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Dieci ore di terrore e di sangue, 13 minuti per il blitz delle forze speciali bengalesi, poi il conteggio infinito dei morti, dei feriti, dei sopravvissuti. L'assalto con presa d'ostaggi compiuto da nove terroristi dell'Isis la notte scorsa all'Holey Artisan Bakery, ristorantino chic affacciato sul lago nel cuore del quartiere diplomatico di Dacca, è terminato con 20 civili uccisi tra cui 9 italiani imprenditori del tessile, 7 giapponesi e un americano, un numero imprecisato di feriti, 13 ostaggi portati in salvo e 6 assalitori eliminati. Uno solo è stato catturato, ferito. In serata una notizia positiva dalla Farnesina: il decimo italiano in un primo momento dato per disperso non era nel ristorante al momento dell'attacco e ha contattato la famiglia.

l commando jihadista era arrivato all'Holey Artisan Bakery poco dopo le 9 di sera, ora locale. Nelle mani dei killer un vero e proprio arsenale, kalashnikov, bombe a mano, machete. Non ci sono state incertezze: prima gli spari e il grido ormai diventato sinonimo di morte in tutto il mondo 'Allah u Akbar', poi alcune raffiche ad altezza d'uomo che hanno freddato due poliziotti, l'irruzione nel ristorante, le luci spente e le telecamere messe fuori uso, gli stranieri dalla pelle chiara sgozzati con ferocia. Infine la tragica messa in scena degli interrogatori degli altri avventori presi in ostaggio ai quali veniva imposto di recitare alcuni versetti del Corano. Per chi non ci riusciva non c'è stato scampo e così sono stati ammazzati anche un indiano e due bengalesi, un ragazzo e una ragazza studenti di università americane tornati a casa per trascorrere la fine del Ramadan con i loro familiari.

L'Italia si è accordata con le autorità del Bangladesh ed il rientro delle salme italiane avverrà "nei tempi più brevi possibili, dipenderà dalle incombenze" burocratiche. Lo ha detto a Rainews24 il capo dell'Unità di Crisi della Farnesina Claudio Taffuri. Il nostro personale, ha aggiunto, è sul posto già da sabato per collaborare con la nostra ambasciata a tutti gli adempimenti del caso. Lo stesso Taffuri sta per partire per il Bangladesh.

I venti ostaggi del caffè di Dacca sono stati uccisi nei primi venti minuti dai terroristi che hanno assaltato il locale venerdì sera. Lo riferisce il capo della polizia bengalese AKM Shahidul Haque, secondo quanto riporta il Dhaka Tribune. "Alcuni media stanno dicendo che abbiamo agito troppo tardi con il blitz, ma non è vero. Abbiamo portato a termine l'operazione in 12 ore, mentre in altri Paesi come il Kenya ci sono voluti 4 giorni per affrontare una situazione simile", ha aggiunto.

Nel secondo giorno di lutto nazionale dopo la strage al ristorante di Dacca, la premier del Bangladesh Sheikh Hasina stamane ha reso omaggio alle vittime. In una cerimonia allo stadio dell'esercito, alle dieci locali, ha deposto corone di fiori sulle bare, riferiscono i media locali. Le bare sono state collocate in una piattaforma rialzata con le bandiere di India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti, le nazioni delle vittime straniere, nove delle quali italiane. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. In seguito, è stato consentito l'accesso ai familiari e poi a tutti i cittadini.

