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È partito intorno alle 7 dalla zona del casello autostradale della Valdichiana il corteo di trattori diretto a Roma per portare la protesta degli agricoltori toscani nella capitale. I mezzi agricoli sono in marcia lungo la Cassia. L’arrivo dei trattori a Roma, partiti questa mattina da Siena, è previsto alle 17.

Il presidio statico di alcuni dei partecipanti alla protesta che sfocerà venerdì in un corteo in centro a Roma, sarà in via nomentana all’altezza del Grande Raccordo Anulare. L’ufficio di Gabinetto della Questura di Roma sta seguendo in diretta l’evolversi della situazione per garantire l’ordine pubblico. La Polizia Stradale si occupa invece dell’aspetto che riguarda la viabilità stradale, sulle arterie di collegamento con la Capitale, mentre la polizia Municipale gestirà la viabilità sulle strade interne al Gra.

Gli agricoltori contestano le politiche anti agricole dell'Ue e hanno tutta la mia solidarietà perché pagare gli agricoltori per non fare il loro mestiere, per lasciare incolti i lori campi o pagare i pescatori per non andare a pesca è una follia tutta europea e quindi sono al loro fianco. Spero che i disagi per il traffico in Italia siano ridotti al minimo, e qui parlo da ministro, ma sono idealmente al loro fianco sul trattore". 

Con queste parole il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, si è espresso a proposito della protesta degli agricoltori che coi trattori minacciano di arrivare anche a Roma. "Cerchiamo di fare in Italia e soprattutto in Europa tutto il possibile" ha detto il ministro spiegando poi che occorre" costringere la Commissione europea a fermarsi alcune follie: bloccare l'idea folle di non dare la Pac, ovvero i fondi comunitari, a chi non lasci incolti una parte del proprio terreno, impedire di equiparare una stalla a una fabbrica e a una acciaieria perché anche le vacche emettono".

Chiusi diversi caselli autostradali nei Paesi Bassi. Torna la calma a Bruxelles dopo l'assedio. In Francia mobilitazione verso lo stop dopo le parole di Attal e Macron. Il leader delle proteste in Italia annuncia: "Ammasseremo trattori fuori dalla Capitale. Niente blocchi ma disagi". Ancora manifestazioni a Milano, Cagliari, Lanciano, Caserta, Crotone e Ragusa. La Commissione Ue apre ad alcune concessioni.

"È una manifestazione spontanea, il risultato di tutti i problemi che, come allevatori, ci trasciniamo da sempre". Così Antonino Bedino, in passato tra i protagonisti delle proteste contro le quote latte come esponente del comitato spontaneo piemontese, commenta all'Adnkronos la protesta dei trattori in corso in Italia e tutta Europa trovando analogie "al 100 per cento" con le rivolte di una trentina di anni fa. "È una rivolta soprattutto contro l'Europa perché a noi ha fatto un torto enorme, costato allo Stato, perché non ha applicato le norme. Norme che non consistevano nel recuperare le somme non dovute, come dimostrato ora dai tribunali, ma nel non chiedere le somme che non si dovevano chiedere", continua.

Il problema è che gli agricoltori non guadagnano. Lavorano in perdita. Per loro produrre un bene costa più del prezzo minimo cui possono venderlo. Il problema è che su quei beni guadagnano altri. Sono i passaggi che avvengono tra i campi dove si produce il bene e la tavola dove si consuma. Passaggi che sono completamente slegati dai costi di produzione, schiacciano il produttore e favoriscono le multinazionali della grande distribuzione. O le speculazioni finanziarie che vi ruotano intorno.

 

Fonte varie agenzie

 

 

Faccia a faccia di un’ora a Bruxelles tra la premier Giorgia Meloni e il premier ungherese Viktor Orban. Un bilaterale alla vigilia di un delicatissimo Consiglio europeo e sulla scia delle polemiche sulla vicenda di Ilaria Salis. Una storia che comincia a cambiare verso. "Si inizia a vedere un po ' di luce", dice suo padre Roberto che ieri l’ha incontrata in carcere. L’obiettivo è presentare una richiesta formale di detenzione domiciliare in Ungheria, dopo la quale si potrebbe chiedere di scontare i domiciliari in Italia. Strada ardua ma possibile specie se il primo ministro Viktor Orban darà disco verde.

