Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 17 Maggio 2024

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:276 Crotone

L'Istituto Ciliberto-Luci…

Mag 14, 2024 Hits:134 Crotone

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:428 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:462 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:678 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1087 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1081 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1453 Crotone

Raffaele Cantone sta più dalla parte di Salvini che non da quella di Di Maio. Sull'abuso d'ufficio. Sulla nuova questione che sta facendo litigare i dei vicepremier, così interviene il presidente dell’Anac: «Sono assolutamente contrario all’abolizione dell'abuso d'ufficio  ma credo che sia opportuno che ci sia uno spazio per pensare una modifica. C'è una quantità enorme di provvedimenti che non arrivano a condanna, che non arrivano a sentenza per cui è evidente che qualcosa nella norma non funziona, ma una norma che punisca gli atti evidenti di favore è necessaria».

Via abuso d'ufficio dice Salvini. «Io voglio scommettere sulla buona fede degli italiani, degli imprenditori, degli artigiani, dei sindaci. Abbiamo una burocrazia e una paura di firmare atti, aprire cantieri sistemare scuole, ospedali. Assolutamente». Lo ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini intervendo a Radio Anch'io, trasmissione di Radiouno, parlando della sua intenzione di abolire l' abuso d'ufficio. «Io non so cosa fanno Berlusconi, Renzi, Monti, Di Maio, io faccio quello che ritengo sia giusto per gli italiani, bisogna togliere burocrazia, togliere vincoli, fare, liberare - ha aggiunto - Se per paura che qualcuno rubi blocchiamo tutto e allora mettiamo il cartello affittasi ai confini dell'Italia e ci offriamo alla prima multinazionale cinese che arriva. Se uno ruba e lo becco, lo metto in galera e se ruba da pubblico ufficiale si prende il doppio della pena ma non possiamo per presunzione di colpevolezza bloccare tutto».

Il tema lanciato da Salvini insomma non viene considerato assurdo da Cantone. Ma i 5 stelle - "È una str....", taglia corto Di Maio - fanno barricate. "Non posso bloccare 8000 sindaci per la paura che uno possa essere indagato - ha affermato a Porta a Porta Salvini - e ci sono sindaci che non firmano niente per paura di essere indagati”. Di Maio: “Qualcuno vuole abolire il reato di abuso d’ufficio ma io non voglio tornare indietro ai podestà che facevano quello che volevano. Chi vuole farlo troverà in noi un muro”. Di questo muro non sembra far parte Cantone.

A questo punto il grillino va direttamente all'attacco e a quanto pare non ha nessuna intenzione di abbassare i toni in vista dell'appuntamento elettorale delle Europee: "Ora, vedete come vanno le cose? Io dovrei stare zitto davanti a queste affermazioni? Dovrei stare zitto davanti a chi apre ai raccomandati, a chi chiude le porte al merito, a chi favorisce qualcuno solo perchè ha avuto qualcosa in cambio? E poi ci lamentiamo dei cervelli in fuga e dei nostri ragazzi che devono espatriare per cercare un lavoro? Ma per favore... Il colmo è che, se parlo, qualcuno fa la vittima e dice che insultiamo; se non parlo però siamo conniventi. Ma di fronte a questa stupidaggine io non posso tacere. Chi l’ha detto stavolta ha toppato alla grande".

Il vicepremier grillino non ha digerito la proposta del ministro degli Interni sull'abolizione del reato di abuso d'ufficio. E così con un post su Facebook riapre lo scontro con il Carroccio alimentando le tensioni pre-Europee: "Sia chiara una cosa, per noi il governo va avanti, ma a un patto: più lavoro e meno stronzate! Ieri ho sentito dire da qualcuno che questo reato lo si vuole abolire. È forse un modo per chiedere il voto ai condannati o per salvare qualche amico governatore da una condanna?".

La tensione nel governo si fa sentire sempre di più. I continui dissidi tra M5s e Legastanno mettendo a rischio la tenuta dell'esecutivo

Conte in questo quadro prova a difendere la poltrona. In questa settimana ha cercato spesso la sponda del Colle per mitigare il decreto Sicurezza Bis ed è convinto che il bersaglio post voto sia proprio lui: "Se la prenderanno con me, chiederanno la mia testa — avrebbe detto — Diranno che serve un’altra guida per il governo, che non sono più equidistante, che gli equilibri sono cambiati". I grillini sono già in allarme e guardano anche alle mosse di Giorgetti. Il sottosegretario potrebbe avere ambizioni da Palazzo Chigi e questo agita e non poco Di Maio&Co. 

