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“L’Isis ed il cosiddetto estremismo islamico radicale, sono semplicemente delle invenzioni create dagli Stati Uniti e dai governi occidentali per mettere in cattiva luce i musulmani e l'Islam nel mondo, incitando all’odio”.

A scrivere l’ennesima teoria del complotto è l’editorialista Noha Al-Sharnoubi sul quotidiano Al-Ahram sotto il diretto controllo del Ministero egiziano dell'Informazione

Scrive Al-Ahram, e ripreso dal quotidiano Il Giornale :

“…dobbiamo davvero credere alla versione ufficiale del governo degli Stati Uniti per gli eventi dell'11 settembre del 2001? E 'una coincidenza che i piloti dell'11 settembre siano stati addestrati presso le scuole di volo americane? Secondo la versione ufficiale dell'amministrazione americana, il primo attacco sulla torre nord, è avvenuto alle 08:46, ora di New York. La torre sud è stata colpito da un altro aereo 15 minuti più tardi, intorno alle 09:03. Più di mezz'ora dopo, un terzo aereo colpì l'edificio del Pentagono, mentre un quarto mancavo il suo obiettivo, andandosi a schiantare. E’ davvero possibile credere che quattro aerei dirottati possano volare liberamente nello spazio aereo degli Stati Uniti colpendo le torri del World Trade Center ed il Pentagono, con intervalli di 15 e 30 minuti? Tutto questo senza che gli americani siano riusciti a fare nulla, nonostante i loro segreti militari. O, forse, era tutto previsto al fine di giustificare la guerra al terrorismo e l’invasione dell’Iraq? La maggior parte dei membri dell’Isis sono cittadini occidentali. Lo Stato islamico è stato pianificato in anticipo dall'Occidente per giustificare la devastazione, il partizionamento e l'occupazione dei paesi nel Medio Oriente?”.

Come riferisce il Giornale quella pubblicata sul quotidiano egiziano è solo l’ultima speculazione sulla genesi dello Stato islamico. A rinfoltire quelle note negli Usa come conspiracy theories, è stato anche il candidato repubblicano presidenziale Donald Trump. Quest’ultimo, poche settimane fa, ha dichiarato pubblicamente che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ed il candidato democratico alla presidenza Hillary Clinton, sono co-fondatori dello Stato islamico.

Nel quotidiano del governo egiziano, infine, Al-Sharnoubi suggerisce che molti video diffusi sulla rete dello Stato islamico, sarebbero in realtà ricreati in set allestiti con attori occidentali.

A scrivere l’ennesima teoria del complotto come sottolinea il Giornale è l’editorialista Noha Al-Sharnoubi sul quotidiano Al-Ahram. Sarebbe opportuno rilevare che Al-Ahram è uno dei principali quotidiani letti in Egitto e posto sotto il diretto controllo del Ministero egiziano dell'Informazione. Rispecchia, quindi, il pensiero dello Stato. L’articolo è stato pubblicato il 23 agosto scorso, poche settimane prima le celebrazioni per il quindicesimo anniversario degli attacchi alle Torri gemelle.

Scrive l’editorialista e ripreso dal quotidiano Italiano : “Gli attacchi dell'11 settembre così come quelli perpetrati in tutta Europa, sono soltanto una coreografia dai governi occidentali che hanno collettivamente cospirato contro i musulmani. Elementi dell’intelligence (forse occidentale) sono dietro gli attacchi e gli attentati. I cittadini musulmani vengono arrestati ed uccisi per giustificare quello che sta accadendo nei paesi arabi in nome della guerra al terrore. Chi vogliono ingannare gli Stati Uniti ?”.

Non era mai successo che il presidente degli Stati Uniti irrompesse, via ambasciatore, in una libera elezione italiana. O almeno non siamo nati ieri non in chiaro e così platealmente. Nell'era del duo Renzi-Napolitano, cioè della "cessione della sovranità nazionale", è accaduto anche questo

Un'invasione di campo senza precedenti che punta a viziare il dibattito sulle riforme. Tanto che, dopo aver invitato tutti a vivere il dibattito "con serenità", il capo dello Stato ha ricordato agli Stati Uniti che "la sovranità è degli elettori

Ieri infatti John Phillips, ambasciatore Usa a Roma, ha detto che se al referendum sulla riforma del Senato dovessero vincere i «no» ci sarebbero conseguenze per l'economia italiana. Per rafforzare il concetto, poche ore dopo, l'agenzia finanziaria americana Fitch quella che già complottò contro l'Italia e il governo Berlusconi ai tempi della crisi dello spread ha fatto sapere che la vittoria dei «no» sarebbe uno shock.