Isis o non Isis. E' questa la margherita che esponenti governativi, dei servizi di intelligence e i media del Bangladesh stanno sfogliando dopo lo shock suscitato dal massacro di 20 civili stranieri - tra cui 9 italiani - compiuto venerdì nella Holey Artisan Bakery di Dacca. Da giovani terroristi rampolli di ricche famiglie locali arruolatisi nelle file della jihad "per moda", secondo la versione del ministro dell'Interno. E' stato necessario assistere ad una strage in un gettonato ristorante della classe medio-alta, la più grave mai registrata nella storia del Paese, perché il governo - che da sempre nega infiltrazioni della rete del terrore globale in Bangladesh - esaminasse con la dovuta attenzione la rivendicazione dell'azione da parte dei seguaci del 'Califfo' Abu Bakr al-Baghdadi. Dal febbraio 2015, quando gli attacchi a intellettuali, blogger, stranieri ed esponenti di minoranze religiose si sono fatti sempre più frequenti, Isis e Al Qaida se li sono sistematicamente attribuiti, collezionandone oltre una ventina ciascuno. Fino alla strage nella Bakery del quartiere diplomatico di Gulshan-2, che l'Isis ha fatto sua assicurando attraverso Amaq, l'agenzia di stampa del 'Califfato', che è stata opera di un commando bengalese di cui si conoscono anche i nomi (oltre che i volti) dei cinque componenti: Akash, Badhon, Bikash, Don e Ripon. Erano seguiti da tempo dalle forze dall'intelligence locale, ha fatto sapere l'ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque. E stavolta all'interno del governo sono cominciate ad affiorare le prime divergenze. Fino a qualche mese fa la premier Sheikh Hasina ed i suoi ministri escludevano la presenza dell'Isis o di Al Qaida nel Paese, ripetendo che i colpevoli degli attentati non erano altro che i membri dell'opposizione guidata dal Partito nazionalista bengalese (Bnp) della 'begum' Zia Khaleda, ed in particolare il suo alleato Jamaat Islami.

E la polizia del Bangladesh ha deciso il fermo di tre persone. Ieri sera è stato fermato Hasnat Karim, il professore universitario che era nel locale per festeggiare un compleanno ma ripreso da alcune immagini fumare in terrazza con i membri del commando. E ancora altre due persone che si trovano in ospedale e di cui non è stata resa nota l'identità, sospettate di avere avuto un ruolo nella dinamica dell'attacco al ristorante.

Intanto un video amatoriale del blitz dell'esercito di ieri all'alba - girato da un cittadino sud-coreano da una finestra che si affaccia sul ristorante attaccato dai terroristi - ha sorpreso gli esperti e gettato altri dubbi sulla versione ufficiale fornita dalla polizia bengalese. I portavoce ufficiali avevano infatti assicurato di aver liberato numerosi ostaggi grazie all'intervento armato. Ma le immagini sembrerebbero mostrare che vi sia stato un rilascio volontario di persone, probabilmente musulmani, fra cui bambini e donne velate, che si vedono camminare con calma attraversando un giardino prima dell'intervento dei blindati, impiegati dopo oltre 10 ore per mettere fine alla presa di ostaggi. Infine c'è da segnalare che per non restare indietro all'Isis nella corsa per la leadership del terrore in Asia meridionale, il leader di al Qaida nel subcontinente indiano (Aqis), Asim Umar, ha incitato i musulmani dell'India a "sollevarsi" e a lanciare attacchi alle autorità e alla polizia indiane. E per questo ha evocato l'esempio dei "lupi solitari" in Europa.

Ieri il più radicale nel continuare a negare la presenza di miliziani riconducibili all'Isis nel Paese è stato il ministro dell'Interno, Asaduzzaman Khan, che ha insistito nel mantenere la questione entro i confini nazionali, attribuendo la responsabilità dell'attacco ad un gruppo jihadista indigeno, il Jumatul Mujaheddin Bangladesh. Gli autori del massacro sono "tutti istruiti, provenienti da famiglie benestanti, sono andati all'università e nessuno di loro ha mai frequentato una madrassa", ha dichiarato il ministro. E alla domanda sul perché sarebbero diventati militanti islamici, Khan ha risposto secco: "E' diventata una moda".

Non la pensa proprio così il numero due del ministero degli Esteri bengalese MD Shahidul Haque che, presentando all'ambasciatore d'Italia Mario Palma le condoglianze per le vittime italiane, ha sostenuto che "la gente qui è scioccata e sorpresa perché si chiede come mai dei giovani possano essersi radicalizzati così tanto". Haque, a differenza del ministro dell'Interno, non ha respinto categoricamente che possa essersi davvero trattato di un'azione coordinata dall'Isis. Ma anche lui ha confermato che "gli autori non vengono dall'Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese".

Ecco chi sono i nostri connazionali morti nell'assalto :

Cristian Rossi, l'imprenditore del Nord-Est . Sposato e padre di due gemelline di 3 anni, Rossi era stato manager alla Bernardi. Dopo alcuni anni si era messo in proprio. Era in Bangladesh per motivi di lavoro. A Feletto Umberto (Udine), dove l'uomo abitava con la famiglia.