"Non farò mai il premier", ha fatto sapere Giorgetti sgomberando il campo da scenari da ribaltone. Salvini a Radio Anch'io ha smorzato i toni: "Io chiedo il voto per cambiare l'Europa, non chiedo mezza poltrona in più. Certo se la Lega sarà il primo partito in Italia e in Europa" la flat tax "sarà la priorità". Ma sempre Giorgetti in un'intervista al Corriere traccia una "profezia" sul futuro dell'esecutivo: "Il governo non può vivere in stallo, verrà la grandine e i deboli cadranno". E la pioggia di maggio non è ancora finita...

Ed è in questo quadro che dalla sponda grillina e da quella leghista iniziano ad arrivare strane "tentazioni" che possono portare anche ad un clamoroso ribaltamento dei poteri di forza nell'esecutivo. Come riporta un retroscena di Repubblica all'orizzonte potrebbe esserci un cambiamento a Palazzo Chigi. Fate attenzione a queste parole di Giorgetti riferite a Salvini: "Così non si può andare avanti Salvini per sua natura nel Palazzo non ci vorrebbe stare. Ma se arriva il plebiscito credo che dovrà farsi carico dell’onere e dell’onore di rivestire un ruolo superiore rispetto a quello ricoperto oggi". 

Parole chiare: tra le righe spunta l'idea di un nuovo premier e che probabilmente col nome di Matteo Salvini. Tutto ruota attorno al risultato che potrebbe arrivare dalle urne del 26 maggio. Le Europee sono il banco di prova principale per i gialloverdi e il verdetto del voto non può che avere conseguenze sul governo. E così Giorgetti avrebbe detto la sua im modo esplicito: "Nelle ultime tre settimane qualcosa non ha funzionato. Lo confermano anche i sondaggi. Se diventiamo primo partito, nessuno potrà trascurare questo dato di fatto. Con il 30 per cento, pesi di più rispetto a chi ha il 25. Dovremo tenere conto delle opinioni del Paese reale che si è stancato e vuole cambiare".

Intanto Leoluca Orlando, ormai da mesi in protesta perenne contro Matteo Salvini, che ha deciso di alzarsi e andarsene quando il ministro dell'Interno ha preso parte alla cerimonia di commemorazione per l'attentato di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone.

"Mi ero augurato che qualsiasi presenza istituzionale oggi a Palermo e all'Aula Bunker non si trasformasse in occasione per comizi pre-elettorali", ha detto il sindaco di Palermo abbandonanto l'aula-bunker, "Ho appreso che purtroppo non sarà così col previsto intervento di chi solo tre giorni fa ha attaccato i magistrati siciliani". Come lui purei il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava che già aveva annunciato la sua assenza. "Preferisco andare a Capaci, nel luogo in cui tutto accadde, preferisco stare assieme a chi non ama le messe cantate sui morti", aveva anticipato su Facebook, "Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia".

Parole a cui il ministro dell'Interno risponde caustico: "I Fava e gli Orlando hanno sbagliato", ha spiegato dopo la cerimonia, "Sono a Palermo con orgoglio e gioia e non a chiedere voti. È una giornata di unità nazionale, che bello. Se qualcuno di sinistra non è venuto o se ne è andato perché c'era Salvini come ministro dell'Interno si è perso qualcosa. È stata una bellissima giornata di speranza, di futuro, di giovani e di lotta a tutte le mafie. Quelli che riescono a polemizzare anche nel giorno della lotta alla mafia sono dei poveracci".

"Basta coi litigi e con le polemiche, ci sono tantissime cose da fare: FLAT TAX per famiglie, imprese e lavoratori dipendenti, autonomia, riforma della giustizia, apertura dei cantieri, sviluppo e infrastrutture: basta chiacchiere, basta coi NO e i rinvii". Lo dichiarano fonti della Lega al termine del Consiglio dei ministri.  

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha deciso la revoca del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato dalla procura di Roma per corruzione. Il decreto di revoca, a quanto si apprende, è stato adottato dal premier, sentito il Cdm che ha a lungo dibattuto

Il premier ha illustrato subito dopo l'avvio della seduta i motivi e le opportunità che lo hanno spinto a proporre la revoca dell’incarico di sottosegretario al leghista. Subito dopo è seguito il dibattito sulla proposta di Conte che ha visto da un lato i ministri leghisti Salvini in testa difendere la posizione dell'esponente del Carroccio, dall'altro i ministri pentastellati chiederne la dimissioni.

