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Lo stand Italia esporta il Belpaese in Europa nella cornice di uno dei principali appuntamenti mondiali del settore, la Fiera Internazionale del Turismo (Fitur) di Madrid, in programma dal 24 al 28 gennaio 2024.

Ministero del Turismo, Enit, Regioni e Comuni, insieme alla Repubblica di San Marino e ai principali stakeholder e protagonisti pubblici e privati del comparto (Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Puglia, Veneto e Comune di Napoli, ITA Airways e 22 imprese), si incontrano in un evento inaugurato dal re Felipe VI e dalla regina Letizia. 

Il ministro del Turismo Daniela Santanchè, accolto dall’ambasciatore d’Italia Giuseppe Buccino Grimaldi, dopo gli incontri istituzionali con i suoi omologhi Zaritsa Dinkova (Bulgaria) e Angie Duarte De Melillo (Paraguay) e il primo ministro albanese Edi Rama, taglia il nastro del padiglione italiano.
In occasione della fiera si realizza anche una simbiosi culturale con l’Arena di Verona per un concerto speciale presso l’Istituto di Cultura della capitale spagnola.

“La Spagna ama moltissimo l’Italia- dichiara il ministro del Turismo Daniela Santanchè -Per gli spagnoli, stando all’Ufficio Studi Enit, noi siamo il primo Paese per vocazione turistica. Tant’è vero che nei primi nove mesi del 2023, gli spagnoli che hanno visitato l’Italia sono stati in aumento sia sul 2022 e soprattutto sul 2019, con una spesa superiore a 1,7 miliardi”.

E, nello specifico, il tipo di vacanza preferito è quello culturale: si tratta del 72% degli spagnoli intervistati a metà del 2023 che già sono stati in Italia per turismo e del 67% dei turisti intenzionati a scegliere l’Italia come meta di vacanze future.

Nel 2023, i passeggeri aeroportuali giunti in Italia dalla Spagna sono aumentati del +13,7% rispetto al 2022, con una durata media del soggiorno di 4 notti, mentre, nel 23% dei casi, si rilevano dai 5 ai 7 pernottamenti (Ufficio Studi ENIT su dati The Data Appeal).

“La massiccia presenza dell’Italia a una fiera di rilievo globale come questa, tradizionale vetrina anche sui mercati latinoamericani, non è soltanto una importantissima opportunità per offrire uno sguardo ai valori identitari dell’italianità e alle meraviglie dei nostri territori, ma anche un modo per rafforzare ulteriormente il rapporto di amicizia che ci lega storicamente alla Spagna, che si traduce pure in termini di significativi flussi turistici e di investimenti di imprese spagnole in Italia. Italia e Spagna hanno una comune visione sull’importanza di questa industria, che deve ritornare a essere protagonista anche nell’ambito dell’Unione Europea. Lo abbiamo confermato a fine ottobre nel corso della ministeriale turismo di Palma, incentrata sulla sostenibilità sociale del turismo, e riprenderemo la tematica nella prossima ministeriale in Belgio, che fornirà spunti utili anche in vista del primo G7 turismo in Italia” commenta il ministro del Turismo Daniela Santanchè.

“Il turismo spagnolo in Italia crea un forte legame tra le due Nazioni e contribuisce allo sviluppo economico e culturale di entrambe. L’Italia è da sempre una delle mete turistiche preferite dagli spagnoli che durante tutto l’anno viaggiano nel Belpaese apprezzandone le peculiarità. L’Italia si presenta come una destinazione unica e può apprendere dall’incontro con nuove culture che incentivano a declinare il turismo con un’impronta sempre più specifica” dichiara il presidente e Ceo di Enit Ivana Jelinic.