Marco Tondat, l'imprenditore del Nord-Est -  Aveva 39 anni Marco Tondat ucciso a Dacca. Era nato a Spilimbergo (Pordenone), ma viveva a Cordovado. "Ci eravamo sentiti ieri mattina - ha riferito il fratello - doveva rientrare in Italia per le ferie e abbiamo concordato alcune cose, lo aspettavo per lunedì. Era un bravo ragazzo, intraprendente e con tanta voglia di vivere". Il fratello di Tondat ha quindi detto che Marco "era partito un anno fa, perchè in Italia ci sono molte difficoltà di lavoro e ha provato ad emigrare. A Dacca era supervisore di un'azienda tessile, sembrava felice di questa opportunità. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non è mancato per un incidente stradale. Non si può morire così a 39 anni".

Claudia Maria D'Antona, il suo scopo era aiutare il prossimo - "Mia sorella Claudia e suo marito Giovanni erano una coppia fantastica, due persone d'oro, con un grande impegno nel volontariato". Così Patrizia D'Antona, all'ANSA. "Finanziavano - spiega - un'associazione che porta esperti di chirurgia plastica in Bangladesh per curare le donne sfregiate con l'acido. Aiutare il prossimo era sempre in cima ai pensieri di Claudia e di suo marito. Si erano sposati due anni, con una bellissima cerimonia a Dacca, dove avere convissuto per oltre 20 anni".

Nadia Benedetti, la manager che amava il canto - Adorava cantare, la musica e le canzoni di Franco Califano. Ogni volta che tornava nella sua Viterbo non mancava mai di passare al karaoke nel ristorante del fratello Paolo. Sorrideva, si divertiva. Chi la conosceva la ricorda come una persona gioiosa, da sempre dedita al lavoro che l'ha portata a girare mezzo mondo, fino ad arrivare in Bangladesh, dove ieri è rimasta vittima del cruento attentato di Dacca, per mano di quelli che la nipote Giulia, su Facebook, definisce "un branco di bestie". Nei prossimi giorni l'amministrazione comunale rispetterà un giorno di lutto per ricordare Nadia Benedetti, manager 52enne e figlia di imprenditori che proprio da Viterbo ha mosso i primi passi nell'industria tessile.

Simona Monti aspettava un bambino e aveva già prenotato un volo che all'inizio della prossima settimana l'avrebbe riportata in Italia, a Magliano Sabina (Rieti), per un lungo periodo di aspettativa. Simona Monti, la 33enne reatina morta nell'attentato all'Holey Artisan Bakery di Dacca insieme ad altri 8 italiani, dalla scorsa estate, dopo diverse esperienze di studio e lavorative in oriente, aveva scelto il Bangladesh per vivere e lavorare in un'azienda tessile.

Maria Riboli mamma di una bimba di 3 anni, spesso in giro per il mondo per il suo lavoro in un'impresa che si occupa di abbigliamento, Maria Riboli avrebbe compiuto 34 anni il prossimo 3 settembre. La vittima bergamasca dell'attentato terroristico di ieri sera a Dacca era nata ad Alzano Lombardo, in valle Seriana. La sua famiglia è originaria di Borgo di Terzo, piccolo centro della valle Cavallina. Dopo il matrimonio, celebrato il 21 marzo 2006, Maria Riboli si era trasferita con il marito Simone Codara a Solza, paese di duemila abitanti dell'Isola bergamasca, oggi scosso per la notizia della morte della giovane concittadina e mamma. Maria Riboli lavorava nel settore dell'abbigliamento e si trovava in viaggio per lavoro per conto di un'impresa tessile. Da diversi mesi era in Bangladesh.

Adele Puglisi, una donna "buona, solare, che amava viaggiare e il mare". Era così per gli amici e i parenti Adele Puglisi, 54 anni, una delle vittime italiane della strage di Dacca. Assassinata alla vigilia del suo rientro a Catania, dove abitava, anche se nella sua città d'origine, raccontano i vicini, "stava al massimo 20 giorni l'anno", perché, spiegano, "era sempre in giro per il mondo per il suo lavoro". Era lei stessa a descriversi così sul suo profilo Facebook, pubblicando sue foto al sole e al mare. Lei vittima del terrorismo islamico su Fb il 16 novembre del 2015 aveva postato la prima pagina di 'Libero' sulla strage di Parigi commentando il titolo ('Bastardi islamici') con un secco "è vergognoso" e aderendo a una petizione che lo contestava. Ma sul social network ricostruiva anche la sua vita lavorativa: era a Studiotex fino al 2010, poi è partita e si è trasferita nello Sri Lanka. Fino ad aprile del 2014 quando ha cominciato a lavorare per Artsana, come manager quality control a Dacca.