Dopo il suo intervento è intervenuta il ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno che ha illustrato la posizione della Lega, la Bongiorno, che già nei giorni scorsi si era spesa per la linea contraria alle dimissioni. 

La titolare della Funzione Pubblica ha esposto la posizione di via Bellerio, contraria alla revoca del mandato al sottosegretario indagato per corruzione. Da parte dei ministri del Carroccio ci sarebbe stato un "muro" contro le richieste di Conte e dei pentatsellati.   

Il dibattito si è allargato praticamente a tutti i ministri in Cdm. Dopo gli interventi dei due "avvocati", il premier Giuseppe Conte e il ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, al tavolo del consiglio sull'opportunità della revoca di Siri sono intervenuti diversi ministri del M5S e della Lega, a cominciare dai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Durante la discussione, che secondo quanto riferiscono fonti del Carroccio si sarebbe svolta in maniera civile e pacata, il ministro dell'Interno avrebbe ribadito: "fiducia nel premier ma anche difesa del sottosegretario Armando Siri, innocente fino a prova contraria".

"In una giornata come quella di oggi in cui l'Italia è scossa da inchieste su temi che riguardano la cosa pubblica, per me è altrettanto importante che il governo oggi abbia dato un segnale di discontinuità rispetto al passato", dice Di Maio al termine del Cdm sul caso Siri.

"L'autonomia  - scrivono intanto in una nota i capigruppo leghisti di Camera e Senato - rappresenta un passo epocale per tutto il Paese e si farà. Da Nord a Sud le 9 Regioni che vogliono gestire i soldi degli italiani in modo più efficiente, con meno sprechi e burocrazia e più vicino alle esigenze dei cittadini hanno il diritto di avere una risposta concreta. E' scritto nella nostra Costituzione e il governo ha l'obbligo di rispondere. Chi non vuole la riforma prevista nel contratto di governo non vuole il bene del Paese".

Prima della riunione Salvini ha riunito i ministri della Lega nell'ufficio di Giancarlo Giorgetti. Non ci sarebbero stati contatti diretti, in mattinata, tra M5s e Lega.

Durante la riunione dopo un tweet con la foto della figlia, Matteo Salvini ha pubblica un altro post mentre è ancora in corso la riunione del Cdm, stavolta per rilanciare la raccolta di firme per la castrazione chimica. "Dopo il grande successo di sabato e domenica, nonostante pioggia e maltempo - scrive il vicepremier e ministro dell'Interno - anche questo fine settimana raccolta firme a sostegno della proposta della Lega per la castrazione chimica per pedofili e stupratori". "Il Parlamento - aggiunge - non potrà far finta di nulla. Vi aspetto".

A quanto pare la tanto temuta "conta" in Cdm non c'è stata. La revoca dell'incarico per Siri avviene su decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del premier e di concerto con il ministro competente Danilo Toninelli, sentito il Consiglio dei Ministri. Con questo iter non è dunque vincolante il voto del Consiglio dei Ministri. In questo modo è stata evitata la conta.

A quanto pare tra i due leader, Di Maio e Salvini sarebbe calato il gelo. I due non si sarebbero incontrati nelle ore precedenti la riunione di governo. 

Di Maio questa mattina aveva chiesto nuovamente un passo indietro del sottosegretario: "Faccio un ultimo appello, nelle ultime ore prima del Consiglio dei ministri, alla Lega, di far dimettere Armando Siri e non arrivare alla conta in Consiglio dei ministri". Le parole di Di Maio sono rimaste inascoltate. Ora la revoca delle dimissioni in un Cdm che in pochi attimi si è trasformato in una sorta di "processo" a porte chiuse.

Intanto la Procura di Torino ha aperto un fascicolo per apologia di fascismo nei confronti di Francesco Polacchi, di Altaforte, casa editrice vicina a CasaPound. Nei confronti del 33enne, coordinatore regionale del partito di estrema destra in Lombardia, la Città di Torino e la Regione Piemonte hanno presentato un esposto. "Io sono fascista", "l'antifascismo è il vero male di questo Paese", "Mussolini è il miglior statista italiano" sono alcune delle sue frasi finite nel mirino dei magistrati.