 

Fonte Uff.St.Min.del Turismo

 

 

 

 

 

BAMBINO GESU’, TRATTATI I PRIMI TRE PAZIENTI CON MALATTIA AUTOIMMUNE 
2 ragazze italiane e 1 bambino ucraino in completa remissione: «Benefici rilevanti e sostenuti nel tempo». Il presidente Onesti: «Dalla terapia genica risposte concrete a pazienti senza speranza. Una sfida per i nostri sistemi»  
 
2 ragazze italiane e 1 bambino ucraino di 12 anni, fuggito dalla guerra, sono i primi pazienti pediatrici affetti da gravi patologie autoimmuni ad essere stati trattati con cellule CAR-T capaci di mandare in remissione la loro malattia. Si tratta di un’applicazione innovativa della terapia genica basata sulla manipolazione dei linfociti T del paziente, sperimentata per la prima volta in ambito pediatrico su questo tipo di patologie. I risultati del trattamento, eseguito presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, sono stati presentati recentemente a Padova, nell’ambito dei lavori del Centro Nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica previsto dal PNRR, e ancora a Rotterdam, in occasione dell’ultimo Congresso europeo di Reumatologia pediatrica. 
 
LE MALATTIE AUTOIMMUNI 
 
Le malattie autoimmuni sono patologie caratterizzate da un’aggressione del sistema immunitario, che invece di difendere l’organismo da agenti patogeni come batteri e virus, attacca e distrugge i tessuti sani propri di un individuo scambiandoli per estranei e pericolosi. Questo malfunzionamento può causare un processo infiammatorio e la formazione di anticorpi che attaccano erroneamente le cellule sane colpendo potenzialmente qualsiasi parte del corpo, inclusi organi vitali quali il rene e i polmoni, le articolazioni, la pelle, i vasi sanguigni e altri tessuti. I tre pazienti trattati con le cellule CAR T dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù erano affetti in particolare da forme molto gravi di lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica che può attaccare reni, polmoni e sistema nervoso centrale, e dermatomiosite, una rara patologia infiammatoria autoimmune che colpisce la cute ed i muscoli scheletrici. 
LA TERAPIA CON CELLULE CAR-T 
 
Nella recente letteratura scientifica sono descritti 5 casi di pazienti adulti con Lupus eritematoso trattati con successo grazie alla terapia con cellule CAR-T, più comunemente usata nell’ambito delle malattie neoplastiche, quali leucemie, linfomi e mielomi. Da questo precedente nasce l’idea dei ricercatori del Bambino Gesù di testare la stessa soluzione per la prima volta anche in ambito pediarico, utilizzando il “costrutto” che aveva funzionato con gli adulti affetti da Lupus, ossia il prodotto di terapia genica messo a punto in questo caso dall’azienda biotecnologica Miltenyi. Di qui la richiesta ad AIFA di uso non ripetitivo (hospital exemption) del trattamento CAR-T per 3 pazienti con forme di malattia autoimmune particolarmente gravi e refrattarie ai trattamenti convenzionali. 
 
La terapia con CAR-T prevede la manipolazione in laboratorio dei linfociti T del paziente per renderli capaci di riconoscere, attraverso l’introduzione di una sequenza di DNA che codifica per una proteina chiamata recettore chimerico (CAR, Chimeric Antigen Receptor). Nelle leucemie linfoblastiche acute e nei linfomi non Hodgkin questa proteina riconosce un bersaglio rappresentato dall’antigene CD19, espresso dalle cellule tumorali, che vengono in questo modo riconosciute e attaccate. Lo stesso antigene CD19 è espresso anche dai linfociti B del sistema immunitario, che nel caso del lupus eritematoso e delle dermatomiositi giocano un ruolo cruciale nel determinare la malattia. «Usando lo stesso bersaglio – spiega Franco Locatelli, responsabile dell’area di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino e professore Ordinario di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore – trasliamo il medesimo approccio di terapia genica da un contesto di malattia neoplastica (leucemie e linfomi) a un contesto di patologia non neoplastica, ma dove gli elementi che producono il danno sono i B-linfociti che esprimono CD19». 
 
I RISULTATI DEL TRATTAMENTO 
 
Tutti e tre i pazienti trattati con terapia genica dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno riscontrato benefici rilevanti e sostenuti nel tempo. A distanza di diversi mesi dal trattamento con cellule CAR-T, coerentemente con quanto riscontrato nei pazienti adulti descritti in letteratura, sono in remissione di malattia e non assumono più farmaci immunosoppressori. 
 