Il caso di Ilaria Salis è diventato una questione nazionale. Ora il problema per Giorgia Meloni è innanzitutto diplomatico e politico. La premier deve avere cautela nei confronti di un governo amico e alleato in vista delle elezioni europee. E di un’alleanza nella famiglia dei Conservatori europei. Ma muoversi sfruttando i rapporti personali - si legge su La Stampa - potrebbe essere la scelta giusta. Come è successo con Al-Sisi nei confronti del caso Zaki. 

Il confronto con il premier ungherese Orban si è sviluppato sulla possibilità di ridurre i tempi del processo secondo Affari Italiani. Per arrivare alla sentenza il prima possibile e ottenere poi l’espulsione della maestra di Monza. Un decreto che però ad oggi non potrebbe arrivare a breve, visto che la prossima udienza del processo è fissata a maggio 2023. Che l’espulsione sia possibile lo ha fatto capire anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: "L’estradizione è impossibile perché non ha ricevuto condanne in Italia. Può essere espulsa dall’Ungheria in caso di condanna". Se l’autorità giudiziaria ungherese la pone ai domiciliari, poi, lei può chiedere di scontare in Italia. "Ma non si può passare dal carcere in Ungheria ai domiciliari in Italia", ha concluso Tajani.

"I reati in questione sono gravi, sia in Ungheria che a livello internazionale e la credibilità di Ilaria Salis è altamente discutibile. Le misure adottate nel procedimento sono previste dalla legge e adeguate alla gravità del reato commesso" ha scritto su X Zoltan Kovacs, il portavoce di Viktor Orban. "I media di sinistra e i gruppi per i diritti umani – attacca poi – hanno lanciato un attacco orchestrato contro l’Ungheria volto a distruggere le buone relazioni politiche tra Budapest e Roma". Sono parole pesanti. La speranza è che politicizzare il caso serva ad uso interno, ma non blocchi una sostanziale clemenza.

La 39enne "è trattata come un terrorista internazionale pericoloso" ha osservato Magyar, ricordando la "detenzione sotto stretta sorveglianza, l'impedimento per molto tempo dei contatti con la famiglia e le autorità italiane". 

Sono 11 gli anni di carcere chiesti per Ilaria Salis dalla Procura ungherese. La 39enne militante antifascista è accusata di aver partecipato all'aggressione di due neonazisti durante una contromanifestazione a Budapest l'11 febbraio 2023. In quella data, il 'Giorno dell'onore', si tiene un raduno a cui partecipano i "nostalgici" di Hitler. 

Ma, sottolinea il suo avvocato Gyorgy Magyar, "non ci sono prove" contro l'insegnante di Monza, che si trova da undici mesi in carcere a Budapest: è dello scorso giugno infatti il no dei giudici ai domiciliari. Intanto l'udienza di ieri, in cui la donna è apparsa in catene mani e piedi, è stata aggiornata al 24 maggio.

Per il padre dell'insegnante, Roberto Salis, si tratta di una "situazione incredibile e ingiusta". "In quei giorni ci sono stati attacchi di nazifascisti contro antifascisti e persone che si trovavano sulla loro strada. Però - ha osservato - sono stati liberati in due giorni. Gli antifascisti in Ungheria non sono graditi e vengono colpiti in modo impari".

"E' in dubbio lo stesso fatto che fosse presente alle aggressioni in questione, o che sia intervenuta incontrando i neonazisti - ha sottolineato ancora il legale difensore -. L'atto di rinvio della Procura è privo di fondamento e non ci sono prove nemmeno per il concorso in associazione per delinquere, presenteremo le nostre prove".

