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Sabato, 01 Giugno 2024

L’ Unicef ha stimato, in occasione della Giornata contro il lavoro minorile che si è celebrata il 12 giugno scorso, che 150milioni di bambini nel mondo sono impiegati nel lavoro minorile. Ma c’è di più. 115 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni vengono impiegati nelle forme peggiori di lavoro minorile, come quelle che prevedono carichi pesanti, contatto con sostanze chimiche ed un orario di lavoro prolungato; il 60% di minori risulta impiegato nell’agricoltura: il 7% nell’industria e il 26% nei servizi. Ovviamente, la crisi finanziaria globale, in corso, ha, ulteriormente, spinto i minori ad avviarsi, precocemente, al lavoro, specie , verso le forme di lavoro più pericolose. In verità, va detto pure, senza mezzi termini, che l’Unicef sta concentrando il suo impegno sull’istruzione, giudicata l’arma migliore per allontanare lo spettro di un’ignoranza che è in primo luogo, non conoscenza dei propri diritti e delle proprie potenzialità. E accanto a questo scenario che non dà segni di ottimismo, va collegato, purtroppo, un altro scenario: il tasso di disoccupazione giovanile, già altissimo, è al suo record, come ha confermato lo stesso Rapporto Istat. In particolare, la crisi economica ha comportato una significativa crescita di giovani disoccupati delle regioni del Mezzogiorno. Ancora, la quota di giovani non occupati e non coinvolti in attività educative o formative riflette nel nostro Paese, più che negli altri Paesi europei, lo scoraggiamento rispetto alle difficoltà di occupazione . Non a caso, quei giovani italiani che si affacciano sul lavoro intravedono, e mai come oggi, solo prospettive incerte. E a questi giovani, non resta altra scelta, purtroppo, che fare le valigie e traslocare all’estero. In conclusione, noi rivolgiamo alla politica del nostro Paese una proposta per incrementare la creazione di nuovi posti di lavoro stabili sia nel pubblico che nel privato, riportando, anche, una grande frase del premio Nobel, 2010, lo statunitense Dale Mortensen, il quale ha passato la sua vita a studiare i problemi d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, cercando di capire come migliorarne le dinamiche: “Sarebbe ora di metter   mano all’aratro e cessare di volgere indietro lo sguardo”.

Oggi, è opinione diffusa che la storia non è al centro delle passioni e degli interessi di vita, soprattutto dei giovani; si dice, anche, che il pensiero storico non serve a niente, perché, non è in grado di dare risposte a problemi, alle angosce e alle urgenze della contemporaneità. Diversamente, noi pensiamo che in un periodo come quello attuale, in cui i temi del federalismo e del Mezzogiorno, del rapporto pubblico –privato, Stato nazionale e identità locali sembrano inconciliabili e i partiti politici tentano di reinventare il loro rapporto con i cittadini, può essere utile rivolgersi alla storia, per una crescita del Paese legata ad una rilettura dell’eredità del pensiero dei nostri grandi meridionali. Pertanto, rileggere, oggi, alcune figure della storia italiana, come Francesco Crispi, Francesco Saverio Nitti, Giuseppe Di Vittorio, Donato Menichella e Luigi Sturzo, tutti meridionali, significa mettere in evidenza le loro profonde diversità sul piano culturale, politico, ideologico, ma , anche, le loro molte sintonie. Essi, in primis, sono infatti, accomunati da una “grande visione” dell’intero Paese Italia; da uno spiccato pragmatismo, alimentato dall’indagine sul e nel territorio nazionale; tutti animati da una forte proiezione nazionale e internazionale e, al contempo, con notevole capacità di coniugare anche la dimensione locale. Inoltre, hanno un forte senso delle istituzioni, sono protagonisti della costruzione nazionale e sensibili a sperimentare forme originali di intervento dello Stato. Tutte questioni e temi questi che, a nostro modesto avviso, rimandano a tanti problemi del nostro Paese di oggi. In particolare, noi diciamo che, oggi, va riconsiderato, superando facili stereotipi nella politica, il pensiero di Don Luigi Sturzo sull’intervento dello Stato, sul rapporto Stato- mercato e va richiamato il suo lucido e sferzante monito a mantenere saldo il rapporto tra economia, politica ed etica. Ma c’è di più. Egli nel 1959, lanciò un appello su una questione, tuttora presente nel nostro Paese: la moralizzazione della vita pubblica; contro la degenerazione dello Stato, contro le “tre male bestie” che minacciano la “democrazia”, che sono “lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico”.   In tale prospettiva è di grande interesse, anche oggi, la figura di Don Luigi Sturzo, per la crescita dell’intero Paese.