Vincenzo D'Allestro, l'imprenditore tessile del Sud - Abitava nella mansarda di una palazzina rosa di quattro piani che si affaccia su via don Girolamo Marucella, ad Acerra (Napoli), l'imprenditore tessile Vincenzo D'Allestro, 46 anni, ucciso da un commando dell'Isis a Dacca, in Bangladesh. Nel Parco Azalea, dove D'Allestro abitava con la moglie Maria Gaudio, sono stati i giornalisti a portare la notizia che ha gettato nello sgomento quanti conoscevano la coppia. Secondo quanto si appreso da alcuni condomini l'imprenditore era quasi sempre fuori per lavoro.

Claudio Cappelli, l'impreditore del Nord - Aveva una impresa nel settore tessile che produceva t-shirt, magliette, abbigliamento in genere e anche intimo. "Diceva di avere avuto una esperienza positiva e di essere contentissimo. Era da più di 5 anni impegnato in questa 'avventura'. Era entusiasta e diceva che era un Paese dove si poteva lavorare molto bene" ricorda con dolore il console generale onorario del Bangladesh in Veneto, l'avvocato Gianalberto Scarpa Basteri.

Il ballottaggio delle presidenziali in Austria va rifatto per le irregolarità nello spoglio avvenute in alcuni seggi. Lo ha deciso la Corte costituzionale austriaca. I giudici hanno vagliato il ricorso presentato dall'Fpoe.

"Le elezioni sono il fondamento della nostra democrazia e il nostro compito è di garantirne la regolarità. La nostra sentenza deve rafforzare il nostro Stato di diritto e la nostra democrazia", ha detto a Vienna il presidente della Corte costituzionale Gehrart Holzinger prima di pronunciare la sentenza con cui è stato accolto il ricorso presentato dall'Fpoe lo scorso 22 maggio. E' la prima volta che viene annullato un ballottaggio in Austria. Al ballottaggio era risultato eletto il verde Alexander Van der Bellen con uno scarto di meno di un punto percentuale, pari a circa 30 mila voti, rispetto al leader dell'estrema destra Norbert Hofer. Il nuovo voto si dovrebbe tenere tra settembre e ottobre.

La Commissione europea "non ha commenti da fare su quella che è una decisione della Corte costituzionale di uno stato membro". Lo ha detto il portavoce dell'esecutivo a proposito dell'annullamento del ballottaggio delle presidenziali in Austria.

Il presidente della commissione Ue Juncker chiede che la Gran Bretagna faccia chiarezza sulle sue intenzioni. "Sulla cosiddetta Brexit, vogliamo essere chiari, non ci saranno negoziati prima della notifica ed invitiamo le autorità britanniche a rendere chiare le loro intenzioni. Non abbiamo tempo da perdere. Non possiamo aggiungere incertezza ad incertezza. Vorremmo sapere dove ci stiamo dirigendo"

Intanto : "Ci vuole uno statista serio per negoziare la Brexit". Parola di Tony Blair che in un articolo sul Telegraph delinea il profilo del leader che dovrà traghettare la Gran Bretagna fuori dall'Unione europea. Nell'intervento che per il giornale conservatore sarà interpretato come una "candidatura" a svolgere un ruolo dei negoziati, l'ex premier scrive che "un ministro pro Brexit ed euroscettico", riferendosi a Michael Gove, non è una scelta "saggia". "Saranno negoziati incredibilmente complessi, pieni di trappole ad ogni passaggio", sottolinea Blair spiegando che "è cruciale riuscire a comprendere la psicologia dei 27 paesi membri dell'Unione europea". "Il nostro Paese è in pericolo - conclude l'ex premier europeista convinto - per superare questo momento abbiamo bisogno di politiche adulte. Dobbiamo procedere con calma, maturità e senza recriminazioni. Perché in gioco c'è il futuro del Regno Unito".

E non si placa il dibattito sul tema Brexit. Michael Gove, candidato alla leadership Tory, dice no ai negoziati formali con Ue prima del 2017 e subito il presidente della commissione Ue Juncker chiede che la Gran Bretagna faccia chiarezza sulle sue intenzioni. Il ministro della Giustizia candidato euroscettico alla guida dei Tory e del governo britannico ha esposto il suo programma, spiegando che intende mettere “fine alla libera circolazione", dopo che ieri Boris Johnson aveva ritirato la sua candidatura a leader dei Tory.