Attacca Polacchi, editore di Altaforte: "A sinistra esiste un antifascismo militante che diventa una mafia, una mafia culturale. Io ringrazio i vari Raimo, Zerocalcare, Wu Ming e tutti quelli che si sono sfilati dal salone del libro. Loro pensavano di farci un torto sabotandoci ma alla fine, quando andiamo a valutare gli aspetti commerciali, vediamo che il libro con l'intervista a Salvini ha scalato qualunque tipo di classifica"

Intanto sarà collocato in uno spazio più sicuro del Salone del Libro, probabilmente davanti a quello della Difesa, lo stand di Altaforte. La decisione, a quanto appreso, è stata presa durante la riunione del Comitato ordine pubblico e sicurezza svoltosi in Prefettura per il timore che la discussa presenza della casa editrice possa generare tensioni all'interno della manifestazione. In un primo momento lo spazio espositivo era stato collocato all'Oval.

 

 

"I processi si fanno nei tribunali e non sui giornali o in Parlamento. Se invece decidiamo che uno si alza la mattina e dice questo è colpevole e questo no, questo è antipatico e questo è simpatico, allora chiudiamo i tribunali e diamo in mano a qualche giornale la possibilità di fare politica". Così il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha risposto a Rtl ad una domanda su Siri. "Non faccio il giudice o l'avvocato e non ho gli elementi", ha aggiunto, "dico solo che non è da paese civile che ci siano sui giornali fatti non a conoscenza degli indagati né dagli avvocati".

Se siamo una democrazia...". I grillini, però, non mollano la presa. E, come un disco incantato, continuano a chiedere che il sottosegretario leghista indagato per corruzione faccia un passo indietro: "Dispiace che Salvini la pensi come Berlusconi sui processi".

I Cinque Stelle, continuano a chiedere le dimissioni. Non vogliono sentire ragioni. Lo hanno detto chiaro e tondo anche a Conte. "La presenza di Siri ancora nel governo è inopportuna", afferma il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, dai microfoni di Radio Capital. Nonostante le pressioni dei grillini, la posizione di Salvini non cambia di una virgola. "I processi - ricorda - si fanno in tribunale non sui giornali o in Parlamento". Per il leader leghista, infatti, "non è normale che uno apprenda di essere indagato la mattina, leggendo il giornale e bevendo il caffè". "Non è da Paese civile", ribadisce amareggiato. Ma fonti pentastellate, sentite dall'agenzia Agi, a gli fanno subito osservare che anche "Silvio Berlusconi diceva che i processi non si fanno in Parlamento o sui giornali" e che "mentre lo diceva, accomodandosi sulla lunghezza dei processi, continuava a mangiarsi il Paese". "Dispiace che anche Salvini la pensi allo stesso modo", proseguono le stesse fonti. "Non è questione di dove si fanno i processi - fanno ancora osservare i Cinque Stelle - ma di opportunità politica, altrimenti vale tutto, altrimenti tutto è concesso in virtù del garantismo, che - concludono - non può essere un paracadute per tenersi stretta la poltrona".  

La Lega si affida al premier Giuseppe Conte che nei prossimi giorni prenderà una decisione sul futuro di Siri nel governo. Nei giorni scorsi Luigi Di Maio ha proposto di mettere il leghista "in panchina" finché la magistratura non farà chiarezza. "Poi potrà tornare in campo". L'idea non piace affatto al Carroccio. "Se ci fosse una magistratura che svolge le indagini in tempi rapidi si potrebbe anche fare - ribatte il capogruppo al Senato della Lega, Massimiliano Romeo, a L'Italia s'è desta su Radio Cusano Campus - ma oggi come oggi la giustizia non è così veloce e c'è il rischio di compromettere un ruolo importante alla luce di un'indagine peraltro ancora non chiara". Il caso giudiziario è già di per sé piuttosto complicato. Sembra, infatti, che certe intercettazioni, di cui alcuni giornali hanno parlato, non sono nemmeno agli atti. "Bisogna stare attenti - avverte Romeo - perché se qualsiasi indagine o avviso di garanzia dovesse far dimettere un esponente di governo allora vorrebbe dire consegnare le sorti della politica nelle mani della magistratura".

Intanto assordante la nuova battuta d'arresto dei Cinque Stelle che perdono a Gela e Bagheria dove avevavo vinto cinque anni fa. Il centrodestra unito va al ballottaggio a Caltanissetta, mentre la Lega resta in corsa a Gela e a Mazara del Vallo. Il Pd, invece, non sfonda il 17% a Castelvetrano, unicà città al voto col simbolo dem e nella quale ha fatto campagna elettorale il segretario nazionale Nicola Zingaretti.

il Carroccio cresce in Sicilia, ma forse non come molti analisti si aspettavano. Oltre che a Gela va al ballottaggio a Mazara del Vallo. "I siciliani mi hanno e si sono regalati la voglia di cambiamento - ha commentato Matteo Salvini a Rtl 102.5 - solo parlare di una scelta del genere qualche anno fa sarebbe stato fantascienza, vuol dire che al governo stiamo lavorando bene". Nonostante il flop dal quartier generale dei Cinque Stelle non mancano di far presente la propria "soddisfazione" perché "la Lega è stata battuta ovunque, a dimostrazione del fatto che quando non corre con il centrodestra è sempre dietro l'alleato". Una magra soddisfazione che non tiene conto del risultato finale.  