La prima paziente, una ragazza messinese di 17 anni affetta da lupus, è a quasi 9 mesi ormai dall'infusione di cellule CAR-T. Il secondo paziente, un bambino ucraino di 12 anni affetto da dermatomiosite, è a 7 mesi dal trattamento. Era seguito nella capitale ucraina prima della guerra, poi trasferito in Ungheria, infine in Italia, al Bambino Gesù di Roma, dove ha potuto beneficiare della terapia con CAR-T.  La terza paziente, una ragazza romana di 18 anni anche lei affetta da lupus (patologia molto più frequente nelle femmine rispetto ai maschi), è a circa 2 mesi dal trattamento. Era stata ospedalizzata per 6 mesi di seguito, dipendente da ossigeno, più volte assistita in rianimazione, con effetti collaterali importanti dovuti alle terapie cortisoniche. Oggi è a casa in buone condizioni generali di salute. 
 
«Sono dati assolutamente rilevanti» afferma Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, Reumatologia e Malattie infettive. «Tutti e 3 i pazienti avevano risposto in maniera insoddisfacente a terapie immunosoppressive aggressive, necessarie per la gravita della loro malattia, e allo stesso tempo avevano sviluppato importanti effetti collaterali I risultati ottenuti con le cellule CAR-T ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B».  
 
I risultati del trattamento con cellule CAR-T di questi primi pazienti sono stati presentati a Rotterdam, in occasione dell’ultimo congresso europeo di reumatologia pediatrica, e più recentemente a Padova, nell’ambito dei lavori del Centro Nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica previsto dal PNRR. «La terapia genica – sottolinea il presidente dell'Ospedale Bambino Gesù, Tiziano Onesti – rappresenta una sfida e un'opportunità unica per i sistemi sanitari globali. Ci consente di offrire risposte concrete a pazienti che fino a poco tempo fa erano senza speranza, affrontando malattie genetiche e condizioni cliniche gravi in modo personalizzato e mirato. Inoltre, la terapia genica promette di emancipare i pazienti da condizioni di cronicità, migliorando la loro qualità di vita e riducendo i costi a lungo termine associati alla gestione delle malattie croniche. Questa rivoluzione medica non solo offre speranza e guarigione, dunque, ma anche la possibilità di rafforzare la sostenibilità dei sistemi sanitari, liberando risorse per migliorare la salute generale e promuovere ulteriori scoperte mediche». 

"La morte di Gigi Riva tocca nel profondo il cuore di Cagliari e di tutta la Sardegna. Nella sua carriera di calciatore e di dirigente scorgiamo le caratteristiche dell'etica sportiva che, più volte, papa Francesco ha ricordato, soprattutto nel dialogo con gli atleti: la lealtà, il coraggio, la disciplina del corpo e della mente, la fantasia e il sacrificio, l'amicizia, lo spirito di gruppo, l'agonismo non come prevaricazione ma come ascesi spirituale, il riscatto sociale", lo ricorda l'arcivescovo. "Sardo di adozione, si è sentito parte di un popolo che lo ha apprezzato non solo per le sue doti sportive ma anche per la semplicita' e genuinita' che sempre l'hanno contraddistinto. La sua vita ci insegna che il vero campione non si lascia stordire dal divismo e che il contatto sincero e spontaneo con il popolo, e non solo con i tifosi, è un'occasione unica per trasmettere i valori autentici dello sport. Nella preghiera, affidiamo Gigi Riva all'abbraccio eterno del Signore che ama la vita".

È stato in primis il presidente della repubblica Sergio Mattarella a reagire alla morte di Gigi Riva con un messaggio pubblico rivolto alla leggenda del calcio italiano che ci ha lasciati nella giornata di ieri. A lui si sono uniti poi Giorgia Meloni, Matteo Renzi e tanti altri esponenti della politica del nostro Paese.