Il fatto che un presidente del Consiglio, neppure eletto ma nominato dal ex Presidente Napolitano, chieda aiuto secondo fonti giornalistiche, di fronte a sondaggi che lo danno sempre più per sconfitto a capi di Stato esteri non può che preoccupare. È la mossa della disperazione, una dichiarazione di "incapacità" ad uscire con le sue gambe dal vicolo cieco nel quale si è cacciato con le sue mani. Già in economia abbiamo ceduto le leve del comando alla Merkel. Ora facciamo decidere ad Obama come eleggere i nostri senatori. È davvero troppo, anche a non voler prendere alla lettera l'articolo uno della Costituzione sulla sovranità che appartiene al popolo

In quanto a Obama, nulla ci sorprende. Nel suo doppio mandato ha trattato l'Europa come una colonia. E, peggio, non ne ha azzeccata una. Ci ha costretti a rompere con Putin, mentre Lui torna ad essere una super potenza, e provocando alle nostre aziende, con le sanzioni, un danno ingente. Ci ha convinti secondo fonti giornalistiche a scalzare e uccidere Gheddafi , dando il via libera alla più grande ondata migratoria della storia che ci sta destabilizzando e stremando. Non ha fermato i suoi alleati dell'Arabia Saudita, che hanno agevolato l'ascesa dell'Isis....insomma il premio nobel per la pace non ha "indovinata" una nella sua politica con gli alleati Europei mentre anche Israele guarda sempre piu verso la Russia perche Vladimir Putin, e sempre più interessato a far assumere alla Russia il ruolo di potenza conciliatrice dell’area

E cosi il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come la maggior parte dei politici italiani, ha reagito con fastidio alle parole dell'ambasciatore americano, John Phillips, che ieri mattina ha parlato di un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia in caso di vittoria del "no" al referendum. 

A distanza di ventiquattr'ore Mattarella ha fatto sentire la propria voce. Il mondo è sempre più interconnesso, è il ragionamento del capo dello Stato, è chiaro che quello che avviene in un Paese importante interessi gli altri Paesi. Ma "questa considerazione non muta in nulla il fatto che la sovranità sia demandata agli elettori" che si devono esprimere con un referendum. Mattarella ha, tuttavia, invitato tutti a "vivere serenamente, come ogni passaggio democratico" questo momento che ci porta al voto. Ma a Matteo Salvini le parole non bastano: vuole una risposta plastica. "L'ambasciatore Usa in Italia minaccia gli italiani che voteranno 'no' al referendum - tuona il leader della Lega Nord - questo signore dovrebbe essere allontanato dall'Italia. Mai più schiavi, di nessuno".

L'endorsment, dicono in ambienti dem, non era stato concordato ma Matteo Renzi avrebbe, comunque, incassato con favore l'appoggio degli Stati Uniti. E i parlamentari piddì hanno sviato il problema indirizzando la propria irritazione nei confronti di Luigi Di Maio che ha paragonato il premier a Pinochet. Ma il problema resta il ruolo dell'America nel dibattito sulle riforme. Nelle ultime settimane, complici i sondaggi che davano il fronte del "no" in netto vantaggio, Renzi aveva cambiato strategia evitando una eccessiva strumentalizzazione della consultazione sul ddl Boschi. Ma il clima è tornato infuocato. Con le opposizioni che, dopo l'entrata a gamba tesa dell'ambasciatore Phillips, hanno chiesto un intervento del Colle che stigmatizzasse "una ingerenza inaccettabile.

A schierarsi a favore di Matteo Renzi e del suo governo è oggi l’ambasciatore Usa a Roma, John R. Phillips che annuncia così il suo endorsement a favore del .

Il 'no' al referendum sulla riforma costituzionale «sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia». Lo ha detto l' ambasciatore Usa in Italia John Phillips intervenendo ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato oggi a Roma all'istituto di studi americani.

«Renzi - ha proseguito - ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership». Phillips ha quindi ricordato che il presidente del Consiglio andrà negli Stati Uniti il 18 ottobre prossimo in occasione della cena di Stato offerta alla Casa Bianca dal presidente Usa Barack Obama.