Per i grillini stessa scena anche a Gela. La Lega è riuscita a mandare al ballottaggio il suo candidato, Giuseppe Spata, che, grazie anche al sostegno di Fratelli d'Italia e Udc, dovrà sfidare Lucio Greco, sostenuto dal Partito democratico e da Forza Italia. Anche a Caltanissetta il partito di Luigi Di Maio non può certo gioire perché, pur agguantando il ballottaggio ci va da sfavorito. A condurre le danze è, infatti, il candidato del centrodestra Michele Giarratana col 37% che, oltre a distanziare di gran lunga il grillino Roberto Gambino (20%), sbaraglia Salvatore Messana, il candidato riconducibile al Pd che non ha presentato simbolo è, l'uomo della Lega, Oscar Aiello, che incassa comunque il 12%.  

Il voto di ieri ha interessato 34 Comuni della Sicilia. Alle urne è andato il 58,42% degli aventi diritto. Fa eccezione la provincia di Messina che si è attestata ben oltre la media con il 68,34%, mentre quella di Agrigento è il fanalino di coda con il 44,43%. Per fare un bilancio definitivo, però, bisognerà attendere altre due settimane quanto la maggior parte dei Comuni che hanno votato ieri affronteranno i ballottaggi. Qualche considerazione, però, può essere già tratta. Innanzitutto l'ennesima sconfitta del Movimento 5 Stelle che si vede portar via due grossi centri come Bagheria e Gela. Nella prima vince, infatti, al primo turno Filippo Tripoli che, sostenuto dal centrosinistra, incassa il 46% e sbaraglia Patrizi Cinque, eletto cinque anni fa con il M5S ma poi autosospeso dopo i problemi giudiziari. Il candidato del centrodestra Gino Di Stefano si ferma al 30%.

"Il M5S se lo conosci lo eviti, perdono e non vanno nemmeno al ballottaggio laddove hanno governato negli ultimi cinque anni", commenta il dem Davide Faraone che non perde l'occasione per attaccare anche Salvini. "Piazze piene, urne vuote - tuona - è venuto in Sicilia a fare il gradasso e torna in Padania con qualche selfie ma a mani vuote". In realtà il Pd non ha granché da gioire. Castelvetrano è, infatti, l'unico dei 34 Comuni al voto in Sicilia in cui si è presentato con il simbolo del partito. E per il suo candidato Pasquale Calamia non è affatta andata bene. Al ballottaggio andranno, infatti, il centrista Calogero Martire e il grillino Enzo Alfano.

Intanto la Spagna non ha virato a sinistra né è vero che l’onda populista si è fermata sulle rive dell’Ebro. La vittoria di Pedro Sánchez a queste elezioni (data per scontata in tutti i sondaggi pre-elettorali) è un dato certamente politico, ma in primo luogo tecnico. Il sistema elettorale spagnolo premia partiti molto forti localmente con le province che dettano la linea e indicano chi sarà eletto. Ed è chiaro che localmente forze tradizionalmente deboli non possono avere la meglio. Come invece, al contrario, può accadere per i partiti indipendentisti che seppure molto piccoli o con un numero di voti decisamente localizzato, hanno praticamente garantito un numero di eletti a ogni tornata elettorale trasformandosi nel vero ago della bilancia.

Sommando il voto delle destre con quello delle sinistre, non c’è quello scarto che appare invece così netto guardando la ripartizione dei seggi. Perché i seggi sono divisi in base al partito che arriva primo nel singolo collegio: non in base al quantitativo di voti. Ma è comunque certo che adesso è Sanchez con il suo Partito socialista ad avere in mano la possibilità di tornare al governo dopo che lui stesso ha indicato la via delle elezioni anticipate. Ed è a sinistra che permane l’arduo compito di formare una maggioranza più coesa possibile pur dovendo riproporre – salvo rovesciamenti di Ciudadanos – la stessa maggioranza con cui Sanchez è crollata...

