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Migrante arrestato a Napoli, l'ordine via chat: "Lancia l'auto sulla folla"

Un migrante del Gambia è stato arrestato a Napoli nel corso di un'operazione antiterrorismo condotta da polizia e carabinieri. A quanto si è appreso dalle indagini coordinate dalla Procura sarebbe emerso il progetto di un attentato. L'uomo aveva chiesto asilo politico ma la pratica per la concessione era ancora in valutazione.

 L'uomo avrebbe ammesso di aver ricevuto la richiesta di lanciarsi con un'auto sulla folla. Si chiama Alagie Touray, 21 anni, ed era sbarcato a Messina con altre centinaia di migranti il 22 marzo 2017. Da un anno risiedeva a Pozzuoli (Napoli). 

Il fermo è scattato il 20 aprile ed è stato convalidato dal giudice che ha emesso ordinanza cautelare, dopo una segnalazione della intelligence spagnola. Lo ha spiegato il procuratore di Napoli Giovanni Melillo in un incontro al quale prendono parte anche il capo della polizia Franco Gabrielli e il comandante interregionale dei carabinieri Vittorio Tomasone.

In una chat Telegram, l’uomo diceva di essere “in missione” e chiedeva di “pregare” per lui.

Nel corso degli interrogatori svolti a seguito del fermo, l’uomo ha ammesso di aver personalmente curato la registrazione audiovideo del giuramento e ha detto di aver ricevuto via Telegram la richiesta “di lanciare un’autovettura contro la folla”, pur aggiungendo, confusamente, di non aver mai avuto intenzione reale di dare seguito al progetto di attacco.

Il video sarebbe stato girato con un cellulare e il 10 aprile scorso all'interno della sala mensa della struttura alberghiera in località Licola che è adibita a centro di accoglienza, dove il gambiano era ospitato da circa un anno.

Touray era titolare di un foglio di soggiorno provvisorio, in attesa che venisse esaminata la sua richiesta di asilo politico.Il giovane era sbarcato un anno fa a Messina con altri 638 migranti, 209 dei quali venivano dal Gambia ed erano partiti dalla Libia.

Il procuratore Melillo ha invitato a non enfatizzare la portata dell’episodio, elogiando il lavoro delle forze dell’ordine in piena sintonia con la procura.

«Si tratta di un’operazione molto importante - dichiara il capo della Polizia Franco Gabrielli - grazie alla collaborazione tra carabinieri, polizia e intelligence. Non è emerso in quale città il gambiano volesse compiere atto terroristico ma le indagini sono la conferma dell’importanza della prevenzione».

«Non dire a nessuno quello che sto facendo, fratello, ma vado avanti». Per comunicare in quel momento - la tarda primavera 2016 - usa perlopiù Viber, la polizia sta indagando su di lui dopo aver ricevuto un input dall’Fbi e ha capito che, pur essendo giunto in Italia su un gommone, è un fondamentalista inserito in una rete libica che ha molti soldi e uno strano «programma» da realizzare tra Sicilia, Lombardia e Liguria. 

Si sta auto-indottrinando in una comunità d’accoglienza e svolge due ricognizioni da 20 minuti precisi in un centro commerciale, oltre ad aver combattuto a Bengasi per la formazione qaedista “Anshar Al Sharia”. Soprattutto, le intercettazioni di Moftah Al Sllake, oggi 34 anni, tuttora ricercato dopo la misteriosa scomparsa dal nostro Paese, svelano uno dei sistemi più collaudati dai sospetti jihadisti per raggiungere l’Europa e soprattutto l’Italia, dribblando le traversate via mare: «Io ho impiegato dodici ore in acqua... litigando con i neri (fa riferimento ad altri profughi in condizioni di reale indigenza, ndr...».

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