Quello che serve all’Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità. Per questo il referendum apre una speranza", ha detto il diplomatico parlando ad un convegno del centro di studi americani su Brexit, "Molti ceo di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum. Il sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro. Mi viene chiesto spesso dai governatori delle Regioni italiane quale sia il modo migliore per attrarre investimenti americani sui loro territori e la mia risposta è sempre una: serve stabilità politica. In Italia ci sono stati 63 governi in 70 anni e questo non è un fatto positivo. Renzi ha assicurato un periodo di governo abbastanza lungo".

Philips ha ricordato che il premier italiano sarà alla Casa Bianca da Barack Obama il 18 ottobre e ha aggiunto che "è un grande onore che sia stato invitato per l’ultima cena di Stato dell’amministrazione Obama. Gli Usa apprezzano moltissino la sua leadership e la considerano molto importante".

Ma l'intervento dell'ambasciatore non piace a Forza Italia. «Quella dell'ambasciatore Usa in Italia, più che un auspicio, è un'entrata a gamba tesa ingiustificata negli affari interni dell'Italia, eseguita su delega di un presidente alla fine del suo mandato», dichiara il senatore di Forza Italia, Altero Matteoli. «Peraltro, - aggiunge - è fondata su una valutazione errata della riforma costituzionale, che in realtà non produrrebbe, se approvata, gli effetti sperati dal diplomatico. Il bicameralismo, infatti, non si supera e i tempi legislativi rischiano addirittura di allungarsi, mentre si privilegia una presunta stabilità offendendo uno dei principi basilari della democrazia: la rappresentanza».

Le parole dell'ambasciatore non sono piaciute ai comitati per il no. E in particolare a Forza Italia: "Ricordiamo all'ambasciatore americano Phillips l'art. 1 della nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo...italiano", attacca su Twitter Renato Brunetta.

E poi ci sono le proteste di Matteo Salvini: "Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari tuoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato, nelle vicende interne italiane", ha detto il leader della Lega Nord, "Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il no, ovvero per la libertà e il bene degli italiani".

Quindici anni fa, l'11 settembre del 2001, New York veniva colpita al cuore, con l'attacco alle Torri Gemelle. Da allora la Grande Mela si e' risollevata e si e' rafforzata ma resta ancora oggi una citta' blindata.

Dal mirino non e' mai uscita, anzi le minacce da cui si difende sono aumentate: non c'e' piu' infatti solo Al Qaida. Dall'Isis agli estremisti 'cresciuti' in casa, la citta' ritenuta il simbolo del capitalismo e' minacciata da piu' parti. Ma rispetto al passato, New York non e' piu' sola e non e' piu' la meta per eccellenza.

Se fino a qualche anno fa era ritenuta, insieme al resto degli Stati Uniti, il nemico numero uno da colpire per i terroristi, ora le fa 'compagnia' l'Europa, meta preferita degli ultimi attacchi. Parigi, Bruxelles e Nizza ne sono un esempio. Jihadisti di vecchia militanza e lupi solitari di varia origine hanno ampliato il raggio d'azione, prendendo di mira anche il Vecchio Continente e mostrando come il mondo e' profondamente cambiato. La primavera araba, la caduta dei dittatori in Nord Africa e nel Golfo Persico ha rivoluzionato gli equilibri, anche per i terroristi.

Ovviamente la citta' si e' risollevata: a oltre 15 anni di distanza il World Trade Center e' tornato quasi pienamente operativo. La Freedom Tower ha aperto i battenti, anche se l'attesa corsa a ripopolare con uffici e attivita' commerciali l'area colpita non e' cosi' veloce come previsto. I prezzi alle stelle e i tempi lunghi della ricostruzione hanno spinto le banche e le vecchie attivita' dell'area a ricollocarsi, e ora tornare al World Trade Center non sembra piu' conveniente. Ma in molti hanno scommesso su una rinascita dell'area: tra gli altri Eataly che ha investito 38 milioni di dollari in uno spazio di 5.000 metri quadrati nel cuore di Ground Zero. Un luogo significativo, nella Torre 4 del World Trade Center, proprio di fronte al parco con le due fontane che ricordano le Torri Gemelle abbattute.