Stamattina sono stati due esponenti di Casa Pound  riguardo questa notizia Matteo Salvini commenta : "Nessuna tolleranza per pedofili e stupratori ..la galera non basta, ci vuole anche una cura. Chiamatela castrazione chimica o blocco androgenico, la sostanza è che chiederemo l'immediata discussione alla Camera della nostra proposta di legge, ferma da troppo tempo, per intervenire su questi soggetti. Chiunque essi siano, bianchi o neri, giovani o anziani, vanno puniti e curati". "Qualora e se risultassero colpevoli, auspico pene durissime come per ogni altro infame stupratore. Castrazione compresa". Così sul suo profilo twitter il segretario nazionale di Casapound Italia, Simone Di Stefano.  

Francesco Chiricozzi laziale e membro dei "fascisti del terzo millennio", venne eletto in consiglio comunale alle elezioni del 2018, quando Cp raggiunse il 21% dei consensi. Tanti, per un partito che a livello nazionale fatica ad arrivare all'1%. Ad attirare l'attenzione oggi sono i suoi post, molti dei quali inneggianti al fascismo, alcuni sugli ultras della lazio e poi "Hezbollah fino alla vittoria", i palestinesi e Assad.  
E pure nel primo post su Instagram, era il lontano 2014, Francesco Chiricozzi pubblicava la fotografia di un paio di scarpe col motto "vestirsi bene, comportarsi male". I social del consigliere di CasaPound di Vallarano, arrestato con l'accusa di violenza sessuale di gruppo insieme a Marco Licci, sono forse lo specchio della sua militanza.

Il motto social del diciannovenne era quello delle SS: "Il mio onore si chiama fedeltà". E poi foto contro il Papa e la Chiesa, contro la polizia (ACAB) e i "cugini" romanisti. Sui suoi profili campeggiano anche post contro "il cancro sionista". "Nobili spiriti - scriveva in difesa dell'Intifada - per liberare la propria Patria". E poi frasi di Julius Evola, fotografie di Mussolini da giovane e il "me ne frego" come stile di vita. In una selfie si legge: "Elegante e arrogante...W Hitler".

Secondo il quotidiano il Giornale sono due però i post pubblicati su Instagram che stanno attirando l'attenzione di molti. E non solo della stampa. E riguardano entrambi il tema degli stupri e delle violenze sessuali, proprio il reato di cui oggi il conisgliere (o ex, visto che CasaPound lo ha espulso e dovrebbe presentare le dimissioni) è accusato. Secondo gli investigatori i due ragazzi avrebbero fatto ubriacare una giovane di 36 anni, poi l'avrebbero picchiata in un circolo privato e infineavrebbero abusato di lei. Il primo raffigura un manifesto in cui si invitava a difendere le donne dagli stupri: "Potrebbe essere tua figlia, madre o tua sorella". Chiricozzi faceva riferimento a Pamela e Desirée, le due donne stuprate e uccise da immigrati.

Il secondo post è invece un disegno, dove si vede un'uomo afferrare per le mutande una donna. Titolo: "Le donne antifasciste hanno bisogno di disciplina". La condivisione risale al giugno del 2015. Ma la parte peggiore è quella scritta dallo stesso consigliere di CasaPound a corredo dell'immagine: "Antifa girl like bukkake". Ovvero: "Alle ragazze antifasciste piace il bukkake", una pratica giapponese di sesso di gruppo. Chiricozzi ora è accusato di violenza sessuale di gruppo.

Le nuove accuse arrivano pochi giorni prima del Consiglio dei ministri decisivo per la permanenza o meno di Armando Siri nella squadra di governo. A muovere un nuovo attacco al sottosegretario leghista indagato per corruzione è stata un'inchiesta della trasmissione Report che questa sera manderà in onda un servizio su una palazzina con sette appartamenti acquistata lo scorso gennaio dallo stesso Siri a Bresso, paesino alle porte di Milano

Continua il dibattito sul caso Siri. «Io non sono stato giudice nella vicenda Siri, ho semplicemente anticipato un percorso in cui ho ascoltato molto, soprattutto il diretto interessato. Ho parlato molto con i colleghi di Siri, ho anticipato con trasparenza il percorso che avrei fatto e ho anticipato quella che mi sembra la decisione più giusta, per certi versi anche sofferta ma non è pensabile che l'azione di governo possa essere collegata alle tappe di una vicenda giudiziaria». Lo afferma il premier Giuseppe Conte intervistato ad una tavola rotonda a San Giovanni Rotondo.

