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Il Teatro dell’Angelo di Roma inaugura la sua stagione con “Libere Clausure”

Il Teatro dell’Angelo di Roma inaugura la sua stagione con “Libere Clausure”, uno spettacolo di Marina Pizzi, in scena dal 5 al 16 ottobre, per la regia di Francesca Satta Flores, e con un cast eccellente composto da Angiola Baggi, nel ruolo di Madre Paola, Maria Cristina Fioretti, che interpreta Irma, ed Eugenia Scotti, nella parte della giovane Benedetta. In un antico monastero benedettino, dove lo scorrere del tempo è scandito dalla preghiera e dal lavoro paziente delle monache, due visioni della vita si scontrano: il cinismo della nostra epoca e la spiritualità e la sua inconsapevole ricerca. 

Libertà vs prigioni: l’incontro-scontro fra un’immobiliarista senza scrupoli e una combattiva badessa benedettina.Scritto da Marina Pizzi, autrice televisiva e teatrale, esperta di comunicazione istituzionale, per molti anni in Rai e negli ultimi a TV2000, 

Due “clausure” così distanti che si sfiorano e inevitabilmente s’intrecciano. In quattro quadri e un epilogo si snodano la storia di Irma, intrigante immobiliarista senza scrupoli, e di Madre Paola, coraggiosa e combattiva badessa di un convento in rovina. Per trovare una soluzione concreta per il bene della sua comunità, la religiosa accetta di incontrare Irma e valutare le sue “vantaggiose” proposte, ma la storia si complica perché i disegni dell’affarista sono ben diversi dalle attese di Madre Paola. Una giovane novizia, Benedetta, è testimone partecipe e inquieta dello snodarsi della vicenda. Fra colpi di scena e momenti di grande intensità ci si chiede: “Ma dov’è la libertà?”. “Libere Clausure” è uno spettacolo coinvolgente che porta lo spettatore ad interrogarsi sulle proprie prigioni e sulla vera libertà, sulle condizioni di isolamento inconsapevole a cui conduce anche l’odierna dittatura tecnologica, e lo fa con un linguaggio delicato, a tratti poetico e con inattesi momenti di ironia. È una storia di ricerca, di attese e di speranza, un percorso esperienziale che spinge il pubblico a mettersi in gioco. 

“La vita contemplativa è un invito a “stare”, mentre noi siamo abituati a muoverci freneticamente alla ricerca di senso – afferma al corriere del sud l’autrice, Marina Pizzi - Forse se imparassimo a riconoscere le nostre prigioni ci muoveremmo verso un percorso di libertà e di pace. La clausura non è affatto una prigione ma un luogo, fisico e dell’anima, di libertà dai desideri”. Spiega la regista Francesca Satta Flores: “Sulla scena le dimensioni e le tensioni che sempre abitano le nostre profondità e che, di tanto in tanto, ci capita di percepire distintamente: la speranza e la paura, la fiducia e il disincanto, la stanchezza e la lotta tenace per aspirare alla felicità. L’allestimento riporta il gioco tra i personaggi all’interno dell’animo di ciascuno, dove ci si trova a fare i conti con i confini delle proprie personali clausure e a scegliere, liberamente, se e in quale misura oltrepassarli”. 

“Ci sono punti incredibili di contatto tra me e il personaggio di Irma, e l’arrivo del testo di Marina Pizzi nella mia vita è stato pieno di significato e catartico - confida al Corriere del Sud Maria Cristina Fioretti - Come Irma mi trovo da anni ad affrontare un mondo lavorativo, quello dello spettacolo, che ha al suo centro superficialità, vuoto di senso, smania di emergere a tutti i costi. E come Irma ho avuto la fortuna di incontrare qualcuno che mi ha aiutato a rallentare, a fare silenzio. E lì in quel silenzio ho iniziato ad ascoltare, e in quel silenzio Dio mi ha parlato”. Infine Eugenia Scotti sul personaggio di Benedetta: “È una ragazza “in cerca” della sua strada e della vocazione della sua vita. Si muove lungo il confine tra clausura e libertà senza preconcetti su cosa sia la reale clausura e cosa la reale libertà. Lavorare su Benedetta mi ha principalmente incuriosito, soprattutto nell’approfondire i momenti della sua ricerca e il suo rapporto con gli altri personaggi”.

“Mi piace molto Madre Paola. Al di là del discorso sulla Fede, che alcuni possono accettare altri no, lei risponde al bisogno di punti fermi” afferma al nostro giornale l’interprete, Angiola Baggi, che spiega: “Quello più importante è il potersi riconoscere. Anche con tutte le contraddizioni. Il non essere quello che si è per caso. In un'epoca in cui tutto e il contrario di tutto vanno sempre bene, la 'scelta' assume un’importanza vitale. E poi mi piace la sua età: di sapienza, ironia, distacco e attaccamento alle cose. E la sua ruvidezza, che molto spesso fa anche ridere. Un personaggio completo e complesso. Bellissimo da recitare”. 

Ne abbiamo parlato con l’autrice, Marina Pizzi: Come nasce l’idea di uno spettacolo teatrale dedicato al tema della clausura? 

“Innanzitutto desidero ringraziare Antonello Avallone, direttore artistico del Teatro dell’Angelo, che ha creduto in questo progetto. Lo spettacolo nasce dall’aver realizzato i docu-film de “I passi del silenzio”, andati in onda su TV2000, la tv della Conferenza Episcopale Italiana: un itinerario fra i monasteri di clausura italiani che per la prima volta si sono aperti ad un racconto televisivo. È stato un “viaggio” alle radici della spiritualità che ci ha permesso di incontrare eremiti e comunità – Cistercensi, Camaldolesi, Trappisti, Benedettine, Clarisse, Carmelitane e Domenicane - che conducono una vita lontana dagli occhi del mondo, in luoghi che spesso non è concesso visitare, mistici che dedicano la loro esistenza alla contemplazione di Dio nella solitudine e nel silenzio, uno sguardo su vite semplici, per molti incomprensibili. Abbiamo potuto raccontare giornate scandite dalla preghiera, dai gesti profondi della liturgia e dal quotidiano impegno del lavoro. È stata per me una scoperta e insieme un privilegio, un viaggio anche dentro me stessa, e ho voluto condividere con gli altri una finestra su questo mondo affascinante ed eloquente”. 