Ma oggi alle ore 8.46 ora di New York: l'America si e fermata. Come a Ground Zero e' scattato ovunque un minuto di silenzio per ricordare le vittime dell'11 settembre 2001, nell'ora in cui il primo aereo - un Boeing 767 dell'American Airlines - si schianto' contra la prima delle Twin Towers del World Trade Center di Manhattan, la torre nord. Poco dopo il secondo schianto contro la torre sud.

A Ground Zero, simbolo della rinascita della città, sono arrivati entrambi i candidati alle presidenziali, prima Donald Trump e poi Hillary Clinton. I due si sono ignorati. 

La candidata Dem si è allontanata prima della fine della cerimonia. Secondo indiscrezioni non confermate avrebbe accusato un malore.  Lo riporta un tweet della Fox. Questo sarebbe il motivo della sua uscita prima della fine della lettura dei nomi delle vittime. Il malore accusato da Hillary Clinton a Ground Zero e' stato dovuto al caldo. Lo afferma il portavoce della campagna della candidata democratica che spiega come ora l'ex first lady sia a casa della figlia Chelsea e si sente molto meglio".

A tradirla a Ground Zero e' stato certamente il caldo, in una giornata durante la quale la temperatura percepita e' stata certamente superiore a quella reale per via dell'alto tasso di umidita'. A spiegare la decisione di Hilary Clinton di lasciare in fretta e furia Ground Zero, ben prima della fine della cerimonia, era stato il suo portavoce Nick Merrill, dopo quasi un'ora e mezza di silenzio e di mistero che tra i giornalisti presenti aveva alimentato le piu' disparate congetture. I pochi testimoni che hanno assistito alla scena hanno subito parlato di un malore improvviso che ha costretto l'ex first lady a lasciare il luogo dove una volta sorgevano le Twin Towers, sostenuta da un agente del Secret Service. Il primo a dare la notizia il reporter di Fox News presente alla cerimonia. Le immagini diffuse in seguito mostrano la Clinton appoggiata ad una colonnina sul margine del marciapiede mentre si aspetta il van che la deve portare via. Al momento di salire sul veicolo si nota chiaramente come le ginocchia della ex first lady cedano. Non riesce a camminare e le persone attorno a lei di fatto la tirano su di peso.

Insomma, se non proprio uno svenimento, un mancamento. Anche i giornalisti del pool che segue ovunque la candidata vengono tenuti a lungo all'oscuro di quanto accaduto. Non sanno dove sia stata portata. Sara' sempre il portavoce a comunicare che Hillary era a casa della figlia Chelsea, nel Flatiron District di Manhattan, e che si era ripresa. E' stata poi la stessa Hillary a rassicurare tutti, incrociando i giornalisti sotto l'abitazione: "Sto alla grande", ha detto. "Oggi a New Yok e' una bellissima giornata", ha quindi aggiunto, forse riferendosi al caldo. Poi di nuovo in auto, direzione Chappaqua, a nord di New York, dove i Clinton hanno la residenza. E' qui che probabilmente e' stata visitata dal medico.

Hillary Clinton ha cancellato dalla sua agenda il viaggio in programma oggi e domani nella costa occidentale degli Stati Uniti, in seguito al malore accusato durante la cerimonia a Ground Zero nel 15/o anniversario degli attentati alle Twin Towers, malore causato da una polmonite secondo quanto dichiarato da Lisa Bardack, medico curante della candidata democratica alla Casa Bianca. Hillary Clinton doveva volare oggi in California per due giorni dedicati alla raccolta di fondi per la sua campagna elettorale e per un'apparizione nel talk-show televisivo condotto da Ellen DeGeneres.

Donald Trump, anch'egli presente a Ground Zero, non si e' accorto di nulla. Del resto i due, finche' sono stati entrambe presenti, si sono praticamente ignorati tenendosi a debita distanza. Nessun commento del tycoon, che con eleganza decide di non infierire, lui che piu' volte attraverso la sua campagna ha espresso dubbi sullo stato di salute dell'avversaria, l'ultima volta in agosto. ll tema pero' rischia di tornare inevitabilmente al centro della campagna elettorale, a meno di due mesi dal voto. La Clinton, che poco prima di lasciare l'incarico di segretario di Stato era stata operata per un ematoma alla testa procuratosi in seguito ad una caduta, e' stata spesso attaccata da una parte della stampa ostile che fa insinuazioni sull'esistenza di problemi di salute della ex first lady, che compira' 69 anni ad ottobre. Insinuazioni che la campagna del tycoon ha piu' volte cavalcato, contrapponendo invece cartelle cliniche che attesterebbero l'ottimo stato di salute di Trump, 70 anni