Il ministro dello Sviluppo Economico, Zanonanto, interviene durante la recente assemblea 2013 di Confindustria

 

In attuazione di una specifica azione prevista nel programma comunitario PON “Ricerca e competitività” FESR 2007-2013., il Ministero dello Sviluppo economico, con il Decreto 6 marzo 2013, ha deciso di istituire un nuovo regime di aiuto finalizzato alla promozione della nascita di nuove imprese nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, prevedendo due tipologie d’intervento:

aiuti in favore delle piccole imprese di nuova costituzione (Titolo II del decreto)

sostegno ai programmi di investimento effettuati da nuove imprese digitali e/o a contenuto tecnologico (Titolo III) .

Le risorse finanziarie disponibili sono costituite da:

-          100 milioni di euro, rivenienti dal PON “Sviluppo imprenditoriale locale” FESR 2000-2006, per il primo intervento, riservato alle imprese con sede legale e operativa nelle aree di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia individuate nella Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale

-          90 milioni di euro, a valere sul PON “Ricerca e competitività” FESR 2007-2013, per il secondo intervento, riservato alle imprese con sede legale e operativa nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Per entrambi gli interventi i soggetti beneficiari sono le imprese di piccola dimensione costituite in forma societaria da non più di 6 mesi dalla data di presentazione della domanda di agevolazione, nonché le persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa.

Nel caso degli aiuti in favore delle piccole imprese di nuova costituzione (Titolo II) l’agevolazione concedibile è rappresentata da un contributo, nel limite massimo di 200.000 euro, a parziale copertura dei costi sostenuti dall’impresa nei primi 4 anni, decorrenti dalla data di presentazione della domanda di agevolazione, connessi alla realizzazione di un piano di impresa finalizzato a:

- introduzione di nuove soluzioni organizzative o produttive

- ampliamento del target di utenza del prodotto o servizio offerto.

I costi agevolabili sono quelli riferiti a:

-          interessi sui finanziamenti esterni concessi all’impresa

-          costi (spese di affitto, canoni di leasing e/o quote di ammortamento) relativi all’acquisto della disponibilità di impianti, macchinari e attrezzature tecnologici necessari all’attività di impresa

-          costi salariali relativi al nuovo personale dipendente assunto dall’impresa.

Per il sostegno ai programmi di investimento effettuati da nuove imprese operanti nell’economia digitale o a contenuto tecnologico, proposti da nuove imprese e finalizzati a valorizzare economicamente i risultati del sistema della ricerca pubblica e privata (Titolo III) è previsto invece, nei limiti del regime de minimis (200.000 euro), un contributo in conto impianti, accompagnato da un servizio di tutoring tecnico-gestionale a sostegno della fase di avvio.

Sono ammissibili le seguenti spese:

impianti, macchinari e attrezzature tecnologici; componenti hardware e software; brevetti e licenze

certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, purché direttamente correlate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa; progettazione, sviluppo, personalizzazione, collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche funzionali al progetto di investimento, nonché relativi interventi correttivi e adeguativi.

Il Decreto 6 marzo 2013 è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. E’ prevista a breve l’emanazione di una circolare che, oltre a indicare specifiche condizioni di ammissibilità alle agevolazioni e ulteriori elementi sui criteri e sull’iter di valutazione delle domande, stabilirà i termini per la presentazione, a partire dal prossimo mese di settembre, delle istanze da parte delle imprese.

La National Security Agency sta spiando le registrazioni telefoniche di milioni di utenti americani di Verizon, una delle maggiori compagnie di telefonia degli Usa, sulla base di un ordine segreto di un tribunale emesso in aprile. Lo denuncia il Guardian online.