Una "situazione carceraria e processuale che vìola le nostre leggi", ha detto il suo avvocato Eugenio Losco, presente in aula. Anche perché "Ilaria si è dichiarata non colpevole ma ha spiegato di non aver mai potuto leggere gli atti, che non le sono stati mai tradotti, e di non aver ancora visto le immagini su cui sostanzialmente si fonda l'accusa. E quindi ha riferito di non poter presentare nessuna memoria, cosa che è ammessa nel processo ungherese".
Scelta diversa per l'altro coimputato tedesco, che si è dichiarato colpevole e è stato condannato a 3 anni di reclusione.

In aula - dove oltre a Salis erano presenti altri due coimputati, un uomo e una donna tedeschi - la pm ha presentato la 39enne come l'imputata principale, che avrebbe partecipato a più aggressioni causando lesioni corporali aggravate, in "associazione per delinquere" con due persone. Il magistrato poco prima aveva esposto l'atto di accusa che ha portato al rinvio a giudizio secondo il quale gli imputati farebbero parte di un'organizzazione estremista di sinistra, formata in Germania e composta soprattutto da giovani che, oltre partecipare a manifestazioni e dimostrazioni, avrebbero pianificato di lottare con aggressioni fisiche contro simpatizzanti di estrema destra di ideologia neonazista e neofascista.

Fonte affari Italiani Sky24 e varie agenzie 

 

Dalla premier italiana Giorgia Meloni al Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen al presidente del Consiglio Ue Charles Michel, dai Governatori Michele Emiliano e Alberto Cirio a numerosi europarlamentari, hanno espresso sostegno alla nostra protesta e assunto primi impegni rispetto al piano “Non è l’Europa che vogliamo” che abbiamo presentato.

E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che a Bruxelles ha avuto una serie di incontri per illustrare le ragioni della manifestazione che ha portato oltre un migliaio di agricoltori italiani della principale organizzazione agricola europea “all’assalto” della sede del Parlamento Ue, con iniziative coordinate che hanno visto protagonisti contadini provenienti da tutti i Paesi, dagli spagnoli ai belgi, mentre i giovani della Coldiretti davano vita a pacifici flash mob.  Su un grande striscione si legge “Stop alle follie dell’Europa” ma gli agricoltori esibiscono anche cartelli con “Basta terreni incolti!”, “Scendete dal pero”, “Stop import sleale”, “Prezzi giusti per gli agricoltori”, “No Farmers no Food”, “Cibo sintetico, i cittadini europei non sono cavie”, “Mungiamo le mucche non gli allevatori”.

Una battaglia per garantire dignità e giusto reddito agli agricoltori italiani che non si ferma.

Il presidente della Coldiretti ha spiegato che non sarà accettato nessun taglio alle risorse economiche della Politica agricola comune (Pac) agli agricoltori poiché oggi occorre assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale. In tale ottica non è possibile neppure che l’allargamento dell’Unione all’Ucraina venga pagato dalle aziende agricole.

Serve poi cancellare definitivamente – ha ribadito Prandini – l’assurdo obbligo di lasciare i terreni incolti che mina la capacità produttiva della nostra agricoltura e favorisce paradossalmente le importazioni dall’estero di prodotti alimentari che non rispettano le stesse regole di quelli europei in materia di sicurezza alimentare, ambientali e di rispetto dei diritti dei lavoratori. Un caso eclatante è il Mercosur, l’accordo commerciale con i Paesi sudamericani che va respinto. Da qui la richiesta di introdurre il criterio di reciprocità delle regole produttive.

Il caso dei terreni incolti è solo uno dei vincoli che da Timmermans in poi hanno cercato di inserire – ha denunciato Prandini - con regole che penalizzano la capacità produttiva Ue e appesantiscono il lavoro degli agricoltori, ingiustamente visti come inquinatori, mentre sono proprio loro a garantire la tutela dell’ambiente. Si va dalla direttiva che vorrebbe dimezzare l’uso dei prodotti fitosanitari lasciando molte coltivazioni prive di difesa contro insetti e malattie, all’equiparazione degli allevamenti alle fabbriche.

Ma servono anche, secondo Coldiretti, mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione anche in Europa.

 

 

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