A morire in seguito agli schianti e al crollo delle Torri Gemelle quasi 3 mila persone, tra cui molti vigili del fuoco e poliziotti intervenuti per i soccorsi. Al primo minuto di silenzio durante la cerimonia ne seguono altri cinque per ricordare il secondo schianto contro la torre sud, i momenti del crollo delle Twin Towers, l'aereo che si e' abbattuto sul Pentagono a Washington e quello precipitato in un campo della Pennsylvania prima di arrivare a colpire probabilmente la sede del Congresso americano.

Il presidente Obama ha ricordato le vittime al Pentagono. "Difendere non solo il nostro Paese ma anche i nostri ideali": questo lo spirito dell'11 settembre per Barack Obama, intervenuto alla cerimonia svoltasi al Pentagono. Il suo appello: "Gli americani non devono cedere alla paura". "Sappiamo che la nostra diversita', la nostra variegata eredita' non e' una debolezza - ha detto il presidente Usa - ma la nostra piu' grande forza".

Se Al Qaida era fino a poco fa era il simbolo del terrorismo per eccellenza, ora e' l'Isis che, piu' al passo con i tempi, minaccia il mondo, conquistando un numero crescente di combattenti e ispirando giovani e non a combattere al suo fianco e a colpire nel nome dell'Islam.

Attacchi e minacce, quelli dell'Isis, che infiammano il dibattito soprattutto politico, dando vita a una retorica di scontro quasi religioso. Donald Trump negli Stati Uniti ne e' uno dei protagonisti con proposte provocatorie per bloccare l'ingresso dei musulmani negli Usa ma anche per registrare quelli gia' nel Paese, cosi' da monitorarli piu' facilmente.

L'uccisione nelle scorse settimane dell'imam di Ozone Park, nel Queens, ha riaperto il dibattito sui crimini alimentati dall'odio e dalla retorica politica. Le possibili celebrazioni nella stessa giornata allarmano la polizia, che - come ha già assicurato - rafforzera' i controlli vicino alle moschee. Queste ultime stanno rivedendo i programmi, con celebrazioni al chiuso invece che all'aperto come in precedenza.

Con il passare degli anni le commemorazioni per l'anniversario dell'11 settembre si riducono, ma nessuno dimentica e vuole dimenticare l'accaduto.

La Corea del Nord ha effettuato il suo quinto test nucleare. Ad annunciare il successo del test, che sfida per l’ennesima volta le restrizioni della comunità internazionale, la Korean Central News Agency. 

La tv di stato della Corea del Nord ha annunciato il successo del quinto test nucleare del paese. Lo riferisce l'agenzia cinese Xinhua su Twitter. Pyongyang ha detto di aver effettuato un test di una "esplosione di testata nucleare" per contrastare quella che definisce "ostilità" degli Stati Uniti. Le testate "possono essere montate su missili strategici balistici", secondo quanto riferisce la tv di Stato Kctv, come riporta la Cnn. L'emittente specifica che tali testate possono essere "prodotte in quantità ed in vari formati".

"Lo sviluppo delle armi atomiche da parte della Corea del Nord costituisce una grave minaccia per il Giappone", ha detto il premier nipponico Shinzo Abe dopo che il governo di Tokyo ha confermato che il tremore registrato, pari a un'intensità sismica di 5.0 nelle coste nord orientali della penisola coreana, è stato causato da un test nucleare condotto dal regime di Pyongyang. Il capo di Gabinetto giapponese, Yoshihide Suga, ha ribadito che un nuovo sistema di sanzioni unilaterali verrà applicato e l'esecutivo continuerà a cooperare con i principali paesi dell'area incluse la Cina la Russia. L'esperimento odierno ha provocato le maggiori onde sismiche mai registrate prima, rispetto ai 4 precedenti test atomici condotti dalla Corea del Nord.