Dal canto suo Johnson ha assicurato che appoggerà la candidatura di Theresa May a patto che nel 2020 si faccia da parte per permettergli di correre come premier. Intanto dalle pagine del Telegraph l’ex premier Tony Blair delinea il profilo del leader che dovrà traghettare la Gran Bretagna fuori dall'Ue. Mentre dall'italia arriva il messaggio positivo del premier Renzi che dice dopo la Brexit "In Europa si apre una stagione interessantissima, ex malo bonum".

Il ministro della Giustizia, Michael Gove, candidato euroscettico alla guida dei Tory e del governo britannico e' d'accordo con la rivale Theresa May nel non prevedere di attivare nei prossimi mesi l'articolo 50 del Trattato di Lisbona per il divorzio formale dall'Ue dopo la Brexit. Se ne parlera' nel 2017, ha lasciato intendere. D'accordo con May anche sul no a elezioni anticipate in Gran Bretagna: si votera' nel 2020, ha detto, per dare tempo a chi succedera' a David Cameron di attuare un programma di governo aggiornato secondo le indicazioni emerse dal referendum. Poco prima aveva affermato di voler mettere fine alla libera circolazione". Lo ha detto Michael Gove spiegando il suo programma da candidato alla leadership Tory. "Introdurrò un sistema di punti all'australiana e ridurrò i numeri" degli immigrati.

Boris Johnson avrebbe deciso di ritirare la sua candidatura a leader dei Tory e appoggiare quella di Theresa May a patto che nel 2020 si faccia da parte per permettergli di correre come premier. Lo sostiene il quotidiano Times che parla di un'"offerta segreta" dell'ex sindaco di Londra subito dopo la vittoria del 'Leave' al referendum sull'Unione europea. Johnson, sostiene ancora il quotidiano, avrebbe anche chiesto un incontro con la May lunedì ma lei avrebbe rifiutato.

L'ennesimo attacco terroristico sulle rive del Bosforo - il quarto di quest'anno - è anche il più sanguinoso: 42 morti, di cui almeno 15 stranieri, senza contare i tre kamikaze che si sono fatti esplodere dopo aver aperto il fuoco sulla folla al terminal internazionale dell'aeroporto Ataturk, e 239 feriti. Vittime di 10 nazionalità, per le quali oggi è stato proclamato il lutto nazionale. E la sensazione di non essere in grado di fermare una minaccia terroristica, che per il premier turco, Binali Yildirim, stavolta è quasi certamente quella dell'Isis. E anche il direttore della Cia John Brennan - pur in assenza, al momento, di rivendicazioni da parte dello Stato islamico - vede chiarissima la firma di Daesh e della sua "depravazione" dietro l'attacco. Le indagini hanno seguito sin dalle prime ore la pista dell'attacco jihadista.

Ma sul commando che ieri sera è piombato indisturbato, imbracciando i kalashnikov, nel principale scalo della Turchia restano ancora molte ombre. Uno dei kamikaze ha agito da ariete, facendosi saltare in aria all'esterno e creando il caos che ha favorito l'ingresso degli altri due. Oltre ai tre terroristi kamikaze, che sarebbero tutti stranieri, fonti di polizia avevano parlato di quattro persone in fuga. Una è stata arrestata ieri sera, si tratterebbe di una donna. Ma nulla si sa al momento della sua identità. Come fortissimo resta il riserbo sulla sorte dei tre ipotetici terroristi alla macchia. In queste ore, la Turchia guarda allo specchio soprattutto le lacune del suo sistema di sicurezza e di prevenzione.

L'intelligence turca aveva inviato 20 giorni fa una lettera alle autorità competenti per avvisarle della minaccia imminente di possibili azioni terroristiche dell'Isis in diversi luoghi di Istanbul, tra cui l'aeroporto Ataturk. Lo sostengono fonti giornalistiche, citate dal quotidiano Hurriyet.