Cosa l’ha affascinata del mondo della vita contemplativa? “Mi ha molto colpita la scoperta della semplicità come valore, il ritorno all’essenziale che scandisce la vita all’interno dei monasteri, unito ad una inattesa concretezza che nasce dalla vicinanza alla vita reale. Un messaggio per tutti”. 

La domanda che fa da sfondo alla narrazione potrebbe essere questa: quali sono le vere “prigioni”? Quelle di chi vive schiavo delle regole della società o quelle di chi sceglie la libertà di una vita di preghiera? “In effetti la vita contemplativa è un invito a “stare”, mentre noi siamo abituati a muoverci freneticamente alla ricerca di senso. Forse se imparassimo a riconoscere le nostre prigioni ci muoveremmo verso un percorso di libertà e di pace profonda. La clausura non è affatto una prigione ma un luogo, fisico e dell’anima, di libertà dai desideri”. Cosa può dire alle donne una figura come quella di Madre Paola? “Madre Paola è una donna vera, una donna di oggi, una donna appassionata, intensa, coraggiosa, che ha fatto un percorso complesso per arrivare alla vita contemplativa, ma è anche una manager e dunque una figura che riunisce in sé due dimensioni: la sensibilità spirituale e la concretezza che è necessaria per gestire il convento, con tutte le esigenze organizzative ed economiche che non di rado la interpellano e talvolta la mettono in crisi”.

E quella della novizia Benedetta ai giovani? “Come i giovani di oggi Benedetta è piena di dubbi e incertezze, anche riguardo la scelta del monastero, e ci dice che tutti abbiamo bisogno di una guida: lei la trova in Madre Paola, ma il suo percorso lo fa da sola, è libera, non condizionata dalle fascinazioni della vita di molti suoi coetanei, è una giovane a suo modo rivoluzionaria, antisistema, controcorrente. E questa rivoluzione la fa col sorriso, facendo scelte che ci sorprenderanno”. Fa da sfondo il tema della conservazione dei beni culturali italiani: l’affarista Irma cerca di acquistare per pochi soldi l’antico convento benedettino in rovina.. 

“La tutela del patrimonio edilizio e artistico, che è un fiore all’occhiello del nostro paese, è un’esigenza di primaria attualità. Riguarda i beni culturali italiani e anche quelli della Chiesa ed è paradossale dover aspettare che si verifichino terremoti - come l’ultimo, devastante, nell’Italia centrale - per porre attenzione al tema. I monasteri e le chiese in genere, inoltre, custodiscono opere d’arte, arredi e strutture che oltre al valore artistico e culturale hanno un valore simbolico e sacrale importante: preservarli dal decadimento è un atto doveroso verso tutta la comunità”. “Libere Clausure” sarà in scena dal 5 ottobre ma per una fortunata combinazione lei inaugura la stagione teatrale romana con un secondo spettacolo, “Barbieri”, una commedia brillante, fresca e poetica, ambientata all’isola di Ponza – che sarà in scena al teatro Tor Bella Monaca di Roma dal 29 settembre e ha appena debuttato alla XXX edizione del Todi Festival - dal tono decisamente diverso. 

C’è qualcosa che accomuna le due opere? “Ad accomunarle è il tema dell’isolamento: quello delle monache di clausura e quello di chi vive su un’isola. Un tema che ho voluto guardare da prospettive diverse, raccontando storie distanti ma sempre attingendo alla mia esperienza. In fondo l’opera intimista da un lato e la commedia brillante dall’altro descrivono due aspetti della mia personalità: da una parte l’attitudine all’introspezione e ad una riflessione profonda sulla vita, dall’altra l’entusiasmo per la vita, il piacere della leggerezza, la propensione all’ottimismo alla fiducia e a leggere la vita con ironia. Come persona ho sempre considerato un privilegio riuscire a far sorridere gli altri, accendere sentimenti positivi, donare leggerezza e gioia. Quando ci sono riuscita mi sono sentita felice”. 

“Libere Clausure” è uno spettacolo coinvolgente, che porta lo spettatore ad interrogarsi sulle proprie prigioni e sulla vera libertà, e lo fa con un linguaggio delicato, a tratti poetico e con accesi momenti di ironia. È una storia di ricerca, di attese e di speranza, un percorso esperienziale che spinge il pubblico a mettersi in gioco. In quattro quadri e un epilogo si snodano la storia di Irma, intrigante immobiliarista cinquantenne senza scrupoli, e di Madre Paola, coraggiosa e combattiva badessa di un convento ricco di opere d’arte ma quasi in rovina. Per trovare una soluzione concreta per il bene della sua comunità, Madre Paola accetta di incontrare Irma e valutare le sue “vantaggiose” proposte, ma la storia si complica perché i disegni di Irma sono ben diversi dalle attese di Madre Paola. Una giovane novizia, Benedetta, è testimone partecipe e inquieta dello snodarsi della vicenda. Per la regia di Francesca Satta Flores, protagoniste Angiola Baggi, Maria Cristina Fioretti ed Eugenia Scotti, lo spettacolo inaugura la programmazione del teatro dell’Angelo di Roma, in scena dal 5 al 16 ottobre, in nove repliche. 

 

 

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