La Casa Bianca ha "ribadito l'incrollabile impegno degli Stati Uniti per la sicurezza dei nostri alleati in Asia e in tutto il mondo". E il presidente americano Barack Obama, che è in contatto con i partner giapponese e sudcoreano, "ha indicato che continuerà a consultare i nostri alleati e partner nei prossimi giorni, per garantire che le azioni provocatorie della Corea del Nord avranno conseguenze molte serie".

Il ministero degli Esteri cinese ha deciso di presentare una protesta formale all'ambasciatore nordcoreano a Pyongyang.

Il test è avvenuto a margine delle manifestazioni per il 68° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea e pochi giorni dopo il vertice economico del G-20 in Cina. Il Geological Survey degli Stati Uniti ha registrato un evento sismico artificiale di magnitudo 5.3 della scala Richter, a nord-est della città di Sungjibaegam, nei pressi del sito di Punggye-ri, destinato ai test nucleari della Corea del Nord. La resa esplosiva sarebbe stata di 30 kilotoni secondo i russi mentre Seoul stima una potenza di 10 kilotoni. Il terremoto di magnitudo 5.0/5.3 registrato, è comunque il più grande dei quattro eventi sismici associati ai test nucleari della Corea del Nord. Nel 2006 l’onda sismica artificiale registrata era di magnitudo 3.9 della scala Richter. Nel test dello scorso gennaio, il terremoto era di magnitudo 4.8. Il quinto test nucleare era comunque ritenuto imminente.

Nelle ultime settimane, le immagini satellitari della Airbus Defence and Space avevano evidenziato attività nel sito di Punggye-ri per una possibile detonazione con preavviso minimo. Il sito di Punggye-ri è distante 116 chilometri dal vulcano sul Monte Baekdu. L’'ultima eruzione del vulcano risale al 1903. La Corea del Nord avrebbe cinque impianti nucleari. Il più noto è quello situato a Yongbyon, presso il Nuclear Scientific Research Center, 60 miglia a nord di Pyongyang. In diverse occasioni negli ultimi tre mesi, pennacchi di fumo sarebbero stati monitorati proprio nel complesso di Yongbyon. I pennacchi suggeriscono che gli edifici del complesso si stavano riscaldando. Nell’impianto di Yongbyon, la Corea del Nord effettua il riprocessamento per ottenere il plutonio che utilizzerebbe poi per uso militare. 

Già nel 2013, Pyongyang aveva annunciato l’intenzione di riavviare i principali impianti, compreso quello di Yongbyon, chiuso precedentemente perché inserito nelle trattative, poi fallite, per il disarmo nucleare. L’ultimo ispettore della Nazioni Unite è stato espulso nel 2009. Sembra ormai acclarato che la Corea del Nord abbia ripreso da tempo la sua attività di ritrattamento per sistemi balistici. Pyongyang avrebbe sviluppato due modi per produrre materiale fissile: arricchimento dell'uranio e separazione del plutonio. Il Nord ha condotto test nucleari nel 2006, 2009 e nel 2013. L’ultimo si è svolto lo scorso gennaio, due giorni prima il compleanno di Kim.

Una "esplosione" che ha provocato un terremoto di magnitudo 5.3 è stata segnalata dal Servizio geologico degli Stati Uniti (USGS) alle 2:30 di venerdì ora italiana nei pressi di un sito di test nucleari nel nordest della Corea del Nord, a Punggye-ri.

Il sisma artificiale registrato oggi nel nordest della Corea del Nord, di magnitudo 5 secondo le rilevazioni di Seul, potrebbe essere un test nucleare deciso per celebrare il 68/o anniversario della nascita della Repubblica democratica di Corea, avvenuta il 9 settembre del 1948 su iniziativa di Kim Il-sung. E' l'ipotesi rilanciata dall'agenzia Yonhap, citando una fonte governativa sudcoreana, secondo cui sono in corso le verifiche sulla detonazione atomica. Se confermata, sarebbe il quinto test nucleare dopo quelli del 2006, del 2009, del 2013 e di gennaio 2016.

Il test nucleare effettuato oggi dalla Corea del Nord "è il più potente fino ad ora, poco meno forte dell'esplosione della bomba atomica su Hiroshima" riferiscono fonti militari di Seul secondo quanto riportato dai media internazionali. La potenza sprigionata dal quinto test di Pyongyang, hanno spiegato l'agenzia meteorologica sudcoreana, è stata pari a "10 kilotoni, quella di Hiroshima a 15".

 

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