Una lettera che avvisava della minaccia imminente di attacchi dell'Isis giaceva da almeno 20 giorni sui tavoli delle autorità....Mittenti, gli 007 turchi. Tra i siti definiti a rischio, anche l'aeroporto Ataturk. Un allarme che è stato ignorato. O almeno, trascurato. Sotto accusa ci sono poi le falle della sicurezza nello scalo. Il doppio filtro di controlli, con un primo passaggio ai metal detector già all'ingresso, non è bastato a fermare i terroristi. Dallo Stato islamico, nel giorno simbolico in cui celebra il secondo anniversario dell'auto-proclamato Califatto da parte di Abu Bakr al Baghdadi, non sono giunte finora rivendicazioni esplicite. Il governo di Ankara sottolinea come l'attacco sia giunto proprio nel giorno in cui ha firmato l'accordo di riconciliazione con Israele, a 6 anni dall'incidente della Mavi Marmara, e riallacciato i contatti con la Russia, suggerendo un nuovo tentativo di destabilizzazione

La polizia turca ha compiuto all'alba diversi blitz in covi di sospetti militanti dell'Isis a Istanbul, dopo l'attacco che martedì sera ha ucciso 42 persone all'aeroporto Ataturk. Non si hanno al momento notizie di arresti, né di legami diretti con l'attentato. Inoltre l'esercito turco ha annunciato di aver ucciso sabato, 2 presunti membri dell'Isis di nazionalità siriana, mentre cercavano di attraversare il confine con la Siria. Uno dei 2 era ricercato in Turchia perché sospettato di preparare attacchi kamikaze ad Ankara o ad Adana, nel sud del Paese.

Al presidente Recep Tayyip Erdogan è giunta la solidarietà in due telefonate con Barack Obama e Vladimir Putin. Quest'ultimo lo ha chiamato dopo 7 mesi di silenzio, dopo la lettera di scuse del leader turco per il jet russo abbattuto. Parole di condanna sono state espresse anche dai leader di Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Israele e da papa Francesco. La conta delle vittime si è arrestata solo nel primo pomeriggio, includendo almeno 15 stranieri di 9 nazionalità diverse: 6 sauditi, 2 iracheni, 1 tunisino, 1 uzbeko, 1 cinese, 1 iraniano, 1 ucraino, 1 giordano e una donna palestinese. Al momento, non risultano esserci italiani. Ma fino a sera, ancora quattro cadaveri sono rimasti senza nome. Oltre un centinaio di feriti accertati sono ancora in ospedale, di cui 41 in terapia intensiva.

La Turchia, intanto, ha fretta di tornare alla normalità. Già di prima mattina lo scalo era stato parzialmente riaperto, ben prima di quanto previsto nell'immediatezza dell'attacco. Ma molte compagnie hanno preferito comunque non far partire subito i loro aerei per Istanbul. E nel Paese il clima resta tesissimo, coi social network inaccessibili fino a sera per evitare lo scambio e la diffusione di informazioni sull'attacco.

Intanto Raid aerei americani hanno ucciso ieri almeno 250 combattenti dell'Isis in un convoglio che si muoveva fuori da Falluja, in Iraq. Lo riporta la stampa Usa, sottolineando che negli attacchi sono stati distrutti 40 veicoli. I raid arrivano a 24 ore dall'attacco all'aeroporto di Istanbul, per il quale l'Isis e' considerato il primo sospettato.

I combattenti dell'Isis stavano fuggendo da un'offensiva lanciata sul terreno dall'esercito di Baghdad. Lo ha detto una fonte irachena alla Bbc. Sono stati bombardati mentre si stavano dirigendo verso zone ancora sotto il controllo dello Stato islamico, vicino al confine con la Siria, ha aggiunto la fonte. Il ministero della difesa di Baghdad ha anche diffuso un video e foto in cui si vedono le bombe cadere sugli obiettivi e una decina di camion bruciati. Domenica il governo iracheno ha annunciato di aver preso il pieno controllo di Falluja dopo un'offensiva durata cinque settimane.

Il Parlamento chiede "una implementazione rapida e coerente della procedura di revoca" dell'appartenenza della Gran Bretagna alla Ue in conseguenza della decisione del popolo britannico nel referendum. La plenaria straordinaria ha approvato la risoluzione bipartisan a larghissima maggioranza con 395 voti a favore, 200 contrari e 71 astenuti.