L'ordine della Foreign Intelligence Surveillance Court (Fisa), emesso il 25 aprile, chiede a Verizon di dare informazioni alla Sicurezza Usa su tutte le chiamate telefoniche fornite dai suoi sistemi giorno per giorno, sia all'interno del Paese che tra gli Stati Uniti e altri Paesi, scrive ancora il Guardian che ha ottenuto una copia del documento. Il documento, sottolinea il giornale britannico, mostra per la prima volta che sotto l'amministrazione Obama le registrazioni delle comunicazioni di milioni di cittadini americani vengono raccolte indiscriminatamente e in massa, a prescindere dal fatto che gli utenti siano sospettati o meno di un illecito. Il Fisa ha concesso il via libera all'Fbi il 25 aprile dando al governo la possibilità di ottenere i dati per tre mesi, fino al 19 luglio. In base alla decisione della Corte, vengono raccolti i numeri di entrata e uscita delle chiamate, i dati sulla localizzazione, gli orari e la durata, ma non i contenuti.

L'amministrazione Obama difende la pratica dei controlli sulle telefonate degli utenti di Verizon definendola "uno strumento fondamentale per proteggere la nazione dalle minacce terroristiche', ha detto un alto funzionario della Casa Bianca.

Un alto funzionario dell'amministrazione Obama conferma la raccolta di dati sulle telefonate di milioni di utenti dell'operatore Usa Verizon."Decliniamo ogni commento", ha risposto anche Verizon attraverso il suo portavoce a Washington Ed McFadden.

L'ordine per la sorveglianza telefonica emesso da un tribunale Usa e pubblicato dal Guardian, "é autentico" e "sembra un atto di routine di rinnovamento di una direttiva emessa per la prima volta dalla stessa corte nel 2006". Lo scrive il Washington Post, citando funzionari dell'amministrazione Usa e un esperto, tutti coperti dall'anonimato.

Solopochi giorni dopo l’intervista esclusiva rilasciata lo scorso 29 maggio dall’ex ministro del lavoro a Class TV sulla sua esperienza al Ministero dell’Economia durante il Governo Monti, decine di articoli su internet parlano già di un’Elsa Fornero che punta nuovamente il dito sugli italiani e sul loro lavoro, definendoli ‘poco produttivi e troppo costosi’ per la nostra economia. Già in passato, alcune affermazioni dell’ex ministro avevano sollevato polemiche e malumori. Soprattutto la sua definizione dei giovani, troppo “choosy” nel cercare un lavoro, ancora a caccia del lavoro stabile e poco flessibili, aveva generato dissapori e malcontento nelle nuove generazioni.

Nonostante le affermazioni e i giudizi-che in pochi giorni si sono già ampliamente diffusi nel web- mettano in risalto ulteriori critiche agli italiani sulla loro produttività, l’intervista su Class Tv si è focalizzata su due punti fondamentali e necessari - secondo l’ex ministro - per dare alla nostra economia una nuova struttura solida e competitiva.

Il primo punto analizzato dall’ex ministro del lavoro è quello relativo all’apprendistato che - secondo la sua opinione - deve essere preso più seriamente dalle aziende e dalla società. Nell’affermare quanto bassa sia la produttività del lavoro italiano, Elsa Fornero indica anche come causa primaria il divario esistente tra il tipo di preparazione che la scuola offre e quello che il mondo del lavoro richiede. Facendo un confronto con la Germania, che ha cercato di colmare il vuoto tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione insistendo sul potenziale di un apprendistato svolto seriamente, spiega come nel mondo tedesco si siano creati ponti funzionali tra scuole professionali e imprese, in modo da dare la possibilità ad un giovane apprendista, che lavora in un’impresa, di svolgere anche attività di formazione, integrando l’aspetto pratico a quello teorico e viceversa.

Il secondo punto analizzato durante l’intervista, invece, si focalizza sulla necessità di ridurre il ricorso a contratti di brevissimo termine, che – a suo avviso - non portano ad una soluzione del problema del lavoro e che non hanno vantaggi produttivi né per l’azienda, né per il lavoratore, troppo preoccupato del suo ‘essere precario’ per poter dare il meglio sul lavoro.

<<Con una qualità di contratti migliori, secondo me, si ha la base per quell’azione di medio periodo che è strutturale – afferma - ma dobbiamo sempre partire dalla considerazione che noi abbiamo un’economia in recessione, in crisi, che investe un’economia strutturalmente debole, e noi dobbiamo fare qualcosa per la recessione e per migliorare la struttura dell’economia. La riforma del mercato del lavoro si inserisce in questa seconda, per migliorare l’ossatura>>.

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