«Non ho dubbi» che la vicenda di Armando Siri sulla sua permanenza nel governo si risolverà nel modo in cui l'ho annunciata, nel senso che tutti potranno confidare nella soluzione che ho anticipato e non credo che possa essere messo in dubbio che questa sia la soluzione da perseguire», afferma ancora il premier Conte.

La Procura di Milano ha aperto un'inchiesta, al momento senza ipotesi di reato né indagati, sul caso dell'acquisto da parte del sottosegretario Armando Siri di una palazzina a Bresso, nel Milanese, attraverso un mutuo di 585mila euro acceso con una banca di San Marino. Il procuratore Francesco Greco ha spiegato che ci sarà "massima collaborazione" tra gli inquirenti milanesi e quelli romani che indagano per un'ipotesi di corruzione contestata all'esponente leghista e che le carte dell'Uif di Bankitalia sono arrivate sabato scorso.

Stando a quanto si è saputo, sabato scorso in Procura a Milano è arrivata l'informativa del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese, che contiene la segnalazione dell'Unità di informazione finanziaria (Uif) di Banca d'Italia. Era stato, tra l'altro, lo stesso notaio davanti al quale è stato stipulato l'atto di compravendita della palazzina intestata alla figlia del sottosegretario a inoltrare, stando a quanto ricostruito dalla trasmissione 'Report', a Bankitalia una segnalazione per operazione sospetta di riciclaggio. Il fascicolo, al momento un cosiddetto 'modello 45', ossia senza ipotesi di reato né indagati, è stato assegnato al dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale che si occupa, oltre che di corruzione internazionale, anche di casi di riciclaggio o auto-riciclaggio.

In un paese civile - commenta Matteo Salvini - i processi si fanno in tribunale e uno è colpevole se viene condannato da un giudice, non se lo dice un giornale". Le nuove accuse arrivano con la precisione di un orologio. E vengono pubblicate, in una anticipazione, al termine di una domenica infuocata in cui i Cinque Stelle hanno invitato Salvini a "tirar fuori le palle" e a "scaricare" Siri e il leghista che gli ha detto di "tapparsi la bocca". Report parla già di una "Bresso Connection" e getta benzina sul fuoco facendo un servizio sull'operazione immobiliare portata avanti dall'agenzia di Policarpo Perini che "nel 2013 era candidato come sindaco di Bresso proprio con il partito fondato da Siri, Italia Nuova". "Policarpo è anche padre di Marco Luca Perini, a capo della segreteria di Siri al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - spiega la trasmissione di Rai3 - il notaio che ha stipulato l'atto di compravendita dell'immobile l'ha segnalato alla Banca d'Italia come operazione sospetta". L'intento è, appunto, quello di creare una rete dietro a Siri per far aumentare le pressioni dei grillini su Salvini.

"La cosa più importante è rimuovere questo sottosegretario che getta ombre sul governo", dice Luigi Di Maio intervistato dal Gr1.  "Vado in Consiglio dei ministri assolutamente tranquillo", dice Salvini ai cronisti. "Sto aggiornando l'agenda su immigrazione e mafia, di questo mi occupo. Dopo mercoledì vengono giovedì, venerdì e sabato e per me non è un problema, continuo a ritenere che in un Paese civile i processi si fanno in tribunale e se uno è colpevole si viene condannati da un giudice, non da un giornale".  "Non credo che questo succederà. No assolutamente", dice Claudio Durigon, parlamentare della Lega e sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad Agorà Rai Tre alla domanda se Salvini chiamerà Siri per farlo dimettere.

 

 

 

 