"Voglio che sia un processo il più costruttivo possibile, con un risultato il più costruttivo possibile, perché lasciamo la Ue ma non voltiamo le spalle alla Ue, con questi Paesi siamo partner, amici, alleati, vogliamo il rapporto più stretto possibile in termini di commercio, cooperazione e sicurezza": lo ha detto il premier britannico entrando al vertice sulla Brexit

Pressing dell'Ue sulla Gran Bretagna dopo la Brexit. Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker sottolinea la necessità di "un chiarimento" britannico e avverte: "la commissione continuerà sulla sua strada", stop, inoltre, ai colloqui informali prima della formalizzazione del risultato del voto popolare con la richiesta di uscita. Stessa linea da Angela Merkel: "nessun colloquio senza richiesta uscita".

"Prendiamo atto - ha detto Angela Merkel - che la Gran Bretagna non ha ancora presentato richiesta formale di uscita, ma la Gran Bretagna prenda atto che nessun colloquio informale potrà partire prima". La cancelliera ha aggiunto che il quadro delle procedure per l'uscita é già tracciato nell'articolo 50 del trattato di Lisbona.

"L'ora è grave" - ha detto Juncker - ma "io sono allergico alle incertezze" e quindi "vorrei che la Gran Bretagna rispettasse la volontà del popolo britannico senza nascondersi dietro giochi a porte chiuse". "Sono sorpreso di vedere che io, proprio io che in Gran Bretagna vengo dipinto come tecnocrate, eurocrate e robot, voglio trarre le conseguenze del voto. E loro no?".

Meno duro nei toni Donald Tusk che in apertuura del Consiglio Europeo ha sottolineato come la Gran Bretagna stia per avviare le procedure relative all'articolo 50 della Costituzione Ue.

"Rispettiamo il volere dei britannici - ha detto - ma dobbiamo rispettare anche i Trattati che dicono che sta al Governo britannico avviare la procedura, è il solo modo legale, tutti devono essere consapevoli di questo e perciò dobbiamo essere pazienti": lo ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, entrando al vertice.

"L'Ue è pronta a partire con quel processo anche oggi, senza entusiasmo, come immaginate", ha aggiunto. Un vertice informale straordinario Ue - ha inoltre fatto sapere - si terrà a settembre a Bratislava per discutere del futuro dell'Ue.

Anche il premier Matteo Renzi è a Bruxelles per una serie di colloqui e per la riunione pomeridiana del Consiglio europeo.

"Bisogna rispettare il voto" del referendum - ha detto Juncker - e "bisogna trarre le conseguenze" e "vorrei che il Regno Unito chiarisse, non domani mattina, ma chiarisse la propria posizione". Il presidente della Commissione in riunione plenaria ha sottolieato di non volere che "si affermasse l'idea di negoziati segreti a porte chiuse" con i rappresentanti di Londra tanto che, sottolinea, "ho vietato ai commissari di discutere con i rappresentanti del governo britannico".

"No notification, no negotiation" ha scandito. "Non è ammissibile che ora il governo britannico cerchi di avere contatti informali" con la Commissione, questo è "inammissibile" ha scandito Jean Claude Juncker aggiungendo: "Ho dato un ordine presidenziale da mufti ai miei direttori generali, di evitare ogni contatto" con i rappresentanti di Londra. "Dobbiamo costruire un nuovo rapporto con la Gran Bretagna, ma siamo noi a dettare l'agenda, non chi vuole uscire".

 

 

 

E' braccio di ferro in Europa sul dopo-Brexit. Londra prende tempo, con la sponda di Angela Merkel, mentre Parigi e Roma chiedono di avviare subito le procedure per l'uscita dall'Unione. Sulla stessa linea il Parlamento e la Commissione Ue che sottolinea: "Non ci sarà alcun negoziato" con la Gran Bretagna "se non sarà stato prima notificato l'art.50" del Trattato.

Ma se la cancelliera dice di comprendere l'esigenza di Londra di aspettare prima di premere il pulsante rosso, l'Eliseo tuona: "Temporeggiare è surreale. Quando si divorzia si deve abbandonare il letto coniugale", fanno sapere fonti vicine a Hollande. Sulla stessa lunghezza d'onda della Francia c'è l'Italia di Matteo Renzi. "Tutto può fare l'Europa tranne che aprire per un anno una discussione sulle procedure dopo aver discusso un anno sulle trattative. Così si perde di vista il messaggio del referendum" inglese, ha tagliato corto il premier in Parlamento.

A Berlino però non tutti sposano la linea Merkel. Il leader della Spd e vicecancelliere Sigmar Gabriel chiede alla Merkel una "linea chiara" sui tempi dell'uscita di Londra. "Il governo - ha spiegato Gabriel - deve dare un segnale di chiarezza, deve attuare un'azione decisa invece di rinviare", ha detto alla Dpa.