Gigi Riva era nato a Leggiuno in provincia di Varese, ma dopo aver fatto vincere uno scudetto nel 1970 al Cagliari diventò a tutti gli effetti un sardo doc. E del sardo aveva tutte le caratteristiche: quelle morfologiche e quelle culturali. Insomma Gigi Riva era un sardo. Diventato cittadino onorario di Cagliari nel 2005, Gigi Riva era per il giornalista sportivo Gianni Brera ‘Rombo di Tuono’, come Gianni Rivera era ‘l’abatino’. Ma in Sardegna divenne Giggiriva, un sardo come lo divenne anche Fabrizio De Andrè. Nel 1970 il Cagliari con lo scudetto la Sardegna si affrancò e da terra di pastori e banditi divenne terra di turismo e di bellezze naturali.

Sarà trasferita nello stadio Unipol Domus di Cagliari la salma della leggenda del calcio italiano, Gigi Riva, 79 anni, stroncato da un infarto lunedì 22 gennaio mentre era ricoverato in Cardiologia all'ospedale Brotzu. La camera ardente sarà allestita probabilmente dalle 12, per consentire a tutti coloro che l'hanno amato di porgergli l'ultimo saluto. I funerali, invece, sono previsti per domani alle 16 nella basilica di Bonaria, a Cagliari. Sarà Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, a presiedere la messa. In prefettura a Cagliari è stata convocata per le 11 una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza per definire i dettagli.

I media della stampa estera ricordano 'la leggenda italiana' Roma, 23 gen. (LaPresse) - La notizia della morte di Gigi Riva fa il giro sui giornali di tutto il mondo. In Germania la Bild titola "Muore la leggenda italiana Riva" e a corredo della notizia mette una foto di un contrasto tra Gigi Riva e Berti Vogts in Italia-Germania 4-3. In Inghilterra il Mirror ricorda Riva come "vincitore degli Europei" del 1968. Sempre in Germania Kicker scrive "L'Italia piange la scomparsa di uno dei migliori attaccanti del mondo: Luigi Riva e' morto". In Spagna Marca titola "È morto Gigi Riva, leggendario attaccante del calcio italiano". Il giornale spagnolo pubblica la foto di uno stacco di testa di Riva sotto gli occhi di Pele' nella finale di Coppa del Mondo 1970 contro il Brasile. In Francia L'Équipe dedica uno spazio in prima pagina a "Riva s'en va" e poi dedica uno spazio nella versione online dove definisce Gigi Riva come "l'eroe d'Italia che non lascio' mai la Sardegna". In Brasile O Globo racconta di Riva come "il miglior cannoniere della Nazionale italiana".

Il Consiglio regionale della Sardegna ha osservato un minuto di silenzio stamane per ricordare la leggenda del calcio italiano Gigi Riva, morto ieri in ospedale a Cagliari. La seduta dell'Aula è stata poi sospesa per una riunione dei capigruppo. "Non era solo un grande sportivo ma anche, e soprattutto, una grande persona", l'ha ricordato il presidente Michele Pais nel suo intervento. "Un vero sardo, non di nascita ma per scelta, un isolano doc che non ha mai voluto lasciare la sua squadra, i suoi tifosi e la sua terra d'adozione. Le istituzioni sarde oggi lo celebrano con 'il lutto regionalè sino al giorno delle esequie. Bandiere a mezz'asta all'esterno, listate a lutto all'interno degli edifici regionali. Un omaggio doveroso che accomuna istituzioni e gente comune. 

Perché Gigi Riva per il popolo sardo, e non solo, è un mito, e lo rimarrà per sempre perchè la sua umanità lo ha fatto amare da tutti e non sarà mai dimenticato". "Con la scomparsa di 'rombo di tuonò si chiude un capitolo sportivo esaltante iniziato negli anni '60 e che ha avuto il suo momento più alto con lo scudetto vinto dal Cagliari", ha aggiunto Pais. "La notizia della sua scomparsa ieri è immediatamente rimbalzata in ogni angolo del mondo. La stampa regionale, nazionale e internazionale gli ha dedicato le prime pagine. Non vi nascondo che oggi leggendo i giornali mi sono commosso, perchè tutti noi siamo cresciuti con il mito di Gigi Riva". "Tutti noi lo abbiamo amato, rispettato come solo i sardi sanno fare, e l'abbiamo eletto a mito, Per sempre", ha proseguito il presidente del Consiglio regionale. "Perchè Gigi Riva è immortale, il suo passaggio sulla terra sarà indelebile, resterà una leggenda. Grazie Gigi. A nome mio personale e dell'intero Consiglio regionale esprimo il più profondo cordoglio alla famiglia". Fonte video: Consiglio Sardegna 