A Roma lo scorso martedì 16 aprile 2019 presso il Giardino Segreto dell'Hotel Il Palazzetto - Vicolo del Bottino 8 ha avuto luogo una conferenza di  presentazione del libro di Alexandre Del Valle "Il complesso occidentale. Piccolo trattato di decolpevolizzazione" (Paesi Edizioni).
La libertà del dibattito rappresenta il cuore del lavoro svolto dal Think Tank Trinità dei Monti, un bacino di livello che affronta temi complessi, talvolta controversi, ma che necessitano di uno spazio franco e intellettualmente attivo, all'interno drl quale far emergere spunti di riflessione tali da stuzzicare la mente di chi partecipa a eventi come quello del 16 aprile, dove un ospite di eccezione, il politologo, saggista e giornalista francese Alexandre Del Valle, mette a nudo la civiltà occidentale, analizzandola nel suo interessante volume “Il complesso occidentale. Piccolo trattato di decolpevolizzazione”.
E' proprio dal titolo del libro di Del Valle che nasce l'incontro “Il complesso occidentale - la geopolitica della colpa”, che ha visto ospite, oltre all'autore, anche il Presidente del Club Italie-France Edoardo Secchi, co-organizzatore dell'evento insieme al Think Tank.
L'evento è stato aperto dal Presidente del Think Tank Trinità dei Monti, Pierluigi Testa, che ha innanzitutto espresso un pensiero per quanto accaduto il 15 aprile scorso alla Cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, dove un devastante incendio ha danneggiato gravemente l'intera struttura del celebre monumento francese.
Il Presidente ha voluto sottolineare come in realtà l’Italia e la Francia siano Paesi molto vicini e che l’impegno del Think Tank Trinità dei Monti è ad oggi e sarà nei prossimi mesi anche quello di confermare e consolidare gli ottimi rapporti con i “cugini d’oltralpe”.
Testa ha, inoltre, rimarcato la posizione del Think Tank in qualità di foro aperto per il dibattito: “Un Think Tank indipendente come Trinità dei Monti si propone di analizzare dei temi caldi, spesso dirompenti, senza prendere le parti di alcuno. Noi ci offriamo in quanto spazio libero per ospiti che, come Alexandre Del Valle, siano in grado di argomentare con elevata padronanza i temi che affrontano e allo stesso tempo necessitano di luoghi dove esporre le proprie idee”.
Il Presidente del Club Italie-France Edoardo Secchi ha così presentato l'ospite, Alexandre Del Valle: “E' uno dei massimi esperti geopolitici in Francia. Il suo libro ha già riscosso molto successo in patria. In questi giorni verrà distribuito anche in Italia, in lingua italiana”.
Del Valle parte da alcuni aneddoti riguardanti la sua carriera per analizzare il processo di convivenza tra religioni differenti in Europa negli ultimi anni: processo che, molto spesso, viaggia sullo stesso binario di quello dell'integrazione culturale e sociale. Iniziando da questo, il politologo francese ripercorre la storia europea, ricercando in essa le cause che portano, secondo lui, la civiltà occidentale ad auto-colpevolizzarsi oggi per nefandezze compiute nei secoli scorsi, alcune delle quali considerate all'epoca pura normalità. Questo concetto psicologico nasce dal discorso, ormai divenuto classico, del centro contro la periferia, del Nord contro il Sud del mondo, dei Paesi industrializzati contro quelli sottosviluppati, o in via di sviluppo, che è stato utilizzato anche da un altro autore famoso: Samuel P. Huntington nella sua opera “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”.
Lo studioso francese, di origine italiana, spiega il  paradosso secondo il quale, nelle epoche passate, atrocità e malvagità siano state compiute anche da civiltà non appartenenti alla cultura europea, ma anzi, alcune di esse siano state attuate proprio a danno di popolazioni europee; eppure il meccanismo psicologico innescatosi non avviene da altre parti. Questo complesso comporta, secondo Del Valle, a degli stravolgimenti che si riflettono nella vita reale; un esempio sono le banlieue francesi, in particolare le aree periferiche di Parigi, dove l'integrazione di masse di immigrati stenta a decollare e, in alcuni casi, essi stessi  creano dei veri e propri microcosmi dove la legge e il diritto nazionale scompaiono.
Alexandre Del Valle afferma che una parte della società occidentale è convinta della colpevolezza della civiltà europea e anglo-sassone di numerose crudeltà e, per questo, deve fare ammenda sostenendo anche fenomeni critici e autolesivi, come può essere l'immigrazione di massa incontrollata.
Tali comportamenti, qualora criticati, scatenano reazioni forti, che spesso sfociano nell'accusa di estremismi di vario tipo. In tale prospettiva, paradossalmente, egli afferma che questa parte della società è in qualche modo alleata di chi vuole la distruzione della civiltà occidentale, come ad esempio il terrorismo di matrice fondamentalista, osservando come in modo involontario questi due fenomeni trovino punti di convergenza nell'attaccare e indebolire la civiltà occidentale. Del Valle si ritiene, tuttavia, un ottimista ed  auspica che la civiltà occidentale ritrovi quella fierezza, in parte forse al momento perduta, di essere quello che è al fine di mostrarsi come una realtà nella quale chi arriva e vive con i popoli occidentali venga integrato, avendo riguardo delle proprie, ma anche delle altrui credenze e tradizioni, sempre nel pieno rispetto delle leggi e dei valori tipici delle popolazioni ospitanti.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI