piccolo Teatro di Milano nel 1979, con Giulia Lazzarini protagonista, dei libri Confessioni estatiche, di Martin Buber e de Il buon Dio di Manhattan di Ingeborg Bachmann, entrambi editi da Adelphi.
Scout letteraria per le case editrici Adelphi, Einaudi, Sperling & Kupfer (per quest'ultima ha curato le edizioni delle opere di Stefan Zweig), ha scritto di cultura, costume e cinema su La Stampa, la Repubblica, Sette, L'Indipendente, Uomini&Business. Scrive su Il Giornale dal 1994, dove si occupa di cultura, spettacolo e interni. Vive a Roma.

 

 

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