 

Fonte varie agenzie 

 

E' questa la sintesi dell'articolo di Luca Volontè pubblicato oggi da Lanuovabussola.it (SPAGNA. Pregano davanti all'abortificio, scatta la furia rossa del governo, 2.1.24, Lanuovabq.it). L'associazione “Pro Vida”, lo scorso 28 dicembre, memoria dei Santi Innocenti, ha organizzato delle manifestazioni di preghiera, “armati” di Santo Rosario davanti alle cliniche spagnole dove si praticano aborti. «Siamo venuti a chiedere che la vita venga difesa, questa battaglia è culturale ma deve essere anche spirituale», ha spiegato alla agenzia di stampa “ZENIT” un giovane di 25 anni, mentre si recava alla clinica Dator di Madrid per unirsi all'appello della piattaforma "La preghiera non è un crimine" e per partecipare al rosario che era stato indetto.

 In particolare dinanzi all'ospedale “Dator”, il più grande abortificio di Madrid. “Per mantenere l’ordine pubblico, il governo social-comunista spagnolo ha inviato 5 furgoni e 20 agenti, dispiegati per evitare scontri tra gli oranti cattolici e la marmaglia delle femministe abortiste accorse a difesa dell’omicidio degli innocenti”.

Paradossalmente gli unici che son finiti nel mirino della polizia sono stati i militanti di Pro Vida che stavano pregando, mentre le femministe che stavano manifestando contro Pro Vida hanno avuto mano libera di agire. Le femministe urlavano grida offensive sia ai cattolici che alle persone riunite. «Bruceremo la Conferenza episcopale, con tutti i vescovi dentro», «Via i rosari dalle nostre ovaie», «Che barbarie che chi non partorisce mai ci proibisca di abortire», sono state queste le minacce che facevano da controcanto alle litanie alla Madonna, mentre quelle stesse femministe cercavano indisturbate di intimidire i cattolici. Nulla di nuovo, la cosa grave è che la polizia ha deciso di arrestare alcuni giovani scesi a pregare nei pressi della clinica “Dator” di Madrid, ai quali sono stati chiesti i documenti e si è preteso che salissero su un furgone della blindato, venendo identificati come i pericolosi capigruppo del Rosario, mentre le femministe che minacciavano e intimidivano, non sono state né arrestate e né identificate.

Inoltre gli agenti hanno anche arrestato il dottor Jesús Poveda, un medico che ha passato quasi 40 anni ad aiutare le madri a rischio di aborto, che stava inscenando un sit-in individuale davanti alle porte della “Dator”. “Poveda - scrive Volontè - è stato quindi fedele interprete di quella che è già una tradizione del movimento pro vida in Spagna, si compie un atto di resistenza passiva in un solo giorno dell'anno, la festa dei Santi Innocenti, e si dedicano i restanti 364 a salvare i bambini concepiti”.

Volontè ricorda che in Spagna è stata approvata la Ley Orgánica 4/2022 del 12 aprile di riforma del Codice penale, dove si criminalizza le molestie alle donne che si recano in clinica per l'interruzione volontaria della gravidanza. Questa legge punisce con la reclusione da tre mesi a un anno o con il lavoro di pubblica utilità da 31 a 80 giorni chiunque, al fine di ostacolare il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza, molesti una donna con atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi, minando la sua libertà. Le stesse pene sono comminate se le molestie sono rivolte a professionisti sanitari, operatori o dirigenti di centri autorizzati a praticare l'aborto.

Secondo l'ultimo studio dell'Istituto per la Politica Familiare (IPF), in Spagna si praticano più di 253 aborti al giorno, uno ogni 5 minuti.