E la Brexit continua ad agitare lo scenario politico britannico: il nuovo leader del Partito Conservatore britannico, in sostituzione del dimissionario David Cameron, dovrà essere operativo entro il 2 settembre. Lo ha deciso il comitato esecutivo del partito.

Rimpasto lampo per il Labour britannico dopo la rivolta contro il leader Jeremy Corbyn, che ha resistito alle richieste di dimissioni e rinnovato il suo governo ombra. Sono stati così rimpiazzati dieci fra ministri e sottosegretari ombra che si erano dimessi in aperto contrasto coi vertici del partito. "Mi dispiace che ci sia chi si è dimesso dal mio governo ombra, ma non tradirò la fiducia di chi ha votato per me. Chi vuole un cambiamento di leadership si dovrà confrontare in elezioni democratiche e io mi candiderò", ha detto.

La Gran Bretagna avvierà i negoziati quando avrà messo a punto un piano, il rinvio "aiuterà", ha detto stamattina il cancelliere allo Scacchiere George Osborne, dopo che ieri si è saputo che il premier David Cameron non attiverà la Brexit al vertice europeo di domani.

Quella britannica, ha sottolineato Osborne, è "un'economia robusta", e il Regno Unito non "vuole voltare le spalle a Ue e al resto del mondo" ed è "aperta al business". Gli fa eco Boris Johnson, paladino della Brexit: "Non c'è una grande fretta di lasciare l'Ue", ha detto. Così, mentre Londra esclude la possibilità di un nuovo referendum, gli occhi sono ora puntati sul vertice a tre di Berlino che inizia tra qualche ora, dove ci saranno il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier italiano Matteo Renzi. Parteciperà anche il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk.

Rispetteremo quello che decidono i britannici ma l'Europa deve smuoversi perché se si sta un anno ad aspettare perdiamo le sfide con le priorità del nostro tempo. Ciò che è avvenuto nel Regno Unito può essere la più grande occasione per l'Europa se smettiamo di stare sulla difensiva. Le ragioni per le quali abbiamo criticato dall'interno le istituzioni Ue cercando di portare il nostro contributo sono rese più forti che mai dalle dinamiche voto inglese. L'Ue si deve occupare più di questione sociali e meno di questione burocratiche.

Quello che si apre domani - dice ancora Renzi - è un vertice Ue, temo non sarà l'ultimo a occuparsi di questi argomenti, che dovrà essere concentrato non solo sull'uscita della Gran Bretagna ma anche su rilancio dell'Ue, su come impostare una strategia. Questo è momento per riportare Ue alla sua forte identità, un'Ue che combatte una battaglia di giustizia sociale non solo burocratica. Oggi manca la consapevolezza della gravità della situazione: non vorrei che si potesse pensare di far finta di niente o che si possa immaginare un percorso molto lungo in attesa di un altro referendum.

Il voto del popolo inglese sull'uscita della Gran Bretagna dalla UE "è una vicenda storica, chi cercasse oggi di minimizzare o di strumentalizzare ciò che è avvenuto commetterebbe un errore politico".  Così in Senato il premier Renzi, ricordando che quel voto "pesa come un macigno per la storia del'Ue. Non entro qui nel merito dell'articolo 50  che aprirà il negoziato per l'uscita dall'Ue della Gran Bretagna - ha proseguito - e sulle regole del gioco. Sono dinamiche che affronteremo in sede europea.

Ma l'Italia dice che tutto può fare l'Europa tranne che aprire per un anno una discussione sulle procedure dopo aver discusso un anno sulle trattative. Così si perde di vista il messaggio del referendum. Se oggi, a dispetto di larga parte delle previsioni, con affluenza straordinaria , ha vinto la Brexit, tutto possiamo fare tranne che fare finta di niente. Se il popolo vota e altrove si cerca di mettere la pezza su ciò che il popolo ha deciso, si mina il gioco democratico. Serve questa consapevolezza indipendentemente dalle opinioni del singolo.

Renzi ha avuto questa mattina un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano John Kerry. Tra i temi affrontati, a quanto si apprende, le conseguenze della Brexit ma anche l'accordo tra Israele e Turchia sulla normalizzazione dei rapporti tra i due Stati. Il colloquio è avvenuto poco prima dell'incontro di Renzi con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

 

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