In conclusione secondo Volontè pare che il governo social comunista di Sanchez starebbe pensando ad una legge che liberalizzi l’aborto fino alla nascita. “C’è da temere un aggravarsi della persecuzione nei confronti di coloro che difendono la vita nascente e contrastano la legalizzazione del macello di bimbi innocenti, certamente i pro life che lo scorso 28 dicembre hanno osato incollare poster con immagini di bimbi abortiti o inneggianti la vita nascente o addirittura si sono permessi di regalare piccoli feti di plastica ai passanti, potrebbero rischiare pene ben più gravi delle attuali”.

 

Come ogni anno l'Agenzia Fides (Organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie dal 1927) stila l'elenco dei missionari cattolici uccisi nel mondo. Quest'anno sono 20: 1 Vescovo, 8 sacerdoti, 2 religiosi non sacerdoti, 1 seminarista, 1 novizio e 7 tra laici e laiche. Come capita ogni anno questo elenco di assassinio violento non riesce a bucare l'informazione dei Media, per la verità non riesce neanche a sensibilizzare il mondo dei credenti, attratti da altre campagne come la raccolta dei “tappi” di plastica.

Ne Il Dossier a cura di Stefano Lodigiani, pubblicato il 30 dicembre 2023 si registrano 2 missionari uccisi in più rispetto all’anno precedente. Quest’anno il numero più elevato torna a registrarsi in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari: 5 sacerdoti, 2 religiosi, 1 seminarista, 1 novizio. In America sono stati assassinati 6 missionari: 1 Vescovo, 3 sacerdoti, 2 laiche. In Asia sono morti, uccisi dalla violenza, 4 laici e laiche. Infine in Europa è stato ucciso un laico.

Come negli anni precedenti, l’Agenzia Fides usa il termine “missionario” per tutti i battezzati, riconoscendo che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 120). Del resto l’elenco annuale di Fides da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma prende in considerazione tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa morti in modo violento, anche quando ciò avviene non espressamente “in odio alla fede”. Per questo si preferisce non utilizzare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro proponendoli, dopo un attento esame, per la beatificazione o la canonizzazione.

Uno dei tratti distintivi che accomunano la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2023 - rileva Fides -  è senza dubbio la loro normalità di vita: non hanno compiuto cioè azioni eclatanti o imprese fuori del comune che avrebbero potuto attirare l’attenzione e farli entrare nel mirino di qualcuno. Scorrendo le poche note sulla circostanza della loro morte violenta troviamo sacerdoti che stavano andando a celebrare la Messa o a svolgere attività pastorali in qualche comunità lontana; aggressioni a mano armata perpetrate lungo strade trafficate; assalti a canoniche e conventi dove erano impegnati nell’evangelizzazione, nella carità, nella promozione umana. Si sono trovati ad essere, senza colpa, vittime di sequestri, di atti di terrorismo, coinvolti in sparatorie o violenze di diverso tipo.

Il Dossier offre alcuni cenni biografici e circostanze della morte dei venti missionari che hanno perso la vita per il Vangelo. C'è anche un'altra “normalità”, secondo Fides ed è quella di vivere la fede offrendo la loro semplice testimonianza evangelica come pastori, catechisti, operatori sanitari, animatori della liturgia, della carità…. Avrebbero potuto andare altrove, spostarsi in luoghi più sicuri, o desistere dai loro impegni cristiani, magari riducendoli, ma non lo hanno fatto, pur essendo consapevoli della situazione e dei pericoli che correvano ogni giorno. Ingenui, agli occhi del mondo.

All’Angelus della festa di Santo Stefano, il primo martire della comunità cristiana, Papa Francesco ha ricordato: “Ancora ci sono – e sono tanti – quelli che soffrono e muoiono per testimoniare Gesù, come c’è chi è penalizzato a vari livelli per il fatto di comportarsi in modo coerente con il Vangelo, e chi fa fatica ogni giorno a rimanere fedele, senza clamore, ai propri buoni doveri, mentre il mondo se ne ride e predica altro. Anche questi fratelli e sorelle possono sembrare dei falliti, ma oggi vediamo che non è così. Adesso come allora, infatti, il seme dei loro sacrifici, che sembra morire, germoglia, porta frutto, perché Dio attraverso di loro continua a operare prodigi (cfr At 18,9-10), a cambiare i cuori e a salvare gli uomini” (Angelus, 26 dicembre 2023).

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